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«I Poeti che presentiamo in questa rubrica sono stati scelti con la saggezza dell’imparzialità.

Adesso sta a voi dirci, con il vostro voto (da 1 a 10), quanto conta «la nostra saggezza»

e chi merita la «Corona d’Alloro»

con il vostro suffragio dato con la medesima saggezza critica, tenendo presente l’opera, non il Poeta»

«POETA TOP DEL 2004»

Per votare basterà inviare un e-mail, al seguente indirizzo: poeticamente@libero.it, scrivendo nell’oggetto il nome dell' Autore  cui intendete dare il voto

Presenta:

Il mondo Poetico di: 

ANTONIO SPAGNUOLO

L'uomo ha sempre amato il sapere. L'Ulisse dantesco che valica le colonne d'Ercole e affronta l'ignoto mare, l'Oceano invalicabile, è simbolo di questa sete di conoscere che distingue l'uomo dagli altri esseri esistenti sulla terra. Questo bisogno di sapere fu grande presso gli antichi, ed ebbe poi momenti in cui fu quasi soffocato e spento: ciò avvenne nel Medio Evo, quando le genti ridivennero ignoranti e imperversarono le guerre e gli arbitrii, rinacque quando incominciò a splendere di nuovo nel mondo la libertà e con questa la civiltà. Possiamo quindi affermare che, storicamente, la rinascita degli studi e del sapere coincide col comparire dei nostri Comuni, ed è questo per noi Italiani un gran vanto. Le grandi costruzioni del periodo romanico e gotico non sono solo opera d'arte, ma di scienza, perché quei geniali architetti e scultori e pittori e decoratori non avevano solo il gusto del bello ma possedevano anche la scienza dei numeri, dei colori, delle linee, delle misure, almeno com’era possibile a quei tempi. Del resto, proprio in quell'epoca si sviluppa la Scolastica che in Italia ha i suoi più grandi creatori: San Tommaso e San Bonaventura. Ma, per venire alla scienza nel senso più proprio della parola, la scienza esatta, fondata sulla matematica, noi dobbiamo subito ricordare con Paolo del Pozzo Toscanelli matematico, astronomo e geografo, il suo discepolo Cristoforo Colombo, che non sarebbe mai diventato un grande scopritore se non fosse stato anche uno scienziato, e l'altro suo discepolo spirituale, Leonardo da Vinci, che proclamò il valore dell'esperienza come fondamento della vera scienza e il valore della scienza, come guida al vero sapere. Da quel momento incomincia il formidabile movimento scientifico che ancora oggi è nel suo pieno e rigoglioso sviluppo. L'Italia vi concorse in misura veramente cospicua; basterà ricordare i nomi di Girolamo Cardano, Andrea Cesalpino e, Galileo Galilei che fu il padre e il creatore di un’eletta schiera di scienziati i quali già nel '600 fecero fare alla scienza passi giganteschi: Bonaventura Cavalieri, Domenico Castelli, Evangelista Torricelli, Vincenzo Viviani, il Redi, fra' Paolo Sarpi storico, teologo e matematico, e tutto quel movimento fecondo che fu voluto e promosso dall'Accademia fiorentina del Cimento che aveva come motto il dantesco «Provando e riprovando: dimostrare la verità e rigettare l'errore, non a parole, col vuoto sillogismo deduttivo, ma ai fatti, cioè con l'induzione, con la prova sperimentale matematicamente verificata».

Chi può dire quali e quante fiamme di sublime passione possa destare nell'anima dell'artista un'opera d'arte? Chi può anche lontanamente immaginare quale tumulto di sentimenti abbia agitato la grande anima di Michelangelo durante la concezione e l’esecuzione dell'insuperabile Giudizio che con evidenza e dinamismo senza pari ci apre in uno stesso tempo e la visione catastrofica del precipizio di disperazione in cui si è cacciata l'umanità ostinata nel peccato, e quella di serena letizia irraggiante il viso dei Martiri e dei giusti che tanto lottarono e tanto soffrirono per il trionfo della fede e della virtù?

Chi sa dirci, anche in via approssimativa quali e quanti pensieri e sentimenti turbinassero nella mente e nell'anima di Dante Alighieri, quando nelle lunghe notti insonni,vigile attendeva a scrivere il poema sacro che lo fece «per più anni macro», e nel quale, attraverso mille e mille episodi così vivi e così toccanti, arriva alle profondità più inesplorate dell'anima umana, mettendo a nudo e colpendo a sante scudisciate tutti i vizi e tutte le umane aberrazioni ed esaltando e premiando i meriti e tutti i progressi sulla via della rettitudine e del bene? Quale e quanta commozione prova lo stesso Dante Alighieri quando quasi al termine del suo mistico viaggio, dopo aver cantato tante e tante glorie, tante e tante meraviglie del Paradiso,giunto dinanzi al trono della Regina dei Cieli, rimane incantato ed estasiato dalla sovrumana bellezza di Lei, che sente e fa dire a San Bernardo quella sublime preghiera che è tutto un monumento di teologia e, nello stesso tempo, tutto un poema di tenerezza filiale, congiunte alla più grande ammirazione ed alla venerazione più sconfinata? Quale grado d’esaltazione mistica e di serafico ardore raggiunge Francesco quando, dopo aver passato tutta la vita nell'amore più ardente e nella pratica più attiva di tutte le virtù, dalla povertà alla penitenza, dalla rinunzia alla obbedienza, dalla carità alla umiltà più assoluta, per quanto malaticcio ed infermo, sente un violento e prepotente bisogno di intonare e di cantare il Cantico delle creature per lodare e ringraziare l'Altissimo Signore degli immensi benefici che ha voluto concedere all'uomo col mettergli a disposizione tutte le altre cose create, in modo che possa meglio sopportare e superare la dura prova terrena e tener sempre desta e viva la mèta ultima cui egli è chiamato e diretto nella Patria Celeste?

Quante cocentissime lagrime sgorgano dagli occhi di Giuseppe Verdi, quando nel descrivere la fine immatura di Violetta, egli s'accorge di essere automaticamente ritornato in quella funebre stanza, dove, nel breve giro di soli due anni, ha dovuto assistere, terrorizzato ed annichilito, allo schianto completo della sua famiglia, con la morte prima dei due suoi fìgli e poi con quella della sua giovane sposa Margherita; e, tra le lagrime, gli escono dal cuore le frasi musicali più commoventi ed immortali?

Da questi e da mille e mille altri episodi si vede chiaramente che l'arte non è sforzo, non è artificio,non è prodotto di una qualsiasi specie di coercizione, e, tanto meno, di pervertimento o d’aberrazione; ma è soltanto la più alta e la più significativa espressione ed estrinsecazione della vita, intesa nel suo complesso naturale e spirituale della quale con abilità e precisione senza pari, riproduce le note universali e i motivi dominanti, e, liberando, il soffio purificatore, i soggetti scelti, da tutte le scorie che li appesantiscono, da tutte le ombre e le macchie che li deturpano, li tramanda di secolo in secolo.

Quando poi la vita urla il suo grido di alta passione, di santo eroismo o di sacrificio supremo, anche allora l'arte raccoglie tale grido, e, con l'afflato suo divino, lo traduce in canto epico o in canto mistico, consacrando così. per l'eternità, le grandi azioni dei grandi uomini e le mirabili gesta dei popoli e delle nazioni in tante cavalleresche leggende fascinatrici e feconde di nuovi ardimenti, di nuovi progressi, di nuove conquiste e di più brillanti vittorie.

Questo è il sentimento, scosso dal ricordo storico, che ha permesso a Antonio Spagnuolo nato a Napoli il 21 luglio 1931, ad avviare la sua ricerca scientifica sulla poesia visiva, che gli ha dato la gioia di essere presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, e vedere inserite in molte antologie, le sue opere; collaborare a periodici e riviste di varia cultura. Ha dirigere la collana di poesia per Guida editori. Attualmente dirige «l'assedio della poesia» e «poetry wave» in internet.

Nel volume «Ritmi del lontano presente» Massimo Pamio prende in esame le sue opere edite tra il 1974 e il 1990; di essere tradotto in francese, inglese, greco moderno, iugoslavo, spagnolo.

Ha pubblicato i volumi di poesia:

Ore del tempo perduto - Intelisano - Milano 1953; Rintocchi nel cielo  Ofiria Firenze 1954; Erba sul muro Iride - Napoli 1965 - prefaz. Gaetano Salvati;  Poesie 74 - SEN Napoli 1974 - prefaz. Domenico Rea; Affinità imperfette - SEN Napoli 1978 - prefaz. Mario Stefanile; I diritti senza nome - SEN Napoli 1978 - prefaz. Massimo Grillandi; Angolo artificiale - SEN Napoli 1979; Graffito controluce - SEN Napoli 1980 - prefaz. Giovanni Raboni; Ingresso bianco - Glaux Napoli 1983; Le stanze - Glaux Napoli 1983 - prefaz. C. Ruggiero; Fogli dal calendario - Tam-Tam Reggio Emilia 1984 - prefaz. G.B. Nazzaro; Candida- Guida Napoli 1985-prefaz. Mario Pomilio; (Premio Adelfia 85 e Stefanile 86) Dieci poesie d'amore e una prova d'autore - Altri Termini . Napoli - 1987 (Premio Venezia 87); ecc… ecc…

In prosa ha pubblicato Monica ed altri - racconti - SEN Napoli – 1980; Pausa di sghembo - romanzo - Ripostes - Salerno 1994; e per il Teatro: Il cofanetto - due atti - L'assedio della poesia - Napoli 1995;  'Nu nippolo e 'o guardapettole - due atti in vernacolo napoletano - 1996 –

Hanno parlato di lui: Asor Rosa nel suo Dizionario della letteratura italiana del novecento, Carmine Di Biase nel volume La letteratura come valore, Matteo d'Ambrosio nel volume La poesia a Napoli dal 1940 al 1987, Gio Ferri nei volumi La ragione poetica e Forme barocche della poesia contemporanea, Stefano Lanuzza nel volume Lo sparviero sul pugno, Felice Piemontese nel volume Autodizionario degli scrittori italiani, Corrado Ruggiero nel volume Verso dove, Alberto Cappi nel volume In atto di poesia, Ettore Bonessio di Terzet nel volume Genova-Napoli due capitali della poesia, oltre a L. Fontanella, M. Lunetta, G. Manacorda, Gian Battista Nazzaro, C.Vitiello e molti altri.

NOTE CRITICHE

«L'adesione ad una idea psicoanalitica della poesia, intesa come affiorare di un  elemento prelogico della esperienza mentale, comporta in Spagnuolo il rifiuto di una sintassi vincolante, sul piano del linguaggio come su quello del senso. E' costante nella poesia di Spagnuolo la rappresentazione di nuclei tematici, come la centralità dell'eros, la relazione eros/tanatos e libido/morte, cui corrisponde il ricorso ad una terminologia clinico psicologica, evidente sopratutto in melania, sezione centrale del volume – Candida- prefato da Mario Pomilio»

Dizionario della letteratura italiana del novecento -  Ediz. Einaudi - a cura di Alberto Asor Rosa - 1992.

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«...In questo caratteristico stilema si insinuano sorprendentemente interiori frequenze addirittura dadasurrealistiche: cosicchè anche l'idea psicoanalitica di cui dice Asor Rosa trova ovviamente il suo posto ma non nel senso, credo non tanto dell'inconscio e dell'onirico, quanto di un predisposto programma di aggregazione assurda  e insieme cosmico-olistica...»

Gio Ferri: luoghi della parola - in  Porto Franco -   Apr.-Giugno 1996 .

«E' il rifiuto insomma della fiera dei sogni creata dal mercato della scienza e del fascino che essa esercita attraverso i suoi mille abbagli sull'immaginario dell'uomo ...Ciò che allora propone Spagnuolo col suo gettarsi tra le cose è una topografia dell'uomo moderno, la configurazione, attraverso la rinomazione di tutto quanto gli appartiene in emotività e stupori, del suo essere al mondo come radice vivente, misura della vita».

G. Battista Nazzaro - profilo critico di Antonio Spagnuolo - in Oltranza N° 1 - 1993 .

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«... per l'originalità di  un discorso che è narrativo e meditativo , visionario e puntualmente descrittivo, con perfetta armonia di toni e misure . Hai inventato una forma assolutamente nuova , di fascinoso splendore...»

Giorgio Bàrberi Squarotti -  per  "Pausa di sghembo" - 3 - dicem. 1994 .

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«...Nel senso dell'onirico e dell'inconscio che si muove tra eros e thanatos , sul topos della malattia, sulla linea di fondo dell'attuale gratuità  del linguaggio , che risponde poi alla gratuità della parola, quando sono messi in discussione tutti i valori e , quindi , la parola che li esprime.

In questa linea è la partecipazione dell'autore alla complessa realtà contemporanea, con senso di angoscia, che, anche se vista attraverso un'analisi , occupa pena e dolore. E' il sentimento della  distanza delle cose e dell'essere, l'impossibilità cioè di vera partecipazione, in cui l'io stesso si sente vittima del gioco stesso dell'esistenza, e a sua volta giocabile , nell'illusione di risolvere tutto con la parola scritta al di fuori del reale».

Carmine Di Biase - "La letteratura come valore" - Ed. Liguori - 1993 .

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«...Tutto ciò per sottolineare il valore prelogico della poesia di Spagnuolo, la natura di un linguaggio che non mira in alcun modo alla sintassi, ovvero, se si preferisce, rimane al polo opposto dai processi aggreganti che sono tipici della comune espressività, e invece è come se perseguisse la scommessa di misurarsi con quanto c'è di albicante, di preconscio, di disaggregato, di informale nella nostra esperienza mentale. A servirci di un paradosso diremmo quasi che qui la parola interviene a manifestare ciò che sta anteriormente alla parola, il pensato allo stato ancora amorfo, i materiali mentali prima che si coordinino, i reagenti insomma della nostra esperienza intima sorpresi allo stato prenatale e quasi fetale, prima comunque che siano subordinati a quella che per convenzione chiamiamo coscienza e invece vagano ancora al fondo del nostro Es alla ricerca di un coagulo»

Mario  Pomilio  - prefazione al volume Candida Editori Guida - 1985 .

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Il più antico e più illustre concetto di poesia è quello greco di mimesi, cioè di imitazione del reale. Platone condanna la poesia e, in genere, ogni forma di attività artistica perché l'arte, imitando la natura, che a sua volta è copia del mondo delle idee, si riduce all'imitazione di un'imitazione. Con Aristotele, invece, il concetto di mimesi si estende dalla natura al mondo psicologico e oggetto della poesia diviene il verosimile, cioè il vero universale, a differenza della storia, che ha per oggetto la verità particolare. Contro il livellamento dell'estetica intellettualistica e le sue pretese di oggettività gli empiristi del Sei-Settecento ripudiano il pregiudizio classicistico di un'unica forma di bellezza e rivendicano la liceità di ogni espressione poetica sulla base esclusiva della discrezionalità del gusto. Presupposto comune ai razionalisti e agli empiristi, al di là delle loro divergenze, è il principio secondo cui conoscere significa rispecchiare nella mente una realtà già costituita e ordinata in sé.

Per Emanuele Kant, invece, sono le cose che si modellano sugli schemi costitutivi della ragione: pertanto, la bellezza della natura non è più oggettiva ma soggettiva e il sentimento non ha carattere conoscitivo. In Italia, le caratteristiche della sensibilità romantica si delineano con Vico, secondo il quale la poesia è una creazione individuale, fantastica e prelogica, e con De Sanctis, che, sulle orme di Hegel, considera l'arte come sintesi di forma e di contenuto e ne rivendica l'autonomia dalla ragione. Al filone idealistico-romantico si ricollega invece Benedetto Croce, che definisce l'arte come intuizione pura, forma aurorale del conoscere, e distingue la poesia (sintesi a priori di contenuto e forma) dalla «non-poesia» o «letteratura», in cui la forma, intesa come una veste decorosa, si distingue dal contenuto, che vale di per sé. L'estetica marxista, viceversa, privilegia il contenuto ideologico dell'opera di poesia e ritiene che ci sia vera arte ogni volta che siano osservati, nel rispecchiamento estetico del reale, i presupposti della tendenza e della tipicità. Le successive tendenze dell'estetica sono dominate dalla semiotica e dallo strutturalismo, che, applicato alla critica letteraria, tende a tralasciare ogni considerazione sulla psicologia dell'autore e sul condizionamento sociale del suo tempo per affrontare e descrivere l'opera di poesia in sé, come organismo autonomo.

Dice Epicuro in un frammento che ci è rimasto: «II Saggio è un Dio tra gli uomini». Forse non è errato affermare che la vera e grande saggezza è nell'arte e che quindi proprio l'artista partecipa dell'eternità divina. E’ passato più di un secolo e mezzo da quando il Foscolo scrisse «I Sepolcri» e circa un secolo e qualche anno da quando vennero alla luce    «I Promessi Sposi»: le due creazioni sono ancora vive come se fossero state scritte ieri. Questa è la robustezza dell'opera d'arte e costituisce il segreto della sua possente vitalità. E' una pianta fondata su radici che si sprofondano nel terreno, cioè nella stessa coscienza umana, non ha bisogno di espressioni di critici affermati, o infiocchettature auree e premi, se non quelli dei lettori, che alimentano e fanno eterna la fiamma che il Poeta-Vate ha acceso, con tutti quei sentimenti e quelle ispirazioni che sono il motore dell'attività dell'uomo:amore per il vero,il buono e il bello;esaltazione dell'ideale;culto della grandezza;   sia esso apparso sotto forma di materia o parole di significato diverso, quali classicismo, poesia pura, ermetica, intimistica, o visiva come il tipo di Antonio Spagnolo. Tutto passa, ma non passano queste grandi forze dello spirito; e non può passare la poesia che ne è l'espressione più pura.

Reno Bromuro

 

 

 

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