Sezione di Albertazzi
$$$L'economia in tempo di crisi$$$
Il
mondo rischia una grave crisi economica. Il cuore di questa crisi è
l’Europa e in Europa l’Italia è l’anello debole. Perché
l'Italia è al centro di questa crisi?
Tutto nasce da 3 grandi
problemi: il debito dello Stato, il rallentamento della crescita
economica e la credibilità del governo.
Tagliate (poco) le spese
e aumentate (troppo) le tasse, ora si dovrebbe stimolare la crescita
economica.
Ma come? Che cosa possiamo fare per uscire da questa
situazione? Le ricette, per fortuna, ci sono: si potrebbe favorire le
liberalizzazioni, fare tagli mirati alle tasse, stimolare la
ricerca.
In questa pagina abbiamo raccolto una serie di
spiegazioni, schede, numeri e interviste per poter capire che cosa
sta succedendo alla nostra economia.
Dopo il terremoto finanziario che ha investito gli Stati Uniti, a causa della crisi dei mutui subprime e che, per effetto della mondializzazione dei mercati, si è è propagato in tutto il mondo, anche in Italia si avvertono oggi forti segnali di crisi economica.
Non si
tratta di un fatto nuovo. Sono alcuni decenni che il nostro Paese
attraversa una congiuntura economica difficile, principalmente a
causa dell'ingente debito pubblico accumulato a partire dagli anni
Settanta e Ottanta del secolo scorso. E, tuttavia, attualmente la
situazione sembra essersi aggravata.
Precarietà,
licenziamenti, cassa integrazione, disoccupazione, famiglie in
difficoltà costituiscono ormai esperienza quotidiana per milioni di
italiani.
I centri storici, un tempo il cuore pulsante della vita di un intero territorio, si stanno svuotando e vivono attualmente una stagione di degrado. Sempre più negozi chiudono, mentre le piazze vengono occupate da mendicanti e drop-out di ogni tipo, presenze poco rassicuranti per il cittadino quando non apertamente inquietanti e minacciose. Le nostre località, anche le più piccole, belle e ricche di storia, assomigliano sempre di più a Calcutta e sempre meno ad ordinati ed accoglienti nuclei della vita sociale, economica e culturale di un'intera comunità.
Certo,
l'economia e di conseguenza anche gli stili di vita, stanno cambiando
e gli italiani stanno scontando la maggiore competitività di Paesi
dove il lavoro costa meno. Lo si vede passeggiando per la strada: la
gente è meno elegante di qualche anno fa e ha meno soldi da
spendere.
La globalizzazione sta impoverendo i ceti medi,
principalmente coloro che operano nei settori economici tradizionali,
dove la manodopera straniera a minor costo determina un congelamento
delle retribuzioni degli occidentali.
Eppure, la
crisi economica che sta mettendo in ginocchio l'Italia, nel quadro
globale di uno sviluppo senza occupazione, potrebbe costituire
un'opportunità per rifondare la nostra economia.
Sebbene proprio
gli economisti sembrino, in questo frangente, i più disorientati,
rivelando una volta di più che la loro disciplina è un'arte più
che una scienza esatta, proprio ad un economista, Joseph Schumpeter,
dobbiamo il concetto di distruzione
creatrice. Secondo lo studioso tedesco, in buona sostanza,
l'economia procede per crisi, che vedono morire le imprese meno
competitive ed obsolete e trionfare le aziende competitive e
innovative.
Gli italiani sembrano invecchiati ed impigriti. Il benessere raggiunto li ha viziati e riempiti di pretese. Si tratta di ritrovare lo spirito, che nel dopoguerra, ci ha condotti alla Ricostruzione e al boom economico. Occorre rimboccarsi le maniche, ritrovare la tenacia e la voglia di lavorare duramente, valorizzare i giovani, le nuove idee e le nuove tecnologie. Si tratta di tagliare privilegi e rendite di posizione a politici, professionisti e membri della pubblica amministrazione. La nostra classe dirigente deve liberarsi finalmente dal "politicamente corretto", ormai ridotto a deprimente ipocrisia in tutte le questioni nazionali di maggior rilievo.
Soltanto attraverso una distruzione creatrice di tale ingente portata, la terra che è stata la culla della civiltà romana, del Rinascimento, del talento creativo nell'arte e nell'artigianato saprà, come l'Araba Fenice, risorgere dalle proprie ceneri.
Riferimenti
bibliografici:
De Masi, D. Sviluppo
senza lavoro,
Roma, Lavoro, 1994
Ricossa, S. Come
si manda in rovina un paese. Cinquant'anni di malaeconomia,
Milano, Rizzoli, 1995
Schumpeter, J.A. Capitalismo,
socialismo e democrazia, Milano, Etas, 2001