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Noi

Di: Marisa Cordioli

Marisa Cordioli è nata a Verona, è sposata felice ed ha tre figli. Non è il primo medico poeta che incontro sulla mia strada, però non esercita la medicina ma si occupa prevalentemente della famiglia. E’ Operatore di tecniche di rilassamento, si interessa di psicologia e problemi riguardanti la coppia e la famiglia.

Scrive in modo molto semplice e spontaneo ciò che suggeriscono persone, emozioni, colori, suoni in alcuni momenti della sua vita.

Ringrazia Manager 48 che l’ha introdotta a scrivi.com, a Remil che mi l’ha accolta nel suo sito e agli amici come Gianni Cavallari che l’hanno incoraggiata a scrivere.

«Chiudo gli occhi
e penso che tu sia
quello che ho pensato
che tu sia».

È primavera avanzata, un vento nuovo, pieno di promesse per l’estate che inizia, nei rami degli alberi si avverte già l'urgere un po' eccitato e folle della linfa nel nuovo ciclo di vita, dopo il sonno lungo e le piogge dell'inverno, anche l’anima del poeta si riempie di una luce serena, la sua stanza ne è colma.

«Chiude gli occhi
e penso che sia

quello che ho pensato

che tu sia».

L'aria primaverile accompagna le palpebre a chiudersi, il respiro si fa più regolare, rende più gioioso e leggero il pensiero della vita: «penso che tu sia/quello che ho pensato».  Con la primavera ritornano le cortecce, forse anche qualche dubbio ma in questo inciso i dubbi non appaiono, anzi non esistono, la Cordioli ritorna al suo soliloquio e ne fuoriesce, cosa caratteristica per un poeta, una delle migliori poesie, poiché la certezza non è sentenziare amaro e solitario; neppure l’autrice sa se la dimensione in cui vive è lo slancio creativo della primavera o il cedere delle cose al passaggio delle stagioni, anzi, si sente implicata nell'esplosione delle forme vitali che avverte già il primo segno dello svanire del dubbio, dall’avvenire della certezza. L'unico conforto è di carattere religioso: accettare la vita, viverla giorno per giorno nella lieta unione con le persone care, ma soprattutto ricercare l'unione non più precaria, ma certamente eterna.

«Reale
appare
l'incanto senza tempo»
Dopo anni e vicende, ripensando ai luoghi dove è nata ed è esplosa la passione d'amore, la memoria cerca di ricostruire, sullo sfondo del paesaggio non mutato, i lunghi incontri affettuosi di un tempo, quando, senza meta, vagavano per la cittadina, uniti come se uno solo fosse il respiro nell'intensità uguale del reciproco sentimento. E riconosce in quelle immagini dell'amore di allora il senso dell'esistenza successiva e anche del futuro ora certo: «reale/ appare/ l’incanto senza tempo»  come l'unica ragione sicura, che il tempo non può corrodere e turbare, essendo fuori del suo divenire nel futuro, e, insieme, del suo annullarsi nel passato: «l’incanto senza tempo». L’autrice non crede nella possibilità di non salvare qualcosa dalla rapina del tempo, anzi, crede che i ricordi felici abbiano una forza, una consistenza, sia pure solo di sogno: l'unica, sconsolata verità è il rimpianto, lo sgomento per i desideri, le attese inappagate.
«
bolla di sapone o fragile cristallo
e dentro noi
solo noi
io e te
come ci conosciamo
o pensiamo
di esserci conosciuti».

È una delle più alte espressioni della condizione di unificazione dell'uomo alle cose e ai sentimenti che è uno dei grandi motivi poetici della poesia novecentesca. Il ricordo del tempo trascorso con una persona cara ritorna al poeta, reale e simbolica insieme: è il punto della vita in cui gli slanci della gioventù si riaccendono come la primavera la natura e tutti i vari avvenimenti e le diverse esperienze dell'esistenza sono sentite fortemente legate all'animo, non costringono a nessuna scelta, a nessuna azione: «come ci conosciamo/ o pensiamo/ di esserci conosciuti» la decisione libera a un comandamento morale, religioso: si noti la determinatezza del verbo. Di fronte a questo senso di certezza, le cose, la natura proseguono nella loro vita, ripetono gli eventi delle stagioni, del tempo, dei giorni, delle notti: una vita che pare aver senso, per la capacità di impegnarsi in essa, di conoscerla e di comprenderla.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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