«Tutti al timone per una fase nuova»
Il primo discorso da neo segretario di Rifondazione comunista di Franco Giordano
Vorrei ringraziare le compagne
ed i compagni del Comitato Politico Nazionale. Chi ha voluto esprimermi
consenso, chi si è astenuto e chi ha espresso legittimamente e limpidamente una
contrarietà a questa elezione. Mai come in questo momento c’è bisogno veramente
di tutte e di tutti alla direzione del nostro partito. C’è bisogno di una nuova
collegialità e di una partecipazione permanente delle nostre realtà decentrate
alle scelte di ogni giorno.
Non può che essere così. L’esperienza di direzione di Fausto Bertinotti è
irripetibile ed inimitabile. Mi sembra che da questo punto di vista il suo
discorso di insediamento alla presidenza della Camera suggelli un percorso e dia
forza ad un circuito virtuoso e vitale tra politica, società e istituzioni.
Bertinotti ci ha condotti fin qui con una forza politica e culturale senza la
quale non avremmo attraversato indenni, spericolati tornanti e improvvise
strettoie della nostra storia politica.
Interpreto senza tema di smentita i sentimenti di voi tutti se esprimo a Fausto
una gratitudine carica di affetto e di emozioni profondi. Senza l’innovazione
politico culturale di questi anni non avremmo potuto conseguire questi
risultati. Quell’innovazione è il nostro abito mentale, il nostro segno
distintivo. Proseguiremo con determinazione in questo percorso. Nei giorni in
cui Rifondazione Comunista esprime la direzione dei vertici istituzionali del
Paese e si accinge a cimentarsi con grande lealtà ed impegno nell’esperienza del
governo, quell’innovazione politico culturale è la forte e ferma garanzia
dell’autonomia del suo progetto strategico.
Noi non saremo mai sussunti e neutralizzati nella sfera istituzionale o
governativa. Vogliamo far vivere la nostra ricerca e la nostra iniziativa per
l’alternativa di società e per questo investiremo sul partito e sulla
rifondazione comunista.
Ma, come ha giustamente affermato un giovane compagno ieri, investire sul
partito significa innovare la sua forma, il percorso partecipativo, inventare
concretamente nuovi strumenti e nuove trame di relazioni, esperienze di auto
organizzazione sociale, una moderna ed inedita dimensione di intellettuale
collettivo. La nostra bussola è la valorizzazione di una generazione che ha
animato ed anima una straordinaria stagione di movimenti. Da Genova in poi la
nostra internità al movimento e la nostra capacità di andare oltre distinzioni
autoreferenziali è stata la più feconda delle nostre scelte innovative. E la
nonviolenza è la condizione essenziale per portare alla luce e far vivere la
radicalità di un’ipotesi di trasformazione sociale e di critica all’autonomia
della politica.
Ci impegneremo nella fase costituente della Sinistra Europea per dar forma e
vita ad una nuova soggettività di una sinistra di alternativa in Italia. Questa
scelta, visibile anche nella composizione dei nostri eletti, è connessa al
nostro successo elettorale. La sua identità culturale si compone di esperienze
pacifiste, ambientaliste, femministe, associative, di esperienze di conflitto
sociale e sindacale, di movimento. Ci impegneremo a radicare queste soggettività
ed a articolarle nei territori. Lo possiamo fare, care compagne e cari compagni,
se tra tutti noi costruiremo un legame di intensa solidarietà e persino un
comune coinvolgimento emotivo verso l’impresa comune.
Navighiamo in mare aperto e dobbiamo sentirci tutti al timone per cercare la
rotta. E’ questo il senso di una fase politicamente nuova che impegna ciascuna
compagna e ciascun compagno a sentirsi motivato in questa impresa anche al di là
di vecchie appartenenze. Senza questa solidarietà, questa collegialità, questo
coinvolgimento emotivo non potremo farcela.
L’Italia che ci ha consegnato il governo delle destre è un’Italia fortemente
divisa nella dimensione socioculturale. Noi dobbiamo concorrere a determinare un
nuovo progetto di unificazione culturale. Si è interrotta e frantumata la
comunicazione, si è frantumato il rapporto con il lavoro e la vita, la nostra
percezione del tempo viene scorporata in istanti puntiformi, risulta frantumata
la trama delle relazioni. Dobbiamo concorrere a ricostruire una nuova dimensione
comunitaria aperta, solidale e nominare e costruire una nuova soggettività e una
nuova società.
Io che sento intensamente la mia radice culturale mediterranea, penso che
dobbiamo ricostruire in forme nuove quella memoria e quel mondo in cui civiltà
diverse hanno convissuto e scambiato ricchezze e culture in un clima di
ritrovata socialità e nuovo legame.
In uno splendido dialogo tra donne, Antigone, nella tragedia di Sofocle, parla
alla sorella e dice “Hai un cuore che arde per cose che agghiacciano”. Il mondo
di oggi è una sequenza interminabile di cose che “agghiacciano”.
La dimensione istituzionale e industriale della violenza strutturata in forma di
guerra permanente, il suo oscuro capovolto in forma di terrore fondamentalista.
La serialità e l’inaudita raffinatezza tecnologica della macchina dell’odio.
Tutte cose di morte che scalzano e uccidono la politica. E dentro questo tunnel
si svuota la democrazia. Invece delle alternative radicali di società vincono i
simmetrici fanatismi. Asfissiata la politica, spogliata la democrazia,
disumanizzata la vita: è questo il ghiaccio che può ibernare persino noi stessi
e i nostri progetti.
Ecco perché è necessario che arda il nostro cuore e cioè che il cambiamento
abiti innanzi tutto nella nostra pratica quotidiana. Che la nostra gestualità
sociale sappia non solo immaginare, ma anche prefigurare, guidare, un diverso
ordine del discorso, un diverso stato delle cose. In questa traccia vogliamo
giocare fino in fondo la nostra partita. E’ una buona battaglia. Dice di noi,
persino delle nostre vite e dice che un altro mondo è possibile.