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Sai ti ho visto...

Di: Lucy

Il mondo poetico di Lucy

La poesia di Lucy è l'espressione, nei suoi momenti più significativi, di tutto un dramma d'amore. Nella sua concretezza è di una universalità illimitata. Nella sua apparente povertà, è di una ricchezza grande. I motivi fondamentali sono pochi, ma hanno variazioni infinite; perché, come quella del Petrarca, la poesia di Lucy è meditazione sulla propria anima, è percezione di tutte le voci più delicate e più tenui, di tutti i moti più lievi e indistinti. Che cosa di più difficile a dire che la coesistenza nel profondo del cuore femminile e dell'amore che non vuole morire? Ed ecco come si esprime Lucy:
«Era luce quell'attimo
sospeso fra il cielo e una tavola fredda,
o un volo spedito, cieco andare...
a congiungere il diffuso,
lento e profuso luminare della luce,
a disperdersi nel troppo oblio...»
Questa limpidezza e concisione sono per nulla un linguaggio da prosa. E basterebbe la luminosità drammatica del primo verso, l'impressione d’estasi del penultimo «lento e profuso luminare della luce», per innalzare il canto nel mondo della poesia, cioè dell’ispirazione, ciò che d’umile, di discorsivo c'è nel canto. Questo cuore di donna è squisitamente sensibile. Inarrestabile, ricco di sorprese, cioè d’espressioni d’intima e pura inaspettata profondità.
Quello che per altri rimatori potrebbe essere comune, o epigrammatico per lei ridiventa nuovo e può fremere di passione e tremare di singhiozzi. 
                                 «...destinazione incognita
                                                 raccoglimento
                               l'appiglio una stella marina,
                                                 un debole croco
                                           un rischio calcolato».
La poesia corre su un proprio parallelismo. Il poeta è simile alla stella marina: l'amante ispiratrice è simile a  
                                         «un debole croco
                                           un rischio calcolato».

Ma non si avverte quanto il motivo ha di comune, di retorico. Quanta tenerezza nei versi
«lento e profuso luminare della luce,
a disperdersi nel troppo oblio...
                                   ...destinazione incognita
                                                   raccoglimento
                              l'appiglio una stella marina,
                                                 un debole croco
                                           un rischio calcolato».
quanto disperato abbattimento e quanto, soprattutto, novità, e verità. Nell'alta poesia i due termini si equivalgono.
È sentimentalmente ovvio che speri, che la destinazione incognita,
l’appiglio alla stella marina, il debole croco seppure fosse stato in partenza, un rischio calcolato, potesse rimanere tale, per credere che la:
                                «Coscienza mi sfugge il tuo nome,
                                l 'aggancio nella memoria..
                                una sosta nel palmo del mondo,
                                che mi sorresse
                                a ricordarmi»
.
Le lacrime l’hanno sorretta a ricordare quella sosta vissuta nel palmo del mondo seppure un dolore lancinante avvolge ancora impercettibilmente la sua anima.
Ma la donna, che avverte tutto l’egoismo dell’uomo, non domanda che gioia, sente che potrebbe commuoversi soltanto se potesse avere tra le mani quella stella marina capace di permetterle l’aggancio alla memoria, e rimane irrigidita nella perplessità ineffabilmente amara.
Nell’altra poesia
«Sai, ti ho visto tanto tempo fa»
Riesce a mettere a nudo  la cosa più comune, fra i rimatori, ch’è di fare tutt'uno del viso della persona amata e del Sole. 

«Sai, ti ho visto tanto tempo fa,
quando la sera alzavo lo sguardo al cielo
ti salutavo, e poi al mattino
ti guardavo tornare sorridente
e illuminare la terra e i miei gesti quotidiani
di luce chiara poi dimoravi dentro di me».
Il desiderio e l’attesa desolata di rivivere l'amore suona e geme eloquentissima nella sestina della poetessa, pregante l'Amore, che le rimeni la sua immagine nel cielo. Quel cielo non è più una metafora, ma compendia veramente in sé tutta la luce e la pace, che alla donna viene da questo sentimento trasfigurato in essere umano perché troppo suo e Adorato.
Nello spasimo del desiderio che pervade i versi, non si avverte più il gioco dell'allegoria: come nell’altra poesia, scompare l'immagine della stella marina che si trasforma nell'immagine dell’amato e si fonde e si dissolve nel fuoco che scorre per la poesia. Nessuna donna disse mai con più fervore la gioia d'aver visto l’amore, e soddisfatto il desiderio di navigare sino a quell'altro cielo e a quell'altra pace che per l’amore che vive in lei illumina la terra e splende di luce chiara per dimorare in lei.
Sono versi che tripudiano, e cantano di una gioia solenne, e poco meno che sacra. E solo chi isola le parole dallo spirito che le ha dettate, cioè solo il rètore, può giudicare pesante l'immagine del cielo e della stella marina, riferita all'amato, o del mare infinito riferita alle lagrime che ha pianto.
Non si potrebbe parlare di un'arte di Lucy: se almeno per questa parola poco definita e definibile si intende, più che una fisonomia estetica, una coscienza dei mezzi e degli effetti dell'espressione, un compiacimento della parola ricercata ed eletta. Quella fisonomia c'è: e spiccatissima; quella coscienza manca.
I versi di Lucy non cercano la rima, ignorano la metrica, sono uno sfogo della passione: sono vita, sono poesia; arte non diventano quasi mai, o la grande ed unica arte della poetessa è quella di non fare dell'arte?
«Come un sole che spunta ad oriente
ti vedo anche ora sai, di luce pura,
in un estatico sentirti in  me fluire
come una carezza sul cuore,
e dopo la pioggia l'arcobaleno».
Lucy
accarezza il suo sentimento, dà risalto alla sua immagine; riguarda la ragione ormai calma, al suo perturbamento, conosce la tranquilla gioia contemplativa, dona e nasce la pagina d'arte, e che si traduce in studio di selezione, di vigore, di euritmia, di misura, di bellezza. Rimane nella zona torrida della passione, che è al di fuori o al di sotto della zona temperata dell'arte. Scrive lì per lì: prima che il reale abbia perduto le sue asperità, abbia assunto i contorni indefiniti e soavi delle cose lontane.
Ella dona molta più importanza all’amore, che ai versi che lo cantano, con così spontanea candidezza. La sua produzione è documento di un palpitante cuore di donna, prima e più che una finzione di poesia.
Lucy sa che: «
non può essere definito «poeta» chi fa del proprio sentimento una indignazione, cosciente che il suo sentimento fondamentale rimane soggetto a catarsi e non trasfigurata in visione «poeticamente disinteressata» della realtà... perché non le manca un mondo etico da sostituire a quello che depreca».

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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