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Futuro

Di: Andrea Bertuccioli

Buongiorno amici carissimi, ben trovati. Mi auguro godiate tutti ottima salute, oggi ci occuperemo di una poesia di Andrea Bertuccioli di Rimini, che ha conseguito la maturità scientifica nel 1991 presso il Liceo G. Marconi di Pesaro; s’iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia presso l'Università di Urbino con specializzazione nello studio della filosofia tedesca moderna e contemporanea. Discute la tesi di laurea con il prof. Domenico Losurdo su: "Il bilancio critico della modernità nel pensiero di Heidegger" e consegue la laurea in filosofia.

Le sue esperienze di lavoro fatte presso agenzie di viaggio con l’incarico di interprete - traduttore dal tedesco, sono interessanti.

Ha vinto nel 1993 la sezione saggistica del concorso per opere inedite indetto dalla casa editrice "Firenze Atheneum - Maremmi Editore", ottenendo la pubblicazione del volume "I sentieri e la radura : Heidegger, il nulla e il destino della metafisica occidentale".

Ha inoltre pubblicato articoli di presentazione e commento inerenti a conferenze ed eventi culturali in genere sulle pagine di quotidiani della Romagna e su mensili quali La Valle e La Piazza e una serie di articoli di carattere filosofico-scientifico su riviste specializzate.

Oggi parleremo della sua poesia «Futuro» in cui, partendo dal pensiero di Heidegger:«Esperienza – Conoscenza – Strumentalismo» (poiché solo in questo modo le idee diventano lo strumento che serve per agire, chiarire la realtà facendola servire ai propri fini pratici), annulla, in questo modo, il proprio valore oggettivo alle idee.

Il Poeta, però, disincarna l’oggettività, per lui l’impossibile diventa possibile e reale. La sua grandezza non è nei materiali che egli adopera, ma nella loro fusione organica che faccia della propria poesia una persona viva, effetto di un'attività interiore, di una spontaneità produttrice.

La sua passione è colpevole, e lo sa; la sua anima è scissa tra due forze opposte: la passione ed il senso morale. Date a questo «Futuro» un carattere risoluto, e il pessimismo muore sul nascere come l’eroina di una tragedia. Questo ci dicono i versi:

«La profezia si è spenta

la poesia è muta

la musica è un urlo»

Dinanzi a noi si apre il sipario su una scena in cui si ascoltano i lamenti e si scopre il segreto: l’«urlo» che scuote le membra come la tromba di Gerico frantumerà il muro.

«Dio non c'è nel nuovo caos

né lo spirito si libra più

su questi abissi di senso

nessuno a guidare l'esodo

verso le nuove forme».

Quando pare che la passione abbia il sopravvento sulla logica, ecco riaffacciarsi il senso morale in forma di rimorso, e mentre guarda come una scena filmata la sua passione sottrarsi al rimorso e aprirsi alla lotta, nei suoi occhi brilla il desiderio di «guidare l'esodo». È una lotta non superabile, che sopraffà la sua volontà e la getta in balìa del caso e la rende gioco degli avvenimenti.

Infine si riapre il sipario e ci lascia vedere la scena in cui l’uomo desidera ardentemente non essere attore per piangere sulle sciagure che deturpano la nostra esistenza e vorrebbe che:

«insozzati del sangue

versato e ancora»

fossero soltanto gli attori, protagonisti di una tragedia immaginaria.

Reno Bromuro

 

 

 

 

 

 

 

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