FORUM DI ASSAGO 10 giugno 2005 - A causa della cancellazione del precedente tour, Mark non suonava in Italia da quattro anni. C'è molta attesa, ed il buon andamento di vendite dell'ultimo album, è confermato da un palazzetto pieno di gente (anche se il sold out è stato dichiarato solo all'ultimo momento). |
Mark si presenta al pubblico con Why Aye Man. La scelta dell'incipit non mi ha esaltato. La canzone è semplice ed orecchiabile ma non ha un ritmo trascinante. E poi sono dispiaciuto che sia l'unica canzone del penultimo album che possiamo ascoltare dal vivo, perdendoci pezzi come Devil Baby e Hill Farmer Blues che, secondo me, avrebbero fatto un figurone in un live. Il compito di iniziare a trascinare il pubblico spetta come sempre a Walk Of Life, suonata con l'esperta maestria dei tanti concerti in cui è stata eseguita. Espletato l'onere di iniziare il concerto, Mark ci accompagna in una Scozia romantica che finisce per "navigare" verso Philadelphia lungo la Mason-Dixon Line. L'accoppiata What It Is e Sailing To Philadelphia è semplicemente deliziosa e porta con se un elegante armonia di giochi di chitarre che non può non emozionare l'ascoltatore. |
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Un'altra accoppiata di canzoni si prepara a trascinare il pubblico. E si tratta di pezzi molto conosciuti: una Romeo and Juliet da lacrime ed una Sultans Of Swing questa volta meno ispirata del solito (vi ricordate quando si lasciava dettare il tempo dal pubblico nel lontano concerto del 1991?). Il gradimento del pubblico è comunque all'apice. Il concerto sta per avviarsi al momento più introspettivo e i sei musicisti si riuniscono al centro del palco per una sessione semi acustica con chitarre, bozouki e contrabbassi. |
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Dopo una serie di battute su Guy alla chitarra classica e Richard al bozouki, si arriva al momento di Done With Bonaparte. Questa canzone si ascolta sempre con vero piacere: è come una bella donna delle campagne francesi: al primo sguardo, altezzosa ed orgogliosa, ma a conoscerla meglio non si può più fare a meno del suo fascino. Siamo pronti a tuffarci nel vintage anni '50 con una elettrizzante Donegan's Gone che dal vivo rende molto di più rispetto all'album. A proposito, finalmente una canzone da shangri-la... saranno solo tre alla fine ed in sequenza una dopo l'altra. Song For Sonny Liston in versione live diventa un blues coinvolgente. Boom, Like That invece diventa una rockettata poco significativa in cui si salva solo un Danny Cummings che alla batteria è in vero stato di grazia (è il migliore nella band di Mark). Ma la spinta rockettara ci porta ai virtuosismi di Speedway at Nazareth: senti i bassi martellarti dentro e ti sembra veramente di guidare a velocità pazzesche nei circuiti automobilistici. |
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Purtroppo guardando la sequenza dei brani, ci si accorge che Mark si limiterà ad una serata short. Rispetto ad altre date del tour, non suonerà Rudiger, All That Matters. Per non parlare di The Trawlerman's Song eseguita pochissime volte. Siamo già alla fine, ma ci aspetta un gran finale: Telgraph Road è come sempre epica e vale il prezzo del biglietto. La band torna sul palco per Brothers In Arms, deliziosa come sempre e Money For Nothing suonata in maniera classica (non con l'incipit country del precedente tour) con stranamente Richard Bennett relegato ad un "tamburello" (non ne abbiamo capito il motivo). |
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Con So Far Away, Mark saluta il pubblico e se ne va. Anche in questo caso, rispetto ad altre date del tour, non abbiamo potuto godere dei pezzi conclusivi che spesso alternava: Our Shangri-La o, la vera sorpresa del tour, The Mist Covered Mountains con Matt alla fisarmonica che anticipava la classica Wild Theme di chiusura. Ecco l'unico rammarico, vedendo le scalette di altre date del tour, è stato proprio quello di esserci beccati una "serata short". Ma Mark vorrà anche riposarsi ogni tanto, e comunque le due ore di spettacolo sono state più che gradevoli. Ciao Mark, ci rivedremo tra due anni? |
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