Intervista a Giuseppe Cascini, pubblico ministero di Roma
«Si rinchiude in un unico contenitore penale sia il semplice consumatore che il narcotrafficante»

 

Sabato arriveranno a Roma da tutt’Italia, per dire “no” alla nuova legge sulle droghe. Un provvedimento repressivo, firmato dai ministri Fini e Giovanardi, un “regalo” pre-elettorale ad Alleanza nazionale che «rischia di aggravare ancor più la situazione delle carceri italiane». Giuseppe Cascini, pubblico ministero di Roma, lo dice chiaramente.


Qual è il suo giudizio sulla legge Fini - Giovanardi?

Personalmente ritengo questa legge figlia di un’impostazione sbagliata: quella di parificare tutte le sostanze e le condotte che hanno a che fare con queste. Si rinchiude in un unico contenitore penale il semplice consumatore di cannabis e il narcotrafficante. Questa discutibile logica porta a scaricare sull’apparato giudiziario una serie di argomentazioni che nulla hanno a che fare con la giustizia. L’equivoco di fondo, che i sostenitori di questo intervento legislativo portano avanti, è quello di confondere il diritto penale con la dicotomia bene e male, trasferendo, così, giudizi di valore in campo penale. Altrettanto negativo è il mio giudizio sul metodo scelto riguardo l’attuazione di norme così complesse. Inserire all’interno del decreto sulla sicurezza delle Olimpiadi invernali stralci del ddl Fini, ha di fatto impedito il confronto con gli operatori del settore. Da don Gallo a don Ciotti, persone che conoscono bene i problemi delle tossicodipendenze, si alzano dubbi su questa legge.


Forse chi ha fatto la legge non è poi così competente in materia di droghe?

La filosofia repressiva che fa da cornice a questa legge, a mio avviso, è antistorica. Questo perché è il mondo stesso del consumo di droghe ad essere cambiato. E’ aumentato il numero di consumatori di droghe compatibili con la socialità e per questo l’approccio alla questione, e il conseguente trattamento coatto, diventa sbagliato e non può funzionare. Mettere nello stesso calderone un fenomeno commesso è un’idea errata. Bisogna avere, invece, la capacità di ragionare meglio, di capire, di comprendere, separare e distinguere anche quando la propaganda elettorale richiede, magari, di semplificare il messaggio sulle droghe.


Quali saranno le ripercussioni per le carceri italiane?

Il risultato è che se oggi abbiamo 60.000 detenuti, con questa legge ne avremo 10, 15.000 in più. Questi andranno ad aggravare le già preoccupanti condizioni delle carceri. Già con la legge Iervolino-Vassalli si era avuto un incremento del numero della popolazione detenuta, ma se si tiene conto della mancata attuazione dell’amnistia e degli effetti della Cirielli, è facile capire come quelli della legge Fini possano diventare insostenibili.


In questo quadro, diventa importante la partecipazione alla manifestazione dell’11 marzo.

Credo che ognuno di noi, ogni cittadino, abbia il dovere di impegnarsi per non avere norme costituzionali figlie di una logica elettoralistica. L’ordinamento giuridico non dovrebbe rispondere ad un problema sommandone un altro e in questo caso alla problematicità del rapporto tra individuo e droga si è sommato il rapporto con il penale. Ben venga, quindi, una risposta razionale alla propaganda repressiva così come è accaduto nel referendum del ’93, frutto dell’impegno della società civile.