Nonostante i disastri in ogni in ogni parte del mondo
causati dai processi di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi
pubblici, i fautori nostrani della concorrenza e del mercato dopo il
famigerato articolo 35 della passata Finanziaria, che obbligava i comuni
alla completa apertura in pochi anni al mercato dei servizi pubblici
locali, tornano diabolicamente sul luogo del delitto per completare
l'opera.
Il comitato "d'affari"
Sabato notte, infatti, è stato approvato dalla Commissione bilancio del
Senato un emendamento al testo della Finanziaria 2003, predisposto da un
fantomatico "comitato" trasversale composto dai parlamentari
Grillo (Fi), Bassanini (Ds) e Tarolli (Udc), con il quale, oltre ad una
drastica riduzione della durata degli affidamenti diretti di tali servizi
già effettuati dagli enti locali nei confronti di società di loro
proprietà o controllo, si cancellerebbe, per quanti non hanno ancora
trasformato in Società per azioni (spa) le proprie aziende pubbliche e
non hanno affidato ad esse la gestione del servizio idrico, la stessa
possibilità dell'affidamento diretto dello stesso (sebbene transitorio e
condizionato alla vendita entro due anni di almeno il 40% della proprietà),
attualmente previsto dal comma 5 del suddetto "articolo 35".
L'emendamento cancellando il comma 5 di tale norma lascerebbe spazio alla
sola gara d'appalto immediata. Cioè vere e proprie "gare al
massacro" con colossi multinazionali che rischiano di buttare alle
ortiche anni di esperienze e competenze oltre che risorse economiche e
diritti dei lavoratori coinvolti. Ciò avverrà anche negli ambiti
territoriali ove gli enti locali stanno consapevolmente resistendo alle
trasformazioni in società di capitali delle proprie aziende pubbliche o
per quanti semplicemente non hanno ancora completato tale operazione per
ragioni di tempo, considerato peraltro che la scadenza al riguardo è
attualmente fissata al 30 giugno 2003.
Questo tentativo di chiudere rapidamente la partita delle
liberalizzazioni, in particolare sull'acqua, in realtà fa seguito alle
pesanti pressioni in tal senso del ministro dell'ambiente Matteoli ed a un
precedente tentativo alla Camera dove un emendamento dell'Udc Tabacci
volto allo stesso scopo era stato ritirato e trasformato in ordine del
giorno, per le divisioni interne alla maggioranza (vedi le resistenze
della Lega). A Palazzo Madama invece, con la Lega, in debito nei confronti
i soci di maggioranza dopo il voto sulla devolution e grazie alla presenza
nelle file dell'"opposizione" di zelanti sostenitori del mercato
(vedi il senatore Bassanini), la strada appare decisamente spianata.
La corsa alle Spa
L'annuncio di tale manovra dirompente sta producendo come effetto
immediato una forte accelerazione delle trasformazioni in spa delle
aziende pubbliche, allo scopo dichiarato di evitare con un seppur breve
affidamento diretto (possibile con l'attuale formulazione della legge),
l'immediata messa sul mercato del servizio idrico. Ma in realtà tale
soluzione rischia di essere "peggiore del male": infatti è
proprio la trasformazione in "persona giuridica privata soggetta al
diritto societario" che fa scattare, secondo la Commissione Ue,
l'obbligo a rispettare le direttive comunitarie in materia di concorrenza
che prevedono la gara; c'è da osservare infatti che in materia di ciclo
idrico, al contrario di gas ed elettricità, non esiste alcuna norma
europea che impone l'apertura al mercato di tale settore. D'altro canto
l'unica norma che introduce, in relazione al servizio idrico, l'obbligo
alla trasformazione in spa delle municipalizzate e l'imposizione
dell'apertura al mercato è il più volte richiamato articolo 35. Articolo
però non applicabile in mancanza del regolamento attuativo da emanarsi, e
mai emanato, entro il 30 giugno 2002; inoltre tale articolo è contestato
e sottoposto al giudizio di costituzionalità da parte di ben cinque
regioni.
Oltre ad una strenua opposizione parlamentare contro l'emendamento
Grillo-Bassanini-Tarolli, che faccia leva sulle convergenze politiche
realizzate proprio in questa fase con ampi settori dei Ds e dell'Ulivo sul
tema del diritto all'acqua, nonché sulle divisioni della stessa
maggioranza, si impone un'ulteriore fase di resistenza sul territorio.
Negli ambiti territoriali dove esistono consorzi pubblici e
municipalizzate, questi non vanno trasformati ma al contrario va affidato
ad essi il servizio idrico integrato; laddove invece tali consorzi
pubblici non esistono ancora per via della frammentazione delle attuali
gestioni essi vanno costituiti, invece che società di capitali, per poi
affidare ad essi lo stesso servizio.
La difesa del controllo
E' chiaro che laddove, purtroppo, le spa sono già state costituite non
resta che attestarci su di una linea più arretrata rappresentata dalla
difesa del controllo pubblico sulle società, dal mantenimento fin quando
è possibile dell'intera proprietà pubblica delle stesse considerato
peraltro che l'attuale quadro normativo lascia un tempo di due anni, per
la cessione di parte del loro pacchetto azionario. Ovviamente l'intera
partita deve essere giocata nella prospettiva di una "ripubblicizzazione"
dei servizi pubblici locali. A tale riguardo va anche osservato che la
forte riduzione della durata degli affidamenti in essere, operata tramite
il nuovo emendamento, determinerebbe paradossalmente una drastica
riduzione del valore delle quote di proprietà delle spa pubbliche
attualmente in vendita (ad esempio a Firenze e a Pisa) in quanto le
stesse, per effetto della gara d'appalto, senza alcuna garanzia,
potrebbero perdere a breve scadenza la gestione del servizio,
trasformandosi di fatto in scatole vuote da porre in
"liquidazione". E' altrettanto chiaro che questa delicatissima e
difficilissima partita può vederci vittoriosi solo se saremo capaci di
coinvolgere in una forte mobilitazione i nostri concittadini tra i quali,
come dimostrato "clamorosamente" da una recente ricerca svolta
dall'Swg di Trieste per conto dell'Anci, nonostante l'imperante e
nauseante propaganda liberista, la gestione pubblica dei servizi è quella
che riscuote il migliore indice di fiducia. E comunque, al di là degli
aspetti "tecnici" della questione, è inaccettabile che il nodo
della privatizzazione/liberalizzazione dei servizi pubblici locali si
decida sulle colonne dei giornali della Confindustria senza coinvolgere i
cittadini e il parlamento (se non al momento fuggente della votazione di
un qualche improvviso emendamento della finanziaria). Ci si rende conto
che stiamo parlando della privatizzazione del ciclo dell'acqua, cosa su
cui ormai centinaia tra enti locali, istanze di base ed associazioni
chiedono una moratoria, ritenendo l'acqua non una merce, bensì un diritto
da tutelare, anche mediante tariffe che non possono continuare a crescere
a go go?
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