Dal convegno “La salute in carcere: parliamone senza censure” dati allarmanti sulla situazione dei penitenziari italiani. Gonnella (Antigone): «Dov’era Castelli?» |
Emergenza carcere: sovraffollamento, malattie, suicidi. In cella con le madri anche 50 bambini sotto i tre anni
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Se il grado di civiltà di uno Stato si misura dalle condizioni delle carceri, l’Italia non è messa proprio bene. I dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) in occasione del convegno organizzato a Roma dal Ministero della Giustizia, disegnano un quadro della situazione delle carceri italiane davvero allarmante. «La salute in carcere: parliamone senza censure» - questo il nome del convegno - sembra proprio una risposta a chi equiparava le carceri ad hotel a 5 stelle. Mai, infatti, sono state sovraffollate quanto oggi: nelle 207 carceri italiane ci sono 59.523 detenuti (contro un massimo regolamentare di circa 43 mila posti), di cui il 33,3% sono migranti, il 27% tossicodipendenti, il 19,83% affetti da patologie del sistema nervoso e da disturbi mentali. Una situazione che per qualcuno, per tanti diventa insostenibile tanto da scegliere il suicidio come unica via d’uscita. Nel 2005 ben 57 detenuti si sono tolti la vita in cella. Un numero che non si differenzia dal triste trand degli ultimi anni, nonostante le parole del ministro Castelli, unico a dare in calo il numero dei suicidi in carcere. «Siamo consapevoli - afferma Sebastiano Ardita, responsabile della direzione generale detenuti e trattamento del Dap - di versare in una situazione grave, che dura da tempo». E aggiunge che questa drammatica situazione, il mancato rispetto delle regole e delle leggi - soprattutto quelle che riguardano il sovraffollamento - non dipendono solo dalle autorità carcerarie. In questa direzione le politiche del governo Berlusconi sono state «nefaste», per usare le parole di Anna Finocchiaro (Ds) che sottolinea la gravità di un ulteriore dato: sono 50 i bambini al di sotto dei 3 anni costretti in cella con le madri perché «per loro non è stato possibile trovare soluzioni alternative per mancanza di fondi». Di un budget che il Dap denuncia ridotto al «filo dell’indispensabile». «Come uomo mi rattrista - a parlare è Candido Cannavò, ex direttore della Gazzetta dello Sport, da sempre sensibile alla materia - sapere che ci sono così tanti bambini che vedono l’alba della loro vita in cella». E che dire delle situazione delle donne? Ben 2.804 le detenute di cui oltre il 20% soffre di patologie tipiche del genere femminile come, ad esempio, tumori all’utero. Da una mappa epidemiologica delle carceri italiana disegnata dal Dap per conoscere l’incidenza e il grado delle malattie dei detenuti, la diagnosi non lascia tranquilli: il 13% dei detenuti ha uno stato di salute compromesso, contro il 7% della popolazione libera. Sebastiano Ardita sottolinea che «la salute dei detenuti non è solo un problema politico, e neanche solo una questione tecnica o medico-legale. E’ molto di più». Certo, di più ma la nuova legge sulla droga, così come l’approvazione della ex Cirielli e la bocciatura dell’amnistia, di certo non aiuta a risolvere il problema del sovraffollamento, tra le cause prime del degrado delle nostre carceri. Il presidente nazionale di Antigone, Patrizio Gonnella incalza: «Oggi ci dicono che la situazione del sistema penitenziario è drammatica. Ma dov’era il ministro Castelli - continua - quando gli dicevamo che il 69,31% dei detenuti si lava con acqua gelida, che il 60% delle detenute non ha il bidet, che il 55,6% dei detenuti vive in carceri dove non sono consentiti colloqui in spazi all’aria aperta e che la sanità è al collasso?». «Le carceri sono in una situazione drammatica» ad affermarlo è Imma Barbarossa, della segreteria nazionale del Prc, che guarda al convegno coma ad una «fotografia di un fallimento» la cui responsabilità «è ascrivibile alla maggioranza di centro-destra, al ministro Castelli ed ai vertici dell’amministrazione penitenziaria che hanno disatteso le previsioni contenute nel regolamento approvato nel 2000 e mai applicato. E’ necessario - conclude - un cambio radicale nelle politiche del carcere». |