Ynés
de la Puente
Spiers
è il vero nome di «Skorpiona»
scrittrice peruviana nata a Lima,
che obbedisce al suo
segno zodiacale, che è lo Scorpione;
di questo segno ha fatto il suo pseudónimo scelto d’accordo con il suo
senso particolare
e
capriccioso d’essere.
Uno dei suoi tanti hobbies é scrivere i propri atteggiamenti, importanti
per l’ispirazione dei suoi scritti. Ha avuto sempre la spinta a
scrivere, perché le sembra affascinante
poter modellare sopra un foglio di carta il proprio pensiero e il suo
sentire.
Quando ha sentito arrivare il momento di far conoscere
al mondo la sua maniera di pensare e di vedere la vita, si è decisa a
scrivere, ed ha saputo in questo modo di avere una buon’immaginazione
che arriva al
lettore con facilità, senza necessità di usare parole
ricercate,
o metafore, che spesso non
sono comprese.
«Cuore
gitano»
anche se tradotta in modo molto approssimativo, si capisce bene; nella sua
semplicità viene alla luce un forte ardore verso la «conoscenza»,
come Ulisse; e come Dante verso la «speranza»
che solo il miracolo della poesia sa trasmettere.
«Ho
un cuore gitano
che è libero come il vento,
come un marinaio continua a cercare
un cuore di porto in porto
che non ha ancora padrone,
che faccia realtà il suo sonno
che il cuore solitario insegue
perché così lo vuole il tempo».
Il
suo cuore si lascia trasportare dal vento, dove la spiaggia e fatta di
rena rossiccia, che stride
sotto i piedi. E’ snervante pensare che il proprio cuore continua a
cercare l’amore e la pace, come un marinaio. Allora allunga il passo che
aumenta lo stridore della sabbia e a testa bassa come Ulisse va
cercando… mentre nella mente risuonano i versi del Sommo: «nati
non foste a viver come bestie/ ma per seguire virtude e conoscenza».
Improvvisamente rimane ferma: sul viso marcata quell’espressione
immobile, impassibile, come se nulla la interessasse. E’ dritta sotto il
sole come una colonna. Eppure chi la vede invidia quel corpo statuario. Si
accoccola e giocando con la sabbia rossiccia, facendola scorrere tra le
dita, cerca tra i granelli quel «cuore che non ha padrone».
La sabbia scorre tra le dita e il suo cuore solitario insegue,
dietro i granelli che scivolano, come la farina dal mulino nel sacco, quel
punto fatale, «perché così lo vuole il tempo».
Guarda la sabbia cadere ed emette un profondo sospiro. Socchiude gli
occhi, ma anche con gli occhi chiusi vede il suo sogno allontanarsi e
avvicinarsi come fa la sabbia dalle mani. Li vede i suoi sogni, ma avrebbe
preferito non vederli.
«Non
sa quello che è amare,
né sa per amore piangere,
solamente sa sognare,
con quel cuore che qualche giorno,
in un porto molto lontano,
forse pronto troverà».
Posa
lo sguardo sul mare che dondola tra i colori che vanno dall’azzurro
intenso come il cielo al grigioverde
della flora che traspare dalla lucentezza dell’acqua, che ondeggia il
percorso; ha come la
sensazione che una polvere sottile gli scenda nei polmoni. Guarda in
lontananza, il cielo si sta popolando di grosse nubi tondeggianti sulla
linea dell’orizzonte. Questo le riporta alla mente il motivo del suo
stare immobile sulla spiaggia deserta a sognare, che tra un’onda e
l’altra, giunga finalmente la realizzazione dei suoi sogni. Ne distingue
finanche le forme (ombre che si rincorrono sulle onde calme), solo allora
ha come la sensazione d’una visione quasi dolorosa, e tuttavia così
cara al suo cuore.
Ha capito che il suo «Cuore gitano», non ama solo sognare;
mentre sopraggiunge la sera piano piano. Il cuore si accampa nel punto in
cui le onde con più energia si allungano sulla battigia; il sole al
tramonto investe il suo corpo, facendo brillare la sua pelle color bronzo.
«Che
ho un cuore di pietra,
normalmente
dicono così...
che
nascosto nel suo guscio sta,
normalmente
ascolto anche...
non
capiscono che desidero solo evitare,
che
qualcuno lo possa
senza ragione danneggiare».
Teme le sere ed i desideri che l’assalgono nel buio,
sempre più selvaggi. Siede sulla sabbia cercando di non pensare, di
credere che il cuore fosse di pietra. Cerca con lo sguardo qualche
assicella per la spiaggia: ha desiderio di un po’ di fuoco, la fiamma le
dà coraggio. Avverte un leggero senso di galleggiamento ed al tempo
stesso una specie di peso sopra al cuore.
Vorrebbe morire perché sa di non poter avere sogno e realtà
contemporaneamente. In lontananza ode delle allegre risate di giovani
spensierati, che non vede nel buio della sera; ma vede le alghe che
luccicano alla scintillio delle stelle e il luccichio s’avvolge attorno
al cuore, abbraccia l’anima e la sua vita. Pensa con affetto e tenerezza
a coloro che non capiscono e non conoscono lo spasmo del desiderio e
racchiude in sé questi pensieri come reliquia. Chiude gli occhi e prova
ad immaginare il sapore, il profumo dei sogni che si realizzano.
«E
così col correre del tempo credo già,
che quel cuore alla mia vita,
forse mai arriverà»,
un
cuore gitano è un cuore che non ha radici, nemmeno nella sua terra:
Ynés
sottolinea così quel suo sentirsi «figlia del vento». Il
vento, un padre affascinante che porta in sè l'eco di luoghi lontani e
sconosciuti, con un’incantevole mescolanza d’immagini e, al tempo
stesso, riaffermano l'origine culturale dell'Autrice.
Così come il suo segno zodiacale le suggerisce, emana respiri d’acqua
per spegnere il fuoco che brucia dentro, senza pietà.
Skorpiona
qui celebra l’amore quanto ne possa esprimere la personalità di una
donna dei giorni nostri, che sa quello che vuole e non accetta mezzi
termini, una donna che pur correndo con il tempo, vuole
che chi ama assapori in modo naturalmente umano e libero da
costrizioni la catena che svincola il sentimento dai legami impalpabili in
cui grandi poeti lo hanno voluto per riportarlo sulla terra.
«tuttavia
non smetto di sognare,
che
la vita forse possa regalare,
quel
cuore che,
in
qualche angolo del mondo,
forse
nascosto esisterà».
Decide di punirsi un’ultima volta e si sdraia sulla sabbia, nella attesa
della luna che possa illuminare il suo cammino. Sente improvvisamente la
luce lunare ferirle gli occhi e si rende conto che è rimasta sdraiata
sulla sabbia non più calda, mentre la realtà si insinuava tra le costole
e avvolgeva il cuore. Avrebbe preferito che la luna fosse stata più
discreta e le avesse portato quel vento amato perché è il solo che può
far ritrovare la pace al suo «Cuore gitano».