La
giovanissima autrice, Agrafena Pivovarova, che vi presento
oggi è nata a Mosca
ed ha soli quindici anni. All’età di due anni approda a
Pescara, dove tuttora risiede con i genitori. Nonostante la sua
giovane età, scrivo poesie da quando ha compiuto otto
anni e partecipa ai concorsi di poesia della scuola. Ora
frequenta il Liceo Classico D'Annunzio. Oltre alla
passione per le poesie, scrive brevi racconti.
La
critica ufficiale, non si è accorta ancora di Lei, lo facciamo
noi per premi, perché il profumo del mare ci piace quasi quanto
quello acre della resina dei pini, in alta montagna. Siamo lieti
di parlare di Lei, di farvela conoscere perché la sua è
un'immaginazione che unisce il delirio del matematico alla ragione
del poeta.
«Vivo
da sola col mare…
Mi
rilasso con i suoi rumori arcaici,
il
mio sonno viene cullato dalle
sue onde
e
mi sento forte quando il vento ulula lungo la costa…»
Il
fascino che questi versi emanano confermano la nostra tesi,
accendono l'interesse preponderante, di cui viene rilanciata una
forma umanistica, secondo una linea di ricerca che costituisce il
più riconoscibile carattere della scrittura di questa giovane
autrice. La forma si contrappone all’onda del mare che bacia la
battigia e ritorna al largo, formando una costruzione ortogonale
della poesia perché il rilassamento dei rumori arcaici non culla
solo il sonno, ma disegna un campo ideale in cui la libertà
compositiva, lontana dall'essere mortificata, è esaltata, dal
verso che chiude la quartina:
«e
mi sento forte quando il vento ulula lungo la costa…».
L’ordinamento
del materiale poetico trae origine dall’amore per il mare, e
dall’esigenza d’appropriazione totale del lirismo; non della
sua superficie visibile, ma dei fattori genetici che ne
determinano la produzione. Agrafena
evidenzia nella condotta poetica una definitiva valorizzazione
dell'opera costruita, finita e conclusa. Può sembrare un
paradosso ma non è altro che l'attività potenziale dei
suoi quindici anni.
Si
nota nelle sue liriche un ordine che si fa esigenza d'inserire
nell'universo che la sua fantasia fa in tante piccole zone di
simmetria, dove inserire le sue poesie: avere un suo, proprio suo,
mondo poetico, dove festeggiare un'epifania di natura polemizzando
con se stessa.
Non
esiste un solo mondo, si dice nei lunghi soliloqui che le materie
umanistiche (greco e latino) le permettono, quello che lei vede o
che crede di vedere o che immagina di vedere o che vuole vedere,
quel mondo di cose e di forze, di solidità o d’illusioni: il
mondo in cui viviamo, in mezzo al quale siamo soliti
addormentarci; più piacevolmente se sdraiati sulla sabbia, mentre
il mare ci suona la sua sinfonia in sordina per non distrarci.
Per
quel che ne so io, per ogni Poeta esiste un mondo proprio, o un
altro a sua somiglianza, o come lui lo vorrebbe: quello delle
immagini poetiche, delle identità e delle funzioni, delle
operazioni e dei gruppi, degli insiemi e degli spazi che la sua
fantasia crea e che poi verga sulla «pagina bianca».
Qualcuno potrebbe pretendere si tratti solo d’astrazioni, di
costruzioni, di combinazioni. Vi giuro che non è così, lo dico
per esperienza mia personale e perché la storia ci ha affermato
che Pier Paolo Pisolini, ha scritto le sue più belle
poesie quando era imberbe.
«Non
posso vivere senza il mare:
un
amico duraturo
con
il quale gioire e parlare
ma
la pazienza dura poco e
le
lacrime cadono eternamente…
ascoltami
o mare…»
E'
al dominio del grido finale che mi soffermo perché è rivolto
costantemente al mare, per ingigantire lo sviluppo del suo
prodotto poetico.
Il
grido: «ascoltami mare» non è una variante dello stesso
tema, ma è un grido d’amore, che conseguentemente, forma la sua
struttura: circolare:«Vivo
da sola col mare… / ascoltami mare».
Il
cerchio aperto col primo verso si chiude e raggiunge esattamente
il punto di partenza: la qual cosa è suggerita dal fatto che
l'ultimo verso è identico al primo, anche se non uguali
metricamente, perché entrambi i punti che formano il cerchio lo
chiudono musicalmente. Quindi, il movimento circolare ritrova il
punto di partenza, come il suo punto omologo, e forma un arco: un
amico duraturo/ con il quale gioire e parlare.
Dunque,
si tratta di una poesia che comprende una produttiva ricerca della
rima, ma che potrebbe essere concepita anche come antitesi,
strutturalmente definibile come un reticolo cristallino: è
la figura combinatoria dell’amore e del mare ad essere trasfusa
nel panorama della Poesia, così come stilisticamente la lirica
costituisce un tentativo di annettere a dignità poetica il suo
patrimonio lessicale.