La confusione (1964)
incipit

Attraversata l'anticamera ingombra di impermeabili bastò a Genziana Horst entrare nel salotto dei Solmi e guardarsi intorno un attimo per capire che la serata sarebbe stata inutile: di importante non c'era nessuno. Invitata per le nove e mezzo, Genziana arrivava poco prima delle undici accompagnata dall'alta figura di un giovane non noto nell'ambiente Solmi; era improbabile che la situazione potesse essere salvata dall'arrivo di nuovi ospiti; nulla ormai poteva mutare ciò che Tranquillo Massenti, suo amico giornalista superato da tempo ma i cui modi di dire le erano rimasti attaccati addosso, avrebbe chiamato "la composizione" o "l'impasto" del ricevimento.
Vedeva prima di tutto i Solmi stessi, al completo: Orlando, il padre, sempre più pretensiosamente taciturno con l'andare degli anni e degli insuccessi, il capo chino e gli occhi lucidi e interrogativi sopra occhiali calati sul naso: un'aria che voleva essere scaltra e tradiva invece l'incertezza e le visioni di fallimento. E vedeva Aurora, sua moglie, al contrario di lui sicura ed espansiva, ma di un'espansività in fondo un po' sospetta di follia, intenta ora a parlare accanitamente con il "buon" D'Abbate, anch'egli, come Orlando Solmi, giornalista laborioso e minore. Ed ecco i tre figli, Duilio, Amerigo e Sebastiano ("Ai tre giovani Solmi - Tranquillo Massenti aveva detto una volta - hanno messo nomi di unità della Marina"), che per il fatto stesso di somigliarsi tanto parevano negati a qualsiasi possibilità di successo; e le tre nuore, due delle quali erano insignificanti mentre la terza, di Milano, attraentissima, dotata di un accento nasale e astioso, "nasceva assai meglio" delle altre due e perciò si teneva sempre in un suo atto di provocante impazienza.

P.M.Pasinetti: La confusione, Bompiani 1964.