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La vita del malato

La persona affetta da attacchi di panico ha un solo obbiettivo nella vita: evitare le situazioni che, a suo avviso, potrebbero rigenerare l'attacco.. Evitare emozioni o, in extremis, trasformarle inconsciamente in tachicardia o paura di morire. In pratica, , significa dire NO a ogni viaggio di lavoro o vacanza. Quindi scegliere, per esempio, un'attività sedentaria senza l'obbligo di grossi spostamenti. Da giovani vuol dire non andare fuori con gli amici, trovarsi sempre a salutare gli altri che caricano bagagli sulla macchina, sul treno o sull'aereo. Oppure evitare anche un solo week-end lontano da casa. Non prendere l'ascensore appare come il "disturbo" meno grave. Eppure, anche questo regala non pochi problemi alla vita di tutti i giorni. Si può scegliere un appartamento al piano terreno, ma al lavoro? E di esempi se ne possono far tanti. Di fatto, il paziente si trova costretto a costruire la sua vita. A fare lo slalom tra un potenziale pericolo e un altro. Da solo si ritrova a leggere gli articoli di medicina pubblicati sui giornali e a sentire, improvvisamente, tutti i sintomi addosso. Dall'infarto alla sciatica. Questo si traduce in un pellegrinaggio negli ospedali ma non certo in un cambiamento delle abitudini di vita. Pochi "panicosi", per esempio, decidono di smettere di fumare per paura dell'infarto o di un tumore ai polmoni. Piuttosto, interpretano i sintomi del  loto attacco, come i segnali di una malattia grave, spesso incurabile. Quasi ogni volta dal medico ricevono la stessa risposta: <<Lei sta bene, si riposi, tutti gli esami di controllo fatti ci rassicurano>>. per il paziente è solo un'ennesima sconfitta. Diventa una vera e propria prova di coraggio riuscire a dormire una notte fuori casa. Qualcuno si sposta solo se ha la certezza di avere un ospedale  a portata di mano. Altri sentono la gola stringere se sono in fila al supermercato o alla posta. L'ansia sale insieme alla paura di trovarsi in situazioni o posti dai quali sarebbe imbarazzante allontanarsi. Il terrore vince sull'azione quando il paziente ha la coscienza di potersi trovare in un luogo dove nessuno è capace di dare una mano. Tutto questo, ovviamente, limita la propria libertà ma anche quella di chi vive accanto al malato. Nelle situazioni più gravi la "tecnica" dell'evitamento, porta la persona a volersi chiudere in casa, a uscire solo se "scortata", a soffrire solo se si passa sotto le gallerie. Di qui, l'importanza per un familiare, di essere ben preparato sulla malattia, in modo da non trovarsi a subire, timoroso di non poter intervenire. Parenti ed amici, devono essere in grado, se vogliono davvero aiutare, di affrontare con la persona cara, il timore del ripetersi della crisi.