Giuseppe
Malfa,
è nato a Caltagirone
sotto il segno del Cancro,
laureato in medicina e chirurgia, ha lasciato il bisturi per soccorre i
malati psichici, infatti, fa esperienza come psichiatra e neurologo,
lavora come neuropsichiatra dell'età evolutiva in
una
struttura pubblica. Studia
musica elettronica, ha l'hobby della pittura e fotografia digitale.
Solo
da poco ha scoperto la poesia come sfogo dell'anima, non le ha mai
pubblicate, questa è la sua prima esperienza.
Figlio
del Cancro, come tutti i cancerini è ambizioso ma gli manca il mordente
dell’aggressività, per affrontare le battaglie quotidiane, con
sicurezza. Spesso ha qualche difficoltà a
adattarsi al suo ambiente di lavoro, anche se si mostra disponibile e
conciliante. Tuttavia pur essendo individualista, nonostante qualche crisi
di timidezza e di sfiducia, può assumersi un grosso carico di
responsabilità e s’impegna tenacemente per riuscire nella vita. Forse
è stata la sua natura cancerina a fargli lasciare il bisturi per guarire
non solo i mali del corpo ma principalmente quelli della psiche: aiutare
il prossimo! E’ il moto e il destino del nato sotto questo segno
dominato dalla Luna e da Marte: un combattente lunatico, ma altruista fino
ad annullare se stesso per il bene degli altri.
Questa
che vi presento oggi, è una tenera poesia d’amore, dove aleggia
l’indecisione del cancerino, ma anche il suo slancio d’amore:
«Ti
aspetto sempre ma non arrivi»
Questo
decasillabo sembra creare un grafico per definire la nostalgia scaturita
dall’amore trasfigurata in arte, basato su tre pilastri: dello stile,
della testa, del cuore. La maggior parte dei poeti attuali, anche se
superano le prime due linee, raramente arrivano a toccare la terza, ma Malfa
ci riesce: per questo m’interessa.
In
tutta la lirica, breve ma incisiva, e per niente ermetica ritroviamo la
definizione più fedele della sua visione umana: quella indirizzata a Marina
che lui aspetta, ma non
arriva. Non è l’uomo politico che aspetta il risultato dell’elezione,
ma è la sua indole che
diventa ferrea quando attende pur sentendo, misteriosamente, che
l’attesa sarà vana, non demorde, anzi rafforza la fiducia e attende.
Sarebbe capace di battere il «guinnes» dell’attesa, il cui
primato appartiene a Napoleone Bonaparte e mai battuto, perché
nessun altro innamorato ha atteso per otto ore la sua Giuseppina, o
Maria, o Marina, per il cancerino l’attesa è una
vocazione. Attende, per logica conseguenza. Io non sono mai stato
aggressivo con te, anche perché l'aggressione è rimasta in me inibita:
si è voltata contro me stesso.
«Il
mio sguardo è perso nel vuoto.
L'ombra
di un'immagine persa nell'aria
è
ciò che ogni tanto riesco a percepire».
In
fondo, questa è la mia malattia, percepire con lo sguardo nel vuoto, «l’ombra
di un’immagine persa nell’aria». Questa riflessione è
emblematica, sia perché conferma che Malfa trova in Freud
la possibilità di spiegare la propria malattia, sia perché tale malattia
ha potuto assumere un valore universale e rivelarsi uno degli elementi
fondamentali della malattia della nostra generazione: attendere Godot,
in eterno. La contrapposizione dell'attesa e della lotta, indica due
diversi atteggiamenti di fronte alla realtà. Da un lato un’adesione,
che non vuol comprendere e sentire il valore delle cose, che crede nella
vita e nei suoi ideali, dall'altro un senso di distacco, di chi non sa
inserirsi nel ritmo della vita, che ripiega sfiduciato ad alimentare la
propria tristezza.
«Non
ci sei,
ma
io ti aspetto ancora.
So
che non verrai».
Ed
è proprio da questa prima esperienza che in Malfa risulta già
evidente quanto sia importante ritrovare il gusto delle cose che si pone
alla base di una vita tollerabile:
«Non
ci sei,
ma
io ti aspetto ancora.
So
che non verrai».
In
questa lirica non ci si può soffermare superficialmente solo all'amore di
sapore crepuscolare, ma è indispensabile capire più a fondo la precisa e
sapiente intuizione per comunicare col mondo esterno, collegarsi con gli
altri, rapportarsi e comprendere i sentimenti e gli affetti degli uomini,
la strada da seguire per arrivare alla salvezza, per vincere la
disperazione. La visione del problema per Malfa è quindi quello
d’amare per riuscire ad attingere dal proprio cuore tutto l’amore di
cui è capace, gli basta trovare bello anche il non arrivare di Marina.
Eppure
Egli sa che questa è la rivelazione per sapere che deve uscire da se
stesso e vivere la vita di tutti, di essere come tutti gli uomini dei
nostri giorni: d’essere uomo tra gli uomini, capace di capire quando è
bello aspettare e quando invece non lo è.
Questo
stato d'animo costituirà, senz’altro, la linfa vitale per le poesie
future in cui saranno cantate con lo stesso sentimento le speranze del
giovane ammalato e povero, del disoccupato, del mendicante: l'umana
tenerezza per la speranza che risiede nel cuore degli sfruttati.