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Per non morire

Di: Vincenzo Fidanza

 

Vincenzo Fidanza, ricercatore nel campo genetico del cancro in un istituto di Philadelphia, USA, dove alterna la poesia alla ricerca, è nato a Castello del Matèse, un paesino di soli 1286 abitanti, situato in una bellissima zona panoramica, sulle alture  del Matèse, nella valle del Volturno, rinomato per  le sue risorse agricole e per l’industria alimentare ed enologica. Un paesetto il cui borgo conserva resti di fortificazioni medioevali e una chiesa del ‘600, oggi sede parrocchiale. Castello del Matèse, da sempre terra di emigrazione, lo vide partire per Napoli che aveva solo sei anni.
Nel 1986 per motivi di lavoro è emigrato negli USA, dove ha prima intrapreso studi Tecnico-Industriali e poi si è laurerato in Biologia. Si autodefinisce «Homo Faber»  perché cresciuto in una famiglia in cui un martello, una sega o un libro erano di uso comune e ancora oggi usa le mani nel lavoro di ricerca.
Il suo ideale di uomo è quello del Rinascimento,  afferma che le cose si fanno anche per innovare e per interessi diversi. Scrive poesie dal 1974 per eventi comuni a molti, che poi hanno influenzato il suo modo di essere. Ripete che «Crescendo e, invecchiando si acquisisce un senso di prospettiva storica». che è presente nelle poesie che sono anche storia della sua vita e che si basano su ritagli di  realtà.
Il suo periodo
formativo, è stato consumato a leggere autori Italiani con Amore e un po’ di Noia, un po’ d’Ironia,  perché la Vita è tutto questo e di più.
Da un anno ha cominciato a pubblicare in inglese su Internet insieme a sua figlia Isabella, cui ha cercato di trasmettere quest’amore per la letteratura e per la poesia in particolare.
Tra le infinite poesie, pubblicate nel sito, e che mettono in difficoltà il commentatore per l’imbarazzo della scelta: sono una più bella dell’altra; il nostro interesse è caduto su «Per non morire» perché racchiude l
a figura del cosiddetto «sistema chiuso», delle «cose» e dei «fatti» è il carcere,

«Le acque

Mossi della vita,

Ingenuo canto

Dell’animo

Mio cortese.

Vagliato all’essere

Il nome

Mio affermai,

A piena ragione

Le labbra

Cancellò

L’oblio d’ogni campo,

Il mio nome

Apposi,

Solitario

Stendardo di poca vittoria»

ricorrente dal quarto verso in poi, quasi a voler porre l’accento, come la Dickinson, sulla magra esistenza, sull'abbrivo della vita «questa prigioniera di se stessa».

I versi citati sono prosa ametrica (apparenti sono i doppi settenari «Le acque/Mossi della vita,/Ingenuo canto») e seguenti sono poesia azzerata; ma proprio per questo rinnovata; non è «poesia metafisica» e se la prosa appare qua e là è puro contrappunto e rilievo al sublime lirico, vale a dire, di anima prigioniera che nella stessa prigione, e per lei, trova la propria libertà.

«Vissi

A vincere,

A me stesso cantai

La canzone

Del divenire

Nella speranza

Lontana»

A tal etica stoica o pseudostoica, voglio dire intimamente cristiana della prima Persona di Spirito o Amore rescisso dal Padre diviso e dal Figlio occultato, corrisponde la poetica dell'

«arte povera», togliendo a sua formula rappresentativa il titolo della poesia.

Se eliminiamo la prosa che appare (c’è e non si può eliminare) i rimanenti versi sono consimili nell'arte musicale analogica: la sola musica che fa da supporto; il tono nuovo di potente egocentrismo dove la povertà e pietà verso l'imo e il minimo delle tracce del divino restaura le mediazioni dell’arte e la sua armonia.

Ho accennato ad una «filosofia» (in senso corrente) stoica o mentalità o disposizione patetica in senso generico-sincretistico, giacché la mitopoiesi dei grandi poeti rappresentativi; qui, il Fidanza, genera in personale sincronia «situazioni» storiche del pensiero fìlosofico, variamente selezionando, polarizzando ed elaborando i dati della cultura quasi approssimativa e usuale di cui dispone. Lo stoico individualismo religioso, antidittatoriale e cosmopolitico; quindi l'autonomismo assoluto nettamente diviso dall'Essere e dalla Natura in una non-lotta col Fato e la Necessità; l'autonomia della coscienza è pragmatica, cioè, il rigorismo etico agisce-patisce senza presupposti, visceralmente, un apriori di fatto, come si desume anche dalla tematica sempre impreveduta, mutevole, estrosa, puntuale nel cogliere fulmineamente lo spunto, l'occasione, il gesto.

«Dell’essere

E la voglia di vivere,

Cogito ergo sum

Dichiarai

All’oggi

E al domani,»

L'enorme influsso dell'etica stoica trova in Fidanza un eccezionale campione, specialmente nella fredda logica del rigore morale occultato, nella resistenza alla tortura, nell'apparente consenso all'avversario, chiuso nella sua iniquità e falsità, fino a mettere il Poeta al posto dell'avversario scienziato e a stare al gioco sino in fondo, confondendo il Lettore.

«Ancora continuo

Battaglie d’ogni tempo

Per

Essere

E non morire».

Innumerevoli sono le certezze del Poeta nei confronti del ricercatore, ecco perché ogni certezza o illusione propria (del miracolo, della vita e del divino imperscrutabile), nello stesso tempo, si aggiungono le figure di ripetizione, anafora, parallelismo, martellate.

Il non voler morire collega l'implicazione e la corresponsabilità del proprio io e nella colpa fomenta il rigore etico, facendo sì che, siano soltanto alcuni ingredienti della «farsa» o «commedia» del mondo.

Nella poesia di Fidanza, frammentismo ed estrosità, eccetto la benevolenza e compassione, che egli riserva a chi n’è degno, lo spettacolo della vita si fa tragedia, che è esempio schiettamente pirandelliano, correndo la nostra memoria ad opere musicali ben note.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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