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Speranze sospese

Di: Luciano Somma

Luciano Somma è nato a Napoli. Ha vinto un centinaio di premi, ha conseguito la medaglia d’argento del Presidente della Repubblica, per due volte. E’ inserito in moltissime antologie, anche scolastiche, e in «NATI PER LA VITA» un’antologia stampata in Russia dall’edizione Raduca di Mosca dove figurano anche Quasimodo, Pasolini, Saba, Bevilacqua, De Filippo.

Oltre 150 testate giornalistiche hanno ospitato suoi articoli o versi. Ha pubblicato anche qualche breve racconto. E’ il poeta più celebre del mondo internettiano, non c’è sito che non ospiti una sua poesia o uno scritto.
Ha pubblicato otto raccolte di Poesie sia in lingua Napoletana sia in quella Italiana

Oggi vi parlerò della sua poesia «Speranze sospese»

È piuttosto infrequente nella nostra poesia contemporanea il tentativo di rifarsi ai miti classici per costatarne la persistente validità di simbolo e vederne le possibili interpretazioni suggerite, oggi dalla nostra storia di uomini.

Spesso, invece, il mito antico è fonte di ispirazione e di suggerimenti a molta poesia straniera, e basterebbe fare anche solo i nomi di Thomas Stearns Eliot e di Rainer Maria Rilke. Tanto più interessante appare la poesia «Speranze sospese» di Luciano Somma che, nello stesso titolo, ci ripropone l’Uomo, l'uomo solo, abituato a sentirsi maltrattato o ingiuriato, perciò:

«(…)  è meglio ,

milioni di volte ,

cazzotti sul viso ,

un grido

e poi urlami pure

cretino»

invece di farmi trascinare dietro un passato che crolla e spinge innanzi a un futuro che non sa reggersi ritto, perché l’individualismo e lo sparlare, fa più male di «milioni di cazzotti sul viso». Quest’inciso già sembra aprirci la visione della parte centrale di tutta la poesia, sono i  versi che ci chiariscono la durata simbolica del comportamento umano di questo millennio, è l'immagine dolorosa degli uomini di una generazione che, passata attraverso un'esperienza tragica e disumana di guerra e di odio, al benessere più sfrenato, all’incondizionato comportamento dell’uomo, specialmente dell’uomo giovane o giovanissimo, si affaccia verso un troppo incerto futuro.

«e poi urlami pure

cretino»

Ma se questo ci appare il motivo dominante, la giustificazione profonda della denuncia apre definitivamente, il ben più complesso processo realistico che accompagna l’epiteto «cretino».

La prima parte della poesia chiarisce il momento iniziale dell'ispirazione, che prende avvio da quel «cazzotti sul viso» afferrati con l'occhio della mente, e colpito da quel pensiero, percorre un fantastico itinerario in un'atmosfera incerta di sogno e di chiaroveggenza, dominata dalla presenza quasi ossessiva di quelle parole non sentite, ma svincolate da ogni realtà, verso un’irreale realtà, afferrata nella sua evanescenza agli orli estremi e indefinibili della vita.

«e dimmi e poi dammi

bestemmie e frustate

ma non il silenzio

che entra

e si piazza

qui tra le lenzuola

che straccia

spezzandoli

i fili»

ci richiama, anche per un nuovo mutamento di metro, e ci riporta alla personale situazione del poeta, alla sua reale presenza in un concreto paesaggio che lo vorrebbe ostile, ma che ama e vorrebbe riportare nella giusta misura di uomo con i suoi conclusivi sentimenti.

Il poeta non crede nella cattiveria dell’uomo, ma crede nell'immortalità della memoria, degli affetti e della riconoscenza. Da questa fede nasce il culto della speranza e la necessità di credere senza la quale la memoria presto o tardi svanisce.

La memoria è sacra all’uomo come a Foscolo furono sacre le tombe perché sacre al genere umano. La memoria dei grandi desta gli animi generosi a nobili imprese; la morte da ai benefattori del genere umano quella gloria che l'invidia ha loro negato in vita. Per il Somma tutto ciò accende l'animo dei poeti e la poesia dura immortale nei secoli anche dopo la scomparsa delle città, delle loro rovine e dell’imbecillità individualistica contemporanea.

«speranze sospese

nell'aria

le attese

di mute preghiere

le soste

al respiro affannoso

la corsa

col tempo nemico

e si resta secchi

dicendo

che è meglio la morte

al silenzio!»

Quindi noi dobbiamo rispondere al silenzio ribellandoci al comportamento individualistico, il poeta ha il diritto di non lasciare le preghiere mute, ma lottare per far sì che l’umanità sia unitaria e non frammentaria; che trovi l’equilibrio in uno sviluppo logico, un legame intimo che fonde insieme con robusta coesione i vari pensieri, le varie idee, con la precisione di una dimostrazione matematica. Ogni immagine, ogni concetto, ogni affermazione sboccia dalla coesione umana come il frutto dal fiore: nulla c'è di impreveduto, nulla che non sia necessario, nulla che possa parere inutile o ingiustificato.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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