carlo giuliani       

 

il racconto

 

G8, uno studente inglese testimone della morte di Giuliani
"Sulla jeep ho visto quattro carabinieri"

Il ragazzo era vivo anche dopo che il Defender dei militari gli era passato sopra due volte

CINZIA SASSO

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MILANO — C'è un nuovo supertestimone della tragedia di Genova, la morte del ragazzo di 23 anni Carlo Giuliani, rimasto sull'asfalto di piazza Alimonda il 20 luglio scorso. Cinque mesi dopo i fatti, un ragazzo inglese di 28 anni, studente a Londra, ha raccontato a Repubblica che cosa ha visto quel giorno e la sua versione contrasta con quella che fino ad oggi è stata presentata come la versione ufficiale. J. era là: era arrivato a Genova per partecipare alla contestazione contro il G8. Ha assistito al crescendo della violenza, ha affiancato il Defender dei carabinieri finché non ha sentito partire due colpi, dice di essere certo: «C'erano quattro persone nella Land Rover. Di sicuro almeno quattro persone». La ricostruzione fornita finora, una ricostruzione che ha cominciato però a vacillare dopo che una perizia balistica ha stabilito che i bossoli esplosi sono partiti da due e non da una sola pistola come pure si era voluto sostenere, parlava invece di tre carabinieri. J. ha visto il Defender passare e ripassare sul corpo steso a terra di Carlo; ha urlato e si è inutilmente sbracciato per impedire che la camionetta investisse quel corpo; poi, per primo, si è avvicinato al ragazzo che non conosceva, gli ha toccato il polso: «Batteva, molto debole e molto veloce».
Dall'Inghilterra, dove presto è tornato, ha continuato a seguire le notizie su quanto accaduto a Genova in quei giorni di guerra. Lui è impegnato con un gruppo pacifista che attua la disobbedienza civile, a Genova era arrivato insieme ad altri amici, si erano sistemati allo Stadio Carlini. Racconta: «Mi sono mosso dallo stadio per andare verso la Zona Rossa. Siamo stati attaccati con i lacrimogeni e colpiti con i manganelli». La scena si sposta in piazza Alimonda, accanto alla stradina ostruita da un cassonetto per l'immondizia, è il budello dove si infila il Defender e dove troverà la morte Carlo Giuliani, J. è lì: «Alcuni manifestanti stavano attaccando il veicolo da dietro. Uno spingeva un bastone di legno contro il finestrino posteriore destro della Land Rover. Un carabiniere era seduto proprio da quella parte e si stava accucciando in avanti, proteggendosi la testa con le mani. Accanto a lui c'erano almeno altri tre agenti dentro l'auto quando io ho visto la scena. Non so dire esattamente quanti, se fossero anche di più, perché quello davanti a me mi nascondeva un poco la vista. Temendo per l'incolumità degli agenti sono corso davanti ai dimostranti e ho urlato, muovendo le braccia, di smetterla. In quel momento ho sentito due colpi forti, in rapida successione. I dimostranti che erano più vicini al Defender sono andati indietro di alcuni metri e io li ho seguiti, li ho raggiunti e mi sono girato a guardare. Il corpo di un uomo che ora so essere Carlo Giuliani giaceva esattamente dietro alla camionetta, vicinissimo alle ruote. Dalla sua faccia usciva molto sangue». Il drammatico racconto continua: «Fermati, fermati, urlavamo. Indicavamo il corpo per terra, ma il mezzo ha incominciato a fare marcia indietro, la ruota sinistra ha investito il corpo, proprio nel mezzo. Poi si è fermato un secondo, forse due, mentre l'autista girava il volante. Io ho urlato ancora, sono andato davanti per gridare di più, e quando sono tornato indietro ho visto la camionetta che passava sopra al corpo di Giuliani una seconda volta, prima di andare via». Ancora J.: «Mi sono avvicinato a quel corpo, durante il militare ho imparato nozioni di primo soccorso. Ho sentito il petto, ma non sono riuscito a capire se respirava. Allora gli ho preso il polso: batteva, era una pulsazione chiara, sebbene fosse debole e molto veloce».