HOME  

 


Gesù disse loro: "Se foste ciechi, non avreste colpa; invece ora voi dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".

Gv 9 Vs 41  Primo tema.


Titolo: Le prime luci dell'Alba.


Argomenti: Il peccato dell'uomo. La notte è un mezzo per approdare alla Luce. Le tre concessioni di Dio. Le tre notti dell'uomo. Cristo è la sintesi di tutta l'opera di Dio. L'Ascensione. Quando una cosa passa noi entriamo nella notte. Noi conosciamo le cose in funzione dell'effetto che lasciano in noi. Conoscere una cosa è vedere il pensiero che c'è in essa. La verità creata ha bisogno della Verità Increata per essere illuminata. La notte si conclude con il sabato senza sera. Il tempo che passa è Dio che viene. I tre tramonti e il sorgere dell'anima che va verso l'incontro con lo Spirito di Verità.


 

7/Maggio/1989 Casa di preghiera Fossano.


Siamo giunti al versetto 41 del capitolo nono di San Giovanni.

Gesù dice ai farisei: "Se foste ciechi non avreste colpa, invece ora voi dite: Noi vediamo. Il vostro peccato rimane".

Ѐ l'ultimo versetto di questo capitolo ed è la conclusione dell'episodio che era iniziato con un'interrogazione sulla colpa, sul peccato e ancora si conclude sulla colpa, sul peccato.

Era iniziato con l'interrogazione degli apostoli a Gesù.

Vedendo quel cieco nato, chiesero: " Maestro: di chi è la colpa? Di chi il peccato? Suo o dei suoi genitori?".

Gesù aveva detto loro: "Né sua, né dei suoi genitori".

Non era a motivo del peccato che quell'uomo era nato cieco.

Con questo, Gesù escludeva una relazione tra ciò che accade e la situazione di peccato: Dio non punisce.

Gesù dice: "Ѐ così, perché siano manifeste in lui le opere di Dio".

Tutto accade non perché noi abbiamo a misurare il peccato, non perché noi abbiamo a fare dei tribunali per giudicare gli uomini, in relazione ai loro difetti, alle loro imperfezioni, ai loro mali.

Gesù dice: "Tutto in lui è avvenuto, affinché siano manifeste le opere di Dio".

Abbiamo detto che il capitolo era iniziato con il problema sul peccato, sulla colpa e termina con il problema sul peccato, sulla colpa.

Ma qui nella conclusione è ancora Gesù che parla e l'ultima Parola che dice è una Parola grave: "La vostra colpa, il vostro peccato rimane".

Però attraverso tutta la vicenda che Egli operò con quel cieco nato (le discussioni, le vicende, il miracolo, la difesa stessa, l'accoglienza di Gesù) è avvenuto un fatto strano.

Allora, all'inizio, avevano chiesto quale fosse la colpa perché quell'uomo fosse nato cieco, qui Gesù dice che la colpa non sta in chi è cieco ("Se foste ciechi, non avreste colpa") ma, la colpa sta nel vedere ("Voi dite: noi vediamo. La vostra colpa rimane).

Gesù è venuto a fare un capovolgimento e lo disse nel versetto precedente e l'abbiamo visto: "Sono venuto nel mondo per fare una scelta, affinché quelli che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".

E qui ha operato questo, ha fatto capire che il peccato, la colpa non va cercata nel difetto, non va cercata in quello che noi vediamo (la cecità, la povertà, la miseria, la malattia).

Il peccato dell'uomo va cercato in quello di cui lui si vanta, va cercato là dove l'uomo crede di essere qualcuno, crede di vedere.

E qui sorge la domanda: ma forse Dio vuole che siamo ciechi?

Forse Dio ci ha creati per la notte?

Per le tenebre?

Lui che è Luce?

Dio ci ha creati per la Luce.

Infatti, ha detto: "Io sono venuto affinché quelli che sono ciechi vedano".

La vita eterna è la Luce.

Dio è Luce e Dio vuole che tutti si salvino e giungano a vedere la Verità: giungano a vedere.

Quindi non ci ha creati per una notte eterna, non ci ha creati per le tenebre.

Però se Gesù dice: "Io sono venuto affinché quelli che sono ciechi vedano" (quindi è venuto a portare la Luce), ci fa capire che la condizione per poter accogliere la Luce è quella di riconoscersi ciechi.

Nell'argomento delle notti su cui ci siamo soffermati nel versetto precedente, abbiamo visto che le notti hanno una funzione molto importante: quella di portare, di far sfociare l'uomo nella Luce.

La notte non è una notte eterna e la cecità dell'uomo non è una cecità eterna ma, sono un mezzo perché l'uomo possa approdare alla Luce.

E perché è necessario passare attraverso la notte?

Perché è necessario passare attraverso la cecità per giungere alla Luce?

Qui abbiamo già l'accenno delle beatitudini.

Gesù stesso dice che Lui non è venuto per i giusti ma, è venuto per i peccatori.

Non è venuto per i sani ma, è venuto per i malati.

Non è venuto per i ricchi, è venuto per i poveri.

Tutto questo perché?

Perché il Regno di Dio è dei poveri, non è dei ricchi.

Il Regno di Dio è di coloro che piangono, è di coloro che patiscono la privazione di qualche cosa.

Ecco: di coloro che patiscono la privazione di qualche cosa.

E il cieco che cosa patisce?

Il cieco è colui che patisce la privazione della luce.

Il cieco è uno che, ha al di sopra di tutto il bisogno di vedere: "Signore che io veda".

Supplica invoca, grida il cieco di Gerico.

Ed è l'espressione di ogni uomo, se c'è qualche cosa che l'uomo patisce è proprio la privazione della luce.

L'uomo è fatto per la Luce, l'uomo è fatto per conoscere la Verità, l'uomo è fatto per conoscere Dio, poiché conoscere Dio è la vita eterna: e l'uomo è fatto per vivere e per vivere eternamente e non per morire.

L'uomo non si deve rassegnare a morire, come non si deve rassegnare alle tenebre, non si deve rassegnare a non capire, a non sapere, perché Dio vuole che l'uomo sappia, vuole che l'uomo conosca, l'uomo è stato creato per questo, Dio l'ha creato per questo e continua a volerlo per questo.

Cristo è morto per questo.

Ecco l'argomento delle notti, ci ha resi capaci e adesso di capire significato della conclusione delle notti stesse, là dove conducono le notti.

Perché la notte è per formare in noi un grande desiderio, il desiderio che coloro che vedono non possono avere, perché già vedono, e nel Regno di Dio si entra soltanto in quanto uno ha un grande desiderio e questo desiderio deve essere il desiderio della Luce.

La notte è fatta per portare l'uomo nel desiderio del Giorno, nel desiderio della Luce, perché giunge alla Luce soltanto colui che la desidera.

La Luce è il dono maggiore di Dio, la conoscenza di Dio che è la vita eterna è il più grande dono che Dio ha riservato all'uomo.

Ma la condizione per poter ricevere i doni maggiori è quella di invocarli, è quella di desiderarli, è quella di chiederli.

Perché viene aperto soltanto a coloro che bussano e viene dato soltanto a colui che chiede.

La notte, come la cecità è data all'uomo per formare nell'uomo questo bisogno, questa invocazione, questo desiderio, questo sospiro, questa preghiera per ottenere la Luce.

Ma l'uomo deve desiderare di entrare in questa notte, poiché abbiamo detto che tre sono i mondi che Dio conceda all'uomo e sono mondi di presenza, perché l'uomo vive di presenza e quando l'uomo è privato di una presenza, non sta più su.

E Dio per dare all'uomo la possibilità di stare su, gli concede (concessioni Dio)  tre presenze: il mondo esterno, il mondo interno, il mondo del Pensiero di Dio.

Concessioni fatte all'uomo affinché l'uomo possa stare su.

Ma poi abbiamo visto che in queste tre concessioni Dio fa sentire la sua Parola, per inoltrare l'uomo nella notte.

La prima notte è il passaggio dal mondo esterno all'interno.

La seconda notte è il passaggio dal mondo interno al Pensiero di Dio.

La terza notte è il passaggio dal Pensiero di Dio al Padre.

L'uomo sollecitato dalla Parola di Dio (perché l'iniziativa è sempre di Dio) deve entrare in queste notti, deve fare questi passaggi.

L'uomo può resistere, può arroccarsi in quello che sa o in quello che crede di sapere, può arroccarsi in quello che vede e qui, dice Gesù sta il peccato.

Il peccato è nell'uomo che si arrocca su ciò che sa, su ciò che vede e rifiuta di aprirsi alla notte che Dio li propone.

La notte è inoltrarsi in ciò che uno ancora non sa, in ciò che uno ancora non vede, perché glielo propone la Parola di Dio.

È la Parola di Dio e proprio perché è Parola di Dio, dell'essere infinito, dell'essere eterno, propone sempre all'uomo qualcosa che l'uomo ancora non sa e non vede.

L'uomo deve impegnarsi in questo che la Parola di Dio gli propone, se vuole giungere a vedere quello che ancora non vede, se vuole giungere alla Luce.

Ecco perché la cecità, la notte diventa un passaggio obbligato attraverso cui giungere a conoscere.

Cristo dice: "Se io non me ne vado, non può venire a voi Spirito, ma se me ne vado, ve lo manderò dal Padre".

Ecco la sintesi.

La sintesi, l'anima di tutta l'opera che Dio fa.

Cristo infatti è il compimento dei tempi, cioè il compimento di tutta l'opera che Dio fa, dal principio, dalla prima Parola che dice: "Sia fatta la luce" fino all'ultima Parola che dice: "Tutto è compiuto" di Cristo che muore in croce.

Qui abbiamo la sintesi di tutta l'opera di Dio e anche per la rivelazione della via di Dio: "Se Io non ne vado, non può venire a voi lo Spirito" ed è Cristo che parla, è il Figlio di Dio che parla.

Perché lo Spirito viene dal Padre.

In queste parole, in questa sintesi abbiamo la rivelazione, il significato di tutta l'opera che Dio fa nella vita di ogni uomo: tutte le cose ci vengono date ma poi ci vengono tolte.

Ѐ il problema dell'Ascensione, della festa di oggi.

Cristo ascende al Padre non per Sé ma, ascende al Padre per noi.

Siamo noi che abbiamo bisogno che Lui ascenda al Padre.

Perché?

Perché: "Se Io non me ne vado, non può venire a voi lo Spirito".

Quindi il problema finale è quello di condurre l'uomo a ricevere lo Spirito.

Perché?

Perché Cristo dice: "Non sempre avrete Me ma, quando vi manderò lo Spirito, lo Spirito di gioia, quello resterà sempre con voi".

Dicendo "sempre" dice "cosa che non muta" e se dice "cosa che non muta", dice "cosa che non è più soggetta al tempo" e se dice "cosa che non è più soggetta al tempo", dice cosa eterna.

Quindi nello Spirito di Verità che è Spirito di conoscenza, qui abbiamo il principio della nostra eternità, il principio della nostra vita eterna.

Condizione però è che tutto passi.

Quando una cosa passa noi entriamo nella notte.

Cristo che passa, lascia noi nella notte.

Infatti, c'è il senso di tristezza: "Perché vi ho detto che me ne vado, voi siete presi dalla tristezza e, presi dalla tristezza non mi chiedete più, dove vado, non interrogate più".

Ecco Cristo che rimprovera l'uomo perché l'uomo non interroga, perché non chiede il "perché?".

"Ma Io vi dico il vero: è bene per voi che Io me ne vada".

È la condizione essenziale.

Il tema di oggi, abbiamo detto, sono i primi segni della Luce, le prime luci dell'Alba, di questo nuovo Giorno, nuovo Giorno che è determinato proprio dall'Ascensione di Gesù al Padre.

Il nuovo Giorno è inaugurato qui: da ciò che viene da-.

Tutto ciò che ci è dato appartiene al mistero, è avvolto nel mistero.

La creazione, l'universo, la nostra vita, il tempo che passa, il nostro nascere, il nostro morire, tutte le vicende, tutto è avvolto nel mistero.

E perché questo mistero?

Noi diciamo: cose apparenti, cose che sentiamo, che vediamo, che tocchiamo, che esperimentiamo ma non sappiamo che cosa siano.

E tutti gli uomini sono lì che s'interrogano sul significato dell'universo, sul significato del vivere, sul significato di ogni avvenimento.

Eppure l'uomo fa esperienza delle cose.

Noi facciamo esperienza delle cose e definiamo le cose in funzione di ciò di cui noi facciamo esperienza.

Il fuoco lo conosciamo perché brucia.

E così tutte le cose.

Tutte le cose noi le definiamo, le conosciamo e crediamo di conoscere in relazione all'effetto che lasciano in noi.

Ma questo non è conoscere.

Conoscere veramente le cose è sapere il perché di esse, è vedere il Pensiero che c'è in esse.

Noi non intendiamo le parole soltanto leggendo le parole, non intendiamo e conosciamo veramente le parole soltanto se riusciamo a vedere il pensiero che c'è in esse.

Tutto l'universo e tutti gli avvenimenti sono parole: parole che lasciano in noi impressioni, effetti, esperienze, ma fintanto che noi non arriviamo a leggere il Pensiero che c'è in esse e il Pensiero che c'è in esse è il Pensiero di Dio, noi non conosciamo le cose.

Ecco il senso del mistero.

Ecco perché l'uomo in realtà è un essere cieco.

Ecco perché l'uomo non deve vantarsi di vedere, di sapere, di conoscere.

Noi siamo immersi in questi tre mondi, dati da Dio agli uomini per la loro vita, per farli camminare e siamo immersi in un mondo di apparenze, di segni.

Noi diciamo segni, segni di-.

Il mondo di apparenze è caratterizzato da questo: non è che sia apparenza, che non sia, che non abbia qualcosa di vero, perché è Parola di Dio.

Tutto l'universo è Parola di Dio e Cristo stesso che è il compimento dell'universo è Dio, è Verità ma, sono verità create.

Tutto ciò che è verità creata, ha bisogno di luce, di per sé non è luce, appunto perché è verità creata: verità creata è in relazione a noi, è concessione di Dio.

La verità creata ha bisogno della Verità Increata per essere illuminata.

Perché tutto ciò che è verità creata, quindi tutto ciò che appartiene al mondo, è soggetto a mutamento, è soggetto al tempo. E tutto ciò che è soggetto a mutamento per noi è mistero.

Perché?

Perché l'uomo è un campo di Assoluto, è fatto per l'Assoluto e non sopporta ciò che muta.

Di fronte a ciò che muta lui deve interrogare, deve chiedere il perché.

E chiedendo "perché?", che cosa fa?

Cerca il rapporto con ciò che non muta, perché non sopporta ciò che muta.

L'interrogazione, il perché, che è sulla bocca dell'uomo, soprattutto sulla bocca dell'uomo innocente, l'uomo bambino, è proprio quest'espressione dell'anima che non sopporta il mutamento delle cose se non trova una giustificazione di esse.

E cercare la giustificazione di una cosa che muta, è cercare un aggancio con ciò che non muta, e invocare la Verità, non la verità creata ma, la Verità Increata.

Ora, alla Verità Increata non si arriva attraverso la verità creata.

Non si arriva al Cielo partendo dalla terra e non si arriva all'Assoluto partendo dal relativo.

Non si arriva a quella cosa che è la Realtà maiuscola, partendo da ciò che è apparente.

Sì, tutto il mondo, il mondo apparente, il mondo dei nostri sensi, il mondo di tutto quello che vediamo e tocchiamo, il mondo di tutte le creature, di tutti gli avvenimenti è un punto di contatto, perché è opera di Dio per noi.

Direi che è il primo punto di contatto tra l'Increato e il creato che siamo noi, è il primo punto di contatto tra ciò che non è apparente (la Verità Increata non è apparente) e ciò che è apparente.

La Verità non può essere apparente, Dio non può essere apparente.

Dio non lo troveremo mai tra le cose apparenti se noi lo aspettassimo tra le cose apparenti.

E il Regno di Dio non lo vedremo mai tra le cose apparenti, se noi lo aspettiamo tra le cose apparenti.

Dio stesso dice: "Non aspettatevi di vedere il Regno di Dio tra le cose apparenti, perché il Regno di Dio è dentro di voi, non fuori di voi tra le cose che sono apparenti".

Quindi, tutto il mondo apparente, tutto questo mondo apparente di cose, ci fa invocare, perché noi siamo una passione di Assoluto, ci fa invocare l'Assoluto, ci fa invocare la Verità Increata, ci fa invocare ciò che non è apparente.

Il mondo apparente è il mondo sensibile, il mondo dei nostri sensi, il mondo di ciò che noi vediamo e tocchiamo ed esperimentiamo, per cui noi giuriamo su di esso, e invece il Signore dice: "Non giurare, perché è il mondo che tu vedi e tocchi ma non sai che cosa sia".

E allora noi capiamo che il primo punto di contatto tra ciò che è apparente e ciò che non è apparente, è anche il primo movimento della nostra anima verso l'Assoluto, verso Dio e capiamo allora il significato, il perché Dio metta noi in questo mondo apparente noi, che abbiamo la passione di ciò che non è apparente, di ciò che è Assoluto, della Verità Increata, noi che abbiamo la passione per Dio.

Ci mette in questo mondo creato, per formare in noi il primo movimento, quel primo movimento che ci porterà e ci immergerà nelle notti.

Ma abbiamo detto che la notte non è la conclusione dell'opera di Dio.

La notte è un mezzo attraverso il quale l'uomo deve passare, per approdare alla Luce.

La conclusione è la Luce.

La conclusione è il Giorno.

La notte si conclude con un Giorno senza sera: tutto l'universo è stato fatto in sei giorni e si conclude con la notte che va dal venerdì al sabato, e il sabato è il Giorno del riposo del Signore, il Giorno della Pace, il compimento, la conclusione di tutto.

E nel Sabato senza sera, non c'è più tramonto.

Il che vuole dire che tutti i sei giorni fatti di mattino e di sera, si concludono con un Giorno senza tramonto, un Giorno senza sera.

Quindi ogni notte, ogni passaggio da un giorno all'altro, ha come meta il far approdare l'uomo a questo Sabato senza sera: si va verso un'Alba.

Ed è l'Alba che promette Gesù: "Se io me ne sarò andato, vi manderò dal Padre lo Spirito di Verità, lo Spirito Santo, il quale resterà con voi per sempre".

Ecco il Giorno senza sera, il Sabato senza sera.

Tutto va verso questa meta.

Tutto quello che è apparente muta, è soggetto al tempo e il tempo passa a senso unico e quindi va verso un termine ben preciso e man mano che noi ci avviciniamo a questo termine ben preciso, ci avviciniamo ai segni di un'Alba.

Perché la conclusione non è la notte, ma è l'Alba.

E questi segni, sono segni non della notte ma del sole che sta per arrivare.

Sono segni che vengono da ciò che sta per venire.

Il tempo che passa è Dio che viene e man mano che ci avviciniamo a questa conclusione, noi troviamo dei segni di Dio che viene tra noi.

Questi segni non vengono più dalle creature, non vengono più da noi, da noi che invochiamo e sospiriamo, vengono da Lui che viene.

Man mano che la notte passa e si avvicina l'Alba, la notte cessa di dare i suoi segni di attesa e incomincia a diventare la contemplazione dei primi colori, delle prime luci che vengono dal Sole che sta per sorgere.

Qui abbiamo un capovolgimento, qui non è più la creazione che attende, qui abbiamo il Dio che viene e ci manda i suoi segni.

Gesù dice: "Quando incomincerete a vedere questi segni, alzate i vostri occhi".

E dove alzare questi occhi?

A chi alzare questi occhi?

Al Dio che viene.

"Alzate i vostri occhi al Cielo, perché la vostra liberazione è vicina" dice Gesù.

Ecco, e quali sono questi segni?

Poiché Lui dice: "Quando vedrete questi segni".

È tutto un fatto personale.

Il vedere questi segni è un fatto personale perché l'entrare nella notte è un fatto personale, perché non tutti accettano di entrare in essa e quando non si accetta di entrare nella notte, proposta dalla Parola di Dio, la notte piomba addosso all'uomo.

Quando la notte piomba addosso all'uomo, qui non è più la notte che approda all'Alba, qui è una notte che diventa eterna, è una notte senza fine.

Poiché come noi abbiamo un Giorno senza fine, così noi abbiamo anche una notte che è senza fine, là dove l'uomo non accoglie di entrare nella notte, perché crede di vedere.

Qui Gesù dice: "Il vostro peccato rimane".

È un peccato che rimane là, dove l'uomo non desidera la Luce, non desidera conoscere, perché "conosce" già.

Ecco, là dove c'è il peccato, cioè là dove c'è l'uomo che dice: "Io vedo", qui s'inaugura una notte senza fine.

Ma nell'uomo invece che riconoscendo la sua cecità di fronte alla Parola di Dio, di fronte a ciò che la Parola di Dio gli propone, quindi nell'uomo che coltiva il desiderio di conoscere Dio al di sopra di tutto, come un cieco coltiva il bisogno di vedere al di sopra di tutto, qui abbiamo l'uomo che incomincia a esperimentare, diciamo, tre grandi segni che indicano il tramonto e un altro segno che indica il sorgere.

Questi tre segni sono quello che dice Gesù parlando della fine dei tempi, della fine del mondo.

La fine del mondo che interessa ognuno di noi, perché la Parola di Dio riguarda ognuno di noi.

 "Il sole si oscurerà, la luna non darà più luce, le stelle cadranno dal cielo, le potenze del cielo saranno sconvolte", il crollo di tutti i nostri valori.

Il primo segno che si verifica nell'anima che sta invocando la Luce al di sopra di tutto è il tramonto dell'interesse per le cose del mondo.

E poi abbiamo un secondo segno: è il tramonto dell'interesse per delle cose degli uomini.

Poi abbiamo un terzo segno ed è il tramonto dell'interesse per se stessi, per analizzare o per analizzarci.

L'uomo non pensa più a se stesso, né in bene né in male.

Man mano che si avvicina quest'Alba, l'uomo si accorge che non gli interessa più analizzare se stesso, misurare se stesso, analizzarsi, conoscersi.

Non gli interessa più perché è tutto preso da un problema di amore e chi ama, non pensa a se stesso: è tutto immerso nel Pensiero dell'Altro.

E non gli importa nemmeno vedere i propri difetti o vedere le proprie virtù: s'ignora.

Abbiamo questi tre grandi segni che caratterizzano l'anima che si sta avvicinando al sorgere di questo Giorno.

Sono tre tramonti che l'anima esperimenta.

E poi c'è un altro grande segno che sta sorgendo.

E il grande segno che sta sorgendo è il grande interesse che l'anima ha per conoscere Dio e solo Dio.

Per cui abbiamo tre tramonti e un sorgere.

Sono segni, i primi segni, le prime luci dell'Alba di questo nuovo Giorno verso cui l'anima sta andando quando Dio la conduce e l'anima risponde, verso l'incontro con lo Spirito di Verità.



Gesù disse loro: "Se foste ciechi, non avreste colpa; invece ora voi dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".

Gv 9 Vs 41  Secondo tema.


Titolo: La novità dal Padre.


Argomenti: La colpa dell'uomo secondo Gesù. I segni delle prime luci dell'albe. Il passaggio dal "non sempre" al "sempre". Tutto se ne deve andare. L'assenza necessaria. La verità creata. I tre mondi delle concessioni di Dio. La sottomissione di Dio alla creatura. La sottomissione della creatura a Dio. Cosa è la novità? Il vecchio e il nuovo sono sempre in relazione alla memoria. La vera conoscenza non viene dalla memoria. La vera conoscenza. Dio non è nella memoria. Nel Padre non c'è mai una seconda volta. L'Assoluto che assorbe il relativo.


 

14/Maggio/1989 Casa di preghiera Fossano.


Restiamo ancora in quest'ultimo versetto 41 al capitolo nono di San Giovanni.

Gesù disse loro: "Se foste ciechi non avreste colpa, invece ora voi dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane".

Tutto questo capitolo sulla cecità e sul Dio che fa il miracolo della luce, sfocia e si conclude in due grandi scene: una scena di una Luce infinita e una scena di una notte infinita.

L'una contrapposta all'altra.

Però Dio ha fatto tutte le cose perché l'uomo approdi alla Luce infinita e non solo ha fatto e continua a fare tutte le cose ma, accompagna l'uomo in ogni suo passo, per farlo approdare alla Luce in cui è tutta la sua vita.

Abbiamo visto la prima parte di questo versetto: "Se foste ciechi, non avreste colpa".

L'essere ciechi non è colpa, ed abbiamo visto come il Signore abbia capovolto concetto di colpa che è negli uomini.

Gli uomini ritengono colpa là dove c'è il difetto, dove c'è la povertà, dove c'è la miseria, dove c'è la cecità.

Gesù invece fa capire che ben altra è la colpa dell'uomo.

La colpa dell'uomo è là, dove invece l'uomo crede di vedere, crede di essere giusto, crede di essere sano, crede di non aver bisogno di essere curato, di essere illuminato.

La vera dimensione dell'uomo è la mendicità che invoca, supplica, piange per avere un raggio di Luce.

Qui dico, abbiamo la vera dimensione dell'uomo, perché soltanto in questa vera dimensione, l'uomo può aprirsi alla Luce e può accogliere la Luce.

Dio opera ogni cosa non soltanto per portare l'uomo alla Luce ma, anche per riportare l'uomo, ogni volta che si deforma alla sua vera dimensione.

Ogni volta che l'uomo si crede ricco, sano, giusto, ogni volta che l'uomo crede di vedere, Dio opera per riportarlo a quella dimensione nella quale soltanto può essere illuminato.

Per questo Gesù disse: "Beati i poveri, beati coloro che piangono, beati voi quando vi disprezzeranno" e sotto un certo aspetto fa capire: "Beati voi quando scoprirete di essere peccatori".

Abbiamo visto domenica scorsa quali sono i segni delle prime luci dell'Alba, perché tre sono le notti attraverso le quali l'uomo matura.

E queste notti sfociano in un'alba.

E abbiamo visto i segni, i primi segni di quest'Alba: tre grandi segni rappresentati da tre tramonti, e un grande segno rappresentato da un sorgere.

I tramonti sono: il tramonto dell'interesse per le cose del mondo, il tramonto dell'interesse per gli uomini, il tramonto dell'interesse per se stessi.

E poi un grande sorgere: il sorgere dell'interesse per conoscere Dio.

Sono tutti strettamente collegati e abbiamo la Parola di Dio che dice: "Quando vedrete questi segni, quando voi farete esperienza nella vostra stessa vita di questi segni, di questo crollo d'interesse per le cose del mondo, per gli uomini, per voi stessi e di questo grande segno che sorge in voi: interesse per conoscere Dio, quando ti accorgerai di questi segni nella tua vita, alza il tuo volto, altri tuoi occhi, perché la tua liberazione è vicina".

Altri tuoi occhi a che cosa, a chi?

Dice che la liberazione è vicina e Gesù ci dice che la liberazione viene dalla conoscenza della Verità.

Allora alza i tuoi occhi a che cosa?

Alla Verità, alla Verità che sta venendo nella tua vita, che è vicina a te, che quindi si rende accessibile, per cui puoi passare.

Quel grande atto che aspetta ognuno di noi è proprio questo passare.

Passare è sempre un segno di un lasciare e di un arrivare ad altro.

Si tratta di tutto mondo da lasciare e di tutto un mondo cui approdare.

L'argomento di questa sera è: la novità che viene dal Padre.

I pensieri di guida sono le Parole stesse di Gesù che dice: "Ancora per poco sono con voi, non sempre avrete Me, anzi è bene per voi che Io me ne vada, perché se non me ne vado, non può venire a voi lo Spirito di Verità ma, se me ne vado, ve lo manderò dal Padre: lo Spirito di Verità che resterà sempre con voi".

Ecco in queste Parole di Gesù abbiamo un confronto tra un "non sempre" e un "sempre", ecco il Passaggio che attende ogni uomo, il Passaggio dal "non sempre" al "sempre".

"Non sempre avrete Me": c'è tutto un mondo dato a noi, un mondo che conclude in Cristo, un mondo che però non resta sempre con noi.

In Cristo noi abbiamo la grande rivelazione della significazione di tutte le cose che accadono, di tutta la creazione, di tutta la storia, di tutti gli avvenimenti, di tutta la vita.

E tutta questa vita è sintetizzata e si conclude in questo fatto: "Non sempre avrete Me".

E noi esperimentiamo bene che non sempre possiamo avere né le cose, né le creature: tutto passa, tutto è soggetto al tempo.

E ci deve essere una ragione, una giustificazione di questo fatto.

E Gesù la giustificazione la dà, perché Gesù è Luce.

Lui non è venuto per cacciarci nelle tenebre e se è necessario qualche volta farci passare attraverso le notti, queste notti sono un mezzo per farci desiderare delle luci maggiori dei doni maggiori.

Ora nelle Parole che Gesù dice, noi abbiamo la Luce per capire quello che per noi è mistero, perché noi non riusciamo a capire, noi da soli non possiamo capire.

Assistiamo, esperimentiamo, subiamo le cose, sentiamo il perché, il bisogno della Luce, però le risposte proprio no, non le abbiamo.

Gesù la risposta ce l'ha data, perché ci dice: "Perché se Io non me ne vado, non può venire in voi lo Spirito", e quindi in quel: "Se Io non me ne vado" ci dice: "Se tutte le creature, se tutto il tuo mondo, se tutti tuoi affari, se tutti i tuoi interessi, se tutta la creazione, se tutta la tua vita, se tutto di te non se ne va, non può venire in te lo Spirito di Verità".

Abbiamo detto: c'è un rapporto "non sempre"- "sempre".

Tutto il "non sempre" di Cristo non conclude con un annullamento con la morte, conclude con un "sempre".

"Il Quale resterà sempre con voi".

Ѐ la grande promessa di Cristo, il quale dice: "Ancora per poco sono con voi. Ancora un poco e non mi vedrete più, un altro po' e mi rivedrete".

E anche qui resta l'interrogativo: perché?

Ѐ Lui che ci dà il perché e dice: "Perché Io vado al Padre".

Allora il Padre è un luogo di appuntamento.

"Ancora per poco Io sono con voi, non mi vedrete più. Un altro poco e mi rivedrete", ci indica un'assenza.

Un'assenza necessaria, quella che aveva detto prima: "Ѐ necessario che Io me ne vada", però ci fa capire che è il passaggio per giungere a: "Mi rivedrete", rivedremo Lui.

Però dice: "Perché Io vado al Padre e quindi mi rivedrete nella Luce del Padre", il che vuol dire che: "Non mi rivedrete più nella luce in cui mi vedete oggi, mi vedrete nella Luce del Padre".

E ci fa capire che in quella Luce del Padre noi, lo vedremo per sempre.

E rivedere Lui nella Luce del Padre è proprio trovare quello Spirito di Verità che è Spirito della Presenza del Padre e del Figlio, che ci promette per la Pentecoste: "Resterà sempre con voi".

E dice ancora (e sono sempre pensieri guida che teniamo come base del nostro argomento): "In quel giorno conoscerete che Io sono nel Padre voi in Me e Io in voi".

Dice conoscerete, capirete.

Quando si parla di conoscenza, non si parla di sentimento.

Alla conoscenza non si giunge con degli atti magici, non si giunge con dei sentimenti, si tratta di capire.

Questo vuol dire che fintanto che noi non capiamo che Lui è nel Padre e che noi siamo in Lui e che Lui è in noi, queste parole sono per noi un test che dice a noi: tu non sei arrivato alla Pentecoste.

Nella Pentecoste, nel giorno dello Spirito di Verità, si capisce: conoscerete.

E questa è vita eterna, l'inizio della vita eterna.

Inizio di vita eterna prima di tutto perché Gesù dice: "Resterà per sempre".

Evidentemente quando dice "per sempre”, dice una cosa che non è più soggetta a mutamento e se non è più soggetta a mutamento, non è più soggetta al tempo e se non è più soggetta al tempo siamo nell'Eternità.

Allora l'incontro con quello Spirito che "resterà sempre con voi”, è l'inizio in noi di vita eterna.

Ma per giungere qui, si richiede questo passaggio.

Ci troviamo in un mondo di apparenze.

Un mondo di apparenze non è un mondo di falsità sia chiaro!

È tutta creazione di Dio ma è verità creata.

Perché se uno va con la macchina contro un muro, il muro non è apparenza e sfascia la macchina, quindi è verità, ma è verità creata.

Diciamo "mondo di apparenza" perché è un mondo soggetto al mutamento, è un mondo soggetto al tempo.

Non è Verità Assoluta.

Ѐ una premessa alla Verità Assoluta.

Abbiamo detto: è un mondo di concessioni.

Tre sono i mondi delle concessioni che Dio fa l'uomo.

A- Il mondo esterno ed è creazione di Dio, quindi in quanto creazione di Dio, creazione dell'Essere Assoluto è realtà per noi.

B- Il mondo interno

C- Il mondo del Pensiero di Dio.

Sono concessioni di Dio e in quanto concessioni di Dio, sono forme di sottomissione in qualche modo di Dio, della sua Verità, al nostro io.

Ora tutte queste forme di sottomissione, evidentemente sono un preambolo, una preparazione per noi, per condurci al vero rapporto.

Il vero rapporto non è la sottomissione di Dio alla creatura.

Fintanto che Dio si sottomette alla creatura, la creatura non può vedere la Verità.

Ecco perché noi non vediamo la Verità: perché Dio è sottomesso a noi.

Fintanto che Cristo è con noi, noi non possiamo vedere la Verità, lo dice Lui: "Perché se Io non me ne vado, non può venire in voi lo Spirito di Verità".

Quindi, fintanto che Dio è sottomesso a noi, noi non possiamo vedere la Verità.

Però tutta questa sottomissione è condizione necessaria perché noi impariamo a sottometterci a Dio.

Cristo muore ed è la conclusione di tutta l'opera di Dio di sottomissione all'uomo, per insegnare a noi a sottometterci a Dio: "Io consacro Me stesso per loro, affinché essi stessi (ecco!) possano consacrarsi alla Verità".

Ci fa capire che tutto questo mondo di concessioni di Dio all'uomo, è per far capire all'uomo la sottomissione che egli deve fare di tutto se stesso a Dio, perché soltanto in questa sottomissione della creatura al Creatore s'inaugura il rapporto giusto, fondato sulla giustizia: è giusto che la creatura sia sottomessa al Creatore, perché Lui è il Creatore, non siamo noi.

Ora, là dove c'è il rapporto di giustizia, lì abbiamo un rapporto vero, e dove c'è un rapporto vero c'è un rapporto di eternità.

Qui le cose non cambiano più.

Le cose cambiano prima, Dio che si sottomette all'uomo è un rapporto non giusto.

Là dove invece s'inaugura il rapporto giusto, creatura sottomessa al Creatore, abbiamo l'inaugurazione di un rapporto che rimane.

Dobbiamo affrettarci a entrare in questo rapporto.

E cosa vuol dire entrare in questo rapporto?

Vuol dire passare dal tutto che parla a noi del Padre al Padre che parla a noi in tutto.

Questa è la grande novità che viene dal Padre.

Ho detto: si tratta di passare dal tutto (quindi anche dal Cristo che parla a noi del Padre) che parla a noi del Padre, al Padre che parla a noi in tutto.

Ecco perché Gesù dice: "Non mi vedrete più e mi rivedrete dopo un po', perché io vado al Padre".

Si consegna al Padre e ci affida al Padre, affinché noi abbiamo la possibilità di guardare dal Padre, perché è qui che inizia la novità, la grande novità per noi.

Quando noi diciamo novità, nuovo, che cosa intendiamo dire?

Gesù stesso dice: "Non berrò più di questo vino (nell'ultima cena) fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno del Padre".

Notate bene dice: "Lo verrò nuovo" e non dice: "Nel Regno di Dio", non dice: "Nel mio Regno", ma dice: "Nel Regno del Padre".

Anche nel "Padre nostro", Dio ci fa pregare: "Venga il tuo Regno", il Regno del Padre.

E il Regno del Padre in che cosa consiste?

Sta appunto in questo: vedere il Padre che parla a noi in tutto.

Ѐ novità.

Cosa vuole dire nuovo?

Diciamo nuovo quando qualcosa o qualcuno arriva a noi per la prima volta.

Per noi nuovo è la prima volta.

Quando lo vediamo la seconda volta, non è più nuovo, la terza volta, la quarta volta, a un certo momento ci stanca.

Ma sia il concetto di nuovo, sia il concetto di vecchio per noi, sono intelletti in quanto abbiamo qualche cosa nella memoria.

La prima volta che vediamo una cosa per noi, essa è nuova perché non è nella nostra memoria, il giorno dopo quando vediamo la stessa cosa noi diciamo: "L'ho già vista, è la seconda volta, l'ho vista".

Perché l'abbiamo nella memoria.

Notiamo che il termine "nuovo" e il termine "vecchio" sono termini molto usati nel Vangelo, quindi hanno bisogno di essere approfonditi.

Ogni Parola del Vangelo deve essere molto approfondita perché sprofonda o in Luce infinita o in tenebra infinita, perché siamo fatti per l'Infinito, essendo fatti per l'Infinito non possiamo che approdare all'Infinito ma, quest'Infinito ha due volti: o la Luce o le tenebre.

Notiamo anche che man mano che vediamo le cose e le incanaliamo nella memoria, tutte diventano vecchie per noi, e diventando vecchie, fanno diventare noi vecchi, e diventando noi vecchi succede che tolgono a noi interesse, tolgono a noi la vita, perché la vita viene a noi dalla novità, non dalle cose vecchie.

Le cose vecchie non c'interessano più, un libro letto una volta, se non ha più niente da dirci, non riesce più a farsi leggere da noi una seconda volta, non ci dà più vita.

Questo ci fa capire come noi moriamo.

Il termine "vecchio" e il termine "nuovo" sono sempre in rapporto con quello che noi abbiamo nella memoria.

Se noi non avessimo la memoria, se noi avessimo niente nella memoria o non riuscissimo a ricordare niente, succederebbe che tutto per noi sarebbe sempre nuovo, sempre nuovo!

Forse qui riusciamo anche a intuire perché a un certo momento della nostra vita noi ci accorgiamo che Dio ci toglie la memoria, forse perché ci vuole portare a scoprire cose nuove che noi abbiamo fatto vecchie.

Comunque certamente se noi non avessimo la memoria, tutte le cose che arrivano a noi sarebbero sempre nuove.

Tutto questo è perché noi misuriamo le cose in quanto: "Io l'ho visto, non l'ho visto", le misuriamo con quello che portiamo dentro di noi.

Però questa non è vera conoscenza.

Non sono mai riuscito a capire come noi possiamo dire: "Questo lo conosco perché l'ho visto ieri".

Ieri, la prima volta tu l'hai visto, era nuovo per te, perché non lo conoscevi ma, il giorno dopo quando lo vedi e dici: "Lo conosco già perché l'ho visto ieri", non capisco che differenza ci sia tra la non conoscenza che avevi ieri e la conoscenza che dice di avere oggi.

Non lo conoscevi ieri ma, non lo conosci nemmeno oggi.

Oggi lo conosci soltanto perché dici: "L'ho visto ieri ma, ieri quando l'hai visto, non lo conoscevi".

Se non lo conoscevi ieri, non lo conosci nemmeno oggi.

Evidentemente tutto questo nostro conoscere è illusorio.

La vera conoscenza si ha non in quanto riferiamo le cose a noi, perché le abbiamo viste.

Per questo Gesù dice che il vedere diventa un peccato.

Tutte le cose di cui noi diciamo: "Le conosco perché le ho viste", cioè raffrontate soltanto alla nostra esperienza, ai nostri sensi, alle cose che vediamo e tocchiamo, non sono vera conoscenza.

La vera conoscenza è invece riferire le cose alla loro Causa, al loro Principio, a ciò che le fa essere, a ciò che le giustifica.

Il nostro io non giustifica assolutamente niente.

Dio giustifica!

Non siamo noi i creatori.

Noi non giustifichiamo nemmeno un filo d'erba, nemmeno un fiore, nemmeno una pietra: niente giustifichiamo, non riusciamo a giustificare niente.

Dio giustifica tutto, perché?

Perché Lui è il Creatore, non siamo noi i creatori.

Le cose le conosciamo veramente non in quanto andiamo a riferirle con quello che portiamo nella nostra memoria ma, in quanto le portiamo in Dio e Dio non è nella nostra memoria.

Dio non lo conosciamo.

Non possiamo smentirlo ma, non lo conosciamo.

Dio non è nella nostra memoria.

E allora cosa succede?

Che quando cerchiamo di superare quello che sappiamo, quello che diciamo di conoscere, perché lo riferiamo a quello che abbiamo visto, esperimentato, per cercare di conoscerlo nella vera Sorgente che è Dio, cosa succede in noi?

Succede che noi svuotiamo la nostra memoria di tutto quello che porta dentro di sé, non ci dice più niente.

Qui adesso scopriamo una cosa: che per noi tutto diventa nuovo, anche tutto quello che noi ritenevamo vecchio.

Perché?

Perché non lo conoscevamo.

Quando cerchiamo la giustificazione in Dio, noi ci accorgiamo che non conosciamo assolutamente niente.

Tutto quel mondo che noi dicevamo di conoscere non lo conosciamo, perché per poco che ci si chieda: ma che cosa significa questo di Dio?

Ci accorgiamo quanto noi siamo lontani da questa conoscenza.

Tant'è vero che tutte scienze giustificano soltanto le cose in rapporto a quello che noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo ma, non rispondono mai al perché e quindi sprofondano in questa grande situazione di non conoscenza, d'ignoranza.

Qui scopriamo un'altra novità che viene dal Padre, ed è questa, che mentre per noi le cose sono nuove soltanto quando arrivano noi la prima volta, in Dio, nel Padre, in cui c'è la ragione di tutto è sempre la prima volta, non c'è mai una seconda volta.

La seconda volta è solo per noi, nel pensiero del nostro io, ma in Dio tutto, accadesse anche mille volte, la millesima volta è sempre la prima volta.

Perché?

Perché Dio non è nella nostra memoria.

E noi per attingere a Dio dobbiamo superare tutto, tutto, proprio assolutamente tutto, anche il pensiero del nostro io, tutto di noi, per vedere, per contemplare ogni cosa dal Padre.

E quando cerchiamo di contemplare ogni cosa dal Padre, proprio perché dobbiamo superare tutto quello che si presenta noi, ci accorgiamo che è sempre la prima volta.

E poi abbiamo un'altra grande novità che ci viene dal Padre ed è questo: quello che viene dal Padre, proprio perché è giustificato alla sua Sorgente, è Verità.

In quanto è Verità, non è soggetto al tempo, non è condizionato, non è soggetto a mutamento, questa Verità ci dà la possibilità di assorbire tutto quello che è tempo, nell'eternità.

Dal Padre scopriamo questa meraviglia: abbiamo l'Eterno perché in Dio c'è solo l'Eterno che assorbe tutto il nostro passato, tutto il nostro tempo, viene tutto recuperato, tutto recuperato in Eternità, tutto recuperato in Presenza.

Qui abbiamo l'Infinito che assorbe il finito, abbiamo la Presenza di Dio che assorbe l'assenza di Dio, abbiamo l'Assoluto che assorbe la relatività.

Qui troviamo quello che dice San Paolo: il Padre che opera tutto in tutti.



Gesù disse loro: "Se foste ciechi, non avreste colpa; invece ora voi dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".

Gv 9 Vs 41  Terzo tema.


Titolo: L'inceneritore (il mare nel catino).


Argomenti: Dio opera per riportare l'uomo nel Principio. Il superamento della memoria. Il nuovo nel pensiero dell'io. La conoscenza del pensiero dell'io. La vera conoscenza. Impossibilità di ricevere la Luce. Le due parti dei segni di Dio. Il peccato. Il terribile principio dell'analisi. Principio di divisione. La novità che viene dal Padre. Vedere prima di vedere dal Padre.  La superficialità. Il primo punto di contatto con l’assoluto. Il passaggio dal finito all’infinito. La televisione di Dio. La condizione per ricevere la luce. Non giudicare.

 

La fuga dal Principio. La ragione delle cose – Il superamento dell’io – Il peccato del credere di vedere – Il passaggio dal finito all’infinito –La giustificazione dell’io – Dare il nome alle creature –La grandezza della parola di Dio -


 

21/Maggio/1989 Casa di preghiera Fossano.


Siamo giunti all'ultimo incontro sul capitolo nono di San Giovanni.

Qui è giusto che eleviamo un pensiero di ringraziamento al Signore per tutti gli argomenti cui ci ha dato la possibilità, la grazia, di attingere per approfondire questo capitolo.

Di quest'ultimo versetto: "Gesù disse loro: Se foste ciechi non avreste colpa invece voi dite: Noi ci vediamo. Il vostro peccato rimane", noi le domeniche precedenti abbiamo visto le prime due parti.

Ci rimane adesso l'ultima parte: "Il vostro peccato rimane".

Come a dire: "La vostra notte rimane".

Con questo Gesù ci presenta che c'è qualcosa che rimane, il peccato può rimanere.

Se dice: "Rimane", è una cosa che può rimanere, quindi non essere più eliminata.

Come c'è uno Spirito che, come promette Gesù, venendo a noi rimane sempre con noi, così c'è anche nella vita di ogni uomo la possibilità che rimanga il peccato.

Ѐ l'argomento di questa sera.

Il peccato, la colpa, è stato ciò che ha dato inizio a questo nono capitolo del Vangelo di San Giovanni, con tutte le vicende di quel cieco nato.

E ancora il peccato, la colpa è quello che chiude questo capitolo.

Evidentemente c'è un significato e come in tutte le lezioni di Dio, in tutte le Parole che Dio ci dà, noi dobbiamo sempre interrogare, chiedere quale sia il significato, quale sia la lezione che Dio vuol dare a noi personalmente.

Così questa sera dobbiamo chiedere a Dio quale lezione vuol dare a noi, dicendo a questi farisei che affermano: "Noi ci vediamo",: "Il vostro peccato rimane".

La Parola di Dio opera in tutto per raccogliere tutti i segni, tutte le opere e tutte le Parole di Dio nel Principio, per riportare l'uomo nel Principio, perché l'uomo per natura è un essere che è in fuga dal Principio, è in fuga da Dio.

In questa fuga c'è Dio che parla, per cercare di riportare l'uomo nel Principio, in quel Principio in cui la Vita era la Luce degli uomini.

Gli uomini allontanandosi da questo Principio hanno fatto loro vita il mangiare, il vestire, il correre per il mondo, il conoscere il mondo, il conoscere gli uomini, il conoscere se stessi.

Evidentemente non questa era la Luce che era in Principio.

E se la Luce che era in Principio era la Vita, evidentemente, cercando altre conoscenze, altre luci, gli uomini non sperimentano la Vita ma la morte.

Tutta l'opera di Dio quindi, è rivolta a riportare l'uomo nel Principio.

Dio opera ogni cosa per salvare l'uomo e salvarlo vuol dire portarlo nella Vita.

Abbiamo visto domenica scorsa che essendo il Principio nel Padre, Dio opera in tutto per far sì che, tutte le cose che annunciano a noi il Padre, ci conducano al Padre che annuncia a noi tutte le cose.

Ѐ un grande capovolgimento che deve avvenire nella nostra vita ma, che avviene soltanto quando, seguendo Cristo, si è giunti su un certo orizzonte.

Prima questo non è possibile, per quanto noi ci impegniamo, non arriviamo a capire questo.

Però Dio parlando ce lo prospetta, perché sappiamo che a un certo momento sul sentiero della nostra vita c'è questa tappa, questo salto nell'Infinito, in cui le cose non si vedono più come un cammino verso Dio ma, si vede Dio come Colui che parla a noi le cose, perché la Città di Dio, la nuova Gerusalemme, è una Città che discende dall'alto e noi siamo tutti invitati ad essere cittadini di questa Città che discende dall'alto, perché la Luce viene dall'alto, la Verità viene dall'alto.

Fintanto che noi non discendiamo dall'alto, cioè dal Padre, da Dio, noi per quanti sforzi facciamo, non possiamo entrare ed essere cittadini di questa Città.

Tutti segni che arrivano a noi, arrivano e restano in noi come memoria.

E c'è il problema, proprio perché bisogna fare questo salto nell'Infinito, del superamento di tutti segni che Dio ci ha dato, il superamento di Cristo stesso, il superamento di tutto quello che è arrivato a noi senza di noi, che è il superamento di tutto ciò che portiamo nella nostra memoria, perché in Dio tutto è nuovo, tutto è novità.

Il tema di domenica scorsa è stato: la novità dal Padre.

Invece nel pensiero del nostro io e quindi nella nostra memoria, la novità arriva a noi soltanto una volta, quando incontriamo una cosa per la prima volta.

Poi ogni cosa viene riportata a questa prima volta ed abbiamo i numeri: 1,2,3,4,5,6 ma è una serie che fa appello alla prima volta di un segno che è giunto a noi nel pensiero del nostro io.

Ora, evidentemente come abbiamo costatato, tutto quello che portiamo nella nostra memoria, non è luce, non è conoscenza, perché se nella nostra memoria noi portiamo quello che arrivato a noi per la prima volta, ciò che è arrivato noi per la prima volta non è luce, non è conoscenza, e tale rimane: non luce, non conoscenza, per quanto noi lo portiamo in noi e per quanto diciamo: "Io lo conosco perché l'ho visto".

Non basta dire: " Io l'ho visto perché questo sia conoscenza".

Tutto ciò che noi vediamo, non lo vediamo e non lo conosciamo e se diciamo: "Noi lo vediamo", qui inizia quello che Gesù dice: "Il peccato rimane".

Perché questo?

Perché le cose noi le vediamo veramente quando le conosciamo.

Tutte le opere di Dio, quindi anche le creature, noi le vediamo veramente soltanto quando le conosciamo.

Ma le conosciamo soltanto quando le vediamo nella loro causa, nel loro principio e il Principio è Dio, il Principio è il Padre.

E allora dobbiamo dire che noi le cose le conosciamo veramente soltanto quando le vediamo nel Padre e dal Padre.

Quindi noi vediamo veramente le cose, le creature, soltanto quando le vediamo nel Padre e dal Padre.

E se noi le vediamo soltanto lì, il dire di vederle prima è peccato.

Infatti, ed è il Pensiero guida di questa sera nell'inno allo Spirito Santo si dice: "Senza la tua Luce nulla c'è nell'uomo, nulla senza colpa, nulla che non gli faccia male".

Ecco, senza la Luce del Padre (lo Spirito Santo è lo Spirito che viene a noi dal Padre), senza questa Luce dal Padre, nulla c'è nell'uomo che non sia senza colpa, che non faccia male all'uomo.

Far male all'uomo vuol dire privarlo della Vita, privarlo della Luce, il che vuol dire che senza la contemplazione in Dio e da Dio, senza la Luce dal Padre, nulla c'è nell'uomo che non gli faccia male e che non lo metta in colpa, e quindi che non lo renda responsabile del suo peccato.

Ecco perché tutte le volte che l'uomo dice: "Io vedo", prima di aver visto in Dio e da Dio, nel Padre e dal Padre è in colpa e il peccato rimane, ed è il vero peccato perché è il peccato che rimane.

Tutti gli altri peccati possono essere perdonati, perdonati vuol dire che possono essere cancellati, cioè che possono essere assorbiti nella Luce.

Se Gesù qui dice: "Il vostro peccato rimane", ci parla di un peccato che non è assorbito nella Luce.

Fa capire che fintanto che l'uomo dice: "Io vedo", quando non vede in Dio e da Dio, si viene a trovare nell'impossibilità di ricevere la Luce e se viene a trovarsi nell'impossibilità di ricevere la Luce, il suo peccato rimane.

Perché questo?

Perché tutti i segni di Dio portano in sé due parti.

C'è una parte che ci tocca, cioè che noi percepiamo attraverso i nostri sensi, le creature le vediamo e le tocchiamo, le vediamo con gli occhi, le udiamo con orecchie, le tocchiamo con le mani ma, questa è soltanto una parte del segno di Dio.

I segni di Dio proprio perché sono segni di Dio, portano un'altra parte che è la parte più importante e che è la Parola di Dio.

Ogni segno di Dio è costituito da una parte che arriva a noi attraverso i sensi e da una parte che non arriva a noi attraverso i sensi e che è costituita dalla Parola di Dio.

Il peccato sta nel separare nei segni, quello che noi vediamo e tocchiamo, dalla Parola di Dio.

È come se (tutte le opere di Dio sono segnalazioni stradali, sono frecce) osservando una segnalazione stradale ci fermassimo al segno e non passassimo alla segnalazione, non passassimo cioè a intendere l'intenzione che è contenuta in quella segnalazione: e questa è la Parola.

Ogni segno che arriva noi, porta a noi un'intenzione e questa è l'Intenzione di Dio, perché le opere che arrivano noi (segni di Dio) arrivano a noi senza di noi, quindi recano a noi un'Intenzione diversa dalla nostra, una Volontà diversa dalla nostra.

Escludendo questa Intenzionalità che è nei segni, escludiamo la Parola di Dio, ed escludendo la Parola di Dio siamo in colpa: qui sorge il peccato.

Ogni segno che arriva a noi, rappresenta il primo punto di contatto tra Colui che non è apparente e il pensiero del nostro io.

Dio non è apparente al pensiero del nostro io, perché nel pensiero del nostro io, noi non possiamo vedere Dio.

Noi nel pensiero del nostro io, ci fermiamo soltanto alla prima parte del segno ed escludiamo invece l'Intenzione di Dio.

Quando ci fermiamo a questa prima parte, cioè a ciò che noi abbiamo visto, toccato, questo che è entrato in noi e che fa parte della nostra memoria, diventa per noi il punto fisso di riferimento di tutti i nostri giudizi e noi crediamo di giudicare bene, di conoscere bene, perché?

"Perché questa cosa io l'ho vista, l'ho esperimentata, l'ho toccata".

"Io", noi diciamo.

E crediamo di dare un giudizio giusto.

Ecco l'errore con cui noi stessi ci inganniamo quando ci fermiamo a quello che vediamo, a quello che tocchiamo.

Ѐ la nostra colpa, perché questo è il nostro io che si ferma a quello che vede e tocca, perché lui l'ha esperimentato, perché lui l'ha visto, l'ha toccato.

Ma quello che lui vede e tocca, c'è Qualcuno che gliel'ha fatto vedere, c'è Qualcuno che gliel'ha fatto toccare.

Il peccato sta nell'uomo che dimentica questo Qualcuno che gli presenta le cose, che gliele fa vedere e toccare.

Quindi dimentica l'Intenzione di Colui che gli presenta le cose.

Le cose che l'uomo vede e tocca, sono cose che arrivano a lui indipendente da lui, quindi sono cose che lo sorprendono, tant'è vero che c'è la prima volta e se c'è la prima volta vuol dire che la cosa arriva a lui senza di lui.

Ora quando l'uomo si ferma a questo, ai dati sensibili, a quello che vede e tocca, per la passione di Assoluto, inizia una via che diventa una via terribile.

Perché proprio per la passione dell'Assoluto, lui adesso va a cercare il principio delle cose, non più in Dio che non vede e non tocca, ma nelle cose stesse, nelle creature.

Va a cercare la ragione dell'essere delle creature, nelle creature stesse.

È un Principio terribile perché è il principio dell'analisi.

L'uomo analizza e non si rende conto che analizzando distrugge ciò che lui stesso analizza, per cui si condanna.

Resta senza il Principio, Dio, e resta senza il segno di Dio, perché lui l'ha distrutto.

Dico: lo deve analizzare, non può farne a meno, lo deve analizzare perché l'uomo non può fare a meno di cercare una ragione nelle cose, di cercare il principio delle cose e questo principio o lo cerca in Dio Creatore, Padre o lo deve cercare in quella realtà nella quale si è fermato, la realtà che vede e tocca e non si rende conto che analizzando si priva dell'anima delle cose, perché si priva dell'Infinito che le cose portano in se stesse, si priva della Parola di Dio.

L'uomo in realtà quando analizza, cioè quando cerca nelle cose o nelle creature o negli uomini la giustificazione, la ragione di ciò che essi sono, e la cerca in loro anziché cercarla in Dio, non si rende conto che non fa altro che cercare in loro la sua fede, di cercare in loro quello che lui crede, di cercare in loro se stesso.

Ecco perché distrugge la cosa, la impoverisce.

Ho accennato come tema di questa sera all'inceneritore.

L'uomo nel pensiero del suo io è un inceneritore.

Ecco perché a un certo momento, l'uomo si trova con tutta cenere, analizzando distrugge l'unità che è nelle cose, distrugge l'Infinito che è nelle cose e l'Infinito è uno.

Dio è uno.

Dio è Infinito perché uno.

Noi siamo finiti perché siamo tanti.

Il demonio definisce se stesso come uno che ha tanti nomi ("Mi chiamo legione") e noi fintanto che abbiamo tanti nomi, tante facce, tanti amori, siamo finiti.

E dal finito non si passa l'Infinito, nel modo più assoluto, perché è soltanto dall'Infinito che si passa al finito: nessuno può salire in alto se non Colui che discende dall'alto.

Ecco il danno che noi facciamo a noi stessi togliendo dei segni di Dio, dalle opere di Dio, l'Intenzione di Dio, la Parola di Dio.

E allora come conclusione dobbiamo dire: in tutti segni, in tutte le opere, in tutte le creature, in tutti uomini, non analizzate, non giudicate.

Considerateli nella totalità, nella globalità.

Ogni segno che arriva a noi è un'uno, porta in noi qualcosa di Infinito, perché porta con sé un annuncio di Dio e quando noi lo analizziamo, ci priviamo proprio di questa totalità, ci resta la cenere nelle nostre mani ma, l'anima del tutto ci viene portata via.

È l'anima del tutto è Dio, che parla in tutto e questo ci viene portato via.

Quando noi riduciamo tutto a cenere, noi stessi diventiamo cenere e la cenere è morte, perché la morte è divisione.

Inauguriamo il principio di divisione proprio cominciando a dividere i segni di Dio dalla Parola di Dio, dall'Intenzione di Dio.

Quindi di fronte ad ogni segno,a ogni fatto, è importante non analizzare ma, considerarlo sempre nel Tutto e soprattutto considerarlo per la Parola di Dio che reca a noi.

Questa la condizione, perché effettivamente ciò che arriva a noi ci riporti, come Parola di Dio, a quel Principio in cui la Vita degli uomini era la Luce.



Gesù disse loro: "Se foste ciechi, non avreste colpa; invece ora voi dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".

Gv 9 Vs 41 


RIASSUNTI.


Argomenti: Tutto è buono – Patire la privazione del Regno – L’illusione di conoscere – Analizzare – I due fattori del segno – Rispettare la creatura – Cristo forma in noi Se stesso: il Pensiero del Padre – Dalla molteplicità all’unità – La debolezza del pensiero – L’incontro con Cristo – Il povero e il ricco – La cecità e la luce – L’io è fatto di memoria – L’errore di Sant’Agostino – L’infinito è conoscibile solo nel suo pensiero – I numeri e l’infinito –

 

Il tempo e l’agonia – Le concessioni di Dio – Pregare i santi – I segni e la realtà di Dio – Il sonno dell’uomo – La memoria – Il salto all’infinito -

 


 

28/Maggio/1989 Casa di preghiera Fossano.



RIEPILOGO CAPITOLO NOVE


ARGOMENTI: I sentimenti. La cecità di chi crede di vedere. La novità di Dio è nel capire. Sopportare la Verità. I farisei siamo noi. L’opera di Dio per condurci a vedere. La salvezza è personale. La passione d’immutabilità. La rivelazione del Figlio. La luce che illude. La sicurezza e la disperazione dell’io. I segni possono essere negativi ma i significati sono positivi.

 

Il vero cieco sono i farisei. I tre personaggi del capitolo e dell’universo. L’opera di salvezza di Dio. Lo specchio della nostra cecità. Il concetto di Dio creatore è compatibile col nostro io. Dal sentire al capire. Il ricco epulone. Il mutare delle cose. Rendere assoluto il relativo. La funzione delle creature. Prendere su di noi il peso degli altri. La sofferenza. Non giudicare. Lo specchio.

 


 

25/  Giugno/1989 Casa di preghiera Fossano.