Gianfranco
Proietti
Gianfranco Proietti è nato e vive a Tivoli (RM); sposato, due figlie,
di trenta e vent’anni, nei dieci anni che appaiono inattivi, è stato
membro attivo del Nucleo Guardie Zoofile del Comune di Tivoli a titolo
volontario e gratuito.
Da sempre in contatto con la poesia,
Ha pubblicato due raccolte: «Interno di ragazzo» e «A viso
aperto». Attualmente sta proponendo una silloge dal titolo “PAROLE
CON IL BACIO” a un editore che si mostri interessato.
Reno
Bromuro
CIAO
FRANK
Mi
ricordo di te.
(Nessuno
può ricordarselo meglio).
Saltavi
il fosso,
coi
grilli in testa
scoperchiavi
le montagne.
E
poi gli anni gli anni gli anni.
Gli
anni
ti
porteranno al pensionato
col
bastone il cappello la gotta?
La
pancetta gli acciacchi
i
lamenti le fissazioni?
Non
fare il fesso Frank,
non
metterti a fare il vecchio.
Mi
vergognerei di te, Frank.
Frank
sono ancora io.
Siamo
soli adesso.
Uno
solo è Frank.
Uno
sei tu.
Uno
sono io.
Uno.
Ciao
Frank.
UNA
COMPAGNA D’INFANZIA
Biondina
biondina,
seria
seria, aristocratica;
tanto
cara.
Le
care amiche
ti
dicevano:
tuo
padre ci porta l’amante
a
spasso con la Giulietta sprint,
e
tua madre pare un fantasma.
Frequentavi
la terza media,
scendevi
la scalinata
che
taglia il Viale dei Villini;
una
volta mi dicesti:
se
mi vuoi bene portami un nido
portami
un nido di cardellino.
Io
non avevo capito
che
volevi fare
con
la nidiata un’altra famiglia,
tanti
fratelli e tu la mamma
in
quella villa d’un rosa antico
col
viola dei glicini
e
il bianco dei gelsomini.
Biondina
biondina
seria
seria,
col
nome scritto a matita.
Avevi
tredici anni
frequentavi
la terza media;
il
cielo paziente e il viso
trattennero
la pioggia.
Oggi
avresti la mia età,
una
piccola casa, una nidiata di figli
o
una bambina sola,
biondina
biondina,
seria
seria, aristocratica,
tanto
cara come te.
MILLENOVECENTOCINQUANTA
DUE
Si
chiudeva in casa il mondo,
quando
l’ombra lasciava il monte,
quando
si anelava
sole
pioggia e raccolto,
quando
il vecchio dio
rientrava
dall’osteria
e
già sonnecchiava
incrociando
le braccia,
la
testa calva
sempre
coperta come il sesso.
La
tristezza
era
quella casa diroccata
troppo
lontana
per
la felicità
che
mi riportava a casa,
con
l’ansia di starci
a
prima sera
aspettando
papà e mamma
aspettando
la minestra
accanto
al fuoco della nonna.
C’erano
sempre fascine di legna
accatastate
nell’angolo
più lontano della cucina.
Nessuno
veniva a trovarci,
nessuno
usciva dopo cena.
Ospiti
fissi
erano
i topolini di campagna.
CONFIDENZIALE
Nel
rapporto
non
ho mai usato gli straccali
per
starci comodo
nel
pantalone
dell’unione
matrimoniale.
Tengo
stretta
la
cintura personale
perché
snellisca
il
piatto della vita,
adoperando
la
diligenza del fornaio
affinché
quello
sfornato
sia
pane fragrante e caldo,
e
chi mi vive accanto
non
debba smollicarlo
e
imbrattarci
ogni
vano
di
convivenza.
TUTTO
D’UN FIATO
Guardo ...
com’è bravo il
lago
a risciacquare
i
piedi alla collina
caricato
dalla tinozza del
cielo
e come conserva
verde e fitta la
chioma
che la doccia
fredda
ha tartassato
e come scappano in
fila indiana
e si sorpassano le
lucciole
lungo i ponti
dell’autostrada
e un paio di
zanzare
rosse e bianche
basse basse
monitorano,
volteggiano
a controllare
le arterie allagate
del
quartiere dormitorio
nuovo nuovo
e da sola si
sollazza
fradicia e leggera
la bandiera della
città
dimenticata sul
palco
della presidenza
regionale,
ieri, ieri
l’altro
o tre giorni fa.