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«I Poeti che presentiamo in questa rubrica sono stati scelti con la saggezza dell’imparzialità.

Adesso sta a voi dirci, con il vostro voto (da 1 a 10), quanto conta «la nostra saggezza»

e chi merita la «Corona d’Alloro»

con il vostro suffragio dato con la medesima saggezza critica, tenendo presente l’opera, non il Poeta»

«POETA TOP DEL 2004»

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Presenta:

Il mondo Poetico di: 

LUCIANO SOMMA

DA "N'ATO DIMANE" A "MOMENTI DIVERSI"

 

Luciano Somma è nato a Napoli. Ha vinto un centinaio di premi, ha conseguito la medaglia d’argento del Presidente della Repubblica, per due volte. E’ inserito in moltissime antologie, anche scolastiche, e in «NATI PER LA VITA» un’antologia stampata in Russia dall’edizione Raduca di Mosca dove figurano anche Quasimodo, Pasolini,Saba,Bevilacqua, De Filippo.

Pubblicano i suoi articoli e poesie, oltre centocinquanta testate, e i siti in Internet non si contano. Ha pubblicato anche qualche breve racconto. E’ il poeta più conosciuto del mondo internetiano.

Ha pubblicato otto raccolte di Poesie sia in lingua Napoletana sia in lingua Italiana. Dopo aver parlato dell’origine della sua poesia, nel saggio «Il Neodigiacomismo in Luciano Somma», in cui affermavo «Il neodigiacomismo di Luciano Somma è commovente nel suo lirismo atipico. Somma riesce a trasfigurare in lirismo anche la storia vera di un cane che passa le giornate senza mangiare perché votato alla morte, dopo la perdita del suo padrone rifiutando il cibo 

«perché la memoria sua è ferma

alla mano callosa

che le carezzava la testa». Oppure, in un altro fatto reale «Sdraiata sul divano» ritrovi «il succo della tua esistenza», nella droga. Anche l’amore, per Luciano Somma è un sentimento astratto, da purificare in poesia. Egli non ama una donna, ma proprio come Di Giacomo, ama l’ideale della donna

«Mo ca nun te so’ cchiù nemmanco frato

me vide comme fosse nu peccato

che staje scuntanno stanca e rassegnata

‘o core mpiett’’a te s’è congelato»

Da una delle ultime produzioni che il Somma posta periodicamente nelle varie mailing list esistenti in Internet, l’ideale della donna lo annienta e lo fa rinchiudere «in se stesso come un riccio»

«Ma perché ti debbo pensare
per soffrire e tornare a quel tempo
che oramai mi sembrava scordato
annebbiato confuso lontano.

Ma perché torna in mente l’addio
dei tuoi occhi riflessi di mare
nell’estate legata ad un filo
poi spezzato col vento d’autunno.

E’ un’immagine che mi ossessiona
il tuo viso radioso dell’alba
come un incubo a notte serena
che coincide con l’afa d’agosto

le lenzuola bagnate di umori
per gli amplessi focosi e appaganti
il tuo corpo flessuoso di slava
le tue labbra più calde del sole .

Ma perché ti debbo pensare
per soffrire e tornare a quel tempo
ch’è fuggito veloce in un lampo
sopra a un treno partito dal sud».

Questi

«occhi riflessi di mare

nell’estate legata ad un filo

poi spezzato col vento d’autunno».

Occhi che ondeggiano sulle acque del mare e diventano più vivi e mobili perché legati a quel filo dell’estate; e la rabbia, la malinconia, la nostalgia, il dolore immenso lo fanno scagliare contro il vento malefico dell’autunno che avanza, perché aumenta il volume delle onde e non gli permette più di vedere gli occhi della sua donna ideale: «quegli occhi di mare!»

Anche se in qualche passo ricorda Cardarelli, rimane sempre l’amante fedele di quello ideale della donna, di quella donna che lui avrebbe voluto reale per non illudersi di aver visto nella trasfigurazione poetica del pensiero idealistico: «lenzuola bagnate di umori».

Si ha la sensazione della staticità, ma il tempo non lo è, e allora il poeta si chiude, come se volesse rimanervi eternamente, però c’è la vita che lo chiama, l’umanità lo chiama, ed eccolo davanti ai microfoni delle radio libere a divulgare la poesia sua e degli altri. E in questo viatico che la sua vita si risveglia, per essere quella di ognuno, ma può? Un sognatore rimane tale, anche di fronte alla tragedia pure se questa gli lacera l’anima e lo fa cantare». Oggi vi parlerò, del suo mondo poetico, anche perché debbo giustificare la sua presenza nella «rosa dei dodici poeti Top».

Difficilmente si riesce a trovare un Poeta che fa «Vera Poesia», che riesce con altrettanta facilità ad essere manager di se stesso, e Luciano sa essere anche questo.

È piuttosto infrequente nella nostra poesia contemporanea il tentativo di rifarsi ai miti classici per costatarne la persistente validità di simbolo e vederne le possibili interpretazioni suggerite, oggi dalla nostra storia di uomini. Spesso, invece, il mito antico è fonte di ispirazione e di suggerimenti a molta poesia straniera, e basterebbe fare anche solo i nomi di Thomas Stearns Eliot e di Rainer Maria Rilke. Tanto più interessante appare la poesia di Luciano Somma che, già dagli stessi titoli, ci ripropone l’Uomo, l'uomo solo, abituato a sentirsi maltrattato o ingiuriato, perciò, invece di farmi trascinare dietro un passato che crolla e spinge innanzi a un futuro che non sa reggersi ritto, perché l’individualismo e lo sparlare, fa più male di «milioni di cazzotti sul viso». Quest’inciso già sembra aprirci la visione del nucleo del «Mondo poetico di Luciano Somma», dove tutta la sua poesia, e in qualche racconto anche la prosa, chiarisce la durata simbolica del comportamento umano di questo millennio; in questo mondo, che non è più suo una volta pubblicata l’opera, è l'immagine dolorosa dell’Uomo di una generazione ch’è passata attraverso un'esperienza tragica e disumana di guerra e di odio, al benessere più sfrenato; all’incondizionato comportamento dell’uomo, specialmente dell’uomo giovane o giovanissimo, che si affaccia verso un troppo incerto futuro.

Ma se questo ci appare il motivo dominante, la giustificazione profonda della denuncia, di cui il suo mondo poetico si fa portavoce, apre definitivamente, il ben più complesso processo realistico, che saggiamente Somma sa distribuire con la solita dolcezza, mai fatta di pietà, ma di amore indefinito e infinito che accompagna la sua Musa.

Il poeta non crede nella cattiveria dell’uomo, ma crede nell'immortalità della memoria, degli affetti e della riconoscenza. Da questa fede nasce il culto della speranza e la necessità di credere senza la quale la memoria presto o tardi svanisce.

La memoria è sacra all’uomo come a Foscolo lo furono le tombe perché sacre al genere umano. La memoria dei grandi desta gli animi generosi a nobili imprese; la morte da ai benefattori del genere umano quella gloria che l'invidia ha loro negato in vita. Ciò accende l'animo dei poeti e la poesia dura immortale nei secoli, anche dopo la scomparsa delle città, delle loro rovine e dell’imbecillità individualistica contemporanea.

Se diamo ascolto al Poeta, dobbiamo rispondere al silenzio dell’indifferenza ribellandoci al comportamento individualistico; lottare per far sì che l’umanità sia unitaria e non frammentaria; che trovi l’equilibrio in uno sviluppo logico, un legame intimo che fonde insieme con robusta coesione i vari pensieri, le varie idee, con la precisione di una dimostrazione matematica. Ogni immagine, ogni concetto, ogni affermazione sboccia dalla coesione umana come il frutto dal fiore: nulla c'è di impreveduto, nulla che non sia necessario, nulla che possa parere inutile o ingiustificato.

Olivia Trioschi nella prefazione all’Ultima fatica edita di Luciano Somma, dal titolo  «Mo-menti di versi» ha scritto: « (…) prima soffermiamoci un poco sull'effetto visivo, più che sonoro, di questa paroletta: di versi; diversi. Grande dono della parola scritta! Basta uno spazio in più, o uno in meno, e subito si aprono nuovi orizzonti di senso, nuove possibilità di riflessione. Siamo certi che questo aspetto della scrittura non è sfuggito a Luciano Somma, navigato poeta napoletano forse abituato, in virtù dell'assidua produzione in vernacolo, a scoprire i tesori nascosti dentro i circuiti che segretamente si creano all'interno di una cosa solo apparentemente esplicita e arida come il vocabolario».

«(… I poeti sanno di essere, a volte, voci scomode. Succede sempre a chi guarda le cose con troppa lucidità, scavalcando d'un balzo tabù e convenzioni sociali. Non a caso la raccolta di Somma si apre con una lirica dal significativo titolo Perdonateci

«Perdonateci se rifiutiamo limiti e frontiere

e trasformiamo

i fili spinati in palpiti d'amore

non ci è concesso forse d'impazzire?»

Poesia è dunque sinonimo di pazzia? E la pazzia si trasforma in canto accorato, specialmente nel contadino quando al tramonto smette di lavorare per ritornare a casa e camminando ricorda:

«Quasi al tramonto

lasciavo i campi

con le spalle curve

e un senso indefinibile

di rabbia

per il magro raccolto ereditato

da una lunga fatica

e lei in attesa

ricca di pazienza

sull'uscio della casa intonacata

rafforzava radici

di una speranza

quasi affievolita».

Il suo canto non muta anche quando si fa sommesso pianto, come in «Ora»:

«ora che è sera

non ci saranno palchi in prima fila

per vedere le stelle»

Oppure nel riguardare un giardino che vedeva spesso:

«in quel giardino

dove ogni fiore

aveva sempre un nome femminile

mentre l'albero maschio

la pretesa

di vivere la sua virilità

incurante del vento di libeccio

che con la sua salsedine piegava

di giorno in giorno i rami

indebolendo le radici e il tronco.

 

... Quell'albero in giardino

è diventato un blocco di cemento».

Certamente, se Luciano Somma fosse stato presente all’incontro di poesia e musica che si è tenuto a Recanati la scorsa estate, la sua poesia avrebbe inorgoglito gli spettatori e gli altri artisti che si esibirono insieme sul palco, mescolando i loro versi con i testi di alcuni scrittori della Beat Generation, divenuti per l’occasione di grande attualità.

Apparentemente, Jack Kerouac, Alien Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti appartengono ad un mondo ormai molto distante da quello odierno: eppure la platea si sarebbe allietata della modernità che avrebbe offerto Luciano Somma.

Certo, anche per Somma non sono state sempre rose e fiori, e le sue scelte se oggi fanno la storia, è stato per la sua caparbietà, per il suo credo incrollabile, e perché no?, anche per il suo saper vendere la propria opera.

Per concludere Luciano Somma rappresenta un modello nuovo di poeta «bilingue». Negli anni di lotta per l’affermazione, è riuscito a far accettare per gradita il suo mondo poetico cui consente con facilità ed immediatezza espressive, nel trattare temi poetici, che riguardano soprattutto la quotidianità, così da stimolare una partecipazione ancor più attiva, quasi collaborativa, da parte del pubblico.

Nella convinzione che non manchino talenti da sostenere e valorizzare, è mio vivo auspicio che questa «Vetrina», dove sono esposte le opere di dodici grandi poeti della nostra attualità, che non ha tesi da provare né modelli da seguire, possa fornire suggerimenti, pareri e proposte atte allo sviluppo di un ambito letterario ingiustamente trascurato, oggi costretto a sopravvivere in modo quasi sotterraneo.

Completo il quadro del «Mondo Poetico di Luciano Somma» con alcune poesie in lingua italiana e in lingua napoletana, perché le godiate così come le ha scritte il Poeta, senza il mio intervento che potrebbe anche cancellarvi il pathos e il vero sentire.

PERDONATECI

 

Perdonateci

questa dannata voglia

di vivere in un mondo

a forma di colomba

e non tra fiori finti

perdonateci

se rifiutiamo limiti e frontiere

e trasformiamo

fili spinati in palpiti d'amore

non ci è concesso forse d'impazzire?

Che razza strana

siamo noi poeti

specie che spesso va

controcorrente

volando verso cieli tersi

liberi

perdonateci

per questo nostro osare.

 

POTEVAMO

 

Potevamo essere

io e te

due voci nel silenzio

un volo di gabbiani

ali nel vento

l'urlo dell'alba

il sorriso caldissimo

del sole

sotto le coperte

ci saremmo scambiati

il desiderio

dei nostri corpi stanchi

ma il gelo dell'inverno

le sue notti

ci hanno divisi

ed oggi siamo ghiaccio.

 

VAGHAGGIANDO NUOVE ALBE D’AMORE

 

Dai sotterranei della mia memoria

emergono dal mare dei ricordi

oceani di pensieri vagabondi

che cercano un approdo d'infinito

emerge il primo bacio a labbra chiuse

coi primi passi incerti e mille strade

boschi d'abeti favole d'estate

le neonate speranze ormai deluse

eppure nonostante tutto io credo

ed urlo tra bufere vento e neve

questa mia rabbia in ultimo virile

desiderio d'un sogno realizzato

se resta ancora un poco di salute

nasce la forza di ricominciare

inediti programmi di futuro

itinerari immensi da scoprire

a volte mi sorprendo a immaginare

l'incendio dei miei palpiti le ore

le voci del silenzio ad ascoltare

per vagheggiare nuove albe d'amore.

 

‘O SOLE E ‘O VICO

 

La' 'ncoppa ce sta 'o cielo e cca' sta ' vico

addo' se nasce,cresce e nun se vola

addo' 'o muschillo e' sempe cchiu' nemico

e d''a camorra e' prufessore 'e scola.

 

'E vvote nun arriva a diciott'anne

p''a droga,p''a camorra o pe' na sòla

e 'o rrusso 'nterra,dint''e vascie 'o ssanno,

e' sango nun e' zuco 'e pummarola.

 

Chesta citta' cu''a capa 'int ' a' cullina

cu''e piede 'nfuse dint'all'acqua 'e mare

e' na fotografia p''a cartulina

che fa' vede' tanta bellezze rare.

 

Ma 'ncuorpo tene 'e vierme dint''a panza

ca strisceno p''e strade,'int''e quartiere,

so' pisce piccerille,so' 'e paranza,

songhe gocce 'e veleno 'int''o bicchiere.

 

Ellera marcia che s'attacca 'e mmura

gia' pe' nu terramoto sfravecate,

e' chella che fa mettere paura,

e' na lanterna 'mmano a sti cecate!

 

Ca po' da luce sulo 'a frennesia

cercanno 'o suono 'e nu mutivo antico

ma nun se sana chesta malatia

si' 'o sole sta la' 'ncoppa e cca' sta 'o vico.

 

L'ARTISTA

 

So' turnato cca' 'ncopp''e quartiere

ce mancavo nun saccio 'a quant'anne,

vola 'o tiempo,Giesu' pare ajere,

quanta facce sparute so' 'a tanno.

 

Quanta cose se songhe cagnate

comme pure e' cagnata sta ggente

guarda annanze,luntano e' 'o passato,

nun e' cchiu' abbandunata e pezzente.

 

Chi me guarda 'e passa',furastiero,

comme fosse,chisa',nu turista,

nun 'o ssape io na vota chi ero

me chiammavano allora:L'artista!

 

Si,n'artista che jeve p''e viche

miez''o tanfo 'e sudore e cu''a famma

quanno Dio me pareva nemico

e 'a madonna matrigne e maje mamma.

 

Quanno 'arraggia appannava chist'uocchie

'o destino pareva fetente

me sentevo tremma' 'int''e ddenocchie

e cantavo...cantavo...pe' niente.

 

Faccio parte pur'io 'e chistu vico

ma ogge songo sultanto "turista"

chi me sape,m'apprezza e m'e' amico

e pircio' nun s''o scorda:L'artista.

 

Bibliografia:

DDOJE VOCE 'E NAPULE"1968-Poesie Napoletane-Ed.LA COMMERCIALE  - LA MIA RICCHEZZA" 1971- Ed. L'ARALDO DEL SUD - DIMANE due edizioni 1977 e 1978-Ed.DEGLI ARTISTI - N'ATU DIMANE 1982 - Ed. DEL DELFINO - 'E GGRANATE 1990-Ed.TIERRE - MUSICA NOVA 1993 -  Ed. LO STILETTO - MOMENTI DI VERSI-1997-Ed.MONTEDIT – MEMORIE D’ALBA . Ed. Otma – Milano , uscito il 15 giugno scorso

 

 

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