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Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma gli assomiglia". Egli però assicurava: "Sono proprio io!".

Gv 9 Vs 9


Titolo: La fonte dell'identità.


Argomenti: Il cambiamento dei punti di riferimento. L'uomo vive di ciò che conosce. La conoscenza della persona. I tre livelli di vita dell'uomo. I punti fissi di riferimento. Il mutare delle cose ci mette in crisi. Corpo presente e anima assente. Corpo assente e anima presente. L'identità dell'uomo dipende da ciò che l'uomo ha presente. Il problema del mutare delle cose. Il pensiero elegge il proprio padre. Dio fa essere l'uomo.  I due principi dell'uomo.


 

10/Maggio/1987 Casa di preghiera Fossano.


- Esposizione di Luigi Bracco -


Ci troviamo nel versetto nove in cui si dice: "Alcuni dicevano: è lui, altri dicevano: no ma, è uno che gli assomiglia. Egli però assicurava: sono proprio io".

Qui continua la scena di quei farisei che improvvisamente si sono trovati di fronte a quel cieco che era cieco dalla nascita, guarito.

Un cieco che essi conoscevano perché era un mendicante.

La scena fissa era proprio questa.

Lo conoscevano, perché il Vangelo proprio dice: "Perché era un mendicante".

Questi farisei però adesso sono posti in crisi proprio riguardo all'identità di quest'uomo.

Tanto è vero che alcuni incominciano a dire: "È lui", altri dicono: " No ma è uno che gli rassomiglia" e lui che dice: " No, sono proprio io".

Ed erano stati posti in crisi, dal fatto che quel cieco, per opera di Gesù aveva acquistato la vista, era cambiato.

Era cambiato per loro quel punto fisso di riferimento, era un mendicante, per loro era un mendicante, era un punto fisso di riferimento, lo conoscevano così.

L'incontro con Gesù aveva cambiato i connotati di quest'uomo o meglio aveva cambiato il loro punto fisso di riferimento.

Tutto è lezione di Dio per noi, tutto è Parola di Dio per noi, quindi tutto ci rivela qualche cosa di Dio per noi.

Questo fatto già ci significa il passaggio di Cristo in noi nella nostra vita: ci cambia, da uomini ciechi dalla nascita, ci fa capaci di vedere.

Però questo nostro cambiamento mette in crisi coloro che erano abituati a vederci ciechi dalla nascita.

Anche qui dobbiamo chiederci quale significato abbia per nostra vita spirituale, personale, interiore questa crisi che subiscono costoro di fronte al cambiamento di scena, di fronte cioè al cambiamento di un loro punto fisso di riferimento, di quello che erano abituati a vedere.

Soprattutto è importante che cosa ci riveli di Dio questo avvenimento: uomini posti in crisi che un certo momento incominciano a interrogarsi: "È lui o non è lui?", e lui che dice: "Sono proprio io".

Poi  vedremo le conseguenze di tutto questo.

Intanto la prima cosa è proprio questo fatto: il cambiamento d'un punto fisso di riferimento attorno a noi esterno, ci mette in crisi, mette in crisi quello di cui noi eravamo sicuri, certi, mette in crisi la nostra conoscenza.

Però mettendo in crisi quello che noi conosciamo, quello che non eravamo abituati a conoscere, ciò che per noi era motivo di giudizio, di certezza, mette in crisi noi stessi.

Già questo ci fa capire che noi viviamo di ciò che conosciamo.

Abbiamo già detto altre volte che la conoscenza ci fa essere.

E soltanto la conoscenza di Dio ci farà essere eternamente, ci porterà alla vita eterna.

La vita eterna è conoscere Dio.

Se il mutamento d'un fatto esterno, di una creatura, d'una persona ci mette in dubbio circa quella persona, il problema che si apre per noi qui è come noi conosciamo la persona?

Da che cosa la conosciamo?

Questi farisei conoscevano quel cieco, dice il Vangelo "perché era un mendicante".

Ecco, ci fa capire che noi il più delle volte, conosciamo perché siamo abituati a vedere una persona in una certa situazione e crediamo che quella sia conoscenza.

Poi arriva un giorno che quella situazione muta e allora non capiamo più, e l'uomo che non capisce più è un uomo che è messo in crisi, che è messo in dubbio, gli sono stati tolti i punti fissi di riferimento.

Questo ci fa capire che noi viviamo di punti fissi di riferimento.

Quello che ci fa essere è ciò che abbiamo presente.

Ma abbiamo visto l'altra domenica che tre sono le presenze nella vita di ogni uomo.

Abbiamo la presenza del mondo esterno, abbiamo la presenza del nostro mondo interno e c'è la presenza di Dio.

E queste tre presenze costituiscono per noi tre punti fissi di riferimento.

E quindi tre livelli di vita, perché ognuno di noi vive a seconda del punto fisso di riferimento che ha.

Ci sono punti fissi di riferimento nel nostro mondo, non giudichiamo, noi conosciamo le cose a seconda di quello che siamo abituati a vedere.

Una cosa che dura, per noi diventa già un punto fisso di riferimento.

Però quando una cosa che noi siamo abituati a vedere muta, il mutare di quella cosa ci mette in crisi, cioè fa saltare il nostro fisso di riferimento.

Tutto quello che appartiene al mondo esterno è soggetto a mutamento, il che vuol dire che fintanto che noi viviamo per il mondo esterno, noi siamo soggetti a crisi.

Perché i punti fissi di riferimento saltano, mutano.

Noi siamo un campo di assoluto, cioè un campo in cui noi non sopportiamo che le cose mutino.

Dire "Assoluto" è dire stabilità, è dire sicurezza, è dire certezza, è dire immutabilità.

La principale caratteristica di Dio secondo Sant'Agostino era l'immutabilità, perché qui abbiamo la certezza e già questo ci rivela che ciò che muta proprio, perché noi siamo fatti per l'assoluto ci mette in crisi.

Ci mette in crisi in quanto ci mette in movimento, perché noi non sopportiamo la mutazione.

Fintanto che per noi i punti fissi di riferimento sono dati dal mondo esterno, siccome il mondo esterno è sempre riferito a ciò che noi vediamo, tocchiamo, a ciò che noi sperimentiamo per cui noi adeguiamo i nostri valori, le nostre scelte in funzione di quello che noi abbiamo esperimentato, abbiamo toccato, abbiamo visto (quindi riferito all'io) e questo ci dà una certa sicurezza.

Perché ho constatato che è così.

E cominciamo a vivere secondo questi valori e quindi abbiamo dei punti fissi di riferimento.

Ogni uomo in quanto parla, in quanto sceglie, in quanto si rende disponibile per-, in quanto magari è sempre disponibile per-, rivela sempre un punto fisso di riferimento.

Tutti i punti fissi di riferimento del mondo esterno sono soggetti a mutamento e quindi in quanto noi viviamo per questo, noi dobbiamo aspettarci la crisi.

Noi non sfuggiamo a questo, come non sfuggiamo al tempo che passa.

Il tempo che passa muta le cose, quindi necessariamente ci mette in crisi, fa crollare quei punti fissi di riferimento.

Così noi abbiamo la prima situazione in cui noi abbiamo il corpo presente e l'anima assente.

Cioè per noi la realtà è il mondo esterno.

Anima assente perché quando noi riteniamo che la realtà sia al mondo esterno noi lì abbiamo il nostro punto fisso di riferimento e non sentiamo il bisogno di conoscere Dio.

Per questo dico anima assente, corpo presente, perché quello che per noi riteniamo punto fisso di riferimento, che noi riteniamo realtà, è quello che vediamo con il nostro corpo, è quello che sentiamo, quello che sperimentiamo, tutto sempre riferito al nostro corpo, corpo presente e anima assente.

Qui non c'è bisogno di cercare di Dio, Dio non interessa o, se eventualmente perché crediamo interessa, interessa in quanto ci può servire nella nostra realtà esteriore, servire per raggiungere quei fini dei nostri interessi, nel nostro mondo esterno.

Poi abbiamo il secondo livello di vita, secondo livello di vita che è determinato dal mondo esterno che muta, per cui noi restiamo delusi, entriamo in crisi e siamo costretti a pensare per cercare un altro punto fisso di riferimento.

Qui entriamo nel campo del pensiero e il mondo che muta ci costringe a pensare.

Il mondo ci mette in crisi e ci costringe a pensare per non morire.

Perché noi non sopportiamo le cose che mutano, o moriamo o necessariamente dobbiamo metterci a pensare.

A questo punto, noi abbiamo il corpo assente e l'anima presente.

Qui incomincia l'interesse per Dio.

Non c'è più l'interesse per il mondo esterno, perché è mutato.

Non possiamo ignorarlo che muti e allora andiamo a cercare un sostegno, un punto fisso di riferimento altrove: il pensiero.

Ma noi col nostro pensiero possiamo o pensare al mondo esterno è allora inauguriamo un circolo chiuso, perché il mondo esterno ci costringe a pensare, noi rivolgiamo il nostro pensiero al mondo esterno e lì concludiamo col niente, col vuoto.

Oppure noi dobbiamo pensare a qualche cosa che non appartenga al mondo esterno.

Perché il mondo esterno ci riconduce sempre alla necessità di pensare.

L'unica uscita di sicurezza è il pensare a qualche cosa che non appartiene al mondo esterno, qualche cosa che non si vede con gli occhi, che non si tocca con le nostre mani, che non si esperimenta ma che è nel pensiero.

Siccome quello che ci mette in crisi è il mutamento, evidentemente, evidentemente noi stiamo andando alla ricerca, ogni uomo inconsciamente va alla ricerca di qualcosa di stabile, di qualcosa che non muti e questo qualche cosa che non muti non può più trovarlo nel mondo esterno (cerchio chiuso), lo deve cercare nel suo pensiero.

La verità abita dentro di te, devi cercare in Dio, la devi cercare in quello che è assoluto.

Assoluto vuol dire che non dipende da niente.

Solo ciò che non dipende da niente non è soggetto a mutamento.

Noi non potremmo pensare all'assoluto (sciolto da qualsiasi condizionamento) se questo non fosse presente nel nostro pensiero.

Se è presente nel nostro pensiero, noi possiamo pensarlo questo Assoluto.

Noi possiamo pensare Dio.

Possiamo pensarlo, non siamo costretti a pensare Dio, perché noi col nostro pensiero possiamo rivolgerci al mondo esterno, è vero che il mondo esterno ci riconduce sempre alla necessità di pensare, però noi possiamo distogliere il nostro pensiero dalla ricerca dell'assoluto e rivolgerlo al mondo esterno.

Come invece possiamo pensare Dio, l'immutabile, l'assoluto.

Se l'uomo entra in crisi in quanto ha presente qualche cosa che muta, già questo fatto ci fa capire che l'identità dell'uomo non dipende da ciò che l'uomo è ma, dipende da ciò che l'uomo ha presente.

L'uomo non è un io assoluto, immutabile.

Se fosse immutabile non entrerebbe in crisi, se entra in crisi vuol dire che muta e non è una realtà assoluta (la realtà assoluta è Dio) e se entra in crisi in quanto muta ciò che lui ha presente, evidentemente già questo ci fa capire che solo se l'uomo ha presente ciò che non muta nel modo più assoluto, l'uomo può evitare la crisi.

Ma l'uomo può evitare il mutare delle cose?

Può evitare il passare del tempo?

Fintanto che è proiettato nel mondo esterno, sicuramente non può evitare.

Però in lui si forma il problema della necessità per evitare la crisi, di evitare quello che muta.

In quanto c'è un problema, in quanto l'uomo sente il problema ha la soluzione, se non avesse l'soluzione del problema non sentirebbe il problema.

L'animale non ha problema di Dio, non ha il problema dell'assoluto, non ha il problema della sua identità.

L'animale non entra in crisi per la sua identità.

L'uomo entra in crisi d'identità crisi, di vita, ed è una crisi esistenziale, crisi perché gli è mutato il punto fisso di riferimento.

Questo è un problema dell'uomo e in quanto l'uomo sente il problema ha la soluzione.

Se ha la soluzione vuol dire che può sfuggire a tutto ciò che muta.

Come può sfuggire?

Trovando ciò che non muta.

Questo ci rivela che l'uomo ha la possibilità, altrimenti non sentirebbe il problema, di giungere ad avere presente ciò che non muta e soltanto giungendo a questa Presenza, trova la fonte della sua identità.

Un'identità che non è più soggetta a crisi, perché non è più soggetto a mutamento di ciò che lui ha presente.

L'ultima volta l'argomento della conversazione era proprio le vie del pensiero e abbiamo visto come il pensiero (la verità immutabile si trova solo nel campo del pensiero) ha questa capacità stupenda e terribile: quella di eleggersi il proprio genitore.

Il pensiero nostro diventa figlio di ciò a cui si dedica.

Quindi dedicandosi a-, elegge un padre, elegge cioè ciò che lo fa essere.

Soltanto se il nostro pensiero si dedica a Dio, diventa figlio di Dio, diventa figlio cioè di ciò che immutabile, di ciò che assoluto.

Ma se si dedica ad altro, subisce tutti i condizionamenti dell'altro e siccome solo Dio, solo la verità è immutabile solo Dio è l'assoluto, rivolgendo il nostro pensiero ad altro, a qualsiasi altra cosa, fossero anche degli angeli, rivolgendo il nostro pensiero ad altro certamente noi ci apriamo alle crisi esistenziali.

Prima nel nostro pensiero, poi nella nostra stessa vita.

Crisi della nostra individualità, della nostra personalità: chi ci fa essere è l'altro, è il "tu" ma, deve essere un "Tu" immutabile.

Quindi soltanto con il pensiero, se noi dedichiamo il nostro pensiero a Dio, noi ci possiamo assicurare ciò che non muta e quindi assicurare la liberazione da tutte le crisi d'identità nelle quali incappiamo in quanto dedichiamo il nostro pensiero ad altro da Dio, ad altro che è relativo non assoluto.

Ma il fatto stesso che noi siamo fatti per questo assoluto è che questo assoluto deriva dal "Tu" di Dio e il fatto stesso che noi siamo soggetti a crisi quando ci rivolgiamo ad altro, già ci fa capire che il nostro pensiero può certamente eleggere il suo genitore però, prima che noi leggiamo il nostro genitore la nostra esistenza non dipende mica da noi, abbiamo un Genitore che ci fa essere.

Cioè abbiamo Dio che ci vuole prima che noi lo vogliamo, abbiamo Dio che si rende presente in noi, prima che noi l'abbiamo presente, abbiamo Dio che abita in noi, prima che noi abitiamo in Lui.

La caratteristica dell'uomo per cui dopo subisce le crisi d'identità sta in questo: l'uomo non sopporta che le cose cambino o che le persone che amiamo mutino, perché è fatto per l'immutabile, nonostante che lui subisca tutte le conseguenze di questo mutare delle cose, ne soffre, ne patisce, eppure lui rimane sempre se stesso, cioè rimane sempre un io, una persona.

Il che vuol dire che non è l'oggetto del suo pensiero che fa essere l'uomo, chi fa essere l'uomo è Dio.

L'uomo è creatura di Dio.

Quindi l'uomo ha la consapevolezza del suo  io, di essere persona che resta come io, nonostante tutti i mutamenti che lui subisce, tutte le crisi che subisce.

Per cui noi possiamo subire tutte le crisi di questo mondo, possiamo anche morire ma restiamo un io, restiamo un io non per volontà nostra ma, per volontà di Colui che ci ha fatti essere, per volontà del Creatore, per volontà di Dio.

Quindi il nostro io è costituito dalla presenza di Dio, da questo "Tu" immutabile in noi eterno ed è questo che ci fa essere, ci fa  essere come io, come persona, però Dio abita in noi e costituisce qui il nostro io, per cui il nostro io è fatto in coppia, fatto dalla presenza di Dio e dal nostro pensiero che pensa Lui.

Dio abita in noi, non è detto che noi abitiamo in Dio.

Tutte le crisi sono date da questo fatto: Dio abita in noi, non è detto che noi abitiamo in Dio.

Noi abitiamo là, dove pensiamo, abitiamo là dove dedichiamo il nostro pensiero.

E il nostro pensiero, noi lo determiniamo attraverso le scelte che facciamo ogni giorno, ciò per cui noi viviamo.

Ogni giorno noi facciamo delle scelte e ogni giorno quindi determiniamo l'oggetto del nostro pensiero.

Se l'oggetto del nostro pensiero non è Colui che ci fa essere, qui si crea (una parola che non vorrei usare) una dicotomia.

Cioè si crea una rottura, si introduce un altro fattore che ci fa essere.

Perché quello che ci fa essere è quello che noi eleggiamo con il nostro pensiero, dedicando nostro pensiero a-, siamo determinati da quello, però quello che ci fa essere è Dio.

Se l'oggetto del nostro pensiero non è Dio, qui creiamo una frattura tra ciò che noi siamo per effetto di ciò che noi abbiamo eletto nel nostro pensiero e ciò che veramente ci fa essere cioè Dio.

Tutte le crisi nascono da questa frattura che si forma in noi.

L'unico modo è quello di far coincidere l'oggetto del nostro pensiero, l'oggetto della nostra vita, con il Principio della nostra vita oggettivo, cioè indipendente da noi, farlo coincidere con Dio.

Il nostro principio è Dio che ci fa essere indipendentemente da noi, ciò per cui noi viviamo personalmente, quindi soggettivamente, deve coincidere con il nostro Principio oggettivo in noi, indipendente da noi.

Solo da questa armonia, da questa coincidenza noi viviamo e quindi abbiamo come genitore il nostro vero padre Dio e abbiamo qui la possibilità allora di evitare tutte le crisi d'identità, le crisi esistenziale che si formano nella nostra vita quando noi abbiamo come genitore altro da Dio.


 - Conversazione -


Luigi: Noi non sopportiamo il cambiamento, perché il cambiamento mette in crisi noi.

Il mutamento dell’altro, mette in crisi noi, per questo non lo sopportiamo.

A.: Dio ha dato all’uomo il meccanismo dell’abitudine, appunto perché liberasse il pensiero dalle cose che mutano, affinché lo dedicasse alle cose che non mutano.

E l’uomo invece applica l’abitudine al pensiero, cioè io abituato a vedere una certa situazione, sono messo in crisi da un suo cambiamento che è uno stimolo di Dio per farmi pensare.

L’abitudine applicata al pensiero, è l’annullamento del pensiero e l’annullamento della ricerca di Dio come punto fisso di riferimento.

Luigi: Questa abitudine che può anche diventare una regola per noi, è proprio distruggere il nostro pensiero.

Distruggere il nostro pensiero vuol poi dire distruggere noi stessi.

Vivere di abitudine distrugge il nostro pensiero, quindi distrugge la nostra vita.

A.: L’abitudine è valida se libera il nostro pensiero.

Luigi: Se libera il nostro pensiero affinché il nostro pensiero si dedichi a Dio, per approfondire una cosa che ancora non tocchi, non vedi, non conosci.

Ma vivere d’abitudine come pensiero è distruggere il nostro pensiero.

A.: Un altro elemento importante è che l’identità nostra è data da ciò che abbiamo presente.

E anche il nostro aspetto fisico viene determinato da ciò per cui noi viviamo.

Siamo fatti a immagine e somiglianza di ciò che contempliamo.

Malgrado questo non si annulla in noi il desiderio di Dio e dell’assoluto.

Perché prima che noi abbiamo consapevolezza dell’assoluto, questo è già in noi.

Luigi: Se noi non avessimo presente l’assoluto in noi, noi non entreremmo in crisi di fronte al mutamento delle cose.

La nostra crisi, conseguenza del mutamento delle cose, rivela soprattutto la presenza in noi dell’assoluto.

Per cui il nostro io rimane, pur attraverso tutte le crisi che subisce.

Non è che la crisi faccia saltare il nostro io, il nostro io rimane.

È proprio questo permanere del nostro io, nonostante tutti i mutamenti che crea la nostra sofferenza, la nostra tribolazione.

A.: E dimostra anche l’azione che Dio svolge nei confronti di ognuno di noi, in qualunque situazione si trovi il nostro io, Dio scende a dialogare con noi.

Luigi: Sì ma bisogna scoprire queste grandi dimensioni che ci sono in noi, queste grandi presenze.

La presenza del mondo esterno che fa capo al nostro io, per cui la cosa è, perché io la vedo e la tocco.

La presenza del nostro pensiero, per cui la cosa ad un certo momento è intellegibile soltanto per mezzo del pensiero.

La presenza di Dio nel nostro pensiero.

Ci sono questi passaggi da fare che sono esigenze assolute di vita, per arrivare a trovare il nostro punto fisso di riferimento immutabile.

Da cui dopo ne deriva in noi la fonte della nostra identità che non è più soggetta a crisi.

Perché soltanto trovando il Tu immutabile, io non sono più soggetto a crisi.

A.: E da questo ne deriva la possibilità di riferire tutto a questo punto immutabile.

Luigi: Perché io non posso restare in Dio se non raccolgo tutto in Dio.

Siccome Dio è il punto fisso di riferimento, io resto con Dio in quanto raccolgo, attraverso il suo Pensiero, tutto in Dio.

Per cui Dio deve diventare l’oggetto attuale del nostro pensare.

Io anche se credo in Dio, anche se prego Dio da mattina a sera, ma ho come oggetto attuale del mio pensiero qualche mio problema, io creo una frattura tra quello che è il mio genitore e il mio vero Genitore, ho due genitori.

Ho due padri e questi due padri creano un conflitto in me, ed è uno strazio.

Perché il nostro pensiero diventa figlio di ciò a cui si dedica, quindi elegge un genitore, se questo genitore non è Dio, eleggo in me un principio diverso da Dio.

Il vero Principio è Dio, quindi c’è un conflitto dentro di me.

A.: Non posso sopprimere l’esigenza di Dio.

Luigi: Io non posso scacciare Dio.

Perché Dio è Colui che mi fa essere.

Ma io però ho un altro principio, un altro padre.

Ecco allora la frattura.

Noi siamo giocati da ciò a cui ci dedichiamo, perché quello diventa in noi l’elemento determinante.

Se io penso al giardino, sono condizionato dal giardino e non me ne libero mica.

Me ne libero solo se io mi dedico a cercare Dio prima di tutto.

A costo di stare chiuso in una stanza da mattina a sera.

Bisogna pensare Dio, fare Dio oggetto del nostro pensare.

Bisogna preoccuparsi di pensare Dio, di conoscerlo, di trovarlo.

Di trovarlo come “Tu”, come Colui che mi fa essere, di Colui che forma in me il mio io.

Il nostro io è formato dal suo “Tu”.

La nostra grande preoccupazione deve essere questa.

Anche se vedi la zizzania, non preoccuparti di toglierla.

Il problema non è questo.

Il problema è quello di fare crescere in noi la conoscenza di Dio.

Questa conoscenza cresce in quanto faccio Dio oggetto attuale del mio pensare: “Pensa a Me e Io penso a tutto”.

C.: Ognuno di noi vive in un  livello in cui il pensiero non è orientato decisamente a Dio.

Invece bisogna puntare decisamente al pensiero di Dio che abita dentro di noi.

Luigi: Dio abita dentro di noi e noi dobbiamo dedicare il nostro pensiero a Lui.

Perché dedicando il nostro pensiero, noi eleggiamo il nostro genitore.

Il vero genitore è Dio.

Il vero padre è Dio.

Il vero principio è Dio.

Soltanto se noi dedichiamo il nostro pensiero a Dio, Dio diventa il nostro padre.

Il nostro pensiero ha la caratteristica di farci diventare figli di ciò a cui dedichiamo il nostro pensiero.

Ma se noi diventiamo figli di ciò a cui dedichiamo il pensiero, se noi dedichiamo il pensiero a Dio, diventiamo figli di Dio.

Dedicando il pensiero a Dio.

Noi dedicando il nostro pensiero, eleggiamo il nostro genitore.

Io posso eleggere come mio genitore il denaro, un animale o una carriera o me stesso distruggendomi.

Ma posso eleggere come genitore Dio.

Il che vuol dire che Dio dà nelle nostre mani di eleggere il Padre che vogliamo.

“Scegli, puoi avere Me come padre e puoi avere qualunque altra cosa come padre e diventi figlio di quella”.

Ed effettivamente diventiamo figli di ciò a cui dedichiamo il nostro pensiero.

C.: Ci può essere invece la tentazione di volere noi modificare l’esterno.

Invece puntando al pensiero di Dio, Lui ci fa vedere che l’esterno è opera sua.

Luigi: E si scopre che la vera vita non sta nel modificare il mondo attorno a noi ma sta nel capire il significato del pensiero di Dio in quello che Dio ci presenta attorno a noi.

Per cui in quello che per noi apparentemente sembra un male, trovando il Pensiero di Dio, trovo una partecipazione di vita di Dio per me.

E quindi il significato diventa molto più importante del segno.

D.: Le più grandi potenze dell’universo le portiamo dentro di noi e noi possiamo perdere la capacità di pensare Dio.

Luigi:  E pensare Dio non è una possibilità che non posso rinviare.

Perché io giorno per giorno non posso non pensare.

Giorno per giorno io dedico il mio pensiero a qualcosa.

E dedicando il mio pensiero, automaticamente eleggo un genitore, eleggo un padre.

Giorno dopo giorno, io dedico il mio pensiero a qualcosa, saranno delle sciocchezze ma divento figlio di quelle sciocchezze.

D.: Ed eleggendo un genitore diverso da Dio, in me avviene la rottura con Dio.

Luigi: Rottura e crisi.

“Sarete tormentati dai vostri idoli”, poiché tutto ciò che è diverso da Dio è soggetto a mutazione e tutto ciò che muta mi mette in crisi, perché io sono fatto per l’assoluto.

Mette in crisi la mia identità.

Mentre invece Dio che non muta mi conferma nell’identità di quello che veramente sono.

Dio conferma la nostra personalità.

Più noi ci apriamo ad altro da Dio e più noi ci apriamo alle grandi crisi.

Crisi d’identità e crisi della nostra stessa vita.

Per cui ad un certo momento non sappiamo più per che cosa vivere.

La nostra volontà è solo una funzione di ciò che noi abbiamo presente, è un campo d’applicazione di ciò che noi abbiamo presente.

Noi dividendoci da Dio, inauguriamo una conflittualità dentro di noi.

Quindi è un principio di distruzione di noi stessi.

E arriva il momento in cui non siamo più capaci a volere niente.

Dove ci sono due volontà in conflitto, tu resti paralizzata, non puoi più volere, perché la volontà scatta in quando vuoi una sola cosa.

D.: Il più grande male è scegliere altro da quello che ci fa essere.

Luigi: Perché scegliendo altro da quello che mi fa essere, io vado contro la Verità.

Perché Dio è Colui che mi fa essere e io scelgo altro da Colui che mi fa essere: io sono contro la Verità.

Perché poi, quello che noi scegliamo personalmente, diventa l’elemento dominante in noi, non è mica Dio l’elemento dominante in noi, per cui Dio è presente in me, ma io sperimento l’assenza e non c’è nessuno che mi possa fare esperimentare la presenza di Dio.

Perché io ho presente ciò a cui dedico il mio pensiero, se io dedico il mio pensiero ad altro da Dio, questo mi fa esperimentare l’assenza di Dio.

Il mio tormento è questo: Dio è presente ma io esperimento l’assenza di Dio.

Ecco per cui la presenza di Dio è una sintesi, se voglio esperimentare la presenza di Dio, io devo far coincidere l’oggetto personale del mio pensare con Dio, altrimenti esperimento l’assenza di Dio.

E quest’assenza di Dio è più forte della presenza di Dio.

Sembra strano ma, per me personalmente, l’assenza di Dio, quindi il dato soggettivo mio, per me è più forte, quindi più pressante su di me, della presenza stessa di Dio.

Non posso annullare la presenza di Dio, però non posso trovare la presenza di Dio, perché sono dominato da ciò che ho presente io.

D.: Se invece scelgo Dio come genitore...

Luigi: Dobbiamo stare attenti a non fare solo delle parole, ritenendo che avere Dio come padre sia dirgli: “Padre mio”.

Tu eleggi Dio come padre, in quanto dedichi il tuo pensiero a Lui, anche senza dirlo a parole.

Su tu dedichi il tuo pensiero a Dio, Dio diventa tuo padre.

“Io non sto a guardare quello che voi mi dite con le labbra, io sono stufo dei vostri canti, tutte le parole le traducete in canti”.

Dio rifiuta questo, noi dobbiamo dare a Lui il nostro pensiero, non i nostri canti.

E.: Anche l’orticello e il Vangelo sono parole di Dio...

Luigi: L’orticello è una parola di Dio ma se tu sei nello Spirito di Dio.

Se tu sei nello Spirito di Dio, Dio ti parla anche attraverso l’orticello, perché tutto è parola di Dio, ma l’orticello non ti fa conoscere Dio, come ti fa conoscere Dio la Parola di Dio del Vangelo.

Se tu vuoi arrivare a conoscere Dio, a un certo momento devi chiuderti in una stanza e impegnarti sulla parola di Cristo.

“Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”.

E quel “Me” non è l’orticello, sia chiaro, quel “me” è un “Io” e l”Io” di Cristo non è l”io” di una creatura.

È un “Io”.

Ora, si arriva al Padre, attraverso questo “Io” di Cristo.

Passaggio obbligato.

Per cui se non ci impegniamo con Cristo, noi non arriviamo certamente al Padre.

Cioè, tutto quello che avviene nel mondo esterno ci deve mettere in movimento verso il significato di Dio, il Pensiero di Dio e questa ricerca del Pensiero di Dio mi deve portare all’incontro con Cristo.

Ed è poi Cristo che mi conduce al Padre.

Poi dal Padre, con lo Spirito di Verità, allora sì questo mi condurrà a vedere la Verità in tutto, anche nel filo d’erba.

Ma è lo Spirito di Verità che mi conduce a vedere la Verità in tutto.

Ma se non ho fatto questo passaggio obbligato, io faccio del sentimento e non arrivo al Padre.

C.: Dedicando il pensiero a Dio, faccio Dio mio Padre e lì si esperimenta la presenza di Dio.

Luigi: La Presenza è conseguenza della venuta dello Spirito Santo e lo Spirito Santo è la scoperta della presenza del Padre e del Figlio in noi, però la chiave di tutto sta nel dedicare il pensiero a Dio.

Noi dobbiamo fare questi tre passaggi, dal mondo esterno all’interno, e dall’interno a Dio.

Non basta solo ritirarci nell’interno, bisogna passare dall’interno a Dio.

Perché Dio si conosce soltanto in Dio.

La presenza di Dio si trova soltanto in Dio.

E.: Quando Dio diventa il mio problema, sono già figlia di Dio?

Luigi: Cosa vuole dire diventare tuo problema?

E.: Sono ancora dominata da tante cose, però Dio è il mio problema...

Luigi: Cioè tuo problema come impegno di pensiero?

Come impegno di pensiero vuole dire che tu sei attratta da Dio, in quanto attratta da Dio appartieni a Dio.

Perché quando uno è attratto da-, appartiene a ciò di cui è attratto.

E.: Anche se sono ancora dominata da altre cose...

Luigi: L’attrazione ti libera, perché l’attrazione per-, ti libera da tutto il resto.

Le altre cose mi annoiano perché? Perché io sono attratto da Quello.

Bisogna fare l’orso, quando uno è attratto fa l’orso verso tutto il resto.

Non sa cosa farsene del resto.

Dio ci libera ma ci libera attraverso la sua attrazione.

Se tu sei tanto attratta da qualcosa, tutto il resto lo vai scartando e a un certo momento fai blocco con ciò che ti attrae.

E proprio questo blocco con ciò che ti attrae, ti libera da tutto il resto.

Tu a un certo momento ti senti libera da tutto il resto.

Come non si sceglie veramente se non si lascia, così non si dice il “sì” se non si dicono tanti “no”.

Altrimenti se dico si a tutti non concludo nulla.

Il dire “sì”, presuppone dire tanti no”.

Quando uno è attratto dice un “sì” ma dice anche tanti “no”.

“Sia il tuo parlare sì,si, no, no, il di più viene dal demonio”.

Se noi diciamo “sì” a Dio, noi vediamo che Dio ci libera da tutto il resto.

Ma bisogna dire tanti “no” al mondo.

F.: Quando Dio ci conduce a scoprire che il nostro io è fatto dalla sua presenza, la realtà diventa il suo Spirito.

Luigi: Certo, perché tutto il resto fa capo al mio io, ma il mio io fa capo a chi?

Nessuno di noi si conosce.

Chi mi fa essere?

E intanto subisco tutte le crisi d’identità.

E nella crisi dove m’appoggio?

Il mio io da solo non sta su.

Chi fa essere il mio io e cosa è questo mio io?

Il mio io che è poi l’albero della scienza del bene e del male al centro del paradiso terrestre.

Tu non ti devi nutrire di questo, ma devi capire il significato in Dio.

Il nostro io è una cosa importantissima, per conoscere Dio.

Perché tutto s’incentra sul mio io, ma il mio io cosa è.

A un certo momento debbo portare anche il mio io a Dio.

E proprio portando a Dio il mio io, capisco che questa coscienza di essere...

Cos’è questo mio sapere di essere?

E perché il non sapere di essere mi mette in crisi?

Il mio sapere di essere è sapere l’Essere.

Il mio sapere di essere cioè la coscienza del mio io, è data dalla presenza in me dell’assoluto.

E siccome è data dalla presenza dell’assoluto, tutte le volte che io mi rivolgo a qualcosa che non è assoluto, io entro in crisi.

È il mio io che entra in crisi.

Perché il mio io è fatto dalla presenza dell’assoluto.

“Io so di essere”, no, tu “sai l’Essere”.

L’Essere, cioè Dio è Colui che nessun uomo ignora, perché è quello che forma il nostro io.

G.: Chi prega per sé prega per il mondo, qui Gesù dà la vista al cieco ma per salvare gli spettatori.

Luigi: Mette in crisi gli altri per salvarli.

Le crisi in cui Dio ci mette, sono per salvarci.

Mica per escluderci, Dio vuole salvare tutti.

Per cui Dio illumina qualcuno e acceca qualcun altro.

Ma sia l’illuminazione che l’accecamento sono per la nostra salvezza.

H.: Se Dio abita in noi...

Luigi: Come “se”???

H.: Dato che Dio abita in noi e noi possiamo non abitare in Dio, come è possibile che l’assoluto non vinca la forza del nostro io?

Luigi: Dio si offre ad essere scelto da noi, cioè ad essere pensato da noi, perché soltanto ciò che è pensato diventa vera nostra vita.

Dio vuole diventare nostra vita.

Dio è la nostra vita, ma non diventa nostra vita se non è scelto da noi, se non è pensato da me personalmente.

Dio si offre ad essere scelto per diventare mia vita, perché mia vita diventa ciò che io scelgo, ciò a cui io penso, non ciò che mi si impone.

Arriverà un giorno in cui Dio s’imporrà ma questo mi può mandare all’inferno.

Soltanto se io lo scelgo, cioè se io abito in Lui, Lui diventa mia vita.

Altrimenti a un certo momento, Lui s’imporrà come Verità. La Verità s’impone ma io non posso sopportarla.

Qualunque cosa, io posso sopportarla se la porto dentro di me.

Se una persona la porto dentro di me e l’ho interiorizzata, l’incontro è felice ma se io non la porto dentro di me diventa un disturbo quella persona, non la sopporto, perché viene magari a portarmi via dal mio mondo, dai miei impegni, dalle mie cose.

Quindi la Verità è sopportabile, nella misura in cui noi l’abbiamo interiorizzata, in quanto l’abbiamo fatta oggetto del nostro pensiero, prima che questa s’imponga.

Le vergini stolte sono rimaste chiuse fuori, eppure andavano a cercare Dio, eppure avevano la fede, eppure erano vergini e sono state chiuse fuori.

Perché?

Perché non avevano fatto Dio oggetto d’intelligenza.

Non avevano fatto Dio oggetto di ricerca, poi arriva il momento in cui Dio s’impone.

Ma quando s’impone resti chiusa fuori.

Quindi bisogna anticipare i tempi.

L’amore anticipa l’incontro, anticipa il tempo: pensa prima che l’altro venga.

Vegliare mica vuole dire restare lì a fare niente.

Vegliare vuole proprio dire pensare a Lui, prima che Lui venga.

Perché soltanto se tu hai pensato a Lui, prima che Lui venga, quando Lui verrà potrai abbracciarlo: “Ti ho sognato tanto”.

Quindi è il sogno, quello che portiamo dentro di noi che ci rende possibile sopportare la realtà.

M.: Però pensare a Dio è difficile perché Dio non si vede.

Luigi: Certo, noi siamo portati alla superficialità e invece Dio per noi è una cosa difficile.

Infatti il Signore dice che la strada è difficile: “Sforzatevi di entrare”.

La porta è stretta, appunto perché richiede il superamento.

N.: Tutte le nostre difficoltà sono determinate dal fatto che eleggiamo nella nostra vita un fine diverso da Dio.

Luigi: Sì, la crisi d’identità mi rivela che noi siamo fatti per l’assoluto, per l’immutabile e viviamo invece per ciò che non è assoluto.

La crisi d’identità ha queste due grandi rivelazioni.

Prima di tutto ci rivela che noi siamo fatti per l’assoluto, perché altrimenti non subirei la crisi.

Nello stesso tempo mi rivela che io sto vivendo per altro dall’assoluto a cui sono destinato.

Questi giudei, sono messi in crisi da uno che è mutato.

Se lui fosse sempre restato cieco e mendicante, non ci sarebbe stato nessun problema.

Era un punto fisso di riferimento, sapevano che tutte le volte che andavano al tempio, trovavano quel cieco sui gradini.

Come tu andando verso Cuneo vedi tutte le indicazioni stradali per Cuneo, se uno cambiasse tutti i segnali stradali, tu saresti messo in crisi.

Noi abituati a vedere sempre certi segni, lì facciamo nostri punti fissi di riferimento.

I segni che durano un certo tempo, per noi diventano motivo di sicurezza.

Passo in un tale luogo, vedo sempre lo stesso segno e allora mi sento confermato, poi arriva un momento in cui un terremoto ti cambia tutti i segni.

È finito e tu sei in crisi.

Non sai più dove andare.

E se facciamo attenzione, noi vediamo che viviamo di questi punti fissi.

Noi viviamo di punti fissi di riferimento che sono soltanto delle abitudini.

Non è intelligenza.

L’intelligenza è solo presso Dio.

N.: E si capisce che il fine di questi giudei non era la conoscenza di Dio.

Luigi: Noi nel pensiero del nostro io, viviamo sempre in relazione a punti fissi di riferimento del mondo esterno.

Anche le persone riteniamo di conoscerle in relazione al mondo esterno, ma non conosciamo niente, perché è tutto riferito solo a dei rapporti esterni.

Poi a un certo momento t’accorgi che non capisci niente, che non conosci niente.

Se noi facessimo attenzione, proprio nelle creature in agonia Dio gli sta togliendo tutti i punti fissi di riferimento e noi magari crediamo che vaneggi.

Per cui a un certo momento tu trovi un padre che non conosce più i suoi figli: è Dio che gli sta togliendo tutti i punti fissi di riferimento.

Perché tutte le conoscenze, anche dei nostri famigliari, sono date da rapporti con l’io.

Ma siccome il punto fisso di riferimento deve essere Dio, Dio ti toglie tutti gli altri punti fissi di riferimento e tu non ti conosci più.

Siccome è Dio che sta entrando per salvarti, ti elimina tutti gli altri punti fissi di riferimento.

Per cui tu devi imparare tutta una nuova conoscenza, che è la conoscenza che fa appello unicamente a Dio, per cui tutte le cose le conosco “perché Dio è così”.

Noi entriamo nella vera vita, nella vita eterna, soltanto in quanto abbiamo Dio come unico punto fisso di riferimento e tutte le cose le conosciamo per rapporto con Dio.

O.: Finché non troviamo la nostra identità in Dio, noi siamo sempre in crisi.

Qui i giudei avevano assolutizzato la situazione di quel cieco mendicante.

Luigi: A questo punto, loro sono diventati mendicanti e ciechi.

P.: Il cieco infatti adesso ha la coscienza della propria identità, perché oramai vede e gli altri sono stati accecati. Non conoscendo più lui, non conoscono neppure più se stessi.

Luigi: La crisi di conoscenza, diventa una crisi esistenziale nostra, perché conoscere è essere.

P.: Hai parlato di tre livelli di vita,, quindi di tre presenze?

Luigi: Certo.

P.: Quindi sarebbero tre punti fissi di riferimento.

Luigi: No,no, non l’ho detto.

È un errore, uno solo è il punto fisso di riferimento.

Le presenze sono relative, per cui bisogna affrettarsi a passare.

P.: No ma io parlavo di punti fissi di riferimento non giusti...

Luigi: Sì, per noi si...

P.: Perché vivendo a tre livelli abbiamo dei diversi punti di riferimento ad ogni livello.

Luigi: Certo, fintanto che durano.

È la durata che ci frega che agli occhi nostri ci fa vedere stabile una cosa.

P.: Per i punti fissi di riferimento esterni la cosa è chiara.

La seconda presenza è la scoperta del Pensiero oggettivo di Dio in noi.

Luigi: Certo.

P.: Quindi questa è una presenza e per una tappa della nostra vita è un punto fisso di riferimento.

Luigi: Certo...

P.: Ma questo Pensiero oggettivo di Dio non muta...

Luigi: Ma non basta, se tu non passi alla sorgente, tu perdi anche quello.

P.: Ma è un sostegno grande quello...

Luigi: Cero, si capisce.

Però a un certo momento deve diventare Pensiero di-, e quindi lo devo vedere generato da-.

Altrimenti non lo vedo come Pensiero di-.

Devo fare i passaggi, devo arrivare alla sorgente.

Devo arrivare al Padre.

Dal Padre ritrovo poi il Pensiero di Dio.

Tu conosci una cosa solo in quanto arrivi al principio di quella cosa.

Altrimenti è come se tu ti bagnassi nell’acqua di un fiume che non è più collegato con la sorgente.

La cosa va sempre collegata con il principio.


 - Riassunto - Lunedì -


Luigi: L’anima è desiderio di Verità.

Questo desiderio di Verità per noi è assente, perché per noi la Verità è quello che vediamo e che tocchiamo.

E quindi quando io ho presente la “realtà”, non cerco un altra realtà.

E quando quella realtà lì mi deluderà, comincerò a cercarne un altra, perché l’io senza realtà non regge.

Ogni mutamento, ogni delusione, ogni cambiamento m’impegna a pensare, mi mette in movimento.

Ma quando invece mi trovo con una realtà che io ritengo realtà, non sono stimolato a cercare un altra realtà.

Non sento il bisogno né di cercare, né di conoscere Dio, la mia “realtà” è quella che esperimento.

Luigi: Se l’uomo soffre per ciò che muta, è segno che l’uomo è fatto per quello che non muta.

Ciò che muta ci delude sempre.

Anche le persone, in quanto mutano ci deludono.

Però se l’uomo soffre, patisce nel vedere un mutamento, vuol dire che lui è fatto per una cosa che non muta, altrimenti non patirebbe il mutare delle cose.

Il patire è sempre una privazione.

L’uomo è fatto per ciò che non muta.

Luigi: Il nostro io è voluto da Dio.

Il nostro io è costituito dalla presenza di Dio in noi, indipendentemente da noi.

Per cui se noi ci rivolgiamo ad altro da Dio, noi patiamo, però siamo sempre noi che patiamo.

Abbiamo sempre la consapevolezza di essere noi.

Io non divento “un altro”.

È il mio io che patisce, che soffre.

Posso anche andare nell’inferno ma sono sempre io che patisco le pene dell’inferno.

Perché il mio io, è determinato dalla volontà di Dio, quindi dalla presenza di Dio.

Per cui Dio presente in me, mi fa essere.

Noi siamo immortali nel pensiero del nostro io, non possiamo essere distrutti.

Noi siamo voluti da Dio e Dio è fuori del tempo, quindi non è soggetto a mutamento.

Quindi se Lui ci vuole e ci vuole in quanto ci pensa, noi siamo immortali.

Noi siamo eterni per volontà di Dio, non per volontà nostra.

Essendo Dio fuori dal tempo, noi siamo eternamente voluti da Dio.

Tant’è vero che esperimentando cose non eterne noi soffriamo, appunto perché siamo fatti per cose eterne.

Tutto ciò che noi amiamo, vogliamo che sia eterno, che sia assoluto, che rimanga sempre, appunto perché siamo fatti per l’eternità.

Il principio d’identità del nostro io, è dato dalla presenza in noi di Dio.

Luigi: Noi siamo fatti in coppia ma non in copia.

Ognuno di noi è insostituibile.

Dio non fa due esseri uguali.

Luigi: Solo dedicando il nostro pensiero a Dio, noi eleggiamo come padre, il nostro vero Padre e allora si crea l’armonia.

Ci si fonde in un essere solo e allora qui troviamo la nostra vita, la nostra felicità.


 - Conversazione -


A.: Se non crediamo in Dio Creatore non si forma questa questa apertura?

Luigi: Il credere in Dio Creatore mi dà la possibilità di accettare tutto da Dio e poi mi fa mettere in movimento per cercare sempre in tutto il Pensiero di Dio.

Questa è la condizione per-.

Però è necessario che io dedichi il mio pensiero a Dio, per evitare la frattura con Dio.

Perché comunque sia, il mio pensiero lo dedico sempre a qualcosa.

Tutti i giorni.

Noi non possiamo vivere senza pensare.

Anche se diciamo: “Non penso a niente”, non è vero, a qualcosa pensi sempre.

Saranno delle banalità, delle sciocchezze, sarà quello che vedi con gli occhi ma certamente a qualcosa pensi.

Noi non possiamo annullare il pensiero, non c’è il vuoto assoluto.

Se noi necessariamente pensiamo sempre a qualcosa, pensando a qualcosa, eleggiamo il nostro genitore.

Perché diventiamo figli di ciò a cui pensiamo, di ciò a cui dedichiamo il nostro pensiero.

Solo se dedichiamo il nostro pensiero a Dio creatore, allora si forma l’armonia con la Verità.

Dio è Colui che ci fa essere, quindi è il nostro vero Padre.

Soltanto se dedico il mio pensiero a Dio, si forma l’armonia e allora qui non patisco le crisi.

In caso diverso debbo patire le crisi.

Perché tutto ciò che è diverso da Dio, se lo faccio oggetto della dedizione del mio pensiero, è soggetto a mutamento.

Muta, mi delude e mi porta alle crisi.

Necessariamente.

Perché solo Dio è immutabile.

Tutto ciò che non è Dio muta.

A.: Quando l’uomo è nel secondo livello ha come punto fisso di riferimento il Pensiero di Dio, però ha ancora presenti tutti i dati sensibili che erano il suo punto fisso di riferimento nel primo livello.

Luigi: Non deve essere immerso in queste presenze sensibili.

Tutto il mondo estero, diventa a un certo momento un istanza di pensiero.

Cioè ci fa pensare.

Perché?

Perché tutto il mondo esterno muta.

Il mutamento mi costringe a pensare.

Per cercare di giustificare, di capire qualcosa.

Perché è cambiato?

Vado alla ricerca di una ragione.

La ricerca della giustificazione del cambiamento.

Perché il cambiamento, di per sé non lo sopporto.

Siccome noi siamo fatti per l’assoluto, tutto quello che muta, ci delude e ci rende inquieti.

Cioè si rende insopportabile da noi.

Noi abbiamo bisogno sempre di un perché.

Cercare il perché vuole dire pensare.

Cercare una ragione.

Allora abbiamo tutto il mondo esterno soggetto al tempo che diventa in noi motivo per pensare.

Ci fa pensare.

A.: Ma comincio a pensare solo dal momento che le cose mutano?

Luigi: È il mutare delle cose che ci fa pensare.

Se le cose non mutassero io resterei tranquillo, tranquillo, perché è la mia realtà.

Infatti noi andiamo sempre alla ricerca di qualcosa che duri.

La durata delle cose ci dà pace.

Ma il solo pensare al mutare delle cose, ci rende inquieti e già ci porta a pensare.

Tutte le nostre fatiche e i nostri sforzi, sono sempre per rendere immutabile ciò che muta.

Devo dedicarmi alla casa, alla macchina, all’orto, altrimenti tutte queste cose si disfano.

Tutti i cambiamenti c’impegnano a pensare.

Se il mondo esterno diventa in me una sollecitazione a pensare, io faccio un errore grossolano se io dedico il mio pensiero al mondo esterno.

Mi chiudo in un cerchio.

Il mondo esterno mi fa pensare, io penso al mondo esterno, il mondo esterno mi fa pensare e mi esaurisco lì.

Come due persone che si amano: “Io guardo te, tu guardi me”, a un certo momento si esauriscono, non hanno più niente da dirsi, perché si esauriscono a vicenda.

Le persone sono unite solo in quanto guardano a qualcosa di diverso da loro.

Quando noi con il pensiero, guardiamo quello che ci fa pensare, lì ci esauriamo.

Il nostro pensiero va rivolto a qualcosa di diverso, che non appartiene al mondo.

Perché il mondo mi sollecita a pensare ma a pensare cosa? Non al mondo, perché tutte le volte che guardo il mondo il mondo mi obbliga a pensare.

Solo se nel mio pensiero c’è qualcosa che non è nel mondo, io posso lì rivolgere il mio pensiero.

Ora, nel nostro pensiero c’è Dio, Dio non abita fuori.

Dio abita dentro di noi e dentro di noi dove?

Squartando un corpo umano non è che trovi Dio.

Dio abita nel nostro pensiero.

Allora vuole dire che quando il mondo esterno ti sollecita a pensare, il pensiero deve rivolgersi a Dio.

Noi pensiamo in quanto ci rivolgiamo a Dio.

Cerchiamo cioè in Dio la ragione, la giustificazione del mutamento delle cose e delle creature.

Il mondo esterno presentandoci un problema ci sollecita a pensare.

Il pensiero si deve rivolgere a Dio per cercare la giustificazione, il perché delle cose.

Soltanto in Dio abbiamo la ragione delle cose, per questo diciamo che Dio è la Verità.

La Verità è ciò che ha in Sé la ragione delle cose.

Soltanto trovando Dio, noi troviamo il vero perché delle cose.

Non c’è nessuna scienza che mi possa dire il perché delle cose.

Tutte le scienze di questo mondo mi daranno sempre rapporti tra una cosa e l’altra ma non potranno mai dirmi perché le cose sono fatte così.

Perché il sole, le stelle e l’universo sono fatte così, perché l’uomo è fatto così.

Solo in Dio c’è la ragione di tutte le cose.

E noi ci riposiamo soltanto nel vedere la ragione delle cose.

Quindi ci riposiamo soltanto in Dio.

È Dio che ci dà la pienezza della vita, è Dio che ci fa essere.

B.: Il mutamento delle cose è voluto da Dio...

Luigi: È voluto da Dio perché ci sta educando a fare conto su di Lui, perché in Lui c’è la sorgente di tutto.

Noi abbiamo la passione dell’assoluto perché portiamo in noi Dio.

Per la presenza in noi di Dio, noi subiamo questa passione d’assoluto e riteniamo che sia assoluto, tutto quello che vediamo e che tocchiamo.

Poi a un certo momento mi accorgo che quella cosa lì non è assoluta.

E allo stesso modo confondo le creature con Dio: “Forse tu sei Dio”, poi però m’accorgo che nessuna creatura può essere Dio, nessun uomo può essere Dio, perché è soggetto al mutamento, perché subisce dei condizionamenti, perché muore.

L’uomo non è Dio.

Siccome noi siamo fatti per l’assoluto, tutto quello che muta, ci mette in crisi.

La crisi cosa fa?

M’impegna a pensare.

Mi fa fare un salto di qualità.

Là dove sono costretto a pensare, ho una sollecitazione.

Il mutamento non è un annullamento di verità, anzi è una affermazione di Verità.

Perché impegnandomi a pensare mi avvicina alla Verità.

Io che credevo che la verità fosse quella che io vedevo con i miei occhi, sono costretto a cercarla altrove. Perché quella si è dimostrata non verità.

Se prima me ne stavo seduto in poltrona, adesso sono messo in movimento, qui mi sto già avvicinando alla Verità.

È Dio che mi ha annullato le mie sicurezze, le mie certezze, per mettermi in movimento verso di Lui.

E siccome Lui abita nel pensiero, là dove io sono sollecitato a pensare, io mi avvicino alla conoscenza della Verità.

Quello che mi fa pensare mi avvicina a Dio.

La Verità ha paura soltanto di una cosa sola: dell’uomo che non pensa.

C.: E Dio deve annullarci tutti quelli che per noi sono punti di riferimento.

Luigi: Infatti S.Paolo dice che tutta la creazione è stata soggetta alla vanità, all’annullamento, al tempo.

Il tempo annulla, rende vani tutti i miei valori.

Il mondo è stato soggetto alla vanità per me.

Quindi tutta la creazione soffre e geme per me.

Perché io abbia ad individuare il luogo in cui si trova Dio.

A un certo momento arrivo a capire che è inutile che io corra per il mondo cercando la Verità, Dio.

Dio non può trovarsi nel mondo.

Quindi non è correndo a destra e manca che io possa trovare Dio.

Perché se sono a una certa distanza da Dio, non è che andando in Cina, in America o sulla luna, questa distanza si riduca.

No, perché la distanza è dentro di me.

Allora cessa di cercare Dio, l’assoluto, la Verità, la Vita fuori di te, rientra dentro di te, cerca nel tuo pensiero, perché la Verità la trovi lì.

Quindi qui abbiamo già una segnalazione di luogo.

Non ho ancora trovato la Verità, però so che certamente la Verità non si trova nel mondo esterno, si trova nel pensiero.

Quindi ho già un campo di ricerca molto definito, delimitato per cercare Dio.

Se la Verità fosse fuori di te, la Verità non sarebbe più Verità.

D.: Noi subiamo lo scorrere del tempo a causa del fatto che viviamo per le cose esterne, quindi per non subire lo scorrere del tempo, bisogna arrivare all’eterno.

Luigi: Lapalissiano!

D.: E cosa succede?

Luigi: Succede che il tempo viene assorbito nell’eternità.

Il tempo è come uno che faccia un discorso.

Uno che fa un discorso, parlando dice tante parole.

Le parole scorrono ma scorrendo ti conducono a vedere il suo pensiero.

Il pensiero rimane ed è eterno.

Le parole scorrono, come una manifestazione del pensiero.

Ma chi è nel pensiero è eterno, contempla le parole, le parole per lui non sono soggette al tempo ma sono un continuo richiamo a ciò che è eterno.

Quindi quando uno ha la possibilità di contemplare tutto da un punto di vista eterno, partecipa dell’eternità.

Io partecipo del tempo, sono soggetto al tempo in quanto m’immergo in cose che mutano, ma se fossi solo immerso in ciò che muta e non avessi in me qualcosa di eterno, non mi accorgerei mica del tempo che passa.

Mi accorgo che il tempo passa perché io sono fuori del tempo.

Quindi in noi, c’è qualcosa che è fuori del tempo.

Per questo dico che noi siamo eterni.

In noi c’è qualcosa fuori del tempo e proprio perché siamo fuori del tempo, noi contempliamo il tempo che passa.

Altrimenti non vedremmo il tempo passare.

Se fossimo solo nel tempo, non vedremmo il tempo passare.

Per vedere il tempo passare, io devo essere fuori del tempo, quindi avere un punto in me che è fuori del tempo.

Se però io non sono ancorato a questo eterno, a questo assoluto che è dentro di me, e mi rivolgo con la passione d’assoluto alle cose che sono fuori, io patisco, soffro il passare delle cose.

Soffro perché non sono ancorato all’eternità e non vedo le cose nell’eternità.

Mi accorgo del tempo perché il tempo è in me indipendentemente da me, però patisco che il tempo passi, patisco che le cose e le persone mutino.

E perché patisco?

Perché sono fatto per l’eternità.

D.: Quando uno conosce il pensiero, non sente neppure fluire le parole, poiché ha già conosciuto il pensiero.

Luigi: Sì, ma si vedono tutte le parole da un punto fermo, un punto unico e le parole diventano una conferma di quel punto unico, per cui non subisci il cambiamento.

Se invece non sei ancorata a quel punto fermo e vedi soltanto le cose passare, subisci il cambiamento.

E come se io non avessi presente un pensiero e leggessi delle parole, io leggo la parola, cerco di ricordarmela, la ripeto, poi quando passo alla seconda parola perdo la prima, cerco di ricordarmi due parole insieme e passo alla terza parola ma qualcosa, a un certo momento non posso trattenerlo.

Quel qualche cosa che non posso trattenere mi fa subire una privazione.

Non riesco a tenere tutto.

Non riesco a tenere tutto, perché m’immergo solo nella parola.

Il “tutto” mi è dato dal pensiero.

D.: Se conosco il tutto, ogni frammento mi conferma questo tutto.

Luigi: Certo.

E io vedo ogni frammento nel tutto.

Se invece non conosco il tutto, io patisco ogni frammento.

Passo da un frammento all’altro ma non posso trattenere tutti i frammenti.

Posso trattenerli se ho presente il tutto.

Nel tutto capisco il posto, il significato di ogni frammento.

Per questo dico che bisogna portarsi subito nel tutto, per potere raccogliere tutto nell’unità, altrimenti no.

Quindi soltanto se noi abbiamo presente l’unità, nell’unità noi possiamo raccogliere tutti i segni di questa unità.

Ma senza l’unità patiamo invece il parziale.

E.: Ma restiamo sempre nel dubbio.

Luigi: Certo fintanto che non arriviamo al pensiero restiamo sempre nel dubbio.

Il dubbio, lo dice la parola stessa è “due”.

Il dubbio sono due cose che non si fondono in uno.

Ora, quando io mi trovo tra due cose soffro.

La mia pace è nell’unità.

Devo trovare il modo di unificare le due cose in uno.

Noi siamo fatti per l’assoluto e l’assoluto è uno.

Tutto ciò che è molteplice, crea in noi una situazione di sofferenza.

E.: Però quando uno non trova il pensiero di Dio lo sostituisce con il proprio pensiero.

Luigi: Ecco, lì facciamo proprio una cavolata.

Il pensiero del nostro io non è mica il pensiero di Dio.

Il pensiero del nostro io ci fa patire il tempo e la molteplicità.

Solo superando il pensiero del nostro io, noi possiamo trovare Dio.

Nel pensiero del nostro io certamente non troviamo Dio.

Dio si trova solo nel suo pensiero.

Dio si trova in Dio, quindi nel “Tu”.

Devo dimenticare il mio io e impegnarmi a guardare l’Altro.

Dio si trova in Dio, e questo passaggio avviene solo con il pensiero.

Solo con il pensiero, io posso uscire dalla mia stanza.

Se non ho il pensiero, io resto nella mia stanza.

Resto condizionato dalle cose che ho presente davanti ai miei occhi.

È solo con il pensiero che pur essendo qui, posso andare altrove.

Tutto è segno: solo con il pensiero, io posso andare altrove dal pensiero del mio io.

Solo con il pensiero posso trovare Dio.

Dio abita nel mio pensiero ma anche io devo abitare nel Pensiero di Dio.

F.: Dio ci dà la possibilità di pensare a Lui ma non s’impone.

Luigi: Se Lui non si desse per primo noi non potremmo pensarlo.

È necessario che Lui per primo si doni a noi, perché noi siamo creature.

Noi possiamo pensare Dio, perché Dio per primo si concede al nostro pensiero.

Noi possiamo amare Dio perché Dio per primi ci ama, noi da soli non possiamo mica amare.

L’iniziativa viene sempre da Dio, per cui Dio è il creatore.

Infatti nessuno di noi può volere una cosa se per primo non l’ha vista.

Un vestito che tu non hai mai visto, tu non puoi sognartelo di desiderarlo, tu cominci a desiderarlo in quanto lo hai visto.

L’avrai visto in una rivista, in una vetrina, addosso a qualcuno, la volontà scatta dopo la visione.

Prima la cosa deve arrivare a me, una volta arrivata posso cominciare a desiderarla oppure a rifiutarla, a fare un atto di volontà, ma questo viene dopo.

Tutto il nostro agire e il nostro stesso pensare, presuppone il dono, qualcosa che si presenti a me.

Quindi Dio per primo si deve presentare a me, perché io possa pensarlo, desiderarlo, volerlo.

G.: Come si prende dimora in questo punto fisso di riferimento eterno?

Luigi: Si prende dimora pensando a-.

Tu abiti là, dove pensi.

Se tu pensi Dio, abiti in Dio.

Ma se tu pensi a un prato, abiti nel prato...e ti prendi la pioggia.

Ognuno di noi vive ed abita, là dove rivolge il suo pensiero.

E subisce anche le passioni del luogo in cui abita.

Se tu pensi una persona, tu abiti in quella persona, con quella persona, ma subisci anche tutte le passioni di quella persona.

Il nostro pensiero è fatto per abitare in Dio.

Se abitiamo in Dio, noi diventiamo figli di Dio.

G.: Come si fa a trasferirsi in Dio restando nelle parole di Dio?

Luigi: Noi non possiamo salire se non c’è uno che discende a noi.

Se Dio non viene a me, io non posso salire a Dio.

Dio viene a me prima di tutto donandomi il suo pensiero, per cui io posso pensarlo.

Per restare nel suo pensiero, io devo ascoltare le sue parole, perché le sue parole sono il sentiero che mi riconduce o mi riconduce a Dio.

Quindi nella misura in cui io ascolto le sue parole e cerco di capirle io resto in Dio.

Cioè io resto in Dio in quanto cerco di capire.

Per cercare di capire devo dedicare la mia mente.

Quindi la parola di Dio arriva a me, adesso se io l’ascolto, dedico la mente, giungo al frutto.

Evidentemente tu dedichi il pensiero, in quanto hai interesse per capire.

Dedicare la mente vuole dire collegare una cosa con il suo principio.

Collegare la parola con il suo principio, con colui che l’ha detta, per trovare il suo pensiero.

G.: Quindi da quel punto di vista vedo tutte le cose che passano come significazione di quella cosa che non passa.

Luigi: Certo.

E devo arrivare a quella cosa che non passa.

Soltanto attingendo lì, ho attinto il pensiero di Dio.

H.: Nella terza realtà i frammenti, le parole confermano il tutto, il pensiero.

Luigi: Anche se noi attingiamo a Dio per grazia di Dio, noi attingiamo a Dio per un istante, poi subito ricadiamo giù.

È Lui che parlando mi fa restare.

Cioè io non resto per mia volontà.

Io resto per Lui che parla con me.

Io posso restare alla presenza di una persona, in quanto quella persona parla con me.

Ma se quella persona non parla con me, io mi posso fermare un istante ma poi dopo me ne vado per i fatti miei.

Posso restare fisicamente presente ma il mio pensiero va altrove.

Io resto alla presenza dell’altro, in quanto l’altro parla con me.

È parlando che mi fa restare.

H.: Allora io avrò sempre bisogno che Dio mi parli...anche quando sarò in paradiso.

Luigi: E lo credo bene.

H.: Dio sempre userà dei segni per comunicare, non saranno più ambigui ma saranno sempre segni.

Luigi: Non lo so.

H.: Non ho capito il fatto che Dio deve diventare il nostro unico punto di riferimento.

Luigi: Chiunque quando parla, parla sempre avendo un punto fisso di riferimento, chiunque.

Può essere la salute “la salute prima di tutto”.

Può essere il denaro “senza denaro non si fa niente”.

Ascoltandolo, tu capisci qual è il suo punto fisso di riferimento.

E tutte le valutazioni, tutte le parole hanno sempre un certo centro: un punto fisso di riferimento.

Ogni creatura ha un suo punto fisso di riferimento.

Sarà la figura, sarà la famiglia, saranno i figli.

Ognuno ha un suo punto fisso di riferimento.

Per cui quello è intoccabile.

Per quello lui è sempre disponibile.

Ciò per cui noi siamo sempre disponibili, ciò per cui noi abbiamo sempre tempo è il nostro punto fisso di riferimento.

Quello che per me è valido al di sopra di tutto e tutte le cose le valuto in funzione di quello.

Là dove la creatura è sempre disponibile, rivela il suo punto fisso di riferimento.

Bisogna arrivare ad avere come punto fisso di riferimento Dio.

Perché quella è la Verità.

H.: E dedicando il pensiero a Dio, il punto fisso di riferimento diventa Dio...

Luigi: Col pensiero io eleggo un genitore, comincio a guardare dal punto di vista di-, dal punto di vista di Dio se mi dedico a Dio.

E allora diventa Dio il mio punto fisso di riferimento, per cui per Dio sono sempre tutto disponibile.

E tutti i miei valori sono una conseguenza di questo unico punto fisso di riferimento.

M.: Ma io posso avere come punto fisso di riferimento Dio ma parlare ugualmente della salute o dei figli.

Luigi: Va bene ma non li hai come punto fisso di riferimento, li guardi sempre dal punto di vista di Dio.

Perché tutte le cose le valuti in funzione di Dio.

Per cui se una persona cara si ammala, non è una tragedia, perché tu ragioni con Dio la cosa.

Per cui il tuo punto fisso di riferimento è sempre Dio.

Se invece tu hai il figlio come punto fisso di riferimento, una malattia diventa una tragedia.

Il punto fisso di riferimento è quello in base al quale noi valutiamo tutte le cose.

Chi ha come punto fisso di riferimento il lavoro, metterà sempre il lavoro prima di tutto.

Chi ha la moglie come punto fisso di riferimento, subordina tutto alla moglie.

Siccome abbiamo la passione d’assoluto, ognuno ha qualche suo punto fisso di riferimento.

Anche nel giudicare gli altri, per cui se per me prima di tutto c’è il denaro, un povero diavolo per me vale niente; è uno che non è capace a farsi dei soldi.

Invece una persona che si è fatta tanti soldi, quella l’ammiro.

Ma mentre io ammiro una persona che si è fatta tanti soldi, già rivelo qual è il mio punto fisso di riferimento.

Se uno mette Dio come punto fisso di riferimento, magari un povero straccione è più importante del ricco sfondato.

In tutto il nostro modo di giudicare, di renderci disponibili per una cosa, riveliamo sempre il nostro punto fisso di riferimento.

M.: Se Dio mi fa vedere il suo pensiero in ciò che muta va bene, ma il pensiero di Dio va e viene.

Luigi: No, il pensiero di Dio non va e viene.

Il pensiero di Dio rimane sempre.

M.: E quando mi si presenta una nuova realtà?

Luigi: È sempre una parola di Dio.

L’accetto da Dio e resto nel pensiero di Dio, in quanto cerco di capirne il pensiero: che cosa Dio mi dice di Sé.

Questo è il vero pregare.

Per cui ragiono sempre tutto con Dio.

Una persona parlando dice tante cose diverse, però tu hai sempre presente quella persona lì.

La persona parla, parlando comunica qualche cosa.

E tu ascoltandola non corri dietro alle parole che dice ma guardi sempre la persona.

Ci sono argomenti diversi ma il punto fisso di riferimento è sempre la persona.

G.: Però se una persona mi parla con un punto di riferimento che non è Dio e io ascolto con il punto fisso di riferimento che è Dio, non arrivo a capire quello che mi dice quella persona.

Luigi: Tu cerchi di capire che cosa Dio ti dice attraverso quella persona.

Anche di fronte a una persona che bestemmia, se tu sei orientato a Dio, tu cerchi che cosa Dio vuole dire a te, attraverso quella bestemmia.

Perché certamente attraverso quella bestemmia, Dio ti vuole dire qualcosa di Sé.

“Dio non esiste”, se tu hai presente Dio, vai a cercare che cosa Dio ti vuole dire attraverso quell’affermazione: “Dio non esiste”.

Tu non ragioni mica con la persona, tu ragioni con Dio.

E cercando il pensiero di Dio, tu superi il condizionamento della persona.

E cerchi quello che Dio ti dice.

E se devi dare una risposta a quella persona gli rispondi secondo Dio.

Se tu non vedi Dio e non contempli le cose in Dio, tu non puoi rispondere niente.

A te non interessa nulla quello che la persona può dire di te, a te interessa quello che Dio dice di te.

La Verità non può essere contraddetta, quindi se tu parli secondo Dio, tu parli in un modo tale che quella persona resta confusa o turbata, non può negare.

Nega se tu presenti degli argomenti che non sono secondo Dio.

Le ragioni umane di fronte a Dio non valgono niente, infatti Dio non le giustifica, il modo invece ti giustifica pienamente.


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