Dall’incontro “Terapeuticattiva: cannabis terapeutica e non solo” un appello al mondo politico affinché termini la persecuzione contro i consumatori consapevoli
“Pazienti impazienti”: «La marijuana è medicina»

 

La giornata antiproibizionista mondiale in Italia si apre nel cuore del quartiere romano di San Lorenzo, alla Locanda Atlantide. E’ qui che in mattinata si tiene l’incontro “Terapeuticattiva: cannabis terapeutica e non solo”. Nella giornata della Million Marijuana March, ad essere rivendicata è la fine della persecuzione per i consumatori consapevoli, il diritto alla coltivazione della marijuana e l’accesso all’uso terapeutico della cannabis.

Mefisto, storico leader del movimento antiproibizionista, nel ricordare che nel nostro paese si manifesta anche per l’immediata cancellazione della legge Fini-Giovanardi e il superamento della precedente Vassalli-Iervolino, chiede al nuovo esecutivo di Palazzo Chigi un incontro per avviare una nuova conferenza governativa che porti alla «costruzione di una legge sulle droghe coinvolgendo il movimento e gli operatori del settore». E’ chiaro che in questo quadro, il lavoro delle regioni diviene necessario per aprire una riflessione istituzionale a riguardo, che vada «ad infrangere -secondo Alessandra Tibaldi, assessore alle politiche giovanili della Regione Lazio- un meccanismo di controllo sociale delle lobby». Una regione quella laziale, che per bloccare «una legge liberticida -sottolinea Tibaldi - ha agito sul terreno della costituzionalità». Ed è su questo terreno che si lavora per la presentazione di un ordine del giorno, al consiglio regionale, per il giorno 10 maggio. Un primo banco di prova legislativo? La proposta di legge conterrà il progetto d’importazione del Bedrogan, un medicinale venduto già nelle farmacie olandesi, infiorescenze di cannabis in cui il Thc, il principio attivo presente, è naturale. Insomma, un medicinale drasticamente differente da quello utilizzato nelle sperimentazioni avviate alle Molinette di Torino e all’Umberto I di Roma. Differente dal Marinol, dove il Thc è sintetico, di derivazione petrolchimica.

A chiedere un impegno concreto ai politici per la libertà di cura, sono le donne e gli uomini del Pic (Pazienti impazienti cannabis). Gli interventi che si susseguono nella mattinata sono testimonianze dirette di malati che cercano di rompere il legame politico-mediatico che porta alla disinformazione sui benefici che una pianta può avere su affetti di sclerosi multipla, glaucoma e sui malati terminali di Aids. «La spasticità alla gamba è aumentata dopo le mie cure con i classici farmaci -spiega Giuseppe Cucci- poi ho scoperto la marijuana. Dopo due mesi di consumo le mie gambe erano meno rigide». Per lui, sposato e con figli, un lavoro e un mutuo da pagare, la galera non è proprio una bella prospettiva. «Oltre alla malattia viviamo anche il fardello della criminalizzazione». La paziente e impaziente Alessandra Iazzi è commovente, senza retorica alcuna, nel ricordare la lotta per l’uso terapeutico della cannabis «di qualcuno che non c’è più e di qualcun altro che per lottare avrà ancora poco tempo a disposizione». Se non hanno il tempo per aspettare sperimentazioni e istituzioni è facile capire perché molti, pur di potersi curare, rischiano ogni giorno di andare in carcere e perché altri, come in Germania, creano farmacie solidali. Di cosa si tratta? «Di una protesta anarchica -spiega Martin Schnelle, dell’Istitute for Clinical Research di Berlino- Coltivatori spediscono farmaci a pazienti non in grado di piantare neanche un pomodoro». Una strada lunga quella per il riconoscimento della cannabis come medicinale in un paese conservatore come la Germania.

E in Italia? Daniele Farina, neo deputato del Prc e storica figura del Leoncavallo di Milano, sottolinea come nel programma dell’Unione ci siano aspetti positivi e la centralità del ruolo dei movimenti. Quei movimenti che hanno portato ad allargare la scrittura del programma stesso, radicalizzandone i contenuti e che ora diverranno fondamentali per un rinnovamento culturale del paese. Ed è contro una visione «arrogante e oppressiva della società» che il Livello 57, centro sociale bolognese, invita tutti a partecipare al rave party di Bologna il primo luglio. Perché in quella città la legalità ha il sapore di proibizionismo.