Università, crediti e riforma: scontro Atenei-Miur |
Rettori preoccupati dall’attacco all’autonomia degli atenei. Ma a far tramare gli studenti universitari è l’ulteriore frammentazione e dequalificazione della produzione di saperi.
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Un nuovo scontro si apre tra governo ed atenei italiani. Il campo di battaglia? Il nuovo sistema di riconoscimento crediti e l’attuazione della riforma a “Y”. In attesa del giudizio della Corte dei Conti sul decreto già approvato dalle Camere, i rettori preparano ricorsi da inviare al Tar. Ad essere attentata, secondo i magnifici, è l’autonomia degli atenei costretti a riconoscere i crediti formativi degli studenti provenienti da altri poli universitari. Unico vincolo da rispettare è l’appartenenza alle stesse classi di laurea di partenza. I crediti, inoltre, avranno stesso valore per ciascun esame universitario. Ma è qui che si annida il problema del mondo accademico italiano? La richiesta dell’aumento dei crediti per esame e del riconoscimento del valore legale degli esami, è stata una parola d’ordine del movimento studentesco, protagonista, nell’autunno scorso, di settimane di mobilitazioni, occupazioni, blocchi della didattica e della grande manifestazione del 25 ottobre arrivata ad assediare Montecitorio. Per questo «è inaccettabile», secondo Giulio Calella, responsabile nazionale università dei/delle Giovani Comunisti/e, «attaccare quest’ultimo decreto della Moratti, come fa il rettore Fabiani (dalle pagine di Repubblica, ndr), partendo dalla richiesta di più autonomia. Se è questo il programma dell’Unione, inizia mettendosi subito contro il movimento degli studenti. E' l’autonomia didattica e finanziaria ad aver creato l’aziendalizzazione degli atenei, la mercificazione del sapere e dunque un rafforzamento anche delle università private. Se il decreto della Moratti nasconde insidie è per l’esistenza stessa dell’autonomia e per la logica insita nel “3+2” che, con il sistema a “Y”, sarà inasprita ancor di più. Ci piacerebbe, invece, discutere dei disastrosi dati dell’ultima indagine di Almalaurea figli di questa logica». E’ la nuova riforma universitaria a “Y” il problema, perchè qui il sapere si configura come una vera e propria forma di selezione e precarizzazione per tutti gli studenti e i ricercatori dell’università e della conoscenza già omaggiati dall’indice medio della Santanchè. Cosa prevede il nuovo percorso di studi? La scelta, dopo un primo anno propedeutico comune a tutti, tra l’inseguire una laurea triennale oppure continuare a studiare per altri quattro anni. Addio “3+2”. Se dovesse arrivare il nulla osta da parte della Corte dei Conti, i tempi d’attuazione della nuova riforma Moratti si ridurrebbero tanto da introdurre i nuovi meccanismi già dal prossimo anno accademico. Poco importa se l’offerta formativa è stata già preparata e le prescrizioni ai corsi universitari si sono aperte. E se queste non sono adempimenti burocratici ma strumenti d’orientamento per gli studenti, come sottolineano al Miur, appare assai difficile orientarsi in uno scenario in continua trasformazione. Sarebbe opportuno parlare di come la produzione dei saperi non è misurabile in unità di tempo e in crediti formativi. Di come il sapere vivo dovrebbe essere un processo collettivo e cooperativo radicalmente alternativo ai linguaggi e alla logica dell’università-azienda, individualista e competitiva. La parcellizzazione, la frammentazione e la dequalificazione degli studi non produce altro che precarizzazione. Il sapere non può ridursi a nozionismo ed essere rinchiuso in losanghe da annerire su moduli ottici. La vita universitaria non può essere tutta un quiz. Si parla di aumentare quantitativamente il numero dei laureati ma occorre guardare con la stessa attenzione alla qualità dei laureati stessi. Bisogna riformare seriamente l’università ma bisogna tenere ben conto di una generazione stanca di sentirsi cavia del Miur. Di migliaia di ragazzi disagiati dallo scrutare all’orizzonte precarietà lavorativa e dal vedere sogni e aspettative tramutarsi in illusioni. |