"Il sindacato era la mia famiglia" 

Autobiografia di una mondina sannazzarese.

Maria Milanesi

Maria Milanesi

Maria Milanesi è nata nel 1914 a Sannazzaro de'Burgondi (PV) e vi ha sempre abitato svolgendo fino alla pensione l'attività di bracciante e di mondina. Anche se non ha mai ricoperto incarichi retribuiti, è sempre stata attivista sindacale. Attraverso una serie di interviste, qui compendiate, Maria ha potuto ricostruire la sua autobiografia di donna fortemente impegnata nella lotta per il lavoro e il riscatto sociale delle braccianti mondariso della Lomellina.
Maria Milanesi si è spenta nella sua casa di Sannazzaro in tragiche circostanze il 21 marzo del 2002.

"La mia era tutta gente battagliera". La famiglia.

Io son nata che mia mamma aveva quarantasei anni ed era già anziana, allora erano più anziane di adesso, mia mamma a cinquant'anni sembrava una donna di ottanta. Io sono l'ultima di sette... una famiglia proprio diseredata, d'una volta, con niente. Eravamo braccianti. Chi lavorava in città non era disagiato come noi. Adesso racconto una cosa, sembra un pruèrbi (una favola), ma non è una favola, è la verità. La mia era tutta gente battagliera, che non aveva paura dei padroni.
Allora, al tempo di mia nonna, - me lo raccontava mia madre - i salariati avevano gli appendizi da dare al padrone: dovevano allevare cinque o sei pollastri, finché erano grossi. E alla primavera, ai salariati davano la legna un po' grossa e un po' a fascina, e mia nonna di due o tre fascine ne faceva una, perché le fascine che le aveva dato il padrone erano piccole; non andavano a quintali, dopo c'è stato il peso, ma in quel periodo là c'era il numero. Insomma le sue fascine erano piccole. E' passato il padrone: "Tognina, ti dai da fare?" "Sì, mi do da fare perché le sue fascine non sono neanche abbastanza per fare arrostire un uovo", lui ha detto: "Ma c'è il numero, hanno lo spago", e lei: "Sì ha ragione, c'è lo spago, ma io ti frego, neh!" Poi viene il periodo di portare questi appendizi all'autunno. Lei ha messo a covare la chioccia, sono nati i pulcini, li ha presi, dopo due o tre giorni, che pigolavano, li ha messi in un cestino ed è andata dal padrone nell'ora del mezzogiorno che lui era in casa.
E' andata là con il suo cesto: "Signor Pietro, sono venuta a portargli gli appendizi" "Dove li hai", lui credeva che erano i pollastri . "Qui nel cestino", li ha presi, li ha messi per terra, "Ma non eravamo d'accordo che gli appendizi devono essere pollastri?" "Si ricorda questa primavera che cosa mi ha detto? che le fascine hanno lo spago, e questi hanno il becco!" Ed è venuta via e glieli ha messi là. Mia nonna è morta a novant'anni nel ' 16 o nel ' 18 al tempo della guerra, e gli ha detto così, noi l' avevamo già nel sangue. Mio padre era un socialista, a quel tempo erano socialisti, non c'erano i comunisti, qui erano forti, qui c'era la cooperativa, erano iscritti alla cooperativa, che poi quando è venuto il fascismo ha distrutto tutto. Dopo il fascismo la cooperativa non è più stata fatta.

"... e in sala aveva il manganello". Lo sciopero durante il fascismo

Noi abbiamo lottato anche prima del '45. Nel periodo che c'era ancora il fascismo, il sindacato c'era già, ma noi non eravamo organizzati, c'erano dei compagni, degli attivisti. Hanno portato tanti volantini sulle strade di campagna e nel paese, e una mattina ci siamo alzate per andare a mondare il riso e abbiamo trovato tutti questi volantini che dicevano di fare lo sciopero. Siamo andate nel posto del lavoro e poi lì abbiamo deciso: "Andiamo a casa, se questa gente qui - che noi non conoscevamo, però dicevano che erano dei sindacalisti- ci dicono di scioperare, di essere contro quella gente, che sono ancora i fascisti di prima; noi cosa facciamo? andiamo a casa". Eh, allora c'era il governo di Salò, c'erano i repubblichini. Chi lo sa se avevamo paura? Non pensavamo, eravamo giovani quel tempo là; capivamo che era necessario farlo.
Ci siamo messe d'accordo tutte le squadre del paese, perché eravamo tutte socialiste prima: chi aveva il marito socialista, io avevo i fratelli, avevo il padre, eravamo già della sinistra, e allora: "Diciamo di andare a casa a tutte, dobbiamo andare a casa!" Io abitavo in un'azienda del paese, eravamo tre ragazze; i padroni lavoravano anche loro, ma avevano una bella azienda, una bella stalla; era gente, insomma, che stava bene e... in sala aveva il manganello. Quando andavamo il sabato o la domenica a prendere i soldi della settimana vedevamo là appeso il manganello. Io non ero solo mondina, ero anche bracciante, lavoravo tutto l'anno in campagna, quando avevano il lavoro... ma allora il lavoro... non ci pagavano, c'erano sempre i lavori... non pagando, ci facevano lavorare per niente.
Ad ogni modo noi: "E allora andiamo a casa? In corte c'è il padrone, farà venire i carabinieri, senz'altro verranno i carabinieri a vedere se siamo a casa, se abbiamo scioperato", e allora una compagna ha detto: "Venite da me, andate a casa quando è buio". Siamo state lì e siamo andate a casa che era più della mezzanotte tutte e tre, difatti i carabinieri sono andati due o tre volte in azienda a chiedere ai genitori; mia madre con la corona in mano, che aveva una fede... "Ma io non lo so dove è andata mia figlia, prego perché venga a casa presto". Allora siamo state lì e il giorno dopo non siamo uscite... d'accordo tutte, e abbiamo fatto due giorni di sciopero nel periodo della Repubblica.

"Dobbiamo leggere se vogliamo capire". Gli scioperi del dopoguerra.

Sannazzaro, era molto combattivo, e poi era un paese agricolo; la gente che lavorava in agricoltura non era pagata a sufficienza, si doveva lavorare tutta la stagione per guadagnare qualche cosa, che poi i braccianti erano a casa, non si poteva sprecare come adesso, si tirava un po' avanti, ma poi d'inverno si consumava tutto, in questi tre mesi i braccianti, o una giornata alla settimana o due, o anche niente se poi nevicava, erano a casa e basta. La nostra vita di braccianti della campagna era così: tanto lavoro e non pagato.
Abbiamo fatto uno sciopero per venti lire, per il caro-pane, abbiamo scioperato più di cinquanta giorni all'autunno nel '49, ed eravamo tutti uniti, le donne dei socialisti sono passate tutte al Partito Comunista, gli uomini qualcuno è rimasto socialista. Le donne erano più combattive, eh, la donna lo capisce di più, perché è quella che fa la spesa, che fa da mangiare, che non gli rimane mai niente in mano e allora la combattività si sentiva di più. L'organizzazione nostra l'abbiamo iniziata così: abbiamo fatto delle riunioni, delle assemblee, venivano delle compagne da Pavia, del sindacato, abbiamo fatto come nella fabbrica, con i consigli di fabbrica, e noi abbiamo organizzato i consigli di squadra, ogni squadra aveva il suo consiglio, e allora chi era nel consiglio di squadra? Naturalmente le donne più attive, che erano poi quelle che organizzavano lo sciopero nella azienda.
Ogni azienda aveva la sua squadra, poi venivano già anche le mondine forestiere, nelle aziende grosse c'erano centinaia di mondine forestiere, e allora per queste donne qui, tre o quattro donne per ogni squadra si adoperavano per... c'era sempre qualche cosa e si parlava sempre, io dicevo: "Dobbiamo leggere, se vogliamo capire qualche cosa, se no non capiamo niente, leggiamo e poi anche se non si fanno tante riunioni capiamo quello che dobbiamo fare, naturalmente quando il sindacato ci dice che è imminente lo sciopero, noi ci prepariamo con le assemblee tra tutte le donne del consiglio". Cominciavano nell'azienda nell'ora di colazione, perché ci si fermava a colazione, o al pranzo… chi si fermava in campagna, non tutti venivano a casa.

"Con il nostro grembiule di sassi...". Le lotte contro i crumiri.

 Io sono sempre stata una all'avanguardia, non avevo paura dei padroni, ma certe cose non le ho mai fatte, però c'erano delle compagne di un'azienda, dove c'erano i crumiri... abbiamo passato l'Agogna con il battello dei pescatori, in quindici o sedici e siamo arrivate dall'altra parte. E lì c'era il campo e c'erano già a lavorare venticinque o trenta crumire, non era una squadra grossa ma venticinque o trenta ci portavano via il nostro lavoro, e c'erano i cavallanti che caricavano i covoni con dei carretti. Io sono rimasta di marmo, lo dico, perché certe cose non mi piacevano, ma certe donne avevano un coraggio: senza dire niente hanno tirato fuori i cavalli, messo all'aria i carretti, un diluvio! Quella gente là non sapeva dove andare, un po' scappava da una parte, un po' dall'altra, che poi al mattino è partita, è andata a casa.
Quando c'era lo sciopero, tutte le sere ci trovavamo alla Camera del Lavoro, "Ma non dovevate fare una cosa così!" "Ma è andata bene che non gli abbiamo corso dietro e dargliele, se ne sono andate a casa e bell'e finita", tutte donne. C'erano delle donne che andavano a lavorare a Scaldasole e venivano dall'Oltrepò, da quei paesini lì oltre il ponte, venivano con la corriera, una corriera apposta. Ci siamo organizzate, eravamo una ventina, abbiamo messo il nostro grembiule, il grembiule pesante che adoperavamo per andare a tagliare il riso, e lì c'erano i mucchi dei sassi, allora non c'era l'asfalto, c'era la polvere nello stradone, e una volta all'anno mettevano sassi e ghiaia, sotto i sassi grossi e poi la ghiaia.
Abbiamo preso tutte i sassi, i più grossi, quindici o venti, siam saltate fuori... prima ci siamo messe in mezzo con il nostro grembiule di sassi e poi: "Alt!" "Cosa volete?" ha chiesto l'autista "Vogliamo che giri la sua corriera e porti a casa queste donne, perché vanno a togliere il pane a delle altre donne, a delle altre famiglie - ho parlato io - se no... vi prendiamo a sassate, prima lei, lei che fa 1'autista, prima lei e poi le donne, andate indietro!" "No, state tranquille che andiamo a casa". Ha girato la sua corriera e non sono più venute. Era una battaglia così, sempre così, lì era il '49, '50, tutti gli anni era così perché c'era il contratto. Lo sciopero durante il taglio del riso è durato... chi cinquanta giorni, chi cinquantadue, chi quarantotto se i padroni andavano prima a firmare il contratto. Ad ogni modo abbiamo costituito una cucina per gli anziani e per quelle donne che avevano bambini ed erano braccianti, moglie e marito che erano a casa, che non avevano nessuno, che non prendeva nessuno i soldi; allora abbiamo costituito una cucina, si faceva da mangiare, e tra tutte si portava qualcosa, facevamo dei sacrifici, chi portava un po' di lardo, chi il riso, chi la salsa, chi la verdura.

"C'è chi ce l'ha nel sangue la lotta". Le conquiste sindacali del dopoguerra .

Ma poi alla fine quando è stato firmato il contratto ognuno si è presentato, c'erano delle aziende che c'era solo da legare, che era quasi tagliato tutto il riso; io che ero... non dico la più povera, ma ero cosciente che in casa avevo due vecchi, due fratelli, che se non lavoravamo, in casa non veniva niente. Io sono sempre andata a cercare fuori, siccome Sannazzaro c'era tanta mano d'opera, perché il paese era grosso, ma la terra, le aziende non erano grosse a sufficienza per lavorare. Quell'anno lì io ero a Valeggio, eravamo segnate a Valeggio cinque donne, e... c'erano i crumiri, una bella squadra. Siamo arrivate là quel giorno che hanno firmato la fine dello sciopero. I compagni alla sera erano venuti giù: "Andate tutti a lavorare, presentatevi, c'è il riso da tagliare... se non c'è da tagliare c'è da legare, quello che c'è da fare, presentatevi". E allora ci siamo presentate.
Lì c'erano già i crumiri in campagna e il padrone: "Oh, che cosa siete venute a fare?" "Siam venute a prender il nostro posto di lavoro, lo sa che hanno firmato, la sua organizzazione l'avrà informato" "E allora? e adesso questa gente qui?" "Quella gente lì la manda a casa, perché noi se ci manda via ci paga la giornata neh, perché noi siamo iscritte in questa lista, qui a Valeggio, dall'Ufficio del Lavoro, quindi lei ci deve pagare la giornata, se ci manda a casa, noi andiamo ma ci deve pagare, sa" "E allora che cosa faccio?" "Ci pensi bene, è lei il padrone, noi siamo qua a lavorare e quella gente lì... hanno lavorato prima, adesso vadano a casa, perché non sono autorizzate, non sono scritte nel contratto. Ci faccia vedere - ero sempre io a parlare- ci faccia vedere il contratto se ci sono scritte tutte quelle persone". E allora lui a quella gente ha detto: "Adesso andate a casa, vi pago tutto, ma andate a casa, ci sono queste qui del paese". Noi abbiamo fatto ancora 12 giorni di taglio là e poi un po' a zappare, per preparare il terreno per il frumento, insomma abbiamo fatto un bel po' di giornate, 25 o 30 giornate, e allora avevamo anche i contributi, non era solo per i soldi... c'era uno e l'altro da difendere, perché di pensione ne abbiamo poca, io ho la minima, perché i padroni non so come pagavano, però il diritto... io non ho tribolato avere la pensione, la mia pensione è quella lì e allora che cosa dobbiamo fare... dobbiamo dirglielo al governo, perché è troppo poca, io ne prendo 600 e rotti, proprio perché... cercavo di raggruppare tutte le giornate che andavo a lavorare, non solo qui in paese ma anche fuori.
E l'anno dopo siamo andate ancora: "Venite ancora, che io sono contento di voi, perché siete gente che lavora" "Sì veniamo, ci dovrebbe dare la trasferta, perché ci alziamo un'ora prima delle altre e alla sera torniamo che è già buio", e allora cosa dovevamo fare... la giornata era pesante e poi eravamo in piedi... non solo le otto ore. Adesso ho parlato delle ore, allora torniamo indietro, al periodo della monda, qui a Sannazzaro siamo state le prime ad applicare le sette ore. Prima di iniziare la monda, dev'essere il '50, '51, non ricordo più le date, ad ogni modo prima di iniziare la monda abbiamo fatto un'assemblea di donne, c'erano venute giù le compagne del sindacato, ci siamo organizzate, e poi le donne chiedevano: "Facciamo sette ore... ce ne pagano otto?" "Ma no, allora siamo come i padroni, facciamo sette ce ne pagano sette, però se facciamo un'ora in meno tutti i giorni, faremo qualche giorno in più alla fine, se alla fine facciamo il conto, sono sette ore la settimana quindi è una giornata già in più che facciamo". Insomma qualcuna l'ha capito subito, c'è chi ce l'ha nel sangue, la lotta, invece quelli un po' acerbi: "E poi? E poi?". "E poi, guardate, non è obbligatorio, questo non è un obbligo del sindacato, ma noi a Sannazzaro dobbiamo essere i primi ad applicarlo. Poi, quando l'altro anno, vanno con i datori di lavoro, naturalmente queste cose qui le tirano fuori e le mettono nel contratto, allora abbiamo il contratto di sette ore con il nostro chilo di riso", ed è stato così.
Siamo riuscite, ma all'inizio qualcuna rimaneva là e allora... dove lavoravo io e anche dove c'erano le altre che erano attiviste: "Non ditegli niente, non diciamo niente a queste donne, ci sono dei frutti che non cadono acerbi e allora queste sono donne un po' acerbe ma poi lo capiranno, non ditegli niente, non bisogna scontrarsi con i lavoratori, noi dobbiamo tenere sempre presente che il nostro nemico è il padrone". Infatti è stato così, una settimana o due e poi hanno aderito tutte, un giorno rimanevano là in cinque, un giorno in quattro, diminuivano sempre e poi hanno aderito anche loro e l'anno dopo abbiamo avuto nel contratto le sette ore. Ma noi avevamo anche organizzato, sempre nel periodo del taglio del riso, le squadre degli altri paesi: si andava a Valeggio, ad Alagna, a Ferrera a mandare via i crumiri. Non andavamo noi e neanche quelli di quei paesi, perché allora li riconoscevano, invece andavano degli altri. Noi andavamo la sera prima: "Guardate prendete questa strada, alla tale ora, sbucate fuori là, là ci sono dei compagni, che vi indicano le aziende dove ci sono i crumiri e voi andate" Così non tutto il riso è stato tagliato dai crumiri, perché tante squadre se la sono squagliata, se no riuscivano a tagliarlo tutto. Se noi stavamo a casa con le braccia incrociate eh... portavano via tutto, ma chi stava a casa così che avevamo bisogno di mangiare?

"Il sindacato e il partito erano la mia famiglia". L'attività sindacale e il rapporto con i lavoratori.

Io, lo dico, spassionatamente, il sindacato e il partito erano la mia famiglia, perché la mia gente non mi ha mai ostacolato, i miei fratelli.... anche se ero una donna non mi ostacolavano, mi lasciavano fare, perché erano anche loro così. Io ho fatto anche un po' di assistenza, andavo a fare domande di pensione, anche per il sindacato, andavo a fare domande per gli assegni familiari, andavo nelle aziende a portare la tessera. Son sempre stata così, in bicicletta, tutto in bicicletta, la domenica neanche si riposava. Adesso è comoda anche per il sindacato, e non si va bene eh... no, no! Invece noi avevamo il contatto con i lavoratori, andavamo in casa, ogni mese bisognava attaccare i bollini sulla tessera, a volte qualcuno ne metteva due, a volte qualcuno li pagava tutti, però in casa si andava lo stesso. C'era il contatto con il lavoratore.
Loro chiedevano qualche cosa e noi rispondevamo, quello che sapevamo glielo dicevamo, allora loro ci aspettavano. Poi quando abbiamo ottenuto l'indennità di malattia per i salariati, avevano magari bisogno di fare la domanda, si faceva là in casa, andavamo e loro: "Sono stato malato, mi è arrivato questo, Maria c'è questo". Allora ci mettevamo là, ogni domenica facevamo un'azienda o due - e andavo anche a Ferrera, non solo a Sannazzaro- e intanto avevamo il contatto con tutti. Era bello, era molto bello, invece adesso non c'è più il contatto, prendono i loro bei soldi. Io glielo dicevo, quando andavo l'ultimo periodo, glielo dicevo ai compagni: "E' giusto voi avete i soldi e li organizzate come volete, però non c'è più il contatto con i lavoratori". Poi si è ottenuto, ogni azienda dopo i 5 lavoratori, le assemblee, 5 o 10 ore all'anno, ma non tutti venivano, non era come andare in casa. E poi si andava anche a fare la sottoscrizione per la "Terra Pavese" che era il nostro giornale, per il sindacato, i compagni davano, va ben allora chi 10 lire, chi 20, chi 30, qualcuno anche 50, magari perché gli era arrivata la pensione. Quel periodo lì si andava solo a fare la sottoscrizione, con le nostre bollette nella borsa e via si andava.
Una volta un padrone lì di Scaldasole ha cercato di mandarmi via, "Lei non può venire nell'azienda, perché non è un salariato, non è un lavoratore dell'azienda". "Guardi, se non devo venire devono essere i lavoratori a dirmelo, io vado in casa dei lavoratori, se mi aprono la porta vado, se non me la aprono non vado, stia tranquillo". Sempre perché avevano paura, vicino magari c'era lo sciopero e allora avevano paura che si andava per organizzarlo. Non c'era nessuno che rifiutava "La Terra Pavese": i lavoratori della terra erano attaccati al giornalino, perché c'era il foglio della busta paga, ogni categoria... e allora erano interessati, ma poi c'erano anche tante altre belle cose. Io ne diffondevo, in principio lo portavamo noi, andando a fare le tessere, poi è arrivato a casa: chi faceva la tessera gli arrivava "La Terra Pavese". Invece i coltivatori diretti, erano dalla parte dei padroni, perché quando c'era lo sciopero dei mungitori andavano loro. Era gente venuta su col fascismo, gente un po' apatica, ma quando c'era lo sciopero dei mungitori, andavano loro a mungere le vacche, sì, sì! Non erano con noi. Poi c'erano le forestiere.
Avevamo delle forestiere in un'azienda qui, che il padrone non gli ha più fatto la minestra, e venivano alla C.d.L. che gliela facevamo noi.

Mondine di Mezzano (Sannazzaro)

A Mezzano, che è una frazione, c'erano delle mondine di Santa Maria della Versa e c'erano quelle di Bobbio. Queste qui erano proprio imbranate, non sapevano fare niente, invece le altre no, lottavano con noi. Io sono andata a lavorare con loro; qui a Sannazzaro i fittavoli non mi volevano più perché organizzavo, uno mi cancellava, l'altro mi cancellava. Lì c'era un padrone che rubava sull'orario di lavoro, allungava, e io alla mia compagna ho detto: "Francesca, prendi su l'ologio, neh, per andar là, sai che là rubano" "Sì, prendo su l'orologio del mio Giovanni". Andiamo e... alla colazione solo un quarto d'ora, quando ci spettava mezz'ora, non facevamo neanche a tempo ad andare a prendere la borsetta, che era ora di andar giù, a mezzogiorno ancora, un altro quarto d'ora. "Oh, prendi su 1'orologio che vedrai che poi ci licenzia". E difatti è stato così. Le ho detto: "Tu, quando sono tutte giù, guarda l'orologio e quando è mezzogiorno lascia pure passare due o tre minuti poi lo dici a me, stai pure giù che mi alzo io a parlare". E allora: "Donne, è ora, andiamo a mangiare!".
E loro tutte in piedi, quelle di Santa Maria della Versa: "Oh, sono venute le nostre donne", perché erano combattive anche loro, con le altre non potevano parlare, "O Signore! ", ci abbracciavano "Andiamo, andiamo a mangiare!". E un mezzogiorno e un altro e un altro, poi il sabato andiamo a casa del padrone per prendere i soldi, la prima settimana davano solo un acconto, poi proprio la busta paga la davano ogni 15 giorni, andiamo in casa e ci ha detto: "Sentite donne, a voialtre paghiamo tutta la settimana - a me veniva troppo da ridere- alle altre diamo solo un acconto, ma voialtre... se trovate, se non trovate tornate pure qui, se no...". Alle forestiere dispiaceva: "Ma venite ancora qui, venite a mangiare con noi nella nostra camerata", ma non siamo più andate.
La stagione l'abbiamo fatta lo stesso, con un coltivatore diretto, con un'altra squadra e allora dovevamo proprio essere mandate a Mezzano? Ma era così, i lavoratori della terra erano... ma per forza hanno dovuto ribellarsi, per noi non c'era niente, solo cattiveria, non mi hanno più voluta perché organizzavo gli scioperi. Un padrone che abitava in un'azienda grossa non mi guarda ancora adesso: "E non guardarmi, io ne faccio a meno". Io ho sempre parlato con tutti, nel periodo delle lotte io non portavo l'odio, invece c'erano dei compagni che mi dicevano: "Ma cosa saluti quella crumira lì, cosa la saluti?". Perché nel periodo della lotta viene un po' la rabbia, ma poi finita la lotta, vincere o perdere, finita la lotta sono dei nostri compagni, lavorano assieme a noi e se loro non l'hanno capita... non l'hanno capita.
Se non la capiscono è perché è gente acerba, gente che non legge, che non capisce. Come ho detto, invece mio padre e mia madre non erano capaci né di leggere né di scrivere però era gente che stava con tutti e capiva chi era il padrone e chi era il lavoratore, anche se tra i lavoratori in campagna ci sono sempre stati non solo i crumiri, ma anche i ruffiani, che andavano a ruffianare il padrone, che non avevi ancora girato l'angolo che il padrone lo sapeva.
Allora era così, i padroni sapevano tutto, sapevano forse più i padroni dei carabinieri nei nostri paesi, perché c'erano i lavoratori "indietro" che raccontavano tutto al padrone. Il padrone è il padrone, noi cerchiamo di star con noi, di essere uniti noi, non col padrone. I padroni hanno sempre cercato di sfruttare, licenziano anche adesso... Io adesso non leggo più tanto, perché non ricordo più proprio bene, invece prima tenevo a mente tutto, ad ogni modo mi piaceva leggere e avevo la voglia di capire e di imparare, perché di scuole... ho fatto la quinta, eravamo gente salariata.... delle cascine, poi siamo venuti a stare in paese... Io sono nata a Campalestro, tra Ferrera e Sannazzaro, in una cascina.

"O mondina dal cuore dolente". I canti della risaia.

Un'altra cosa che organizzavamo era la festa della mondina, qui ogni due anni, tra le mondine di tutte le aziende, anche fuori di Sannazzaro. Lì alla Casa del Popolo si ballava, si faceva un rinfresco e si cantava. Avevamo una mondina che li scriveva lei i canti, ma tanto belli! e ne ha scritti tanti. Non aveva studiato, era una mondina, ma era intelligente, si chiamava Rosetta Franchi. Ad esempio "O mondina dal cuore dolente..." l'ha scritta lei, ma ne ha scritte tante, persino quella di Togliatti, quando l'hanno ferito... era una donna che guai, la Rosetta la Péncia! "E' bello parlar con voi o borghesia" l'ha scritta quando abbiamo fatto le prime comunali, le prime elezioni, l'abbiamo cantata anche a Togliatti quando è venuto a Pavia. "O mondina dal cuore dolente" l'aveva scritta quando facevamo la festa della mondina qui alla Casa del Popolo e lei l'ha preparata, per le mondine forestiere e l'ha cantata per loro. Quell'anno poi che c'è stata la manifestazione a Mortara di tutta la Lomellina, le nostre compagne hanno cantato in un teatro e hanno vinto il primo premio.
Tre donne, lei, un'altra mondina e la Cesca Bagatta, anche la Cesca cantava bene. Loro tre, facevano le tre voci, e hanno cantato la "Mondina", e anche lei cantava bene, aveva una voce! E c'erano i trapiantini che hanno cantato le canzoni della montagna, hanno cantato diverse squadre, ma la nostra... per via che la canzone è stata scritta, ha avuto il primo premio. C'erano anche delle altre canzoni sulle lotte, ma quelle non le ho più in mente, sempre lei le scriveva, che poi finite le lotte non si sono più cantate.

A cura di M. Antonietta Arrigoni e Marco Savini

(Da "Curì o gent - Canti delle mondariso lomelline, pavesi e dell'Oltrepò", libretto allegato alla cassetta ACB/MC08, a cura di Marco Savini e Aurelio Citelli - contributi di M.Antonietta Arrigoni e Giuliano Grasso, 1995; per gentile concessione dell' Associazione culturale Barabàn).