In
questa poesia non si vede più nessuna traccia delle regole tradizionali,
né nel numero né nella disposizione dei versi e delle rime; ed è di una
bellezza così delicata, che non ci si può mettere per definirne in ogni
modo i caratteri, senza timore di sciuparla.
La sola regola che rispetta
è la musicalità scintillante del novenario, che scorga subito, è che fa
scivolare i versi dalla fonte per un ruscelletto fino a raggiungere il
fiume per immettersi nel mare.
«Tutte
'e juorne... e 'a stess'ora
t'aspettavo p’ ‘o vecariello.
Ogne minuto... era n'ora...
Mm'apparive sempre cchiù bella!»
La prima quartina
contiene l’invocazione, e si può
considerare come introduttiva.
Il Poeta sente il dovere di farci sapere che tutte le sere, alla stessa
ora lui l’aspettava, passeggiando per il vicoletto (deve trattarsi,
almeno dalla descrizione che l’autore ne fa, di uno di quei vicoli che
si snodano a destra e manca per Via San Biagio de’ Librai, detto «Spaccanapoli»,
uno di quei vicoli cantati da Nicolardi, o
Galdieri oppure «Tutte ‘e ssere» di Gigi
Pisano e Luigi ciuffi, cui la lirica sembra riprendere il
soggetto); si sa che per un innamorato un secondo sembra un’eternità,
però come la vedeva apparire dimenticava il tempo dell’attesa e la
vedeva sempre più bella.
«Mme
dive 'a mano e mme guardave...
'int' 'o core, 'a felicità!...
T'astringevo; tu mme vasave...
tiempo bello! Che vvuò scurdà!»
La struttura fondamentale,
come delle singole quartine, è il giro: poiché
la quartina più agitata nella rima alternata, forma il nodo principale
della lirica.
Questa lirica è un
tipo specifico di sublimazione verticale, che palesa nelle vite
degli innamorati di ogni tempo. La sua autobiografia offre dati molto
interessanti sulla natura del processo dell’amore, delle sue crisi, e
sulle vicissitudini e sofferenze che implica, cosi come sulle gioie che ne
compensano gli strenui sforzi. Si possono spesso notare i vari stadi
attraverso cui l’amore viene gradatamente fatto rinascere e trasmutare
in amore per un Essere superiore, quale il Cristo, o per Dio medesimo.
Mentre il processo di trasmutazione e sublimazione può essere spesso
osservato, non è lecito dedurne che l'amore spirituale che «sorge» come
l’acqua dalla roccia vergine, sia semplicemente prodotto dalla
sublimazione, che non è possibile spiegare: una manifestazione
psicologica o spirituale superiore rintracciandone le supposte origini
biologiche o istintive, quale prodotto o sottoprodotto del sesso.
Da un lato troviamo l’ansia dell’attesa tipica e naturale in tutti gli
innamorati, la cui normale vita sessuale è inibita, nei quali non vi è
alcun aspetto mistico; dall'altro è l’esempio di persone che vivono una
vita sessuale normale e si formano una famiglia, mentre allo stesso tempo
hanno esperienze amorose genuine.
«E pe
vvutate e vvutatelle
scurnuse nuje passavemo.
"Mme vuò bbene?... E giurammello!"
'O primm'ammore sentevemo!»
La vita e la
coscienza spirituale appartengono ad uno specifico livello psicologico ed
hanno una qualità propria e non derivata. Le energie trasmutate si
elevano ad essa apportando un contributo di vitalità e di calore, ma non
creano ne spiegano la vita superiore.
Il terzo aspetto della sessualità, quello creativo, può essere sublimato
nella direzione verticale promovendo e favorendo il processo di
rigenerazione, di auto-creazione,come in questo caso:
«E pe
vvutate e vvutatelle
scurnuse nuje passavemo.
"Mme vuò bbene?... E giurammello!"
'O primm'ammore sentevemo!»
il Poeta trasfigura
le sue sensazioni, il suo sentimento tenendo presente il «tubare di due
colombi» e li vediamo i colombi, girare intorno all’altro dandosi, ad
ogni giro una toccatine, e li sentiamo quando si ripetono col loro
inconfondibile linguaggio:
"Mme vuò bbene?... E gurammello!"
in questo gioco,
anche di parole è l’evoluzione psico-spirituale dell'essere umano.
Il secondo modo, che traspare dalla lirica è un'estensione o allargamento
del sentimento d'amore verso una sola persona fino ad includere un numero
sempre più numeroso di emozioni. Così l'amore si espande per circoli
concentrici i quali includono gruppi sempre più vasti. Nel suo aspetto di
corteggiamento, si riversa sul corpo che inizia a tremare per il forte
desiderio che la ragione impone di dominare, poi procede ad una ulteriore
trasmutazione e diviene un impulso di ardimentoso osare.
«Po'
ferneva 'sta viarella...
Ll'urdemo suspiro 'a luntano...
Primma 'e ll'urdema vutatella
tu mme salutave cu 'a mano!»
Resta solo
l’ardimentoso osare e il desiderio represso, e il corpo tremante per il
desiderio non appagato, che la strada è finita, rimane davanti agli occhi
solo una mano che saluta da lontano. Un verso che ricorda tanto Leopardi.
Il saluto si manifesta anche come cameratismo ed amicizia, come una
comunanza di scopi e di attività. Infine, può raggiungere sfere sempre
più ampie fino ad irradiarsi verso tutte le sfere della mente per non
dimenticare almeno «quella mano che saluta da lontano».
Il grande filosofo Arturo Schopenhauer ha cosi affermato
questo fatto: «Nei giorni e nelle ore in cui la tendenza al piacere è
più forte... appunto allora anche le più alte energie spirituali possono
venire intensamente suscitate; esse restano inattive quando la coscienza
ha ceduto alla bramosia; ma mediante un valido sforzo la loro direzione può
essere mutata, e allora la coscienza invece che da quelle brame tormentose
viene occupata dall'attività delle più alte energie intellettuali e
spirituali».
Sembra che vi sia una profonda somiglianza fra l'energia sessuale e le
energie creative operanti ad altri livelli dell'essere umano. La creazione
artistica è uno dei modi nei quali più facilmente e spontaneamente si
attua la sublimazione. Possiamo trovarne numerosi esempi nelle biografie
di grandi artisti, scrittori e musicisti. Ne citerò soltanto uno,
particolarmente significativo.
Riccardo Wagner
ebbe un appassionato amore per una donna maritata, Matilde Wesendonck,
alla quale dava lezioni di musica e nella quale trovava una comprensione
ed una devozione per il suo genio, che gli mancavano da parte della moglie
Minna. Dopo breve tempo essi decisero di rinunciare a realizzare il
loro amore, e Wagner lasciò Zurigo ed andò, o
piuttosto fuggì, a Venezia. Dapprima era disperato ed aveva
idee di suicidio, ma ben presto egli si mise a scrivere il testo e la
musica del Tristano e Isotta, in una specie di
frenesia creativa. Egli li portò a termine entro pochi mesi, durante i
quali scrisse molte lettere a Matilde ed anche un diario, dedicato
a lei, che vennero pubblicati dopo la morte di lui. Leggendoli si può
chiaramente notare il graduale raffreddamento della sua passione, via via
che questa si estrinsecava nella poesia e nella musica dell'opera.
Questo doppio effetto spiega l'enorme influsso delle opere d'arte, che ha
ispirato milioni di persone attraverso tutte le età ed ha spesso dato
l'impronta a un intero periodo o una intera nazione. Nelle opere d'arte vi
è molto di più del solo valore estetico; esse costituiscono delle forze
operanti, quasi entità viventi, che hanno un potere suscitatore e
creativo. Perciò non dovremmo lasciare che queste forze restino
inutilizzate e neppure assoggettarci ad esse inconsciamente.
«Anne
e anne, mo, so' passate!...
'O vecariello sta sempe llà!...
Tal'e quale, nun é ccagnato,
passo 'a ccà pe te ricurdà!»
Per ottenere questi
effetti, occorre osservare l'immagine scelta con la massima attenzione,
contemplarla in uno stato di quieta recettività e per un certo tempo,
fino a diventare interamente assorti, identificati con essa, fino quasi a
sentire di 'essere' l'oggetto o l'immagine che stiamo contemplando.
Gli anni sono passati ma è rimasto il «vicariello» che
pare ridere quando ci passo per ricordare i nostri incontri, ma vedo solo
una mano che saluta da lontano, e il vicolo ride della mia nostalgia.
«Nu
suonno luntano 'st'ammore!...
E' ll'ora!... Giesù! Vuo' vedè?!...
E' overo?!... Se ferma 'o core!!...
E' essa?... 'A vi' llà... Vene pe me?»
E forse ride pure
per questo sogno che non vuol morire; e ride perché penso che da un
momento all’altro ti vedrò comparire e non riesco a contenere i battiti
del cuore, E’ lei? Sì eccola, è lei, viene per me…
«Ma
no!! E' n'ata... e nun guardà!
Passanno po' mme fa: "Sentite...
Chisto vico sponta a' Trinità?!...
...Neh!! Signò?!... ma vuje chiagnite?!"
-No!... Scusate! Nun saccio di' !...
Nu muschillo a ll'uocchie; ma che d'é ?!
Mme pogne e mme fa sufrì!...
Soffre 'o core... ca chiagne pe tte!»
Il vicolo non ride
più; si è trasfigurato in figura umana e con una scusa banale gli
partecipail suo dolore per quell’amore che avrebbe potuto essere e non
è stato; perciò piange per lui che soffre e continuerà a soffrire.
Eccolo il miracolo dell’arte! Ad esempio, se guardiamo la statua del Mosé
di Michelangelo, possiamo arrivare a sentire entro noi
stessi l'energia, la potenza che la permea e che emana da quella figura.
Oppure se contempliamo il Cristo risorto del Beato
Angelico possiamo arrivare a sentire che è il nostro essere il
quale è risorto dalla tomba; che ha infranto tutti i legami, è libero da
ogni limitazione e si manifesta come potere trionfante. Per produrre gli
effetti terapeutici, educativi e trasformatori, in noi stessi e negli
altri, occorre procedere con metodo. Si deve raccogliere, e aver a
disposizione, una serie di immagini che esprimano le qualità che
desideriamo evocare e sviluppare. Poi occorre osservare attentamente
l’immagine scelta quale adatta allo scopo specifico. Talvolta nel
contemplare l'immagine è opportuno rivolgere e fissare l'attenzione su
uno degli aspetti o elementi che costituiscono l'immagine, a seconda degli
effetti che ci proponiamo di ottenere.
«Nu
muschillo a ll'uocchie; ma che d'é ?!
Mme pogne e mme fa sufrì!...
Soffre 'o core... ca chiagne pe tte!»