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«I Poeti che presentiamo in questa rubrica sono stati scelti con la saggezza dell’imparzialità.

Adesso sta a voi dirci, con il vostro voto (da 1 a 10), quanto conta «la nostra saggezza»

e chi merita la «Corona d’Alloro»

con il vostro suffragio dato con la medesima saggezza critica, tenendo presente l’opera, non il Poeta»

«POETA TOP DEL 2004»

Per votare basterà inviare un e-mail, al seguente indirizzo: poeticamente@libero.it, scrivendo nell’oggetto il nome dell' Autore  cui intendete dare il voto

Presenta:

MARCELLA BOCCIA

(VINCITRICE DEL CONCORSO "POETA TOP 2004")

 

dalle canzoni rap al premio "Castagna d'Oro"

e al trionfo con l'affermazione al 

"PREMIO IDEADONNA 2001" 


Ho cominciato ad interessarmi della poesia di
Marcella Boccia ascoltando i suoi «rap» la cui voce, somigliante al pianto interiore di un bambino, raggiunge il sorriso più aperto in un cielo che non conosce grigiore per scrivere a caratteri cubitali «Come uomo del duemila hai il dovere di pensare, di non chiudere il tuo io in un ghetto spirituale…», perché mi facevano sentire in compagnia. Poi venne: «Un link verso l'aldilà» e le immagini si fecero più nitide e precise, meno colorite, più asciutte, essenziali. Il suo canto si levava come il grido potente della poesia biblica che annuncia la lieta novella della vita eterna e, Marcella Boccia, rinfacci all’uomo codardo, non perché lo sia realmente, ma perché lo è diventato, la vita frenetica che vive, che lo ha inserito in quel ritmo scatenato del «correre, correre, correre, senza fermarsi mai, per paura di volare sulle ali della fantasia», ecco perché decide di mettere…

Un link verso l'aldilà

«Ho messo un link al mio Pensiero

fermo in panne nella nebbia

La Lucifera spirale

è appesantita dal sapere

e non dà tregua alla mia lingua

che già rimpiange il tempo che verrà

Volano gli oggetti della casa

in totale assenza di gravità

però gravoso è quel Pensiero

come un ponte verso l'aldilà

Spiriti erranti di mille passanti

le luci giù in strada non hanno magia

L'olfatto è tornato stanotte

ma solo per un istante

a regalarmi l'odore

di nebbia pungente mista a caffè

Gli spiriti amanti

scolpiscono i sogni

sul volto del monte

che s'offre alla Musa

Sul link si posa la mia freccia

come farfalla riposa sul Pensiero

leggero in assenza di gravità

come un ponte verso l'aldilà

Così la spirale che dà luce

crolla al peso del sapere

e non offre tregua al mio sentire

che già rimpiange il tempo che verrà»         

Il ritmo, è quello cadenzato della canzonetta, ma in questo caso apre mille finestre all’immaginazione per affrontare la vera poesia annunciatrice di quel futuro che l’uomo comune non vede e che solo il Poeta avverte e lo annuncia, affinché egli lo senta, perché fratello eletto: figlio dello stesso padre. E il Poeta Marcella Boccia vede intorno a sé quello che gli altri non vedono: la poesia sa quello che la storia tace. La poesia intuisce e scopre le cagioni che spingono l’uomo a correre e non pensare.

Si afferma che quando Michelangelo ebbe terminato il suo Mosé lo percosse forte gridandogli di parlare, anche ai versi di Marcella Boccia ci sarebbe da dire: «PARLATE» poiché si presentano ai nostri occhi colmi d’immagini che si sovrappongono come viste da un caleidoscopio. Sono immagini scultoree in un cielo arabescato di colori coperti di parole che cantano, che danzano, che narrano la storia, magari dissacrandola, dote superiore data al VATE per rendere le cose come lo spirito le vuole.  Marcella Boccia, pari al Mosè di Michelangelo non parla, ma racconta la storia del mondo ormai pregno nella sua anima:

«Come Mosè

cammino sull'acqua della divina follia

Come Isaù

ho venduto la primogenitura per andarmene lontano

Come Siddharta

sto meditando di lasciare il palazzo

Come Francesco

parlo agli uccelli insonni

E come Maddalena

m’innamoro sempre di un nuovo Messia

ogni giorno, ogni ora, ogni attimo

ad ogni battito di cuore

Come una civetta

appollaiata sull'albero sotto la mia finestra

canto l'Amore o canto sciagure

tanto è uguale, non cambia la chiusa

non muta la dipartita

in un volo intergalattico

Il soffitto mi opprime

è sempre più vicino

e l'ombra bianca è fuggita

senza mostrare il suo volto

al mio pallido viso

ed al mio sguardo spaurito»

Con il getto d’acqua gelata che scaturisce dagli ultimi versi della lirica, sembra far tacere tutto perché «Come una civetta/ appollaiata sull’albero sotto la finestra…» il canto d’amore non cambia la chiusa. Quando il tumulto dei ricordi e degli affetti, permetteranno al Poeta di disegnare e colorire un quadretto d’esattezza e d’evidenza mirabile, ella potrà osservare e ritrarre ciò che sfugge agli altri osservatori che non hanno il dono della Poesia.

«Sono sola

trascurabile elemento

dell'Amore

universale

E' un pretesto

forse questo

della paura indecente

che ho d'amare

Cosa fare

quando un simile pensiero

senza sosta

mi assale

Ci sto male

è un'inconscia

presunzione

di costringermi a cambiare

Mi consola

la certezza in un mio cinico

contegno fuori luogo

E' naturale

poi mi assale una nostalgia

che mi rende

più normale»

Il ritmo frenetico, quasi a voler imprimere violentemente fatti recenti e di memoria, le permette di accelerare la visione della gloria (luce bluastra) e non le par vero che la visione stessa sia scomparsa in quella luce per far ritornare la letizia degli antenati là dove: «… la memoria/ si ferma ed è Vita».

Rincorrendo la memoria là dove il canto si ferma e comincia la vita si scopre il mondo che vive e che prima le appariva lontano, come quelle braccia che abbracciano lo spirito in pena;  lì non se n'ode che l'eco - fra le arcate ad abbracciar le tombe. Ma di qui a poco uscirà, direte voi, e ogni malinconia sarà svanita.

No. Marcella Boccia muove lentamente i passi nei meandri della memoria e del tempo e per quanto cerchi di scacciare il pensiero della morte, questo torna a martellare come le radici che il tempo le ha ramificato nell'anima. Sembrano superati gli ardori dei primi accenni giovanili (vedi «La legge dell’equivalenza», «Evoluzione o creazione», ecc..); sono passati, come quelle nuvolette che non lasciano traccia nemmeno sulle guglie di un tempio.

Arriva, poi «Impronte digitali sulla mia Anima»  e si rivede poeta; ripensa ai suoi ardori; e gli balena alla fantasia la Genesi lasciandole solo un senso di accorata mestizia.

Da una simile situazione Leopardi avrebbe tratto strofe colme di quell’idealismo idilliaco pregno qua e là di una disperata filosofia: Marcella Boccia è di altra tempra, sia come persona sia come poeta. Senza volerlo, ella, camminando sulle «impronte digitali della sua anima» s'è messa tra la vita e la morte, tra la vita che è ormai lontana e la morte che minaccia da vicino; tra la storia e la vita contemporanea costernata di eccidi (matricidio, fratricidi e patricidi); ma è ciò che più la spinge a ricorrere alla storia per riformare la contemporaneità, mondarla dai frequenti infanticidi (anche se a volte avvengono e non sono di morte fisica, ma psichica e spirituale).

La coscienza del destino dell’uomo contemporaneo la riafferra; ed ella reagisce, riprende il combattimento come può, e fa di tutto per liberarsene. Non è forse, questa, la sorte sua e quella di tutti? Tutto al mondo passa: nessuna meraviglia che siano passati anche Mosé, Isaù,la Maddalena e Francesco, ma questo poco importa perché Ella è ferma lì:

«Come una civetta

appollaiata sull'albero sotto la mia finestra

canto l'Amore o canto sciagure»;

perché crede, di poter riconquistare la sua pace, di lenire i solchi dell’anima, ricoprire le impronte con tutto l’amore di cui è capace per rivedere l’uomo nella bellezza integra della sua creazione,imprimere i piedi nelle orme,lasciate dal suo grande amore, sull’anima sua.

Si confonde in mezzo alla folla, con la certezza che,guardando negli altri e leggendo sulla faccia di tutti la stessa preoccupazione, lo stesso affanno, riesca a ritrovare la forza di riprendere il cammino, ad affogare la propria angoscia nel comune destino.

La visione succede alla visione e l'effetto generale è prodotto dall'intensità delle rappresentazioni particolari che si riassociano e risuonano nella coscienza, più assai di quel che la Poetessa abbia coordinato in una vera rappresentazione.

Sotto quest’aspetto potremmo avvicinare la sua arte all'impressionismo; proprio perché la Poesia di Marcella Boccia non sciupa bellezze pur se l’Arte che ci propone è così robusta e asciutta.

La poesia di Marcella Boccia è impressionista come la poesia di Saffo e di Leopardi. Nei suoi momenti più felici è completamente senza residuo negli aspetti delle cose, e nei confronti della storia, mentre gli impressionisti della ricerca e dell’affermazione empirica delle cose, fanno un preteso sostituto alla povertà creatrice del loro temperamento.

Lo sforzo immediato di quest'arte è, senza dubbio, il conseguimento della maggiore intensità e verità possibile in ogni visione particolare, e nella volontà di raggiungere la verità è la causa di quel che appare saltante e sconnesso, che si presenta differente, dall’amplificazione verbale di quest’ultima raccolta «Impronte digitali sulla mia Anima». I motivi che entrano a uno a uno nella coscienza, come impressioni spogliate di ogni velleità lirica, creano il lirismo, perché sono consanguinei, e possono l'un l'altro riflettere nelle proprie sfaccettature la loro luce, ecco perché si ha, una lirica fatta di lampeggiamenti e di risonanze e di echi, di analogie profonde che risaltano per virtù di musicalità che s’intrecciano, e per virtù di visioni espresse; lirica della quale una strofa è come l'aspetto di una campagna sotto il fiato opaco di una nube, e l'altra strofa come l'aspetto di quella stessa campagna quando il sole ha lacerato la cortina.

«E' una lenta Via Crucis

il cammino sulla terra

Quante stazioni insanguinate

da regali corone di spine

Quante Madonne ad attenderci

con le mani giunte in preghiera

Pietre miliari eterne compagne

indicano la strada che manca al traguardo

Covoni di paglia in umide stalle

accolgono membra di stanchi viandanti

(…)

La gente si uccide

nel nome di Dio

e nel nome del Padre

si uccide suo figlio

Un chiodo nel cuore

Una spada nell'Anima»

Dalla Prefazione a «Impronte digitali sulla mia Anima»

L'intuizione lirica, di questa raccolta di poesie della giovanissima Marcella Boccia, non sì cristallizza in immagini, ma trascende la particolarità nel canto, che le avvolge di un alone aereo, esprimendone la spiritualità più profonda della rappresentazione concreta.

A chiarire meglio queste osservazioni, e a prevenire l'obiezione di chi noterà come nell'analisi sembra che io dia maggiore risalto all'elemento pittorico e a quello musicale, ricorderò che il Botticelli fu chiamato pittore essenzialmente musicale, perché appunto il fascino dell'opera sua, come di quella del nostro poeta donna, non sta solamente nella perfezione del verso, nell'eleganza del colorito, ma in quel soffio lirico che sembra investire tutte le sue figurazioni: oggetti e colori, sostantivi ed aggettivi staccati si fondono misteriosamente nella melodia del verso in unità ritmiche - musicali.

Provate a scomporre certe strofe di questa raccolta, e vi parrà che, non resti altro se non, una teoria di parole affastellate; invece, i particolari si unificano in perfetta visione d'insieme e l'unità stessa delle liriche sembra essere come riposta in quell'atmosfera di limpido azzurro, nella quale si formano e dileguano rapide le visioni variopinte: niente d'inafferrabile e misterioso, un atteggiamento costante verso la realtà; stato d'animo che è contemplazione, ora beata, ora adirata del mondo. Contraddizioni apparenti che ci aiutano a penetrare il fondo della poesia di Marcella Boccia che, si scopre come continuità nella discontinuità, ricerca di toni nuovi ma in sostanziale accordo con una forte, precedente esperienza.

Più attenta a definire la fisionomia complessiva, la scelta di campo operata dal poeta, ed io porrò l'accento sugli elementi innovatori, polemici, dell'operazione, per mostrarvi una Marcella Boccia incamminata, verso l'anticipazione della moderna poesia.

Infatti, la raccolta parte da un punto di vista metafisico, come se l’uomo si trovasse già sulla cima del Purgatorio, nell’attesa della chiamata Divina e godere finalmente quella pace interiore, per non vedere più i solchi lasciati sull’anima dalle impronte digitali; per non sentirsi più incatenata, come Andromeda alla roccia, nella attesa di essere liberata da Perseo, all’antico carro di Tespi:

«Tutta la mia Vita

su un titanico leggio

Sacerdote in fasce

altare sconsacrato

Sancta sanctorum

di un popolo ingrato»

La nostra ha individuato la tradizione autoctona, lucidamente, soprattutto da un punto di vista etico e tematico, prendendo lezione da Dante, da Leopardi, da Foscolo, senza disgiungersi dalla salda presenza d’autori fondamentali come Shakespeare, Browning e Baudelaire.

«Spalanca le sue fauci

di sapienza scaturigine

Incrocia le gambe il santo

si eleva Illuminato

Larvata prigionia

questo ambire libertà»

Il problema non si pone quindi in termini di rottura, ma piuttosto dal punto di vista di un confronto fra codice tradizionale e quel complesso di procedimenti antitradizionali che, sullo scorcio del secondo decennio del Novecento, già costituivano in qualche modo un nuovo codice.

In tale modo Marcella Boccia si colloca proprio nel solco della nuova poesia, caratterizzata esattamente da un programma di rivisitazione; anche se manca, purtroppo, un'analisi approfondita della poesia italiana del Novecento, e soprattutto un disegno serio e critico riguardante almeno i nomi più in vista come quelli di Campana, Saba,Ungaretti,Quasimodo,Montale, Selvaggi, Saya, Remil, Messina, Santamaria e Spaggiari; anche se ogni volumetto di poesia pubblicato oggi, è sempre preceduto da un'interessante prefazione: non è il mio caso.

Oggi per la verità, certi editori pubblicano libri di poesia che tali non sono: sono opere di seconda mano, che svolgono funzione piuttosto di disturbo, o, se vogliamo essere sinceri fino in fondo, di zavorra che porta a fondo la vera poesia. Non solo, ma manca la discussione, manca la serietà a tal punto, che sorgono dubbi divertenti; per esempio come mai si parla sempre e solo di poeti laureati e mai di poeti emergenti? Per il semplice motivo che ho accennato: troppa zavorra.

«Cammino su quel letto

senza esitare

urlando al caldo vento

la millenaria paura del buio»

A sbalzi appaiono spunti di un pessimismo solitario che l’autrice non tenta minimamente di nascondere, anzi, lo sottolinea, ne rende concreto l'originalità e non dimentica il suo ruolo di Vate, pur sapendo che non si vive solo di poesia, oppure che la poesia è dappertutto. Allora cercare, le risposte alle domande principali del nostro tempo, nella dimensione poetica del mondo e della vita è sempre più fruttuoso quando si cercano sulla faccia delle persone che incontri, negli occhi terrorizzati dei bambini, nello sguardo preoccupato dei genitori sull’avvenire dei figli, che non cercarle nella terra battuta dai carri armati e assordita dai fischi dei missili nucleari ...

Sono giunto alla conclusione di questo mio breve – lungo viaggio nella poesia di Marcella Boccia, dove ho trovato finalmente un pizzico di speranza; perché la poesia di Marcella Boccia è in cammino per trovare la fortuna di essere letta come merita, perché non è necessario avere la poesia per pane quotidiano, come si sognava qualche tempo fa, ma di consumarla almeno per la festa.

Da «IMPRONTE DIGITALI SULLA MIA ANIMA»

TEATRO NOMADE

 

«Con le Ali

ai piedi

volo

di

città

in città

trascinando

il

mio

carro

di Tespi

ed inscenando

la commedia

della

mia Vita»

 

MORFEO

 

«Lo spirito 

errante 

di Morfeo 

abbracciandomi 

la scorsa notte 

ha sussurrato 

all'orecchio 

della mia Anima 

un'antica leggenda 

di pescatori 

di perle nere 

nell'oceano 

dei pensieri proibiti

Retrogusto 

Il fiore

spuntato nel mio petto

che per giorni

hai innaffiato

e nutrito

dandogli calore

ed onestà

e che iniziava

a sbocciare

si è richiuso

nel proprio bozzolo

nel corso

di quella lunga notte

della tua partenza

in cui è riemersa

la mia secolare paura

del buio

che avevi allontanato

da me

tempo addietro

L'ombra della lampada

accanto al letto

assume ora

forme diaboliche

e continua

a trasformarsi

nel dormiveglia

d'ogni notte

ricordandomi

che non sei qui

a slegare

gli spiriti

dai miei capelli

e a raffreddare

il retrogusto

del mio sentimento

nel petto sincopato

in cui la goccia

della lontananza

batte come tamburo

riaprendo una decennale ferita

divenuta voragine

abissale»

 

BOLLA DI SAPONE

 

«Cosa sarebbe Giuda

senza una Croce

Non sussiste omicida

senza una vittima immolata

La lava sgorga dai ceri

rigandoli di candide lacrime

Mi guardo intorno

e non riesco a vedermi

Ah, che meraviglia

il vento sui gomiti

Una goccia di caffè

caduta sul mio palmo

copre la cicatrice

del divino tuo saluto

Le antenne della formica

elemosinano libertà

succhiando nettare

caduto da una nuvola

Una bolla di sapone

si affaccia alla finestra

e mi saluta e spicca il volo

in soavi antiche acrobazie

Di nuovo torna a me

aprendo uno spiraglio

alto su senza esitare

e tocco Dio

perché quella bolla è Dio

passato a prendermi

per portarmi a ballare»

Marcella Boccia nasce a Baia e Latina, un piccolo centro della provincia di Caserta, immerso nel verde della campagna alle pendici dei monti del Matese.

Musicista,in seguito alla maturità classica (e più tardi magistrale),senza mai abbandonare gli studi di filosofia (con una naturale predisposizione verso quella orientale), studia presso l'Università della musica di Roma per perfezionare gli studi già intrapresi.

Nel 1996 pubblica l'album dal titolo «Canzoni da ricordare», col nome d'arte di Dafne, poi abbandonato con la nascita delle Sfairos, di cui è leader e voce «rap».

Notevole la produzione poetica particolarmente vasta negli anni 1996 e 1998, della sua permanenza nella città di Roma, prima, e nell'isola di Lampedusa, sua seconda «patria». Oltre trecento componimenti, alcuni dei quali raccolti in "Impronte digitali sulla mia Anima" (numerosi i premi alla poesia; fra gli ultimi, il primo premio del concorso nazionale «La castagna d'oro», edizione 2000). Suoi componimenti sono presenti in numerose antologie di giovani poeti italiani. Fra le più recenti «Premio Ideadonna 2001» e «Il naufragar m'è dolce in questa radio 2001».

Nel 1997 scrive, di getto, nella sua casa romana, «Welcome a baia giuliva», un racconto semiserio che lei stessa definisce autobiografico, che narra delle vicende comicissime e surreali di un piccolo borgo meridionale.

Tra il 1998 ed il 2000 lavora al progetto Sfairos, di sperimentazione sonora, New e Next Age. Infatti «Next Age» è il titolo del primo album firmato Sfairos.

Contemporaneamente al progetto Sfairos, lavora al saggio di filosofia ermetica dal titolo «Cheleuta, il difficile percorso verso la Conoscenza».

Giornalista già a sedici anni, ha collaborato con numerosi quotidiani campani e riviste nazionali.  

Yoga, shiatsu e musicoterapia sono i principali aspetti della vita verso i quali l'autrice di «La legge dell'equivalenza» pone maggiormente la propria attenzione. Tuttora è iscritta alla facoltà di Filosofia presso la Federico II di Napoli, con uno sguardo particolare verso il settore storico-religioso.

Vi ho parlato di un Poeta-donna che merita d’essere letta e votata per incitarla a scrivere di più ed essere sempre più presente con la Poesia, nelle librerie come lo è nei siti lettererai di Internet.

 

 

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