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Epifisi: detta anche ghiandola o corpo pineale, è situata nella fossa cranica. Sintetizza una serie di sostanze, come alcuni neurotrasmettitori derivati dalla serotonina, tra cui la melatonina"

 

A volte utili, non sempre necessari

A che cosa pensiamo subito quando sentiamo la parola INSONNIA? Alla soluzone più conosciuta: il sonnifero. Attorno ai farmaci ipnotici o "sonniferi" che dir si voglia, aleggia ancora però un clima di sospeetto. Questo perchè forse, non è stato ancora recepito del tuttoil concetto che non esistono farmaci che fanno male, ma che vengono usati MALE. Il pericolo più temuto è quello della dipendenza, rischio che si corre soltanto se ci si autoprescrive la terapia, anzicchè attenersi alle indicazioni dello specialista. Infatti, i punti critici della cura farmacologica dell'insonnia sono le DOSI del farmaco e la DURATA della sua somministrazione, decisioni che devono essere di competenza medica.

Le pillole che funzionano

Le sostanze comunemente usate nella terapia dell'insonnia sono le benzodiazepine (brotizolam, estazolam, midazolam, triazolam ecc.) che hanno effetto "ipnoinducente", cioè inducono il sonno, Di questi farmaci si è molto parlato, nel bene e nel male. Proviamo dunque a conoscerle più da vicino. Le "benzodiazepine" sono utilizzate in tutto il mondo da più di trent'anni: la prima, infatti (clordiazepossido), uscì agli inizi degli anni '60. Rappresentano ancora oggi, se utilizzate correttamente, farmaci validissimi nella terapia sia dei disturbi del sonno, sia dei disturbi d'ansia, che spesso sono associati. Prima delle benzodiazepine venivano usati farmaci con un alto grado di tossicità (come il clorarioidratoglutetinide) o i barbiturici, che sappiamo molto pericolosi, perché danno depressione respiratoria, tanto che si sono verificati decessi per paralisi respiratoria, oltre che casi di tentati suicidi famosi nella storia. Con le benzodiazepine, i casi di overdose e di morte sono rarissimi e sempre in associazione a barbiturici, alcol o altre sostanze. Quindi, sono farmaci che hanno rappresentato un notevole passo in avanti nella terapia dell'insonnia, perché sono sicuri ed efficaci.

Non solo benzodiazepine
La cura dell'insonnia ha tratto, dunque, grande benefìcio da questo tipo di farmaci. Sempre se assunti sotto stretto controllo medico. Perché è successo che, proprio per la loro sicurezza e mancanza di effetti collaterali importanti, si è andati verso l'autosomministrazione, che ha portato all'abuso e al cattivo uso delle benzodiazepine e al problema della dipendenza. Sia chiaro, però, che l'individuo diventa dipendente se assume benzodiazepine per tempi prolungati, più di 6 mesi o anni e a dosaggi elevati. A quel punto il soggetto diventa dipendente sia sotto il profilo psicologico che fisiologico. E siccome l'insonnia è una situazione di comorbilità e può essere sintomo di altre patologie, l'astinenza da benzodiazepine fa emergere la psicopatologia di base, che può essere ansia, depressione o altro. Ci sono però farmaci alternativi alle
benzodiazepine: sono le imidazopiridine (zolpidem, zopiclone), classe di farmaci non a struttura benzodiazepinica, che hanno un effetto ansiolitico e, grazie a un'azione mirata su alcuni centri nervosi e non si tutti, indurrebbero un sonno più naturale. Sembrano però meno potenti delle benzodiazepine. Sorge a questo punto una domanda: ma che differenza di qualità c'è tra un sonno naturale e uno prodotto dai farmaci? I barbiturici sopprimono totalmente la fase Rem, che sappiamo essere fondamentale per le funzioni cognitive, mentre le benzodiazepine non la sopprimono, ma comunque la riducono. La differenza quindi c'è. D'altra parte, non, esiste l'ipnotico ideale, quello cioè di indurre un sonno fisiologico.