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Parlare di mia madre e della sua lunga malattia ad un mese dalla sua morte non è facile.

C'è la voglia di dimenticare e cancellare tutto a partire dalle montagne di carte che si sono accumulate nel tempo; dalle cartelle cliniche, ai referti, alle lastre radiologiche. Chili di materiale che mio padre recentemente ha deciso di eliminare, nel tentativo, forse, di cancellare traccia di tanto soffrire.

Nell'opera di distruzione sono finiti anche i ritratti di santi e madonnine di cui mia madre s'era circondata nell'ultimo periodo pur non essendo mai stata una vera credente.

Lei in verità aveva iniziato a confidare nei santi non già in un dio.

Aveva terrore della morte e questo, credo, l'ha aiutata a sopravvivere più a lungo di quanto i medici e noi stessi potessimo immaginare. Un lungo calvario che ha coinvolto ogni componente della famiglia indistintamente. Ognun di noi s'è dato un compito specifico. Sarebbe stata davvero dura se non ci fosse stata collaborazione tra di noi; questo ci ha permesso di poterla aiutare al meglio. Personalmente sono stato vicino a mia madre fino all'ultimo giorno della sua vita, vivendo con lei tutto il suo dramma.

Dapprima ho sperato in un miracolo, in una guarigione anche quando tutto era compromesso. Ed è la speranza per una guarigione per la persona che più ti è cara che ti fa stare peggio. Non ricordo più le notti insonni, i pianti.

Poi quando si arriva a non sperare più si soffre in maniera diversa e forse meno intensa. Ci si rassegna all'inevitabile anche se bisogna continuare a confortare chi ti sta accanto e che non ha alcuna voglia di morire.

Il dolore ha accompagnato mia madre fin dall'inizio della sua malattia; questa la sua maggior sfortuna.

Al centro di terapia del dolore, presso il reparto di rianimazione di Pescara, siamo arrivati nell'autunno del 1999, dopo due anni di cure e cicli di chemioterapia.

Mia madre ha vissuto per altri due anni grazie al sollievo antalgico e alla sua tenace voglia di vivere.

Un ringraziamento di cuore va alla dottoressa Cristina Rebuzzi, all'infermiera, collaboratrice e coordinatrice Rossana D'Amico e alla loro équipe intera. Alla loro professionalità, all'umanità e sensibilità, alla capacità di saper ascoltare.

Ben venga la loro iniziativa di dar vita all'associazione Progetto Sorriso perché, purtroppo tanti ammalati, soli e senza parenti, non possono avere il sostegno di cui ha beneficiato mia madre.

Non c'è niente al mondo di più potente d'una carezza e d'un abbraccio nel momento del bisogno.

Grazie ancora   

Pescara, 28 agosto 2001

Mauro serra                                                           

 


 

Chi volesse può segnalare la propria esperienza scrivendo all'indirizzo: maur-ose@libero.it