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                                              GIACOMO RACCONTA

Mi chiamo Giacomo, vivo a Codissago, sono figlio di Maria e Antonio, la mia famiglia è numerosa: mamma, papà, tre sorelle, quattro fratelli, il nonno e la nonna.

Ho dodici anni, sono nato nel 1856.

Ho frequentato la scuola fino alla terza classe, poi ho iniziato ad aiutare la famiglia nei lavori dei campi. La mamma dirige la casa: le faccende da sbrigare sono tante. Nella stalla abbiamo due mucche, una pecora, un maiale. La nonna aiuta in cucina, rammenda i nostri vestiti e confeziona i "scarpet".

Il pranzo e la cena sono semplici, quasi sempre in tavola ci sono: latte, fagioli, patate, polenta e formaggio. Solo raramente appare la salsiccia.

In cucina c’è un "larin" con una enorme cappa e tutt’intorno le panche. Su queste panche ci sediamo la sera e ascoltiamo le storie della nonna e i racconti del papà e del nonno.

Vecchio "FOGHER"

GIOCHI E PASSATEMPI

Non ho tanto tempo per giocare, perché spesso sono impegnato ad aiutare la mamma. Qualche volta però mi ritrovo con gli amici. Insieme corriamo per i prati, saltiamo i "maruc" e ci rincorriamo.

Giochiamo spesso a "campanon, tana sconta, libera, pandol" e quando il tempo è bello andiamo alla Piave ad osservare le zattere che passano.

Mio fratello Eugenio mi ha aiutato a costruire una piccola zattera, l’abbiamo fatta navigare lungo la riva.

Io sogno di poter salire su una vera zattera con il papà e il nonno che sono esperti zattieri. La mamma mi ha promesso che, se l’aiuterò a tagliare i giovani rami di nocciolo per fare le "sache", mi premierà lasciandomi andare col papà e col nonno fino a Perarolo. Lì, si costruiscono le zattere che poi iniziano il primo percorso fino a Codissago .

Giacomo taglia i rami di nocciolo per fare le " SACHE "

LE "SACHE"

E’ autunno, le foglie cadono dagli alberi, è arrivato il momento opportuno per andare a tagliare le "sache". Esse vengono fatte con rami di nocciolo di due o tre anni, che devono essere diritti ed elastici.

E’ mattino presto e con la mamma e i fratelli raggiungo il bosco sopra Codissago. Arrivati sul posto, incominciamo a tagliare i rami col "stortin".

Prepariamo un bel numero di rami che leghiamo insieme in "manei".

Essi verranno caricati sulla "loda", portati a casa e riposti in luoghi umidi. In primavera verranno bagnati per renderli flessibili, si potrà torcerli e ottenere le "sache" che saranno utilizzate per legare i tronchi delle zattere.

 

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LE ZATTERE

Il nonno mi ha raccontato che la zattera più semplice di solito è formata dall'accostamento di  18-20 taglie legate tra loro. Questa unità si chiama copola. La zattera vera e propria è formata da tre o più copole.

Le taglie devono essere forate con una grossa trivella e attraverso i fori vengono fatte passare le "sache" per creare dei legamenti.

Zata: unione di cinque copole, fatte di taglie o tavole lunghe circa quattro metri.

Zatiol: unione di quattro copole.

Barca: unione di tre copole fatte solo di taglie.

Mentre il nonno mi raccontava queste cose stava costruendo i remi utilizzati per guidare la zattera: robusti pali con una estremità a forma di pala.

Con le zattere vengono trasportate merci varie: legname da costruzione, pietra grezza e lavorata delle cave di Castellavazzo, carbone di legna e ferro.

 

A PERAROLO

E’ lunedì mattina, mi devo alzare presto per andare col papà e il nonno a Perarolo. La mamma mi ha preparato la saccoccia col pranzo: pane, formaggio e polenta fredda. Partiamo a piedi, attraversiamo il ponte sul Piave per Castellavazzo e ci dirigiamo verso Termine. Proseguendo il cammino, vediamo sulla sponda sinistra della Piave la cascata della PISSA. A questo proposito il nonno mi racconta la leggenda di questa cascata, detta anche di Val Montina

 Zattieri in cammino verso Perarolo.

LA LEGGENDA DI MONTINA

Era l’ultimo giorno di carnevale e a Termine si festeggiava. Era sera e i ragazzi e le ragazze del paese si erano radunati nella grande stanza dove avrebbero ballato fino a tardi. Solo una giovane di nome Montina era ancora in casa, stava ancora cucendo i "scarpet" che avrebbe calzato al ballo. Quando finalmente arrivò alla festa era tardi, osservò la lunga panchina intorno alla sala su cui erano seduti alcuni giovani, vide i musicisti raggruppati in un angolo e ascoltò l’allegra canzone che stavano suonando.

Tutti i ragazzi avevano già la loro dama, perciò Montina si sedette in disparte. Ad un tratto il portone della stanza si spalancò: apparve un cavaliere avvolto in un mantello nero.

Egli entrò, offrì ai musicisti alcune monete perché continuassero a suonare, poi si avvicinò a Montina e la invitò a ballare. Le altre ragazze erano un po’ invidiose. Perché proprio lei? Una ragazza con solo straccetti addosso?

I due ballarono per diverso tempo, poi il grande pendolo appeso al muro suonò la mezzanotte e si sentì nitrire il cavallo, fuori nella piazzetta.

Il cavaliere prese Montina per mano e cercò di portarla fuori, lei resistette ma egli la obbligò a seguirlo con la forza. La povera ragazza fu caricata sul destriero e i due sparirono nel buio della notte.

Dopo un tratto, poiché il sentiero si faceva ripido, il cavaliere fu costretto a proseguire a piedi, portandosi dietro la povera Montina. La ragazza fu trascinata sull’erba e sulle pietre, i suoi "scarpet", a cui aveva dedicato tante ore di lavoro, erano laceri e i suoi piedi sanguinavano. Montina cadde più volte, si ferì, ma il cavaliere continuava a portarla verso la vetta, finchè si accorse che la ragazza era morta. Egli abbandonò nell’erba quel corpo privo di vita, poi sparì nella notte.

Nessuno aveva avuto il coraggio di inseguire il cavaliere, solo il giorno seguente iniziarono le ricerche. Quando il corpo di Montina fu ritrovato, un giovane ne sollevò il capo, improvvisamente da sotto la testa della ragazza sgorgò una polla d’acqua. Quest’acqua aumentò originando un ruscello che cominciò a scendere a valle. Qualcuno volle interpellare una maga che abitava al di là dei monti per avere una spiegazione di questo prodigio. La maga sentenziò che le lacrime della giovane Montina avevano risvegliato le vene sotterranee della terra, perché anche le montagne hanno viscere e provano sentimenti.

Il rapimento di Montina.

Il VIAGGIO CON LA ZATTERA

A Perarolo ho visto alcuni zattieri che assemblavano tronchi per costruire una zattera. Il nonno li ha salutati, poi ci siamo diretti verso la riva della Piave dove, legate ai pali, c’erano tre zattere pronte.

Il nonno mi ha fatto salire sulla prima e poco dopo siamo partiti. Un chilometro più a valle ci siamo fermati ad una segheria per caricare grosse tavole da costruzione da trasportare a Belluno. Mi sono seduto sulla catasta di tavole; il nonno mi ha raccomandato di fare attenzione, per non cadere nel fiume. Il papà ed altri suoi compagni governavano la zattera utilizzando il timone e due remi.

Era necessario navigare al centro del fiume, per evitare i grossi massi presenti lungo la riva.

Dopo un paio d’ore siamo giunti a Ponta Malcolm di Castellavazzo. Qui la zattera si è fermata per caricare delle pietre grezze e lavorate provenienti dalle cave della zona. Servivano per la costruzione di un palazzo nobiliare in Belluno. Noi, di Codissago, siamo scesi e abbiamo consegnato la zattera e il suo carico agli zattieri di Ponte nelle Alpi che l’avrebbero condotta fino al porto di Borgo Piave, in Belluno.

E’ stata una meravigliosa esperienza che non dimenticherò mai.

 

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SAN NICOLO’

Ritornando verso casa mi sono soffermato davanti al capitello di San Nicolò, patrono degli zattieri.

E’ un Santo al quale noi siamo molto affezionati, perché il 6 dicembre, giorno in cui ricorre la sua festa, porta doni ai bambini buoni.

La sera, quando a casa eravamo tutti intorno al camino, ho chiesto a nonna Antonietta di raccontarmi la storia di questo Santo, che viene raffigurato con affreschi e statue in molte chiese e capitelli dei paesi lungo la Piave ed è venerato dagli zattieri. Spesso lo si vede con tre sacchetti o con tre mele dorate in mano o vicino ai suoi piedi; questo a ricordo di uno dei tanti suoi miracoli.

" Nicola era figlio unico di ricchi genitori, che vivevano nella città di Patara di Licia, una regione dell’Asia minore, l’attuale Turchia.

Egli era talmente buono e sensibile alle necessità del prossimo che, diventato adulto, fu eletto Vescovo di Mira e divenne famoso, già in vita, per i suoi miracoli.

Salvò dalla morte tre ufficiali condannati ingiustamente dall'imperatore Costantino; dalla miseria tre ragazze in età da marito regalando loro tre borse d’oro; dal naufragio alcuni marinai in mezzo alla tempesta; da una tremenda carestia il suo paese con un grande carico di grano.

Il miracolo che più lo lega al mondo dei piccoli è quello secondo il quale riportò in vita tre ragazzi uccisi e messi in barili di salamoia da un oste ladro e assassino.

Si tramandano tanti altri miracoli anche dopo la morte del vescovo Nicola avvenuta nel 352 circa d.C., dopo circa ottant’anni di vita, essendo egli nato nel 270 d.C.

La sua fama di taumaturgo si sparse rapidamente e la città di Mira, dove le sue spoglie furono sepolte, divenne meta di pellegrinaggi fino al 1087, anno in cui alcuni marinai di Bari trafugarono e trasportarono la sua salma nella loro città.

Da allora Bari fu il centro di diffusione del culto di San Nicola che divenne patrono di città, regioni e nazioni e protettore contro i furti, le carestie, le ingiustizie, le malattie e, soprattutto, contro i naufragi.

Viene quindi invocato nel momento del bisogno da marinai, battellieri e altri naviganti; perciò è protettore anche degli zattieri che affrontano con coraggio i pericoli del fiume."

SAN NICOLO'  patrono degli zattieri

UN SOGNO

Ho ancora un grande desiderio: poter fare l’intero percorso in zattera fino a Venezia, come ha fatto già mio fratello maggiore.

Il papà e il nonno fanno questo viaggio quando devono condurre il raso, cioè la zattera formata da lunghissimi tronchi.

Io già penso di poter vedere il mare e la bellissima città di Venezia con i suoi bei palazzi.

Tra qualche anno, quando sarò più grande e avrò imparato il mestiere dello zattiere, potrò realizzare questo mio sogno.

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BIBLIOGRAFIA

  • Castellavazzo un paese di pietra, la pietra di un paese.

A cura di Adriano Alpago Novello. Editrice Neri Pozza.

  • Termine di Cadore.

A cura di Sisto Berton. Tipografia Piave (BL)

  • Viaggio lungo il Piave nel secolo XVI.

A cura di Bartolomeo Zanenga. Edizioni Casteldardo (RM)

  • I maestri scalpellini e la pietra di Castellavazzo.

A cura di Giuseppe De Vecchi. Tipografia Vescovile (BL)

  • Zattere, zattieri e menadas-la fluitazione del legname lungo il Piave.

A cura di Daniela Perco.

  • Viaggio intorno alla Provincia.

Autori vari. A cura di Maurizio Busatta. Tipografia Piave (BL)

  • L’età romana nella Provincia di Belluno.

A cura di Luisa Alpago Novello. Ed. Cassa di Risp. VR-VI-BL-AN.

  • Il Piave.

Autori vari. Cierre Editore.

  • “Al magnar dei žater”.

A cura di Franca Tramontin. Polla Edizioni.

  • La Pieve di San Floriano in Zoldo.

Autori vari. Tipografia Piave.

  • Acque, pregiudizi, e leggende bellunesi.

A cura di Angela Nardo Cibele. Nuovi Sentieri Editore.

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