Possiamo distinguere varie tipologie di errore, classificando gli errori in base al
fenomeno riscontrato (omissione, aggiunta, sostituzione, inversione
di elementi), al livello linguistico interessato (fonologia,
morfologia, sintassi), all'effetto comunicativo (incomprensione,
impressione di sciattezza, dialetto). Importante dal punto di vista
teorico è poi stato l'accento messo sulla distinzione fra errori
sistematici e isolati e fra descrizione
dell'errore e ipotesi sulle sue cause. Il risultato
osservativo più rilevante è stato il riscontro di fenomeni di
regolarità nelle tipologie di errore per ogni specifica lingua di
apprendimento e nei tempi di manifestazione e scomparsa dei diversi
tipi di errore. Tali regolarità sono state ricondotte in parte
all'influenza della lingua di partenza derivata dall’ambiente
familiare o da influenze dialettali (errori interlinguali) e
in parte riconosciute come indipendenti da essa (errori
intralinguali).
L'esistenza di questo ultimo fenomeno – errori sistematici e
indipendenti da interferenza di lingue già conosciute e
sistematicità di evoluzione dei tipi di errore – ha condotto a
riconsiderare le tacite ipotesi fino a quel momento diffuse sui
meccanismi psicologici che guidano l'apprendimento. La presenza di
errori sistematici non poteva neppure essere semplicemente
ricondotta al ricorso – ancora di tipo imitativo – alle competenze
linguistiche già possedute. E' sembrata insomma necessaria l'ipotesi
di un meccanismo di apprendimento innato (Language Acquisition
Device) che dà origine a percorsi di apprendimento comuni (inbuilt
syllabus, per contrapposizione ai sillabo "esterni"
all'apprendente dettati da metodi di insegnamento) e che è stato
naturale associare e confrontare al meccanismo di apprendimento che
guida l'acquisizione della prima lingua.
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