Ciao, amici
miei, carissimi e pazienti; rieccoci all'incontro bisettimanale
«poeticamente».
Questa
poesia «IL VECCHIO» di Enzo Caporaso mi perseguitava da mesi ma non mi
sentivo libero dal commentarla perché mi ritornava alla memoria l'altra
poesia di un poeta napoletano, Antonio Iaccarino, premiato due volte con
il Premio per la Cultura dal Consiglio dei Ministri e vincitore della 14°
edizione della «Talentiate - Olimpiade di Talenti . Poesia della Vita»;
però col passare del tempo ho macerato dentro la poesia di Caporaso e,
messo da parte la poesia di Iaccarino, eccomi a parlarne.
Il
pessimismo della poesia di Iaccarino ha lasciato il posto alla speranza
ottimistica di Caporaso.
«Il
vecchio.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare.
Era sereno
e sorrideva al tramonto.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare».
La poesia,
parte già dai primi versi, significativa e tecnicamente nuova. Il vecchio
seduto in riva al mare incurante che possa, improvvisamente, scatenarsi un
furioso il temporale, si inserisce nel paesaggio e nella drammaticità
celata del vecchio che sorride sereno al tramonto, come un personaggio
cosciente del suo inserimento nel furioso temporale (forse come già tanti
passati nella sua esistenza!); violento poiché è una proiezione
dell'animo del poeta e insieme dell'uomo contemporaneo, travolto
dall'incertezza, ossessionato dall'angoscia esistenziale, dalla
solitudine, dall'impossibilità di crearsi un rapporto umano, uno slancio,
una fede, in un mondo falso e in una società che offre illusivi conforti
al vuoto dello spirito.
«Era
cieco,
ed il suo
sguardo era perduto
nel
profondo del suo cuore.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare.
La risacca
e il volo dei gabbiani, intonavano un'allegra melodia.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare».
La
tempesta, che si scatena nello spirito del Poeta, distrugge questi falsi
idoli (il Vecchio è cieco), e questo può rappresentare l'estrema
salvezza, il mezzo per liberarsi di un'esistenza senza ragione, se non
fosse per «La risacca e il volo dei gabbiani, che intonano un'allegra
melodia» nell'immobilità dell'andare.
La speranza
non è breve; il temporale ha distrutto soltanto le apparenze e il vecchio
che inutilmente ha tremato durante la sua esistenza, si protende, verso la
speranza:
«Era
sordo,
ed
ascoltava l'eco di parole perdute
nel
profondo del suo cuore.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare.
La gioia ed
i colori tipici del mare, facevano venir voglia di cantare.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare»
Per la
capacità e l'intelligenza che gli ha permesso d'essere "sordo",
al richiamo dei temporali e a quello illusorio delle lusinghe e le vane
promesse; è, questo, un meccanismo inesorabile che gli permette di non
rigettare la vita, perché solo e disperato, ma di continuare a sedere in
riva al mare: fonte di inesorabile di vita. Per non sentirsi chiuso in
un'unica ghiacciaia con la moltitudine di morti viventi.
«Era muto,
e il testo
della più bella canzone d'amore era ormai perduto
nel
profondo del suo cuore.
Ho visto un
vecchio seduto in riva al mare.
quel
vecchio ero io».
Questa
lirica e molte altre della raccolta di Caporaso ci confermano che motivi
dominanti della sua ispirazione sono: il male di vivere, la sofferenza del
nulla, la solitudine, l'aridità spirituale, il vuoto morale, affrontato
con serenità come un eremita. Forse per questo preferisce il tema del
mare, che è non solo l'elemento di un paesaggio drammaticamente
suggestivo e ricco d'emblemi patetici, ma anche il testimone di un lungo
soliloquio che l'autore snoda a varie riprese, confessando i segreti del
cuore e certe ambizioni divenute materie di canto nel momento in cui
questi appaiono, e fa di tutto perché non finiscano in fallimento.