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MITE TRASTULLO

Di: Gian Paolo Grattarola

 

Approdato ai fumosi lidi

di un’antica taverna

ove il sommesso brusio

placa la romba dei flutti

affido il grave carico

al mite trastullo rubino.

 

Linfa preziosa

discende lungo la strozza

a rianimare le secche

ove ormai il cuore impantana.

 

Anelito corposo

avvolge le membra di ameno tepore,

nettare opulento

inebria la mente di  soave torpore.

 

Oltre la soglia

la notte nereggerà invano

e il tocco luminoso dell’aurora

mi risveglierà dibattendo

tra bottiglie scolate e fondi di bicchiere.

 

Gian Paolo Grattarola

RECENSIONE DI RENO BROMURO

Gian Paolo Grattarola, è nato a Genova. Aveva dieci anni quando la famiglia, per ragioni di lavoro è costretta a trasferirsi ad Ancona. Da allora è rimasto nella bella cittadina delle Marche e vi risiede tuttora. Nel 1982 si diploma presso il liceo classico Rinaldini. Inizia a scrivere poesie quando ancora frequenta il liceo, che pubblica sulla rivista «Il Bestiario», il giornale dell'istituto. Successivamente s’iscrive alla Facoltà di Scienze Politiche presso l'Università di Macerata, ma gli impegni di lavoro gli impediscono di portare a termine gli studi. Ma oramai la grande passione per la poesia, per la letteratura e per la storia gli è entrata nel sangue. Nel 1989 si sposa e l’anno successivo diventa padre.

Mite trastullo, la lirica di cui mi occupo, mi dà l’occasione di parlare di due argomenti molto cari a tutti gli artisti di tutti i tempi:vino e arte.

Per osservare il colore originale del vino ed avere una buona degustazione non occorre essere professionisti «della degustazione dei vini»; importante è berlo in un bicchiere adatto, che esalti il bouquet di profumi, odori, aromi e gusto.

E’ necessario bandire dalla tavola bicchieri colorati, perché non consentono di osservarne il colore; i bicchieri senza gambo, perché il contatto delle mani col vetro ne altera la temperatura oppure usarne uno con una coppa troppo piccola. Intanto, proprio perché ho abbinato il vino all’Arte (e la Poesia in particolare) vi dico che gli artisti, ora immortali, preferivano prevalentemente un rosso rubino giovane massimo di uno o, in rare eccezioni, due anni dalla vendemmia.

Un vino moderno attualissimo a volte raffinato ma anche eclettico e vario nelle sue tipologie che vanno dai toni più chiari dal gusto fine, come i Sorbara e i Lambruschi corposi e scuri, il cui sapore particolare è fatto di equilibri caratteristici tra la gradevole acidità e i tannini,tra la sapidità vinosa di frutta matura e i sentori di viola, tra un corpo avvertibile e il suo percepire piacevole. Niente da dire su vini rossi eccezionali e famosissimi Italiani che si amano tantissimo, quali il Brunello, il Barolo,il Chianti, e cento altri.

Per Grattarola il «Mite trastullo» è stato uno dei momenti importanti perché ha saputo essere di grande aiuto: gli ha permesso di fargli ricoprire vari ruoli difficilmente colmabili, dall’aperitivo, nella versione secca, al dolce, nella versione amabile.

«Approdato ai fumosi lidi

di un’antica taverna

ove il sommesso brusio

placa la romba dei flutti

affido il grave carico

al mite trastullo rubino».

Approdare all’antica taverna… Immagine di una storia ormai sepolta, una tradizione dispersa come tante altre: l’antica taverna, per avvertire il viandante e pubblicizzare il tipo di vino che vi avrebbe trovato, usava infilare, nell’anello di marmo sulla sinistra dell’entrata, un ramo di quercia per dire che il vino da trastullo era rosso rubino e un ramo di ulivo per dire che il trastullo era nel vino bianco.

Un argomento che tra i «nuovi» poeti dava la sensazione che stesse maturando una sempre più vigile e rigorosa consapevolezza dei mezzi e dei fini della poesia, e dei nessi che questa ha con la cultura, è testimoniato a Bologna, nel 1956, da tre giovani poeti, Pier Paolo Pasolini, Roberto Roversi e Francesco Leonetti, all'insegna di una dialettica dinamica contro il mito, lo storicismo e contro ontologismo, a favore di un realismo non cronachistico di pensiero; riaffiora ora in questa «Miti trastulli» di Grattarola ma in termini di consapevolezza tecnica, il conflitto tra la parola comunicazione e l’azione, carica della tensione di tutta l'umana realtà in movimento, e la parola espressione pura, chiusa nel suo speculare solipsismo, preziosa, ambigua e paga di sé. Al di là di tutte le nuove e molte sperimentazioni, pur non rifiutando la specifica eredità dell'esperienza fra incertezza e audacia, in una multiforme varietà di contaminazione di esiti.

«Linfa preziosa

discende lungo la strozza

a rianimare le secche

ove ormai il cuore impantana».

Ad una più circostanziata e libera verifica di valori individuali, di cui si rilava ormai l'opportunità, da più parti vediamo risorgere la Poesia pura, sia pure esistenziale. Grattarola ha inserito da un lato «il senso della misura, la prudenza, l’istintiva cautela, con cui ha risolto o tentato di risolvere il problema dei rapporti tra la realtà grezza, meccanica, d'ogni giorno e le idee, le ansie, le ambizioni proprie della coscienza contemporanea», dall'altro la fedeltà ad un sentimento della vita ispirata, ai modelli e ai canoni della moderna poesia, più colloquiale. Basta riflettere sul tema d'ispirazione e di animazione poetica per intendere la dimestichezza del tentativo di ridurre a un denominatore comune posizioni e soluzioni.

Più a fondo, nel delicato e contrastante processo innovativo della giovane poesia  spinge Grattarola nel terzo gruppo di versi che segue:

«Anelito corposo

avvolge le membra di ameno tepore,

nettare opulento

inebria la mente di  soave torpore».

dove le diverse linee di morfologia e fenomenologia poetica sono facilmente rintracciabili, perché si esplicano e si giustificano prescindendo dal nuovo lievito morale sotteso a quelle esperienze e di cui nelle prime quartine ha tenuto conto, sia nelle meditate e dense presentazioni sia nel discorso d'apertura, che decisamente rivendica la realizzazione poetica e la non trascurabile incidenza del contenuto come elemento partecipe alla totalità della forma, e dunque, perciò rientrante come fattore dell'evento estetico, dall'indissolubilità della funzione comunicativa dal momento espressivo contro la pagina bianca, supremo esito dell'ineffabile cui è fatalmente approdato conquistando sia il simbolismo sia il colloquialismo.

Grattarola affronta la tematica suddetta con un linguaggio arcaico che ben si adatta alla modernità della forma nel connubio totale con il contenuto.

Solo in questa direzione e da queste premesse è possibile una più concreta equa valutazione del difficile e contrastato lavoro compiuto nell’era, subito precedente all’avvento, di Internet; cantato dai poeti giovani più dotati.

Il gusto per il non definito e per le sfumature, caratteristica principale della scrittura di Grattarola si traduce in una poetica che pone al centro l'esigenza della musicalità: tramite il ripudio dell'eloquenza, del tono declamatorio, della rima sporadica, la poesia aspira non a descrivere ma a suggerire, a dissolvere la realtà in sogno, in immagini sempre più concrete nella vaghezza di un sogno non desiderato. In tal modo la poesia conduce al di là dell'esperienza sensibile e coglie l'essenza profonda delle cose. All'interno di questa poetica, che esprime (forse involontariamente) le esigenze del simbolismo, la lirica trova i suoi accenti più personali nella tonalità cromatica del colore della nostalgia un po’ malinconica, o dell'ambiguità.

«Oltre la soglia

la notte nereggerà invano

e il tocco luminoso dell’aurora

mi risveglierà dibattendo

tra bottiglie scolate e fondi di bicchiere».

Il Poeta introduce una grande innovazione, sottolineando l’importanza dei sentimenti e della memoria che stabilisce un rapporto tra passato e presente, accrescendo l’intensità degli affetti. Grattarola possiede una straordinaria capacità di trasformare i fenomeni della realtà in un’atmosfera musicale, grazie all’accurata scelta di immagini, vocaboli e suoni. Ruolo fondamentale acquista il mondo della natura che diventa termine di paragone con le passioni e i sentimenti e crea un senso di armonia e bellezza.

Reno Bromuro

 

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