LE FOBIE VISTE
DAGLI "PSI"...

Quando una persona che soffre di fobie ha tentato tutte le strade, ha usato tutte le sue risorse e le sue energie per combattere contro il suo disturbo, e non c'è riuscita, deve necessariamente entrare nell'ordine di idee che le cose non possono continuare così e che va ricercato un aiuto qualificato.
Ovviamente l'uomo della strada sa che, in questi casi, può rivolgersi a uno psicologo, ma non conosce le differenze fra i diversi approcci e le diverse terapie. Tutte le scuole psicologiche infatti sono pronte a ritenere che le fobie siano un disagio, la cui sintomatologia è facilmente osservabile e condivisibile, ma molto diverse fra loro sono sia la ricerca delle cause del disturbo sia le terapie volte alla risoluzione del problema. Lo stesso sintomo può essere infatti curato in modi assai diversi fra loro, a seconda del modello terapeutico abbracciato dai vari psicologi.
Questa breve carrellata fra le diverse scuole psicologiche si prefigge due scopi fondamentali: il primo è fornire al lettore non esperto una chiave per addentrarsi con consapevolezza nel mondo degli "psi", siano essi psicologi, psicoterapeuti o psichiatri, qualora decidesse di affidarsi alle loro mani; il secondo è quello di consentire anche a una persona "non addetta ai lavori" di avere una maggiore conoscenza di come il suo problema venga trattato nei diversi orientamenti psicologici per poterne trarre nuovi spunti di riflesssione o tecniche alternative di autoaiuto.

 

 

L'approccio psicoanalitico


La terapia psicoanalitica fa riferimento alle teorie formulate dal fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud, secondo il quale ogni comportamento è il prodotto visibile di un gioco di forze psicologiche inconsce. Lo sforzo curativo dello psicoanalista consiste allora nel riportare a coscienza, perché il paziente li riviva, determinate emozioni e sentimenti da lui vissuti nel passato, in particolare nell'infanzia, e ora rimossi, cioè dimenticati a livello cosciente, ma sempre vivi nell'inconscio.
L'inconscio non è un'entità evocabile direttamente e volontariamente dall'individuo, e per conoscerne i suoi contenuti vi possono essere diverse strade, come lo studio delle associazioni libere, dei lapsus, delle azioni mancate, dei motti di spirito eccetera. La via maestra indicata da Freud per penetrare nell'inconscio è tuttavia l'interpretazione dei sogni.
Durante una seduta di psicoanalisi, il paziente si stende sul divano, mentre lo psicoanalista sta seduto alle sue spalle. Il soggetto viene invitato a verbalizzare tutto quello che passa nella sua mente, anche le idee apparentemente più insignificanti, i pensieri, i ricordi, le fantasie. Eventuali difficoltà incontrate dal paziente nel comunicare con l'analista sono state chiamate da Freud resistenze.
Nel corso del trattamento il paziente comincia inoltre a riprodurre i sentimenti collegati alle esperienze vissute, originariamente diretti ad altre persone, e li proietta sull'analista, producendo un transfert. Il transfert è un elemento non marginale della psicoanalisi intesa come terapia, perché esso viene analizzato, al pari dei sogni, delle esperienze vissute e delle resistenze. La psicoanalisi si prefigge una maturazione del paziente che, attraverso di essa, diventa più consapevole di alcuni aspetti della sua personalità dapprima a lui del tutto incomprensibili.

 

 

 

Quando si parla di paure e di fobie, per la psicoanalisi va fatta innanzitutto una fondamentale distinzione fra:

1) Paure reali, giustificate dalla presenta di un effettivo pericolo, relativo a un oggetto definito: trovarsi in presenza di un leone affamato senza avere i mezzi per difendersi da un suo più che probabile assalto, è sicuramenle una situazione di pericolo "reale".


2) Paure semi-reali, che insorgono in presenza di un pericolo effettivo, ma la cui entità è davvero esagerata rispetto allo stato di allarme che il pericolo e in grado di attivare normalmente: questo è quanto accade in presenza, ad esempio, di piccoli, sgradevoli animali, seppur non pericolosi, quali gli scarafaggi, che in genere scatenano delle reazioni di panico davvero esagerate.


3) Paure nevrotiche, o fobie, cioè del tutto immaginarie, non causate da alcun evento reale che possa ragionevolmente indurre uno stato di paura. Irrazionale o no, lo spavento è comunque fortissimo e paragonabile, per quanto riguarda le emozioni e lo stress che ne conseguono, alle paure descritte come "reali".

 


L'approccio psichiatrico....notizie per non avere paura

 

 

LA FOBIA COME ERRATO APPRENDIMENTO

II Behaviorism, o, in italiano, Comportamentismo, è una corrente psicologica che ebbe inizio ai primi del 1900 ed è ancora molto presente, ma fu dominatrice delle scene nella prima metà di questo secolo, ispirandosi principalmente alle teorie dell'apprendimento e del condizionamento. Oggetto di studio dei Comportamentisti e solo quanto può essere oggetto di studi sperimentali. Non dunque l'inconscio, che non è scientificamente dimostrabile, ma piuttosto lo studio del corpo esibente dei comportamenti, l'osservazione di laboratorio su animali o esseri umani. Il comportamento umano, al pari di quello animale, viene qui studiato da un punto di vista strettamente biologico, come il prodotto di un lungo processo di apprendimento, che parte dalla primissima infanzia, quando modelli o rinforzi esterni incentivano o inibiscono i primi schemi di comportamento. Facciamo l'esempio del linguaggio. La teoria comportamentista dell'apprendimento ritiene che il linguaggio venga appreso seguendo questa prassi: il bambino, per gioco, emette tutti i suoni che il suo apparato vocale gli consente. Quelli che si avvicinano a qualche parola di senso compiuto vengono poi rinforzati dai genitori e dagli adulti in genere, con lodi e gesti affettuosi, mentre quelli incomprensibili vengono ignorati. In questo modo vengono appresi tutti i comportamenti umani, anche quelli nevrotici. Vediamo allora come viene inquadrato in questo schema teorico un comportamento fobico. Citiamo, ad esempio, un caso classico, quello del piccolo Albert. Il bambino era un tipo tranquillo, che amava giocare con i topolini. Un giorno, mentre giocava con i suoi animaletti, di cui non aveva alcun timore, gli fu fatto sentire alle spalle un forte, spaventoso rumore. Da quel momento i topolini non gli furono più indifferenti: ogni volta che ne vedeva uno era preso da una forte paura, che presto si manifestò anche per animali simili ai topi. Così nascono e si consolidano le fobie: uno stimolo in grado di provocare una reazione di paura (detto anche stimolo incondizionalo) si associa, casualmente o su pressione dell'ambiente, con uno stimolo precedentemente neutro e lo condiziona, vale a dire lo rende simile a sé. La generalizzazione dello stimolo è un fenomeno che si verifica quando una paura consolidata per un dato oggetto o situazione si trasmette anche a oggetti o situazioni simili alle precedenti. Per tornare all'esempio del condizionamento del piccolo Albert, il rumore, capace di attivare nel bambino una sensazione di paura (stimolo incondizionato), riesce poi a condizionare negativamente non solo il rapporto con il topo (stimolo precedentemente neutro, poi condizionato), ma anche le possibilità di contatto con altri animaletti simili (generalizzazione dello stimolo). Le fobie, così come gli altri comportamenti osservabili, sono per i Comportamentisti il risultato di apprendimenti e condizionamenti sociali errati. La formazione della fobia secondo la teoria appena illustrata: il soggetto fobico, per sottrarsi alla paura angosciante che lo assale in determinate situazioni, mette in atto dei comportamenti di evitamento o di fuga (ad esempio, chi ha paura dell'ascensore farà sempre le scale a piedi, evitando di mettersi in condizione di aver paura). In questo modo egli si sottrae di fatto alla possibilità di lasciar estinguere i suoi comportamenti condizionati, quando questi non siano rinforzati dallo stimolo incondizionato. Spieghiamo meglio: se la paura dell'ascensore viene dall'esperienza di essere rimasti chiusi dentro per qualche minuto, questa paura continuerà a tormentarci per il resto della nostra vita. Se invece ci esponessimo al "pericolo", prendendo naturalmente le necessarie precauzioni, ci renderemmo conto che non è poi così comune restare chiusi dentro un ascensore, e piano piano la nostra paura si estinguerebbe naturalmente. Fin qui cosa sono e come si sviluppano le fobie da un punto di vista teorico. Ma come se ne esce, secondo i Comportamentisti? Il procedimento che viene comunemente applicato nelle sindromi fobico-ansiose è quello della desensibilizzazione sistematica: il legame condizionato viene attaccato con una serie di controcondizionamenti, che consentono di raggiungere progressivamente un miglior controllo della risposta fobica. Dunque, in presenza dello stimolo ansiogeno, si insegna al paziente come produrre delle risposte antagoniste, in modo che la reazione indesiderata venga indebolita o eliminata, attenuando il legame errato fra certi stimoli e certe risposte. Anzitutto si stabilisce una precisa gerarchia degli stimoli ansiogeni, dai primi agli ultimi, chiedendo al soggetto di evocare le situazioni temute partendo dalle ultime, cioè quelle meno disturbanti. Una volta ottenuta tale rievocazione si procede al rilassamento, che può essere il Training Autogeno di Schuitz, il rilassamento progressivo di E.Jacobson o, ancora, altre tecniche di tipo più suggestivo. Tale procedimento si ripete più volte, al fine di imparare a produrre delle risposte antagoniste di calma di fronte al sintomo ansiogeno e aiutando il soggetto a sviluppare delle abilità personali in grado di fronteggiare le situazioni temute. Dunque, per guarire una fobia, questi psicologi escludono che sia necessario indagare sulle sue origini o modificare la personalità del soggetto: per loro è sufficiente incidere solo sul piano del comportamento, che va riorganizzato in modo che sia più adeguato e funzionale.