Borselli
Jennifer
è nata vent’anni or sono a Montichiari in provincia di Brescia
e vive a Carpenedolo. Ha studiato all’Istituto
Agrario di Lonato diplomandosi con una votazione 74/100 ed è alla
ricerca di un impiego stabile.
La
passione più grande di Jennifer oltre alla poesia sono i cavalli,
che in un certo senso per lei sono la vita stessa. La poesia è nata come
uno sfogo, come un modo di vedere la vita da una prospettiva differente.
Per lei scrivere poesie è interpretare sentimenti con le parole, lasciare
parlare il cuore con la pagina bianca; ma scrivere è anche piacere,
serenità, immaginazione, amore e legami affettivi. La stessa vita è una
poesia composta dai nostri movimenti e quelli di chi ci sta accanto. E’
poesia la natura che la circonda dal vicino lago di Garda che spesso le
infonde dentro il suo moto tumultuoso. Sono le cose più semplici, piccoli
segnali o movimenti che le portano un’idea.
«Bagliori
soffusi in una lenta movenza
volteggiano
al cospetto dei miei occhi
una,
due dieci e migliaia sfavillano
radiosi».
Circa
il sentimento
che le figure in lenta movenza esistenziale, volteggiano davanti
agli occhi, la Boselli li attribuisce ai «giovani
contemporanei arrabbiati» quasi prevedendo con più gravi e
assillanti quelli dell'individuo, il cui supposto tesoro sfavillante
interiore è identificato con le riserve trascendentali, assentandole in
se non meno dell'arte.
Sono
certo che la Boselli dev'essersi posta queste domande, perché
cerca di rispondere introducendo «una, due centomila migliaia»,
che radiosi pretendono di amare il proprio tempo.
«Il
loro vigore in seguito si conclude lentamente
si
soffoca donando una solitaria traccia.
I
frammenti di ciò che ha consumato rapidamente».
La
risposta non è condotta logicamente,
ma esibisce
vitalisticamente, un'emozione come chi si sente in
sincronia col
proprio tempo, che: «Il
loro vigore in seguito si conclude lentamente/si soffoca donando una
solitaria traccia».
E’ come se gridasse al mondo intero «io
amo l'età
in cui sono nato perché preferisco vivere sul filo della corrente
anziché
vegetare nella palude di un'età senza tempo».
Preferisco vivere
in un'età di
cui conosco bene le piaghe piuttosto che nella stagione in cui queste
erano coperte dall'ipocrisia.
Senza
negare tutto ciò che ci sommerge: eccidi, infanticidi, fratricidi e
parricidi, si ha la sensazione che gli uomini abbiano aperto gli occhi,
anche se i suoi non vedono nulla, perché presi dall’ansia di donare.
Eppure sanno che nella
nostra civiltà
sono i più minacciati.
«Le
fiamme non concedono ricordo
Troncano
la vita
ma
donano unicamente cenere,
ruderi
e una imponente desolazione».
Lascia
il motivo tolstoiano, che diventa molto machadiano della resistenza con i
«Bagliori
soffusi in una lenta movenza»
che
«volteggiano
al cospetto dei miei occhi»
attratti dalle movenze lente, interessati
soprattutto di riportare, almeno tra gli intellettuali, la domanda etica
stoica e ora anche evangelica del
vigilare
insieme col fratello che è l'altro se stesso, e soprattutto
autovigilarsi.
Quando
scrive non pensa a sé ma agli altri, anche se al momento donano soltanto «cenere».
Ella si preoccupa non della libertà e della salvezza personale, ma di
quella di tutti e vorrebbe che
fossero salvi e liberi
come lei
quando scrive.
È
certa che tra
l'io trascendentale naturale e astratto della comunicabilità e
l'individuo
vi è nella testa e azione di
Boselli
quell’essere umano che prima l’incita a scrivere e poi di persona che
incarna l'universale
restando
unico: povero e incommensurabilmente ricco nella sua
condizione
creativa, che le permette di comunicare con gli altri esseri umani.