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Luna

Di: Gianluca W. Cardile

 

Quando capita di leggere una poesia dedicata alla Luna subito il pensiero, chissà perché, corre a Giacomo Leopardi e al suo forte sentire la natura; ma questa poesia di Cardile, che ha vissuto, come lui stesso afferma, un’adolescenza inquieta e chiusa, «scopre una complice più audace e forte, l’amica, la confidente che pian piano, ma inesorabilmente, gli cresceva dentro e che ancor oggi domina la maggior parte di sé; che però, conserva ancora quella residua di un’adolescenza, dolce e insicura. L’evoluzione (è sempre l’autore che parla) non è stata indolore: è passata attraverso varie forme d’espressione, spesso piene di turbamenti e pessimismo, segnata da dolori familiari e da inquietudini, alla ricerca, sempre, di una dimensione affettiva che alimentasse i sogni più segreti e ponesse un rimedio al disagio nei confronti dei coetanei, che riuscivano ad affrontare la vita con quel giusto spirito giovanile che a me mancava».

All’inizio ho parlato di Leopardi, perché il nostro, come lui ha saputo dare corpo e anima a una concezione astratta. Con che cosa?

«Soltanto la luna sembra somigliarti

lassù fra le stelle domina il silenzio».

Una luna che pur essendo in alto e illumina il vasto universo sembra curvarsi sul capo della donna amata per mettere in risalto la loro somiglianza. Lassù domina il silenzio, non si ode lo  stormire del vento tra le fronde; ma si vede  chiara che la natura è dipinta in delicati colori, con tocchi semplicissimi tali da metterci sott'occhio il paesaggio con incredibile varietà di aspetti: la campagna da cui vengono le voci della presenza «presente» della vita di sempre (l’abbaiare dei cani, il cinguettio canoro dell’usignolo, ecc… ecc…); è una vita presente sia al  calar del sole, quando le massaie si soffermano sulla porta di casa a chiacchierare, sia quando il chiaro della luna con le ombre che vengono giù dai colli e dai tetti, aumenta il brusio perfino a far sembrare che nella natura vi sia un’orchestra ineguagliabile e insostituibile, come viva è la somiglianza con la donna.

Improvvisamente in contrasto col silenzio che regna lassù tra le stelle, si accende un chiasso ed è un succedersi di spettacoli pur se non accennati sono mirabilmente e compiutamente resi, rivelanti un occhio attento cui nulla sfugge, perché gode nel contemplare, i due volti.

«Decide se sia luce o ci colgano le tenebre.

Mi par di vederti solitaria tra le nuvole

e comparir di tanto in tanto a illuminar la notte».

A questo punto Ella appare «solitaria tra le nuvole» facendo cornice al canto della primavera che esulta nei campi, gli uccelli che volano festosi, la gioia che si diffonde in tutto il creato nel ritorno del calore e della luce, perché il cuore dell’autore è pago. Questo ci fa dimenticare, contro la nostra stessa volontà, che il Poeta ha vissuto un’infanzia e adolescenza inquieta; e non sentiamo più il grido dolorante e il lamento della perduta fanciullezza prima e giovinezza poi, per fermare i nostri occhi in quelli della fanciulla per assicurarci che sono gli stessi della Luna silente tra le stelle e volgerli quindi al vasto panorama celeste per ritrovarlo tra le nuvole solitarie e vederlo comparire di tanto in tanto ad illuminare la notte. Il dolore cede il posto ai volti che si alternano dalla luna all’immensità del cielo cercando tra le nuvole, nel volto della fanciulla la serenità del poeta, che la «fanciullezza gli negò»

Nella nostra mente risuonano mille cori ed è il canto meraviglioso della natura fremente di vita, che l'orecchio non sente ma il cuore indovina e gusta intimamente, senza trovare le parole per poterlo esprimere.

La grandezza del Cardile nasce appunto dall'averle sapute trovare. Per la stessa ragione è caro al nostro sentimento:

«A baciar di malinconia l'amor che si consuma

su freddi muretti di città».

E’ come ripassare a memoria il «Canto notturno d'un pastore errante nell'Asia»; tanta è la sinfonia di luci sullo sfondo cupo dei «freddi muretti di città».

La vita per il poeta è male, per la fanciullezza inquietante che ha vissuto; ma questo non gl'impedisce di contemplare lo splendore della luna e paragore questo al volto dell’innamorata. Perciò accettiamo il suo divagare sulla notte: «Notti...che sapevano di vita. Nella solitudine adoravo il silenzio che mi permetteva di viaggiare con la fantasia descrivendo pensieri e parole nate dal buio. Ricordo che finivo con l'alzarmi dal letto e scrivere per tutta la notte finché, soddisfatto, riposavo la mente».

In queste notti sono nate le infinite manifestazioni sempre nuove e sempre imponenti, ma che non impedisce a noi di riempirci dell’entusiasmo del poeta che, senza che lo voglia, trasforma in un inno una tranquilla e convinta esaltazione.

«Sei tu la loro dea che accoglie dolcemente

i loro sguardi la loro gioia le loro anime

perdute nell’immensità dell'amore che li ha colti.

Quella magia che tu hai donato loro

senza promettere il suo sostentamento».

E’ impossibile poter far passare inosservate qualche ripetizione che potrebbe far apparire il canto stonato, anche perché di queste ripetizioni il poeta ne fa la nota fondamentale e quasi esclusiva.

Spesso quando si commenta una poesia non ci si ferma sulle descrizioni e sulle similitudini preferendo mettere in rilievo l'animo del poeta, i suoi sentimenti intimi, la sua fede o la sua incredulità, i suoi amori o i suoi odi. Io credo, invece, che, prima di tutto, il commentatore debba nella poesia ricercare l'eco della natura e il perché il Poeta la canta: benigna o matrigna che sia, secondo i punti di vista. I poemi omerici abbondano di descrizioni e di similitudini e non è sbagliato affermare che sono la parte più bella dei due componimenti. Lo stesso può dirsi dell'Eneide virgiliana. In Dante pure le similitudini sono numerosissime e il Paradiso deve ad esse la sua freschezza, la sua grazia e molta parte dell'interesse che suscita in noi. Lo stesso si può dire del Petrarca e dell'Ariosto. Se si toglie alla poesia la natura, le si toglie la luce e il calore, e la cosa non fa meraviglia perché luce e calore sono fenomeni naturali. Senza le similitudini noi possiamo supporre che questa poesia si sarebbe ridotta a una composizione cerebrale e a una meditazione filosofica, introducendosi nei cupi pensieri del poeta, ci hanno portato la vita e il movimento che dominano il creato. Così anche la poesia del Cardile è una voce della natura e, perché tale, è vera poesia.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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