«Copia/incolla
della propria vita raccontate per convincere sè stessi
Guardarsi
di fronte ad un freddo monitor e pensare di essere chissà chi...»
È
l'accento tranquillo della riflessione che ha indagato il mistero della
vita, giungendo a conclusioni pessimistiche.
È
l'accento della disperazione, del sentimento offeso che si ribella:
un'asserzione precisa, che non ammette contrasti.
«Il
linguaggio della pseudo-scrittura.
Il
virtuale delle aspettative sempre disattese.
Fotografie
ammuffite spacciate per "uova fresche di giornata"»
Il
dolore in questa poesia ha raggiunto il limite, oltre il quale non rimane
che tacere. Ma si può tacere quando il pianto ti serra la gola, nel
momento in cui il giudizio non dovrebbe venire a mancare?
«Sognare
ed incontrare il Principe Azzurro e trovare una copia triste e sbiadita
di
un Fantozzi qualunque con una Cita ed una Pinuccia malamente celate...»
Sono
certo che, se il Poeta avesse avuto il pudore erudito di qualche suo
critico, avrebbe probabilmente portato a termine il componimento, in altro
modo, avrebbe cercato altra definizione per il finale che si conficca nel
cuore come un pugnale ancora ben serrato nella sua guaina; ma nello stesso
tempo avrebbe commesso una profanazione.
Che
cosa infatti avrebbe potuto aggiungere al già detto? Egli ci ha già
narrato i suoi casi, con la brevità che in simili circostanze si
richiede, dando risalto a quelli che lasciano una traccia maggiore nella
memoria; poiché la sua situazione gli appare insostenibile.
«Tristezza
per un mezzo multimediale che offre solo sogni e false illusioni pagate a
caro prezzo.
Solitudine
per tutti quei nessuno che pensano di essere chissà chi...
Inutilità
per chi vuole scrivere il diario della propria vita ad uso e consumo di
chi invece cerca un'ora d'amore...»
E'
giunto al traguardo, per cercarvi «un'ora d'amore...» invece gli si
risvegliano più vivi che mai i ricordi, specialmente quelli che si sono
impossessati della modernità e della nostra memoria; un pensiero che
lo/ci perseguita anche quando, per un attimo, fuggiamo dalla realtà
contemporanea per rivederci bambini, ma la parola è insufficiente ad
esprimere il suo stato di abbattimento.
Nel
Petrarca e nel Leopardi non accade così: spiriti entrambi più meditativi
e sereni, meno facili a gettarsi completamente nella concretezza della
vita, eppure non hanno accantonato i sogni della loro fantasia ardente,
hanno avuto la forza di contemplare in calma il loro dolore e farne
oggetto di poesia. Petrarca ha sempre fuggito le emozioni violente e in
tal modo ha trovato conforto nell'immagine; perciò la sua forma è sempre
amabile e seducente, anche quando il poeta tratta argomenti tristi.
Leopardi
si astrasse dalla sua condizione personale, per considerare in se stesso
il simbolo del dolore universale e in questo allarga la visione con meno
disagio. Le sue non sono affermazioni soggettive, ma valore per tutti i
mortali. Per questo egli ha potuto rifugiarsi spesso dietro le creature
della sua fantasia e riprodurle con tanta evidenza, rispecchiando il
pacato equilibrio delle sue facoltà.
Saya
uomo del nostro tempo non poteva che riversare il suo dolore, il proprio
dolore, universandolo in Arte e qui è la gloria della sua poesia.
Affermava Giambattista Vico che la poesia nasce dal dolore, se Lucrezio
Caro non fosse stato invaso da pazzia d'amore, non avremmo avuto quella
grande opera che è il «DE RERUM NATURA», così Saya se non fosse
vissuto nel periodo della scrittura telematica e dei vari Fantozzi non
avrebbe potuto riversare il suo dolore trasfigurandolo nel dolore di tutti
con una sensibilità poetica di prestigiosa fattura.
Dandovi
appuntamento a lunedì prossimo, ricordo agli abitanti di Roma o nelle
vicinanze di non mancare allo svolgimento del 3° Convegno Nazionale
A.I.A. "Poesia della Vita" che si svolge presso l' Associazione
Soqquadro dal 26 al 28 ottobre p.v. in Via Ghiberti, 29 - dalle 17,30 alle
21,00. Intanto augurandovi un buon fine settimana vi abbraccio con tutto
l'amore che posso. augurandovi che il sole sia sempre più caldo e sincero
come il vostro cuore desidera.