Gli organizzatori della Million Marijuana March chiedono l’impegno per la cancellazione della legge Fini-Giovanardi, per l’uso terapeutico della cannabis e la depenalizzazione del consumo e della coltivazione |
Il movimento
antiproibizionista chiama Prodi
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La Million Marijuana March irrompe sullo scenario mondiale con la sua nona edizione. Sabato prossimo con i suoi colori, le sue musiche e i suoi caratterizzanti profumi, riempirà strade e piazze di duecento città sparse per il pianeta per chiedere la fine della persecuzione per i consumatori, il diritto a coltivare liberamente “l’erba proibita” e l’accesso immediato all’uso terapeutico della cannabis. In Italia, qui siamo solo alla sesta edizione, a gran voce si chiederà la cancellazione immediata della legge Fini-Giovanardi e il superamento, entro il 2006, della Iervolino-Vassalli, rea di non riconoscere il diritto all’autoproduzione della marijuana. In Italia sono 6 milioni i consumatori consapevoli di cannabis che pretendono il rispetto del diritto di cittadinanza, d’altronde uno dei concetti fondamentali dello stato di diritto è non criminalizzare i costumi sociali. Per questo Mefisto, storico leader del movimento antiproibizionista romano, chiede di poter «incontrare Prodi e il nuovo ministro del welfare quanto prima perché riteniamo necessaria la partecipazione del movimento nella costruzione di una nuova legge sulle droghe». Una nuova legge figlia di un metodo partecipato che venga dal basso. Perché è dal basso che occorre scadenzare tutti i passaggi sino ad arrivare ad una nuova conferenza governativa. Poco importa se è prevista ogni quattro anni: «L’ultima - ricorda Mefisto - che si è tenuta dal 5 al 7 dicembre scorso a Palermo è stata una farsa». Convocarne entro l’anno una nuova diviene dunque una necessità. La lunga giornata antiproibizionista del 6 maggio rappresenta un’occasione per puntualizzare che la marijuana non è solo utilizzabile a fini ludici, ma è una pianta con la quale curare gravi malattie. L’antiproibizionismo, quindi, non solo come diritto civile di libertà individuale ma come diritto sacrosanto di libertà di cura. Il Thc, il principio attivo presente nella pianta, si è dimostrato efficace per usi terapeutici: stimolare l’appetito nei malati terminali di Aids, ridurre il vomito in chi è in chemioterapia e la pressione nell’occhio di chi ha il glaucoma, sono alcuni esempi lampanti dei benefici che moltissimi pazienti potrebbero trarre dalle cure della cannabis. L’uso terapeutico della marijuana, come ricorda l’Associazione cannabis terapeutica «è ammesso in Germania, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Svizzera, Canada, Usa, Israele e Sud Africa, ma non in Italia». Strano vietare il Thc naturale e mettere in vendita la sua versione sintetica. Multinazionali del farmaco, infatti, immettono da anni sul mercato dei veri e propri farmaci “civetta” in cui il principio attivo è ricostruito in laboratorio. Unica pecca: presenta una discreta tossicità, ma si sa la perfezione di madre natura è irraggiungibile. Ma allora perché non c’è una sperimentazione scientifica sul Thc presente nelle piante naturali? Forse nessuno ci guadagnerebbe: né chi orchestra i loschi narcotraffici, né tanto meno le case farmaceutiche. In Italia, una sperimentazione medica è iniziata alla Molinette di Torino e all’Umberto I di Roma ma ad essere utilizzata non è la cannabis ma un farmaco sintetico: il Marinol, la cui derivazione è petrolchimica. Facile capire il rifiuto dei pazienti ad assumere tale sostanza. Più che una sperimentazione appare una delegittimazione di una pianta ricca di risorse tanto da essere utilizzata da migliaia di anni per infiniti scopi. Il responsabile del progetto? L’oncologo Antonio Mussa, presidente della Consulta nazionale per la ricerca scientifica di Alleanza nazionale, il partito guidato da Fini, firmatario della nuova legge sulle droghe. Se solo si volesse davvero utilizzare la cannabis a fini terapeutici basterebbe mettere in commercio le infiorescenze naturali: è quanto avviene già in Olanda, dove nelle farmacie viene venduto il Bedrocan. Ma di questo e di tanto altro si parlerà a Roma sabato mattina alla “Locanda Atlantide” nell’incontro “Terapeuticattiva: cannabis terapeutica e non solo” quando i pazienti impazienti, i medici e gli operatori del settore chiederanno al mondo politico un impegno concreto affinchè termini la persecuzione contro i consumatori. Nel pomeriggio, invece, l’appuntamento è a Piazza della Repubblica. Da qui, alle ore 16, 00 muoverà la Million Marijuana March italiana, che prenderà le classiche forme di una street parade musicata dal sound raggae. Una musica, quella raggae, che accomuna tutti quelli che lottano nel mondo per una causa giusta: l’antiproibizionismo. L’arrivo del corteo è previsto per le ore 24, 00 alla Bocca della Verità, dove ci sarà un concerto. Aria di libertà capitolina, molto differente da quella che si respira a Bologna. Nel capoluogo romagnolo, infatti, il sindaco Sergio Cofferati chiederà al Prefetto e al Questore di non autorizzare l’ormai classico rave party nonostante Tiziano Loreti, segretario del Prc bolognese, abbia ricordato che nelle scorse edizioni non sia mai successo nulla di grave. Poco convincente per il cinese. Legalità o privazione di libertà? |