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Una rondine nell'arcobaleno

Di: Daniela Costantini

Daniela Costantini,vive e lavora a Roma col marito e due figlie:Valeria ed Elisa. Divide il suo tempo tra ufficio, casa, famiglia e le sue passioni: lavori a maglia, all'uncinetto, la pittura il disegno, la lettura, l'informatica, la musica specialmente quella dell’australiano Tony O'Connor.Trascorre le ore libere leggendo Prévert, Neruda, Gibran, De Mello e altri. Ha iniziato a scrivere poesie proprio per questo motivo... per dare un'espressione alla sua anima, ai sentimenti che spingono ad essere compresi e accettati.
All’inizio della poesia c’è l'aperta campagna: è la prima ora del giorno: il cielo puro e trasparente del mattino palpita al soffio di una lieve brezza; i prati rinfrescati dalla rugiada hanno un verde tenero e lucente; i fìori, sui quali brillano goccioline iridescenti, ingemmano l'erba coi loro colori; le acque correnti sembrano vene di cristallo; e i raggi del nuovo sole si distendono come luminoso manto sul verde prato. Gli uccelli salutano festosamente la luce col loro canto di creature liete di vivere e di librarsi nell'azzurro.
«Ecco una rondine,
eccone un’altra che con il suo volo
disegna la primavera nel cielo.
C’è un sole radioso che saluta il mattino.
Uno stridio e poi un altro ancora…»
Escono le belve dai covili e pare abbiano perduto ogni ferocia, e tutta la loro esistenza sia nel piacere di risvegliarsi alla vita e distendere le membra in quell'aria fresca, in quel tepore di primo sole. Lo stesso sentimento è negli uomini, simile ad una fiera agile e snella, vive tutto nella gioia di rincorrere con lo sguardo la vastità del Cielo seguendo il volo delle rondini che disegnano la primavera.
C'è nelle cose e nelle persone la freschezza di una rinascita, il senso del risveglio; risveglio mattutino e risveglio primaverile;felicità di una vita naturale non penetrata ancora d'umanità.
Di questo mondo silvano Daniela è l'immagine piena e perfetta, e sembra tutto riassumerlo in sé: è in lei compiutamente espresso quel tipo ideale di voli, di un senso di vigoria tranquilla, quasi inconscia, alla radiosità del sole che saluta il mattino, sul labbro il sorriso franco e fiducioso della dolce età fiorita, caro e familiare ai Poeti introspettivi di quest’epoca e Daniela Costantini esprime in questa lirica, forse la sua più alta espressione poetica e pittorica.
«Ascolto il meraviglioso ritornello di allegria
che intonano le rondini lassù.
Seduta su una comoda poltrona
davanti alla finestra spalancata verso il cielo,
saluto il nuovo giorno
sollevando la tazzina del caffè».
Seguiamo con amore questo ritornello d’allegria; lo ammiriamo sollevato in uno slancio quasi di volo nella corsa veloce e leggera; la tazzina di caffè sollevata al sole come il più bel saluto dell’anima e sentiamo arrestarsi la foga impetuosa del correre negli agili giochi, tra il suo sguardo e le rondini e il sole che gioca coi rami degli alberi lucenti, ormai tersi della rugiada; e ascoltiamo il fendere delle ali per l'aria: quanto c'incanta quell'aspetto romantico e lieto, ma nello stesso tempo gentile e delicato.
Nel leggere questi primi versi,torna insistente il ricordo di un altro volo artistico, anche se non così gaio, «La Rondine» di Giovanni Pascoli: anch’Egli gioiosamente immerso nella vita fresca della natura, ma con la tristezza che gli stringe il cuore come un limone, pur nella sua esuberante forza giovanile.
I primi versi paiono riassumere in sé quello che direi il motivo fondamentale di un tranquillo giorno primaverile, il piacere di perdersi in corsa sfrenata dietro le rondini che volteggiano garrule, e danno l'impressione, con quella sapiente sistemazione spaziale, d'una distesa ampiezza d'orizzonte.
I versi che seguono:
«Ascolto il meraviglioso ritornello di allegria
che intonano le rondini lassù.
Seduta su una comoda poltrona
davanti alla finestra spalancata verso il cielo»,
a
un osservatore superficiale potrebbero parere enumerazione particolaristica dì sostantivi e di aggettivi, nude e semplici notazioni, ma esce un unico quadro di fresca natura e ad ottenere tale elemento suggestivo basta a Daniela Costantini il valore pregnante della parola, in poetica musicalità: si osservi, per esempio, quale visione venga fuori dai tre aggettivi riferiti al volo.
Il primo verso apre il canto della lirica in un'ondulazione melodica che pare dolcemente cullarci: è come rotto in due onde musicali dalla pausa forte, che sosta tra la poltrona e il cielo e allarga il secondo in ampia distesa, ed esplode come un canto liturgico che innalza lo spirito. La melopea campestre si concentra in due nitidi quadretti: la rugiada che inverdisce e fa luccicare l’erba e le nubi che ritagliano come rimpicciolite su di un'aerea cresta nello sfondo limpido del cielo.
«Che bello, sembra il quadro
di un grande pittore
che per un attimo mi permette di dare
un tocco di colore».
Nell'armonia di questi versi v’è maggiore uniformità che non nel precedente; perché anche il secondo verso, essendo un senario, ripete illanguidita la pausa del primo.
Riprendono i quadri chiusi e limitati, schizzati con rapidità ed efficacia; le figure sono come immobilizzate, e ti danno quel senso dì finito, di perfetto, che è proprio dell'arte classica di ogni tempo.
«Un guizzo di sole attraversa l’azzurro del cielo;
che bello che vedo laggiù…
c’è un arcobaleno e le rondini
sembrano giocare a nascondino».
Mi sovviene Dante, che osserva un pastore in mezzo al gregge, e anche il Poliziano intenerito nella contemplazione, che l'austerità dantesca non avrebbe consentita.
In questa lirica, la Costantini, mostra quale sia l'arte che l’affascina; arte che a momenti si chiude in piccoli quadri, a momenti si apre a uno spaziare d'orizzonti, a un vasto ondeggiare di flutti musicali. Apparentemente staccate, queste scene danno una compiuta visione di natura campestre, e c'inondano l'anima di un senso ineffabile di beatitudine.
«La risata divertita e squillante di un bambino
che sta correndo giù nella strada
mi dice che non è un sogno, ma realtà…
la primavera finalmente è qua».
Con questi ultimi versi la nostra apre, con un tocco di stilizzazione, che rammenta la Primavera infiorata del Botticelli sospesa nel cielo purissimo; e un che di deliziosa genericità pittorica è pure nella rappresentazione di quella risata divertita e squillante di un bambino, sembra come il soffio di Zefìro che spoglia le nubi perché il sole le rivesta di un manto bianco. Le garrule rondinelle portano nel quadro una nota di dolcezza malinconica; poi l'atmosfera si fa allegra. La presenza di un bambino e la metafora più significativa, per palesare le speranza allegra che veste l’intera lirica.
Francesco De Sanctis direbbe, vi sono qui una serie di fenomeni particolari, ma «ne vien fuori l'insieme prodotto non dall'ispirazione, ma dal sentimento: quel senso d'intima soddisfazione che ti da la primavera; la voluttà della natura».

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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