CRISTO SI ERA FERMATO A EBOLI
Ma la storia di Levi ha un seguito
la ruota, la croce e la penna
Matera, Palazzo Lanfranchi, 8 ottobre - 13 novembre 2005.
Orari di apertura:
Tutti i giorni, ore 9.00 - 13.00 / 15.00 19.00
Chiuso il Lunedì
Indagine foto-giornalistica di Antonio Pagnotta a cura di Graziella Salvatore sul capolavoro di Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli.
Mostra fotografica di 100 stampe bianco e nero di formato 50x60.
Dopo Eboli, Aliano, Grassano e Berlino, la mostra fotografica la ruota, la croce e la penna
arriva per la prima volta a Matera nella prestigiosa sede del Palazzo Lanfranchi – promossa dalla Provincia di Matera e patrocinata dalla Regione Basilicata, dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etno-antropologico della Basilicata e dal Centro di Documentazione Rocco Scotellaro-Tricarico
Inaugurazione sabato 8 ottobre ore 18,00 sala delle Arcate.
Messaggio di benvenuto
Interventi
In rappresentanza del Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola
Conclusioni
Moderatore Mimmo Sammartino
Con un messaggio di Rocco Mazzarone
E la partecipazione dello sciamano di Tricarico
Con la presenza dell’autore
La pubblicazione del Cristo si e fermato a Eboli ha segnato profondamente la visione della Basilicata, svelandone la faccia arcaica. I numerosi e commoventi personaggi descritti nel libro, affresco umano dantesco, sono rimasti impressi nella memoria dei lettori di tutte le nazionalità e culture, affascinati dal mondo crudele, primitivo e magico, un mondo all'alba della civiltà, dove la Santarcangelese, il locandiere Prisco, Antonino Rosselli, il dottor Gibilisco, il Tenente Decunto, l'Ufficiale Esattoriale di Stigliano, il Podestà don Luigi Magalone, Don Cosimino, e tanti altri vivevano o meglio "sopravvivevano".
Con i vivaci e bellissimi ritratti dello scrittore, i lucani sono entrati nel pantheon della letteratura mondiale, ma anche nel cuore dei lettori. Un ricordo tenace, che vive tutt'ora.
Ventidue mesi di lavoro percorrendo l'Italia dal sud al nord sono giunti "all'altro capo del mondo", New York, alla ricerca dei discendenti dei personaggi di 'Cristo si è fermato a Eboli'. Il progetto - oltre alla sua valenza storica - ha ricostruito con poesia, rigore e vivacità un nuovo panorama umano della società lucana dell'entroterra , del Mezzogiorno e in parte dell'Italia oltre Eboli, generazioni dopo Carlo Levi. Un panorama fatto di ritratti profondi, 'dolci, aspri e selvaggi' come Levi amava dipingere dal vivo i suoi quadri.
Le 100 fotografie del la ruota, la croce e la penna sono testimonianza e memoria viva di un mondo, di una cultura che, solo in apparenza, è immobile e cosi sono mostrati i discendenti dei personaggi di Cristo si e fermato a Eboli oggi a New York. Una memoria fatta di grande storia e di piccole storie di uomini e di donne che rappresenta l’anello sociale mancante tra gli anni ‘30 e l’inizio del nuovo millennio. Il progetto fotografico-sociale oltre alla sua valenza storica, ha costruito con rigore e onestà un nuovo panorama della società lucana e del mezzogiorno. Con il tenace lavoro di Antonio Pagnotta e Graziella Salvatore, la storia raccontata da Levi vive una nuova puntata, e nello stesso tempo l’immagine della Basilicata si svela diversa, rinnovata e piena di cambiamenti.
Attraverso questo sfiancante lavoro si è recuperato il grande affresco sociale del “Cristo” che rappresentava il più formidabile strumento di conoscenza del mezzogiorno per il mezzogiorno e per tutti i sud del mondo. Un ritrovamento in grado di saldare i vuoti di memoria che sono frequenti nel nostro paese.
Questo progetto è certo un omaggio alla memoria, all'impegno civile e culturale di Levi, ma anche un investimento sulle capacità di cambiamento e di adeguamento della Basilicata nell‘era digitale.
Questa mostra è raccolta in un libro intitolato La ruota, la croce e la penna.
La stampa del volume (Edizioni MMMAC - Paestum) curata da Graziella Salvatore - ricostruisce un affresco più ampio, con circa 400 foto, della Lucania e del Mezzogiorno, con testi di accompagnamento di ordine storico (Prof. Nicola Tranfaglia - Università di Torino), sociologico (Prof. Franco Cassano - Università di Bari) Bianca Arcangeli (Università di Salerno), il critico d’arte Gillo Dorfles e Goffredo Fofi, Giovanni Russo giornalista-scrittore meridionalista, dei nostri più illustri intellettuali, più l'intervento di un grande scrittore-viaggiatore americano David Yeadon, di Mimmo Sammartino giornalista scrittore e del poeta americano della Beat-generation John Giorno che di recente ha scoperto di avere le sue radici familiari ad Aliano. Ed un testo dell’ideatore di questo progetto il noto giornalista-scrittore francese Bruno Birolli.
Per informazioni
laruotalacrocelapenna@yahoo.it
cell. 338 4223569
339 2849052
La puntata che nessuno ha scritto
Giovanni Russo
La raccolta di fotografie che Antonio Pagnotta ha dedicato ai luoghi, agli oggetti e ai personaggi del “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi in cui ai volti delle nuove generazioni, erede dei personaggi del Cristo, si alternano le immagini immobili dei calanchi e delle case contadine, offre lo spunto a riflettere non solo sui destini di un libro ma sull’evoluzione di un paese legato per sempre a quel libro famoso.
Le fotografie di Antonio Pagnotta, sono una sorprendente testimonianza di come si possa non solo documentare una realtà ma creare una suggestione letteraria e poetica perché ricostruiscono un’atmosfera che poteva, a giusto titolo, ritenersi svanita e assumono l’autonomia di un saggio: sono in sostanza la continuazione attraverso la fotografia del libro di Carlo Levi, ne costituiscono come poteva accadere nei romanzi a puntate, la puntata che nessuno avrebbe scritto. L’autore è andato alla ricerca dei figli, dei nipoti, degli amici, dei personaggi del Cristo che erano spesso bambini quanto Carlo Levi viveva ad Aliano e ne ha fissato le immagini. Le foto sono accompagnate dalle didascalie dalla sociologa Graziella Salvatore, che sono qualcosa di molto più della semplice spiegazione dell’ambiente o del personaggio ritratto: in realtà sono il racconto di quest’Aliano dei giorni nostri che permettono la comprensione del documento fotografico e aiutano a sentirne la già misteriosa suggestione.
É un racconto attraverso le didascalie che fa pensare al paziente ricamo a cui nelle lunghe serate invernali si dedicavano le donne nel mondo contadino, un ricamo che ci permette di interpretare questa singolare raccolta fotografica come la ricerca proustiana nel senso che si vuole dimostrare che il passato (in questo caso il passato di Aliano e del mondo di Carlo Levi) non è perduto....
Molti continuano a guardare solo al grande coro contadino che fa da sfondo. E a considerarlo socialmente immobile come se esistesse ancora. Questo atteggiamento impedisce di capire il significato del Cristo nella società contemporanea. Levi sapeva cogliere anche gli echi e i cambiamenti di quel mondo in apparenza immobile. Egli s’accorse come questo figlio di piccoli borghesi meridionali, questo tenente che doveva andare in guerra, aveva una sensibilità morale, sentimenti e valori.
Se l’Italia meridionale contadina - concludevo - è amministrata così male rispetto al resto dell’Italia, ciò dipende proprio dal fatto che nelle regioni e nei comuni è stata al potere una classe dirigente fatta da “luigini” che erano tali e quali a quelli che Levi ha descritto nel libro».
Ognuna di queste fotografie ha un potere evocativo che si riallaccia ai temi principali del Cristo. Esse mi fanno pensare a quei disegni che Carlo Levi tracciò con incredibile maestria durante il doloroso periodo della sua permanenza in clinica per un’operazione alla retina che gli
procurò una forma di cecità. Ne ho scritto per un libro che li raccoglie su richiesta di un emigrante meridionale in Svizzera, Antonino Milicia, che ne era venuto in possesso e ha voluto farli conoscere al grande pubblico. Questi disegni sono un contributo importante perché ci aiutano a penetrare nel segreto e complesso mondo dell’inconscio di Carlo Levi. Trovo che c’è un’assonanza con questa ricerca del mondo di Aliano di oggi, un collegamento con questo lontano mondo leviano. Come mi è capitato con i disegni della cecità, sono tornato a percorrere con le foto di Pagnotta il paesaggio che ispirò il Cristo. Le foto di alcuni di questi personaggi come il sorridente Giovannino che nel sorriso sembra ancora il bambino dipinto da Carlo Levi con la sua capra Nennella, come i racconti di Pasquale Mona sui rapporti poco rispettosi dei bambini del villaggio con il confinato e di tanti altri personaggi qui ritratti, si confrontano con gli straordinari paesaggi dei calanchi, con le case antiche, con la spalliera di ottone dei letti, con i portoni rimasti intatti. É come se si alternasse da una parte la nostalgia, dall’altra l’onda dei ricordi dell’epoca in cui Carlo Levi fu confinato ad Aliano.
Goffredo Fofi
I figli di Cristo
La Lucania, o Basilicata, è probabilmente – con l’interno della Sicilia e fino a qualche anno fa il Salento – la parte d’Italia dove la vita è cambiata più lentamente; la “mutazione” vi è stata, diciamo così, più scaglionata. Anche i volti vi mantengono qualcosa della vecchia dignità, sono segnati dal passato, sanno ancora di un vissuto che ha rapporto con la verità dell’esistenza: con la natura e il dolore, il bisogno e la gioia, e con quella consapevolezza dell’umano di cui oggi si direbbe si sia persa, in Occidente, in Italia, la traccia.
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La mutazione travolge tutto, con più velocità o con più lentezza. E’ la lentezza del mutamento ad aver protetto parte della nostra vita, portandoci a scegliere come nostre ideali zone di vita i luoghi dove essa era meno evidente o più incerta: il Salento, l’interno della Sicilia, la Lucania o Basilicata. Ed è per questo che le belle, le dolci immagini di luoghi e di volti che Antonio Pagnotta è andato a cercare tra i “figli” del Cristo leviano ci commuovono così tanto. Ma col dubbio, sul fondo, che dentro e sotto la mutazione abbia già fatto il suo lavoro e i suoi danni.
Bisognerebbe rileggere cosa scriveva di essa – della mutazione – non solo Pasolini, il più lucido di tutti, ma anche Morante e Ortese, anche Volponi e Bianciardi, e lo stesso Levi in pagine che è bene non dimenticare né trascurare, benché segnate dalla speranza che forse si poteva ancora indirizzare altrimenti lo sviluppo, e farne nuova civiltà che sa inglobare, preservandone il meglio, la vecchia; invece che una nuova inciviltà che tutto macina, avvilisce, distrugge.
E’ troppo tardi ormai per piangerci sopra. Nuove lotte dovrebbero attenderci anche quando disperate; ma troveremo come nostri alleati, in esse, i figli dei contadini diventati luigini?
Al di là e al di qua di tutte le possibili Eboli
L’identità nel tempo di Scanzano
C’è il valore dell’identità che si intravede contro luce dietro alla ricerca ostinata di Antonio Pagnotta e di Graziella Salvatore. C’è l’idea di una riscoperta dei valori nei quali si riconosce una comunità. Che “è” (piuttosto che “ha”) la propria storia. Che “è” (piuttosto che “ha”) la propria cultura. D’altra parte basta sporgere lo sguardo su quanto è accaduto a Scanzano Jonico, paese “condannato” per decreto a diventare la pattumiera d’Italia, per cominciare a comprendere che qualcosa è cambiato anche nel Sud più profondo…
E in quella storia c’è una “cultura della miseria” che ha sviluppato le proprie conoscenze e i propri saperi. Una “cultura della miseria” che ha cibato generazioni accanto ad una cultura che si è espressa “nonostante la miseria”. E che ha trovato i propri eroi: poeti, filosofi, musicisti…
E il filo dell’identità , che attraverso questi percorsi , ci offre un appiglio per ricongiungerci con il passato e per seguire una qualche stella polare capace di indicarci una qualsiasi rotta.
Un filo che ci consente di andare in giro per il mondo con la certezza di non perdere l’anima.
La ricerca di Pagnotta si colloca nella scia di questa nuova consapevolezza di sé. Al di qua e al di là di tutte le possibili Eboli sparse per la terra in ogni tempo.
E' il 2002 quando, tra le sue esperienze di fotogiornalista, Pagnotta inizia il reportage-indagine sui discendenti dei personaggi del 'Cristo si e fermato a Eboli' di Carlo Levi, La ruota, la croce e la penna ".
La Francia non è l'unico Paese in cui Pagnotta ha vissuto. Nel 1990 si trasferisce a Tokyo, eppure - nonostante la lontananza dall'Italia - mantiene un legame intenso con la sua terra di nascita, documentando il Meridione con il cuore e l'anima. "Sono un italiano per scelta e non per caso - spiega Pagnotta - ma, contrariamente a molti figli di emigrati, ho conservato la mia nazionalità. Ho vissuto a lungo in altri Paesi: il primo è la Francia, l'altro è il Giappone ".
Paesi che, secondo Pagnotta, rappresentano due poli opposti per l'organizzazione della società . " Il primo, la Francia, è un Paese di individualisti, legati da un forte consenso intorno ai valori dei diritti umani, della filosofia, dell'umanesimo, che più tardi diventerà impegno umanitario. Il Giappone offre pochi diritti ai suoi cittadini e molti doveri, e il gruppo struttura l'individuo intorno al concetto omologante della sottomissione al gruppo. Come corollari, una disciplina di ferro ma nessuna capacità d'improvvisazione. Come conseguenza, molti ribelli in Francia e pochi in Giappone".
"Come italiano, dall'arcaica cultura calabrese, mi sono trovato davanti a una scelta di sostanza". Costretto al cambiamento o all'assimilazione : " Vivere in Francia e lavorare come foto-giornalista è stata un'esperienza molto formativa, perché ho potuto combinare la razionalità francese con l'innata conoscenza del bello e dell'estetica greco-romana che ogni italiano porta in sé " .
L'intuizione della composizione giusta legata alla cartesianità dell'istante. "La scuola che ho frequentato preparava al pensiero, al concetto intellettuale, per opposto all'intuire o al sentimento italiano. Questa freddezza di percezione dà un vantaggio, se combinato con l'intuizione italica ". Velocità di pensiero, ricchezza nel risultato, con la doppia struttura di "bello" e "costruito con un'idea chiave". "In Giappone, ho vissuto e operato un rifiuto totale della sottomissione al gruppo , a tutti i gruppi. Dal 1992 al 2000 ho collezionato scoop, al punto che avevo preso il soprannome di 'Scoopman' nelle redazioni giapponesi".
"Il mio ritorno in Italia, e dunque la risoluzione totale del conflitto dell' emigrato, si è concluso con la ricerca e il ritrovamento dei discendenti dei personaggi del capolavoro di Carlo Levi". Un lavoro durato due anni. " Ho dovuto mettere tutta la forza, l'intelligenza, la disciplina e l'intuizione che avevo in corpo o in testa per portare a termine il progetto".
La sua indagine foto-giornalistica "La ruota, la croce e la penna", curata da Graziella Salvatore, ospita quasi quindicimila scatti. Ventidue mesi di lavoro percorrendo l'Italia dal sud al nord sono giunti "all'altro capo del mondo", New York, alla ricerca dei discendenti dei personaggi di 'Cristo si è fermato a Eboli'. Il progetto - oltre alla sua valenza storica - ha ricostruito con poesia, rigore e vivacità un nuovo panorama umano della società lucana dell'entroterra , del Mezzogiorno e in parte dell'Italia oltre Eboli, generazioni dopo Carlo Levi. Un panorama fatto di ritratti profondi, 'dolci, aspri e selvaggi' come Levi amava dipingere dal vivo i suoi quadri.