Gli orsi di Yosemite

(racconto apparso in Il Tesoretto: Almanacco dello "Specchio" 1941-XIX, Mondadori, 1941, pp. 332-342)

incipit

Dacché aveva lasciato Yosemite, e viaggiando nelle ultime classi dei treni od in vecchi battelli mercantili aveva raggiunto questa grande città del vecchio Continente, continuo ed inevitabile era stato per Costantino il pensiero di Anna Guinness che egli aveva lasciata fra quei lontanissimi monti e dalla quale sin d'allora non gli era giunto che un fitto silenzio. La città che ora lo ospitava si distendeva interminabilmente al centro dei vecchi Paesi, in una pianura umida, esposta al morso rigoroso degli inverni ed all'afa torrida e screpolatrice delle brevi estati.
Egli vi arrivò nell'autunno, e andò ad abitare in quella parte della città che tra la fine del XIX e l'inizio dell'attuale secolo era stata la più nuova. Il legno del portone era massiccio, lavorato a rilievo con temi ed ornamenti pesantemente classici; al centro di ciascuna portiera s'aprivano a modo di capitelli due alte cornici che racchiudevano vetrate spesse: sicché il portone acquistava un aspetto d’immensa credenza; e s'incastonava entro due gigantesche cariatidi in pietra, barbute, d'aspetto atlantico. Ciascun pianerottolo aveva finestre istoriate a colori, che davano all'interno un'atmosfera di tempio profano. Due rami di scale di marmo con tappeto rosso sdruscito e grossi cordoni laterali fissati a borchie lucenti conducevano all'appartamento dove Costantino dimorava. La sua stanza era ampia e le doppie ermetiche finestre la facevano caldissima; un'aria densa e ferma era rappresa intorno ai mobili di legno lucido, pesantemente ornati, all'oleografia dell'Imperatore ed all'altissima stufa bianca. Costantino non cercava il contatto di persone nuove e rimaneva solo nella sua camera ad ascoltare passi morbidi e lontani perduti in altre regioni della casa, ed a rivolgere lunghissimamente il proprio pensiero alle montagne e alle praterie, alle cascate, ai torrenti ed infine ad Anna Guinness ch'era rimasta laggiù, separata da molti giorni di difficile viaggio, e dalla quale non gli proveniva ormai che il più fitto silenzio.