Marina
Torossi Tevini: nata a Trieste è laureata in lettere classiche e insegna.
Ha pubblicato "Donne senza volto" edizioni Italo Svevo; la
raccolta di racconti "Il maschio ecologico" Campanotto editore;
"L' unicorno" Campanotto editore. Compare con alcune sue opere
in antologie letterarie tra cui «Nella fucina delle parole». Ha ricevuto
numerosi riconoscimenti per opere inedite; nel 1998 è stata inserita in
Lichtungen pubblicazione dell'Università di Graz sugli autori triestini
del Novecento. Fa parte del direttivo di alcune Società culturali.
Hanno
parlato di lei: Grazia Palmisano da Il Piccolo 17.6.1991; Mariagrazia de
Mottoni dai Fogli della Dante.
«L'obiettivo
del discorso è, con evidenza, un ragionamento non solo sul rapporto
affettivo tra i due sessi e sui suoi mutamenti nella società attuale ma
(più latamente) sui condizionamenti della routine, sulle imposizioni
formali o sostanziali che questa società avanza nei confronti di chi la
vive nei suoi ruoli complessi, nel lavoro, nella vita sentimentale,
afferma Elvio Guagnini ordinario di italianistica all'Università di
Trieste, nell’introduzione a «Il maschio ecologico»
E anche
Anna Maria Naveri da “Il Piccolo” del 29 ottobre 1994, ripete lo
stesso concetto, sull’opera e sull’autrice.
* * *
Oggi ci
occuperemo della poesia «Sera» che risveglia tante forti emozioni.
Questi versi fanno tremare il cuore perché rivive la sera magica del 25
marzo 1976. Ero stato invitato alla presentazione della mia raccolta di
poesie «Occhi che non capivano», scritte dal 6 ottobre 1937 alla Pasqua
del 1945: otto anni di diario in versi. Essendo la promozione della
seconda raccolta pubblicata, ma la prima scritta ci andai volentieri.
Il Caffè
Tommaseo, dove faceva capo l’Associazione Culturale «Arte pro Arte»
era pieno di persone ordinate e silenziose, che neanche in chiesa lo sono,
erano intente all’ascolto.
Dopo la
presentazione dell’autore da parte di Cosimo Cosenza (segretario dell’Associazione)
e dell’opera, da parte di Lucio Veglia (il presidente) fui invitato a
leggere l’opera, che essendo piccola, la lessi tutta d’un fiato. Alla
fine della lettura un silenzio sepolcrale più di quello che regnava
mentre leggevo, accolse la chiusura. Rimasi afasico e terrorizzato, ebbi
paura che le poesie non fossero piaciute. Non terminai il pensiero che
tutti si alzarono in piedi in religioso silenzio e vennero verso di me per
stringermi la mano e congratularsi. Poi l’alba ci accolse, freddissima
ma ridente! Scusatemi ma ve lo avevo anticipato che avrei parlato anche di
me, e non temete vi parlerò anche delle cose brutte, appena capita.
* * *
In questa
poesia «Sera» c’è tanto contrasto tra l'ideale e la realtà (quella
che all’autrice pare in quell'istante la realtà ed è un incubo
anch'esso della sua ansia e del suo immenso amore), a così cruda e
improvvisa delusione, sembra che si affaccino al suo sguardo trasognato, e
dolore e sdegno le salgono alle labbra, e mormora tra sé amaramente:
«E mentre
andavamo dietro
ai
quotidiani compiti
e doveri
il tempo
non smetteva
di fuggire…»
Per
contrario, in un'altra visione, l'immagine «dei giorni perduti» si
unisce all'immagine che non frena il grido straziato dell’anima che:
«sempre
(ahimè) troppo prudente
e la vita
invissuta
mi fa
male»
«Sera»
della Torossi Tevini non è la sera triste e malinconica del Foscolo, né
la «Sera» del Pascoli, il quale al contrario de «Il ciocco» la vede
come un momento di rilassamento totale dalle fatiche. Questa è una
«Sera» splendente di acqua purissima (anche se dolorosa), una cara sera
veneranda giunta in soave intimità domestica; e in lei rifulgerà il
riconoscimento di non aver vissuto il giorno, che ricorderà per sempre
quell'austero trionfo:
«…
mentre andavamo dietro
ai
quotidiani compiti
e doveri
il tempo
non smetteva
di fuggire…»