Il marketing su Internet Parte II |
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di Pino Navato | ||||
Net Gain affronta il problema del marketing su Internet in una prospettiva completamente diversa da quella di molti altri volumi sull'argomento, incluso quello che vi ho proposto nel mio articolo precedente. Qui il commercio elettronico non è più visto come una versione telematica della classica vendita per corrispondenza bensì come qualcosa da inserire in maniera organica in un contesto più ampio: quello della comunità virtuale intesa come impresa commerciale. Si tratta di un nuovo modello di business che si propone di sfruttare in pieno le possibilità offerte dalla grande Rete e più in generale dalla moderna tecnologia informatica. Oggi molti siti web di grosse imprese sono soltanto dei grandi poster celebrativi e, laddove è anche possibile fare acquisti on-line, lo si fa dopo aver consultato un catalogo elettronico che ha poco o nulla di diverso rispetto ad un catalogo cartaceo. Ciò che manca, e che la Rete consente, è l'interazione tra gli utenti. Oggi entrare in un sito dedicato all'e-commerce è come entrare in un supermercato dopo l'orario di chiusura: ci si aggira tra tanti scaffali ben illuminati in un silenzio inverosimile. Che fine hanno fatto gli altri clienti? Sono tutti lì, insieme a voi, ma sono tutti invisibili! Pensate al classico spot televisivo in cui una massaia, al supermercato, sceglie il detersivo "sbagliato" (l'unico senza etichetta) e subito l'amica, di solito più carina e ben vestita, le consiglia quello che conviene di più; ebbene, in un sito dedicato all'e-commerce questo non vi potrebbe mai accadere (a meno che l'amica non si trovi a casa vostra e non vi tolga il mouse di mano!). Il concetto di comunità virtuale non è affatto nuovo:
già prima del boom di Internet era stato realizzato dalle BBS in
tecnologia Fidonet che, sebbene un po' soffocate dall'avvento di Internet,
continuano tuttora a svolgere il loro ruolo di piazze telematiche. L'idea
nuova, o per lo meno inesplorata, è quella di inserire questo genere
di comunità in un contesto prettamente commerciale e imprenditoriale. Quanto bisogna investire per creare una comunità virtuale? Due milioni di dollari solo nella fase di start up, una cifra considerata modesta dagli autori (beh, tutto è relativo!) che, con riferimento ad una ipotetica comunità di viaggiatori, ci propongono i risultati di una simulazione al computer basata su un modello di loro creazione: dato un investimento di 20 milioni di dollari in 3 anni, il bilancio della comunità raggiunge il pareggio al quinto anno ed inizia a crescere vertiginosamente negli anni successivi tanto che l'utile complessivo al decimo anno risulta di 930 milioni (sempre in dollari!). Purtroppo non viene detto quali formule e quali parametri siano stati utilizzati per ottenere questo risultato; supponiamo che per saperne di più sia necessario pagare una ricca parcella alla società di consulenza per la quale lavorano gli autori. Quello che ci è dato di sapere è che la simulazione si basa sull'ipotesi, abbastanza verosimile, che le comunità virtuali siano soggette alla legge dei rendimenti crescenti che può essere sintetizzata nella formula "più si vende, più si vende". Questa legge ci viene spiegata con l'esempio del mercato delle macchine fax: le prime macchine vendute erano pressoché prive di valore perché non c'era nessuno con cui scambiare i fax; tuttavia, una volta che il parco macchine ha raggiunto e superato una certa soglia critica, il fax è diventato uno strumento utilissimo, addirittura indispensabile, e le vendite hanno avuto una brusca impennata. Similmente una comunità virtuale semideserta non è molto allettante ma con l'aumentare del numero dei membri aumenta anche l'interesse verso la comunità e ad un certo punto tutti vorranno "entrare nel giro". Il libro risulta
diviso in 3 parti:
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