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Senza titolo

Di: Alessandro Mulas

Alessandro Mulas è nato a Roma nel mese di Novembre di quarantacinque anni fa; la sua cultura è prettamente tecnica. Si è appassionato alla lettura e scrittura nell'età adulta. Ha una splendida famiglia, adora leggere e impazzisce per le piante grasse, cactus in particolare.

I versi che leggono gli amici di internet, nascono da uno stato d'animo che in quel momento possiede oltre la metà dell'anima, posseduta «da una forte emozione che glieli fa urgere dentro, con la passione dell’amante».

Perché nascono sia dalla luce, sia da un’immagine, una canzone o una notizia dei media, che scuotono l’intimo fortemente.

Il commento a questa lirica «Senza titolo» fa sorgere in me il dubbio sulla legittimità, la natura e il senso del «realismo» in poesia e se questo potesse scivolare facilmente in teorizzazioni generiche e sterili oppure approdare a poetiche equivoche. Per questo motivo e per cancellare il dubbio occorre tenersi aderenti ai nuovi esperimenti e approfondire come e perché per una confusa e superficiale assunzione della domanda realistica i nuovi poeti sacrifichino le autentiche ragioni della poesia, in una serrata e circostanziata analisi dove mettere bene a fuoco i rilevanti apporti linguistici, sul doppio versante lessicale e sintattico, che il nuovo interesse per la realtà ha favorito negli autori, mentre le diffuse insufficienze e i non rari fallimenti siano imputabili alla mancanza dei mezzi espressivi di fronte alla nuova visione dell’uomo e del mondo alla quale la parola poetica vorrebbe adeguarsi.

«goccia a goccia

nasce cadendo, il silenzio

scandendo goccia

a goccia,

- che l'orlo è lontano -

saliva del mondo»

Sono versi che rivelano il senso di insoddisfazione e di disagio avvertito dal Poeta che nella caduta del silenzio, vede il precipitare della Poesia delle generazioni di mezzo, che si è maturata fra le due guerre, come ha testimoniato Carlo Bo nella rassegna Cinque anni di poesia pubblicata in «Paragone» nel febbraio 1956.

I versi di Mulas, come altre poesie, ad esempio «I Poeti», che ebbi modo di commentare un paio di anni or sono, esprimono appieno il disorientamento della giovane poesia, «il gratuito persistere della polemica antiermetica, l'inaccettabilità della nozione di «realismo» poetico secondo le proposte dei «nuovi».

Sotto quest’aspetto non sono insofferente o parlo per partito preso, dei fanatici eversori della tradizione. C’è qualche eversore della tradizione che merita tutto il nostro rispetto, della poesia stessa, che sembra arenarsi sulla pericolosa spiaggia quella più deleteria «basata sulla buona misura, sul rispetto delle regole, su un’ottima media»?

Negli anni tra il Cinquanta e il Sessanta tra i giovani «nuovi» è maturata «una sempre più vigile e rigo­rosa consapevolezza dei mezzi e dei fini della poesia, nei suoi inderogabili nessi con la cultura». La testimonianza viene dalla nascita a Bologna, della rivista «Officina», cui dettero guida tre giovani poeti, Pier Paolo Pasolini,Roberto Roversi e Francesco Leonetti, all'insegna di una promozione dialettica demistificante e dinamica a favore di un realismo non cronachistico ed esterno ma «ideologico».

«goccia che cade oscillando

lentamente sulla stessa preghiera

riprende il suo canto

lasciando la goccia

cadere

Alessandro Mulas, valorizza la sua sperimentazione circostanziata e libera di valori

 individuali, rileva l'opportunità, tra la Poesia pura e la Poesia esistenziale
- quel canto dimesso che ostenta profumi -

del suo stesso cadere...»

Lo stesso pensiero che riaffiora in questi versi, con i medesimi termini di consapevolezza storica e tecnica. In loro avverto il conflitto tra la parola comunicazione e azione, l’impegno, carico della tensione di tutta l'umana realtà in movimento, chiusa nel suo solipsismo, ambigua ma non paga di sé.

Molte delle nuove sperimentazioni, che si leggono nel web, senza una specifica eredità dell'esperienza ermetica, o visiva, oppure introspezionale si orientano, fra incertezza e audacia, in una multiforme varietà di contaminazione.

E’ stato Pasolini, dall'interno del gruppo di «Officina», che ha tentato di dare ordine e senso a tale situazione facendosi enunciatore e teorico del «neo­sperimentalismo» poetico, espresso nell’articolo: «Il neosperimentalismo (Officina», 5 febbraio 1956, pp. 169-182): precisando, più tardi, come «una zona franca, in cui neorea­lismo e post-ermetismo coesistono fondendo le loro aree linguistiche», ma con alcune distinzioni interne tra neo-sperimentalisti di tendenza prevalentemente neo-realistica, più sensibile all'impegno sociale, o di tendenza post-ermetica, più aperta all'istanza religiosa sia pure non confessionale; sperimentatori puri, meglio inclinati a sovvertire se non proprio rinnovare (La libertà stilistica, sempre su «Officina», giugno 1957, pp. 341-346).

Alessandro Mulas, valorizza la sua sperimentazione circostanziata e libera di valori individuali, rileva l'opportunità, tra la Poesia pura e la Poesia esistenziale:

«goccia
dopo goccia
dopo goccia.. persa
la goccia in un mare
che sboccia».

 

Basta riflettere sui temi d'ispirazione e i modi di animazione poetica; la difficoltà del tentativo di ridurre a un denominatore comune posizioni e soluzioni discordi. Mulas è certo che nella sua lirica vi sia il coraggioso rifiuto dell'inerte afona Koinè dei postermetici, la loro apertura alle vicende agli affetti alla storia degli altri. Si spinge più a fondo, nel delicato e contrastante processo innovativo della giovane poesia.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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