Gesù
disse loro: "Se foste ciechi, non avreste colpa; invece ora voi
dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".
Gv 9 Vs 41
Primo tema.
Titolo: Le
prime luci dell'Alba.
Argomenti: Il peccato dell'uomo. La notte è un mezzo per approdare alla Luce. Le tre concessioni di Dio. Le tre notti dell'uomo. Cristo è la sintesi di tutta l'opera di Dio. L'Ascensione. Quando una cosa passa noi entriamo nella notte. Noi conosciamo le cose in funzione dell'effetto che
lasciano in noi. Conoscere
una cosa è vedere il pensiero che c'è in essa. La verità creata ha bisogno della Verità Increata per
essere illuminata. La notte si conclude con il sabato senza sera. Il tempo
che passa è Dio che viene. I tre tramonti e il sorgere
dell'anima che va verso l'incontro con lo Spirito di Verità.
7/Maggio/1989 Casa di
preghiera Fossano.
Siamo
giunti al versetto 41 del capitolo nono di San Giovanni.
Gesù dice
ai farisei: "Se foste ciechi non avreste colpa, invece ora voi dite: Noi
vediamo. Il vostro peccato rimane".
Ѐ l'ultimo
versetto di questo capitolo ed è la conclusione dell'episodio che era iniziato
con un'interrogazione sulla colpa, sul peccato e ancora si conclude sulla
colpa, sul peccato.
Era
iniziato con l'interrogazione degli apostoli a Gesù.
Vedendo
quel cieco nato, chiesero: " Maestro: di chi è la colpa? Di chi il
peccato? Suo o dei suoi genitori?".
Gesù aveva
detto loro: "Né sua, né dei suoi genitori".
Non era a
motivo del peccato che quell'uomo era nato cieco.
Con
questo, Gesù escludeva una relazione tra ciò che accade e la situazione di
peccato: Dio non punisce.
Gesù dice:
"Ѐ così, perché siano manifeste in lui le opere di Dio".
Tutto
accade non perché noi abbiamo a misurare il peccato, non perché noi abbiamo a
fare dei tribunali per giudicare gli uomini, in relazione ai loro difetti, alle
loro imperfezioni, ai loro mali.
Gesù dice:
"Tutto in lui è avvenuto, affinché siano manifeste le opere di Dio".
Abbiamo
detto che il capitolo era iniziato con il problema sul peccato, sulla colpa e
termina con il problema sul peccato, sulla colpa.
Ma qui
nella conclusione è ancora Gesù che parla e l'ultima
Parola che dice è una Parola grave: "La vostra colpa, il vostro peccato
rimane".
Però
attraverso tutta la vicenda che Egli operò con quel cieco nato (le discussioni,
le vicende, il miracolo, la difesa stessa, l'accoglienza di Gesù) è avvenuto un
fatto strano.
Allora,
all'inizio, avevano chiesto quale fosse la colpa perché quell'uomo fosse nato
cieco, qui Gesù dice che la colpa non sta in chi è cieco ("Se foste
ciechi, non avreste colpa") ma, la colpa sta nel vedere ("Voi dite:
noi vediamo. La vostra colpa rimane).
Gesù è
venuto a fare un capovolgimento e lo disse nel versetto precedente e l'abbiamo
visto: "Sono venuto nel mondo per fare una scelta, affinché quelli che non
vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi".
E qui ha
operato questo, ha fatto capire che il peccato, la colpa non va cercata nel
difetto, non va cercata in quello che noi vediamo (la cecità, la povertà, la
miseria, la malattia).
Il peccato
dell'uomo va cercato in quello di cui lui si vanta, va cercato là dove l'uomo
crede di essere qualcuno, crede di vedere.
E qui
sorge la domanda: ma forse Dio vuole che siamo ciechi?
Forse Dio
ci ha creati per la notte?
Per le
tenebre?
Lui che è
Luce?
Dio ci ha
creati per la Luce.
Infatti,
ha detto: "Io sono venuto affinché quelli che sono ciechi vedano".
La vita
eterna è la Luce.
Dio è Luce
e Dio vuole che tutti si salvino e giungano a vedere la Verità: giungano a
vedere.
Quindi non
ci ha creati per una notte eterna, non ci ha creati per le tenebre.
Però se
Gesù dice: "Io sono venuto affinché quelli che sono ciechi vedano"
(quindi è venuto a portare la Luce), ci fa capire che la condizione per poter
accogliere la Luce è quella di riconoscersi ciechi.
Nell'argomento
delle notti su cui ci siamo soffermati nel versetto
precedente, abbiamo visto che le notti hanno una funzione molto importante:
quella di portare, di far sfociare l'uomo nella Luce.
La notte
non è una notte eterna e la cecità dell'uomo non è una cecità eterna ma, sono
un mezzo perché l'uomo possa approdare alla Luce.
E perché è
necessario passare attraverso la notte?
Perché è
necessario passare attraverso la cecità per giungere alla Luce?
Qui
abbiamo già l'accenno delle beatitudini.
Gesù
stesso dice che Lui non è venuto per i giusti ma, è venuto per i peccatori.
Non è
venuto per i sani ma, è venuto per i malati.
Non è
venuto per i ricchi, è venuto per i poveri.
Tutto
questo perché?
Perché il Regno
di Dio è dei poveri, non è dei ricchi.
Il Regno
di Dio è di coloro che piangono, è di coloro che patiscono la privazione di
qualche cosa.
Ecco: di
coloro che patiscono la privazione di qualche cosa.
E il cieco
che cosa patisce?
Il cieco è
colui che patisce la privazione della luce.
Il cieco è
uno che, ha al di sopra di tutto il bisogno di vedere: "Signore che io
veda".
Supplica
invoca, grida il cieco di Gerico.
Ed è
l'espressione di ogni uomo, se c'è qualche cosa che l'uomo patisce è proprio la
privazione della luce.
L'uomo è
fatto per la Luce, l'uomo è fatto per conoscere la Verità, l'uomo è fatto per
conoscere Dio, poiché conoscere Dio è la vita eterna: e l'uomo è fatto per
vivere e per vivere eternamente e non per morire.
L'uomo non
si deve rassegnare a morire, come non si deve rassegnare alle tenebre, non si
deve rassegnare a non capire, a non sapere, perché Dio vuole che l'uomo sappia,
vuole che l'uomo conosca, l'uomo è stato creato per questo, Dio l'ha creato per
questo e continua a volerlo per questo.
Cristo è
morto per questo.
Ecco
l'argomento delle notti, ci ha resi capaci e adesso di capire significato della
conclusione delle notti stesse, là dove conducono le notti.
Perché la
notte è per formare in noi un grande desiderio, il
desiderio che coloro che vedono non possono avere, perché già vedono, e nel
Regno di Dio si entra soltanto in quanto uno ha un grande desiderio e questo
desiderio deve essere il desiderio della Luce.
La notte è
fatta per portare l'uomo nel desiderio del Giorno, nel desiderio della Luce,
perché giunge alla Luce soltanto colui che la desidera.
La Luce è
il dono maggiore di Dio, la conoscenza di Dio che è la vita eterna è il più
grande dono che Dio ha riservato all'uomo.
Ma la
condizione per poter ricevere i doni maggiori è quella di invocarli, è quella
di desiderarli, è quella di chiederli.
Perché
viene aperto soltanto a coloro che bussano e viene dato soltanto a colui che
chiede.
La notte, come
la cecità è data all'uomo per formare nell'uomo questo bisogno, questa
invocazione, questo desiderio, questo sospiro, questa preghiera per ottenere la
Luce.
Ma l'uomo
deve desiderare di entrare in questa notte, poiché abbiamo detto che tre sono i mondi che Dio conceda
all'uomo e sono mondi di presenza, perché l'uomo vive di presenza e quando
l'uomo è privato di una presenza, non sta più su.
E Dio per
dare all'uomo la possibilità di stare su, gli concede (concessioni Dio)
tre presenze: il mondo esterno, il mondo interno, il mondo del Pensiero di Dio.
Concessioni
fatte all'uomo affinché l'uomo possa stare su.
Ma poi
abbiamo visto che in queste tre concessioni Dio fa sentire
la sua Parola, per inoltrare l'uomo nella notte.
La prima
notte è il passaggio dal mondo esterno all'interno.
La seconda
notte è il passaggio dal mondo interno al Pensiero di Dio.
La terza
notte è il passaggio dal Pensiero di Dio al Padre.
L'uomo
sollecitato dalla Parola di Dio (perché l'iniziativa è sempre di Dio) deve
entrare in queste notti, deve fare questi passaggi.
L'uomo può
resistere, può arroccarsi in quello che sa o in quello che crede di sapere, può
arroccarsi in quello che vede e qui, dice Gesù sta il peccato.
Il peccato
è nell'uomo che si arrocca su ciò che sa, su ciò che vede e rifiuta di aprirsi
alla notte che Dio li propone.
La notte è
inoltrarsi in ciò che uno ancora non sa, in ciò che uno ancora non vede, perché
glielo propone la Parola di Dio.
È la
Parola di Dio e proprio perché è Parola di Dio, dell'essere infinito,
dell'essere eterno, propone sempre all'uomo qualcosa che l'uomo ancora non sa e
non vede.
L'uomo
deve impegnarsi in questo che la Parola di Dio gli propone, se vuole giungere a
vedere quello che ancora non vede, se vuole giungere alla Luce.
Ecco
perché la cecità, la notte diventa un passaggio obbligato
attraverso cui giungere a conoscere.
Cristo
dice: "Se io non me ne vado, non può venire a voi Spirito, ma se me ne
vado, ve lo manderò dal Padre".
Ecco la
sintesi.
La
sintesi, l'anima di tutta l'opera che Dio fa.
Cristo
infatti è il compimento dei tempi, cioè il compimento di tutta l'opera che Dio
fa, dal principio, dalla prima Parola che dice: "Sia fatta la luce"
fino all'ultima Parola che dice: "Tutto è compiuto" di Cristo che
muore in croce.
Qui
abbiamo la sintesi di tutta l'opera di Dio e anche per la rivelazione della via
di Dio: "Se Io non ne vado, non può venire a voi lo Spirito" ed è
Cristo che parla, è il Figlio di Dio che parla.
Perché lo
Spirito viene dal Padre.
In queste
parole, in questa sintesi abbiamo la rivelazione, il significato di tutta
l'opera che Dio fa nella vita di ogni uomo: tutte le cose ci vengono date ma
poi ci vengono tolte.
Ѐ il
problema dell'Ascensione, della festa di oggi.
Cristo
ascende al Padre non per Sé ma, ascende al Padre per noi.
Siamo noi
che abbiamo bisogno che Lui ascenda al Padre.
Perché?
Perché:
"Se Io non me ne vado, non può venire a voi lo Spirito".
Quindi il
problema finale è quello di condurre l'uomo a ricevere lo Spirito.
Perché?
Perché Cristo
dice: "Non sempre avrete Me ma, quando vi manderò lo Spirito, lo Spirito
di gioia, quello resterà sempre con voi".
Dicendo
"sempre" dice "cosa che non muta" e se dice "cosa che
non muta", dice "cosa che non è più soggetta al tempo" e se dice
"cosa che non è più soggetta al tempo", dice cosa eterna.
Quindi
nello Spirito di Verità che è Spirito di conoscenza, qui abbiamo il principio
della nostra eternità, il principio della nostra vita eterna.
Condizione
però è che tutto passi.
Quando una
cosa passa noi entriamo nella notte.
Cristo che
passa, lascia noi nella notte.
Infatti,
c'è il senso di tristezza: "Perché vi ho detto che me ne vado, voi siete
presi dalla tristezza e, presi dalla tristezza non mi chiedete più, dove vado,
non interrogate più".
Ecco
Cristo che rimprovera l'uomo perché l'uomo non interroga, perché non chiede il
"perché?".
"Ma
Io vi dico il vero: è bene per voi che Io me ne vada".
È la
condizione essenziale.
Il tema di
oggi, abbiamo detto, sono i primi segni della Luce, le prime luci dell'Alba, di
questo nuovo Giorno, nuovo Giorno che è determinato proprio dall'Ascensione di
Gesù al Padre.
Il nuovo
Giorno è inaugurato qui: da ciò che viene da-.
Tutto ciò
che ci è dato appartiene al mistero, è avvolto nel mistero.
La
creazione, l'universo, la nostra vita, il tempo che passa, il nostro nascere,
il nostro morire, tutte le vicende, tutto è avvolto nel mistero.
E perché
questo mistero?
Noi
diciamo: cose apparenti, cose che sentiamo, che vediamo, che tocchiamo, che
esperimentiamo ma non sappiamo che cosa siano.
E tutti
gli uomini sono lì che s'interrogano sul significato dell'universo,
sul significato del vivere, sul significato di ogni avvenimento.
Eppure
l'uomo fa esperienza delle cose.
Noi
facciamo esperienza delle cose e definiamo le cose in funzione di ciò di cui
noi facciamo esperienza.
Il fuoco
lo conosciamo perché brucia.
E così
tutte le cose.
Tutte le
cose noi le definiamo, le conosciamo e crediamo di conoscere in relazione
all'effetto che lasciano in noi.
Ma questo
non è conoscere.
Conoscere
veramente le cose è sapere il perché di esse, è vedere il
Pensiero che c'è in esse.
Noi non
intendiamo le parole soltanto leggendo le parole, non intendiamo e conosciamo
veramente le parole soltanto se riusciamo a vedere il pensiero che c'è in esse.
Tutto
l'universo e tutti gli avvenimenti sono parole: parole che lasciano in noi
impressioni, effetti, esperienze, ma fintanto che noi non arriviamo a leggere
il Pensiero che c'è in esse e il Pensiero che c'è in esse è il Pensiero di Dio,
noi non conosciamo le cose.
Ecco il
senso del mistero.
Ecco
perché l'uomo in realtà è un essere cieco.
Ecco
perché l'uomo non deve vantarsi di vedere, di sapere, di conoscere.
Noi siamo immersi
in questi tre mondi, dati da Dio agli uomini per la loro vita, per farli
camminare e siamo immersi in un mondo di apparenze, di segni.
Noi
diciamo segni, segni di-.
Il mondo
di apparenze è caratterizzato da questo: non è che sia apparenza, che non sia,
che non abbia qualcosa di vero, perché è Parola di Dio.
Tutto
l'universo è Parola di Dio e Cristo stesso che è il compimento
dell'universo è Dio, è Verità ma, sono verità create.
Tutto ciò
che è verità creata, ha bisogno di luce, di per sé non è luce, appunto perché è
verità creata: verità creata è in relazione a noi, è concessione di Dio.
La verità
creata ha bisogno della Verità Increata per essere illuminata.
Perché
tutto ciò che è verità creata, quindi tutto ciò che appartiene al mondo, è
soggetto a mutamento, è soggetto al tempo. E tutto ciò che è soggetto a
mutamento per noi è mistero.
Perché?
Perché
l'uomo è un campo di Assoluto, è fatto per l'Assoluto e non sopporta ciò che
muta.
Di fronte
a ciò che muta lui deve interrogare, deve chiedere il perché.
E
chiedendo "perché?", che cosa fa?
Cerca il
rapporto con ciò che non muta, perché non sopporta ciò che muta.
L'interrogazione,
il perché, che è sulla bocca dell'uomo, soprattutto sulla bocca dell'uomo
innocente, l'uomo bambino, è proprio quest'espressione dell'anima che non
sopporta il mutamento delle cose se non trova una giustificazione di esse.
E cercare
la giustificazione di una cosa che muta, è cercare un aggancio con ciò che non
muta, e invocare la Verità, non la verità creata ma, la Verità Increata.
Ora, alla
Verità Increata non si arriva attraverso la verità creata.
Non si
arriva al Cielo partendo dalla terra e non si arriva all'Assoluto partendo dal
relativo.
Non si arriva
a quella cosa che è la Realtà maiuscola, partendo da ciò che è apparente.
Sì, tutto
il mondo, il mondo apparente, il mondo dei nostri sensi, il mondo di tutto
quello che vediamo e tocchiamo, il mondo di tutte le creature, di tutti gli
avvenimenti è un punto di contatto, perché è opera di Dio per noi.
Direi che
è il primo punto di contatto tra l'Increato e il creato che siamo noi, è il
primo punto di contatto tra ciò che non è apparente (la Verità Increata non è
apparente) e ciò che è apparente.
La Verità
non può essere apparente, Dio non può essere apparente.
Dio non lo
troveremo mai tra le cose apparenti se noi lo aspettassimo tra le cose
apparenti.
E il Regno
di Dio non lo vedremo mai tra le cose apparenti, se noi lo aspettiamo tra le
cose apparenti.
Dio stesso
dice: "Non aspettatevi di vedere il Regno di Dio tra le cose apparenti,
perché il Regno di Dio è dentro di voi, non fuori di voi tra le cose che sono
apparenti".
Quindi,
tutto il mondo apparente, tutto questo mondo apparente di cose, ci fa invocare,
perché noi siamo una passione di Assoluto, ci fa invocare l'Assoluto, ci fa
invocare la Verità Increata, ci fa invocare ciò che non è apparente.
Il mondo
apparente è il mondo sensibile, il mondo dei nostri sensi, il mondo di ciò che
noi vediamo e tocchiamo ed esperimentiamo, per cui noi giuriamo su di esso, e
invece il Signore dice: "Non giurare, perché è il mondo che tu vedi e
tocchi ma non sai che cosa sia".
E allora
noi capiamo che il primo punto di contatto tra ciò che è apparente e ciò che
non è apparente, è anche il primo movimento della nostra anima verso
l'Assoluto, verso Dio e capiamo allora il significato, il perché Dio metta noi
in questo mondo apparente noi, che abbiamo la passione di ciò che non è
apparente, di ciò che è Assoluto, della Verità Increata, noi che abbiamo la
passione per Dio.
Ci mette
in questo mondo creato, per formare in noi il primo movimento, quel primo
movimento che ci porterà e ci immergerà nelle notti.
Ma abbiamo
detto che la notte non è la conclusione dell'opera di Dio.
La notte è
un mezzo attraverso il quale l'uomo deve passare, per approdare alla Luce.
La
conclusione è la Luce.
La
conclusione è il Giorno.
La notte
si conclude con un Giorno senza sera: tutto l'universo è stato
fatto in sei giorni e si conclude con la notte che va dal venerdì al
sabato, e il sabato è il Giorno del riposo del Signore, il Giorno della Pace,
il compimento, la conclusione di tutto.
E nel
Sabato senza sera, non c'è più tramonto.
Il che
vuole dire che tutti i sei giorni fatti di mattino e di sera, si concludono con
un Giorno senza tramonto, un Giorno senza sera.
Quindi
ogni notte, ogni passaggio da un giorno all'altro, ha come meta il far
approdare l'uomo a questo Sabato senza sera: si va verso un'Alba.
Ed è
l'Alba che promette Gesù: "Se io me ne sarò andato, vi manderò dal Padre
lo Spirito di Verità, lo Spirito Santo, il quale resterà con voi per
sempre".
Ecco il
Giorno senza sera, il Sabato senza sera.
Tutto va
verso questa meta.
Tutto
quello che è apparente muta, è soggetto al tempo e il tempo passa a senso unico
e quindi va verso un termine ben preciso e man mano che noi ci avviciniamo a
questo termine ben preciso, ci avviciniamo ai segni di un'Alba.
Perché la
conclusione non è la notte, ma è l'Alba.
E questi
segni, sono segni non della notte ma del sole che sta per arrivare.
Sono segni
che vengono da ciò che sta per venire.
Il tempo
che passa è Dio che viene e man mano che ci avviciniamo
a questa conclusione, noi troviamo dei segni di Dio che viene tra noi.
Questi
segni non vengono più dalle creature, non vengono più da noi, da noi che
invochiamo e sospiriamo, vengono da Lui che viene.
Man mano
che la notte passa e si avvicina l'Alba, la notte cessa di dare i suoi segni di
attesa e incomincia a diventare la contemplazione dei primi colori, delle prime
luci che vengono dal Sole che sta per sorgere.
Qui
abbiamo un capovolgimento, qui non è più la creazione che attende, qui abbiamo
il Dio che viene e ci manda i suoi segni.
Gesù dice:
"Quando incomincerete a vedere questi segni, alzate i vostri occhi".
E dove
alzare questi occhi?
A chi
alzare questi occhi?
Al Dio che
viene.
"Alzate
i vostri occhi al Cielo, perché la vostra liberazione è vicina" dice Gesù.
Ecco, e
quali sono questi segni?
Poiché Lui
dice: "Quando vedrete questi segni".
È tutto un
fatto personale.
Il vedere
questi segni è un fatto personale perché l'entrare nella notte è un fatto
personale, perché non tutti accettano di entrare in essa e quando non si
accetta di entrare nella notte, proposta dalla Parola di Dio, la notte piomba
addosso all'uomo.
Quando la
notte piomba addosso all'uomo, qui non è più la notte che approda all'Alba, qui
è una notte che diventa eterna, è una notte senza fine.
Poiché
come noi abbiamo un Giorno senza fine, così noi abbiamo anche una notte che è
senza fine, là dove l'uomo non accoglie di entrare nella notte, perché crede di
vedere.
Qui Gesù
dice: "Il vostro peccato rimane".
È un
peccato che rimane là, dove l'uomo non desidera la Luce, non desidera conoscere,
perché "conosce" già.
Ecco, là
dove c'è il peccato, cioè là dove c'è l'uomo che dice: "Io vedo", qui
s'inaugura una notte senza fine.
Ma
nell'uomo invece che riconoscendo la sua cecità di fronte alla Parola di Dio,
di fronte a ciò che la Parola di Dio gli propone, quindi nell'uomo che coltiva
il desiderio di conoscere Dio al di sopra di tutto, come un cieco coltiva il
bisogno di vedere al di sopra di tutto, qui abbiamo l'uomo che incomincia a
esperimentare, diciamo, tre grandi segni che indicano il tramonto e un altro
segno che indica il sorgere.
Questi tre
segni sono quello che dice Gesù parlando della fine dei
tempi, della fine del mondo.
La fine
del mondo che interessa ognuno di noi, perché la Parola di Dio riguarda ognuno
di noi.
"Il
sole si oscurerà, la luna non darà più luce, le stelle cadranno dal cielo, le
potenze del cielo saranno sconvolte", il crollo di tutti i nostri valori.
Il primo
segno che si verifica nell'anima che sta invocando la Luce al di sopra di tutto
è il tramonto dell'interesse per le cose del mondo.
E poi
abbiamo un secondo segno: è il tramonto dell'interesse per delle cose degli
uomini.
Poi
abbiamo un terzo segno ed è il tramonto dell'interesse per se stessi, per
analizzare o per analizzarci.
L'uomo non
pensa più a se stesso, né in bene né in male.
Man mano
che si avvicina quest'Alba, l'uomo si accorge che non gli interessa più
analizzare se stesso, misurare se stesso, analizzarsi, conoscersi.
Non gli
interessa più perché è tutto preso da un problema di amore e chi ama, non pensa
a se stesso: è tutto immerso nel Pensiero dell'Altro.
E non gli
importa nemmeno vedere i propri difetti o vedere le proprie virtù: s'ignora.
Abbiamo
questi tre grandi segni che caratterizzano l'anima che si sta avvicinando al
sorgere di questo Giorno.
Sono tre
tramonti che l'anima esperimenta.
E poi c'è
un altro grande segno che sta sorgendo.
E il
grande segno che sta sorgendo è il grande interesse che l'anima ha per
conoscere Dio e solo Dio.
Per cui
abbiamo tre tramonti e un sorgere.
Sono
segni, i primi segni, le prime luci dell'Alba di questo nuovo Giorno verso cui
l'anima sta andando quando Dio la conduce e l'anima risponde, verso l'incontro
con lo Spirito di Verità.
Gesù disse loro:
"Se foste ciechi, non avreste colpa; invece
ora voi dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".
Gv 9 Vs 41
Secondo tema.
Titolo: La novità dal Padre.
Argomenti: La colpa dell'uomo secondo Gesù. I segni delle prime luci dell'albe. Il
passaggio dal "non sempre" al "sempre". Tutto se ne deve andare. L'assenza
necessaria. La verità
creata. I tre mondi delle concessioni di Dio. La sottomissione di Dio alla
creatura. La sottomissione della creatura a
Dio. Cosa è la novità?
Il vecchio e il nuovo sono sempre in relazione alla
memoria. La vera conoscenza
non viene dalla memoria. La vera
conoscenza. Dio non è nella
memoria. Nel Padre non c'è mai una seconda
volta. L'Assoluto che
assorbe il relativo.
14/Maggio/1989 Casa di
preghiera Fossano.
Restiamo
ancora in quest'ultimo versetto 41 al capitolo nono di San Giovanni.
Gesù disse
loro: "Se foste ciechi non avreste colpa, invece ora voi dite: Noi
vediamo, il vostro peccato rimane".
Tutto questo
capitolo sulla cecità e sul Dio che fa il miracolo della luce, sfocia e si
conclude in due grandi scene: una scena di una Luce infinita e una scena di una
notte infinita.
L'una
contrapposta all'altra.
Però Dio
ha fatto tutte le cose perché l'uomo approdi alla Luce infinita e non solo ha
fatto e continua a fare tutte le cose ma, accompagna l'uomo in ogni suo passo,
per farlo approdare alla Luce in cui è tutta la sua vita.
Abbiamo
visto la prima parte di questo versetto: "Se foste ciechi, non avreste
colpa".
L'essere
ciechi non è colpa, ed abbiamo visto come il Signore
abbia capovolto concetto di colpa che è negli uomini.
Gli uomini
ritengono colpa là dove c'è il difetto, dove c'è la povertà, dove c'è la
miseria, dove c'è la cecità.
Gesù
invece fa capire che ben altra è la colpa dell'uomo.
La colpa
dell'uomo è là, dove invece l'uomo crede di vedere, crede di essere giusto,
crede di essere sano, crede di non aver bisogno di essere curato, di essere
illuminato.
La vera
dimensione dell'uomo è la mendicità che invoca, supplica, piange per avere un
raggio di Luce.
Qui dico,
abbiamo la vera dimensione dell'uomo, perché soltanto in questa vera
dimensione, l'uomo può aprirsi alla Luce e può accogliere la Luce.
Dio opera
ogni cosa non soltanto per portare l'uomo alla Luce ma, anche per riportare
l'uomo, ogni volta che si deforma alla sua vera dimensione.
Ogni volta
che l'uomo si crede ricco, sano, giusto, ogni volta che l'uomo crede di vedere,
Dio opera per riportarlo a quella dimensione nella quale soltanto può essere
illuminato.
Per questo
Gesù disse: "Beati i poveri, beati coloro che piangono, beati voi quando
vi disprezzeranno" e sotto un certo aspetto fa capire: "Beati voi
quando scoprirete di essere peccatori".
Abbiamo
visto domenica scorsa quali sono i segni delle prime luci dell'Alba, perché tre sono le notti attraverso le quali
l'uomo matura.
E queste
notti sfociano in un'alba.
E abbiamo
visto i segni, i primi segni di quest'Alba: tre grandi segni rappresentati da
tre tramonti, e un grande segno rappresentato da un sorgere.
I tramonti
sono: il tramonto dell'interesse per le cose del mondo, il tramonto
dell'interesse per gli uomini, il tramonto dell'interesse per se stessi.
E poi un
grande sorgere: il sorgere dell'interesse per conoscere Dio.
Sono tutti
strettamente collegati e abbiamo la Parola di Dio che dice: "Quando
vedrete questi segni, quando voi farete esperienza nella vostra stessa vita di
questi segni, di questo crollo d'interesse per le cose del mondo, per gli
uomini, per voi stessi e di questo grande segno che sorge in voi: interesse per
conoscere Dio, quando ti accorgerai di questi segni nella tua vita, alza il tuo
volto, altri tuoi occhi, perché la tua liberazione è vicina".
Altri tuoi
occhi a che cosa, a chi?
Dice che la
liberazione è vicina e Gesù ci dice che la liberazione viene dalla conoscenza
della Verità.
Allora
alza i tuoi occhi a che cosa?
Alla
Verità, alla Verità che sta venendo nella tua vita, che è vicina a te, che
quindi si rende accessibile, per cui puoi passare.
Quel
grande atto che aspetta ognuno di noi è proprio questo passare.
Passare è
sempre un segno di un lasciare e di un arrivare ad altro.
Si tratta
di tutto mondo da lasciare e di tutto un mondo cui approdare.
L'argomento
di questa sera è: la novità che viene dal Padre.
I pensieri
di guida sono le Parole stesse di Gesù che dice:
"Ancora per poco sono con voi, non sempre avrete Me, anzi è bene per voi
che Io me ne vada, perché se non me ne vado, non può venire a voi lo Spirito di
Verità ma, se me ne vado, ve lo manderò dal Padre: lo Spirito di Verità che
resterà sempre con voi".
Ecco in
queste Parole di Gesù abbiamo un confronto tra un "non sempre" e un
"sempre", ecco il Passaggio che attende ogni uomo, il Passaggio dal
"non sempre" al "sempre".
"Non
sempre avrete Me": c'è tutto un mondo dato a noi, un mondo che conclude in
Cristo, un mondo che però non resta sempre con noi.
In Cristo
noi abbiamo la grande rivelazione della significazione di tutte le cose che
accadono, di tutta la creazione, di tutta la storia, di tutti gli avvenimenti,
di tutta la vita.
E tutta
questa vita è sintetizzata e si conclude in questo fatto: "Non sempre
avrete Me".
E noi
esperimentiamo bene che non sempre possiamo avere né le cose, né le creature:
tutto passa, tutto è soggetto al tempo.
E ci deve
essere una ragione, una giustificazione di questo fatto.
E Gesù la
giustificazione la dà, perché Gesù è Luce.
Lui non è
venuto per cacciarci nelle tenebre e se è necessario qualche
volta farci passare attraverso le notti, queste notti sono un mezzo per farci
desiderare delle luci maggiori dei doni maggiori.
Ora nelle
Parole che Gesù dice, noi abbiamo la Luce per capire quello che per noi è
mistero, perché noi non riusciamo a capire, noi da soli non possiamo capire.
Assistiamo,
esperimentiamo, subiamo le cose, sentiamo il perché, il bisogno della Luce,
però le risposte proprio no, non le abbiamo.
Gesù la
risposta ce l'ha data, perché ci dice: "Perché se Io non me ne vado, non
può venire in voi lo Spirito", e quindi in quel: "Se Io non me ne
vado" ci dice: "Se tutte le creature, se tutto il tuo mondo, se tutti
tuoi affari, se tutti i tuoi interessi, se tutta la creazione, se tutta la tua
vita, se tutto di te non se ne va, non può venire in te lo Spirito di Verità".
Abbiamo detto:
c'è un rapporto "non sempre"- "sempre".
Tutto il
"non sempre" di Cristo non conclude con un annullamento con la morte,
conclude con un "sempre".
"Il
Quale resterà sempre con voi".
Ѐ la
grande promessa di Cristo, il quale dice: "Ancora per
poco sono con voi. Ancora un poco e non mi vedrete più, un altro po' e mi
rivedrete".
E anche
qui resta l'interrogativo: perché?
Ѐ Lui che
ci dà il perché e dice: "Perché Io vado al Padre".
Allora il
Padre è un luogo di appuntamento.
"Ancora
per poco Io sono con voi, non mi vedrete più. Un altro poco e mi
rivedrete", ci indica un'assenza.
Un'assenza
necessaria, quella che aveva detto prima: "Ѐ necessario che Io me ne vada",
però ci fa capire che è il passaggio per giungere a: "Mi rivedrete",
rivedremo Lui.
Però dice:
"Perché Io vado al Padre e quindi mi rivedrete nella Luce del Padre",
il che vuol dire che: "Non mi rivedrete più nella luce in cui mi vedete
oggi, mi vedrete nella Luce del Padre".
E ci fa capire
che in quella Luce del Padre noi, lo vedremo per sempre.
E rivedere
Lui nella Luce del Padre è proprio trovare quello Spirito di Verità che è
Spirito della Presenza del Padre e del Figlio, che ci promette per la
Pentecoste: "Resterà sempre con voi".
E dice
ancora (e sono sempre pensieri guida che teniamo come base del nostro
argomento): "In quel giorno conoscerete che Io sono nel Padre voi in Me e
Io in voi".
Dice
conoscerete, capirete.
Quando si
parla di conoscenza, non si parla di sentimento.
Alla
conoscenza non si giunge con degli atti magici, non si giunge con dei
sentimenti, si tratta di capire.
Questo
vuol dire che fintanto che noi non capiamo che Lui è nel Padre e che noi siamo
in Lui e che Lui è in noi, queste parole sono per noi un test che dice a noi:
tu non sei arrivato alla Pentecoste.
Nella
Pentecoste, nel giorno dello Spirito di Verità, si capisce: conoscerete.
E questa è
vita eterna, l'inizio della vita eterna.
Inizio di
vita eterna prima di tutto perché Gesù dice: "Resterà per sempre".
Evidentemente
quando dice "per sempre”, dice una cosa che non è più soggetta a mutamento
e se non è più soggetta a mutamento, non è più soggetta al tempo e se non è più
soggetta al tempo siamo nell'Eternità.
Allora
l'incontro con quello Spirito che "resterà sempre con voi”, è l'inizio in
noi di vita eterna.
Ma per
giungere qui, si richiede questo passaggio.
Ci
troviamo in un mondo di apparenze.
Un mondo
di apparenze non è un mondo di falsità sia chiaro!
È tutta
creazione di Dio ma è verità creata.
Perché se
uno va con la macchina contro un muro, il muro non è apparenza e sfascia la
macchina, quindi è verità, ma è verità creata.
Diciamo
"mondo di apparenza" perché è un mondo soggetto al mutamento, è un
mondo soggetto al tempo.
Non è
Verità Assoluta.
Ѐ una
premessa alla Verità Assoluta.
Abbiamo
detto: è un mondo di concessioni.
Tre sono i
mondi delle concessioni che Dio fa l'uomo.
A- Il
mondo esterno ed è creazione di Dio, quindi in quanto creazione di Dio,
creazione dell'Essere Assoluto è realtà per noi.
B- Il
mondo interno
C- Il
mondo del Pensiero di Dio.
Sono
concessioni di Dio e in quanto concessioni di Dio, sono forme di sottomissione
in qualche modo di Dio, della sua Verità, al nostro io.
Ora tutte
queste forme di sottomissione, evidentemente sono un
preambolo, una preparazione per noi, per condurci al vero rapporto.
Il vero
rapporto non è la sottomissione di Dio alla creatura.
Fintanto
che Dio si sottomette alla creatura, la creatura non può vedere la Verità.
Ecco perché
noi non vediamo la Verità: perché Dio è sottomesso a noi.
Fintanto
che Cristo è con noi, noi non possiamo vedere la Verità, lo dice Lui:
"Perché se Io non me ne vado, non può venire in voi lo Spirito di
Verità".
Quindi,
fintanto che Dio è sottomesso a noi, noi non possiamo vedere la Verità.
Però tutta
questa sottomissione è condizione necessaria perché noi impariamo a
sottometterci a Dio.
Cristo
muore ed è la conclusione di tutta l'opera di Dio di sottomissione all'uomo,
per insegnare a noi a sottometterci a Dio: "Io consacro Me stesso per
loro, affinché essi stessi (ecco!) possano consacrarsi alla Verità".
Ci fa
capire che tutto questo mondo di concessioni di Dio all'uomo, è per far capire all'uomo la sottomissione che egli
deve fare di tutto se stesso a Dio, perché soltanto in questa sottomissione
della creatura al Creatore s'inaugura il rapporto giusto, fondato sulla
giustizia: è giusto che la creatura sia sottomessa al Creatore, perché Lui è il
Creatore, non siamo noi.
Ora, là
dove c'è il rapporto di giustizia, lì abbiamo un rapporto vero, e dove c'è un
rapporto vero c'è un rapporto di eternità.
Qui le
cose non cambiano più.
Le cose
cambiano prima, Dio che si sottomette all'uomo è un rapporto non giusto.
Là dove
invece s'inaugura il rapporto giusto, creatura sottomessa al Creatore, abbiamo
l'inaugurazione di un rapporto che rimane.
Dobbiamo
affrettarci a entrare in questo rapporto.
E cosa
vuol dire entrare in questo rapporto?
Vuol dire passare
dal tutto che parla a noi del Padre al Padre che parla a noi in tutto.
Questa è
la grande novità che viene dal Padre.
Ho detto:
si tratta di passare dal tutto (quindi anche dal Cristo che parla a noi del
Padre) che parla a noi del Padre, al Padre che parla a noi in tutto.
Ecco
perché Gesù dice: "Non mi vedrete più e mi rivedrete dopo un po', perché
io vado al Padre".
Si
consegna al Padre e ci affida al Padre, affinché noi abbiamo la possibilità di
guardare dal Padre, perché è qui che inizia la novità, la grande novità per
noi.
Quando noi
diciamo novità, nuovo, che cosa intendiamo dire?
Gesù
stesso dice: "Non berrò più di questo vino (nell'ultima cena) fino al
giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno del Padre".
Notate
bene dice: "Lo verrò nuovo" e non dice: "Nel Regno di Dio",
non dice: "Nel mio Regno", ma dice: "Nel Regno del Padre".
Anche nel
"Padre nostro", Dio ci fa pregare: "Venga il tuo Regno", il
Regno del Padre.
E il Regno
del Padre in che cosa consiste?
Sta
appunto in questo: vedere il Padre che parla a noi in tutto.
Ѐ novità.
Cosa vuole
dire nuovo?
Diciamo
nuovo quando qualcosa o qualcuno arriva a noi per la prima volta.
Per noi
nuovo è la prima volta.
Quando lo
vediamo la seconda volta, non è più nuovo, la terza volta, la quarta volta, a
un certo momento ci stanca.
Ma sia il
concetto di nuovo, sia il concetto di vecchio per noi, sono intelletti in
quanto abbiamo qualche cosa nella memoria.
La prima
volta che vediamo una cosa per noi, essa è nuova perché non è nella nostra memoria,
il giorno dopo quando vediamo la stessa cosa noi diciamo: "L'ho già vista,
è la seconda volta, l'ho vista".
Perché
l'abbiamo nella memoria.
Notiamo
che il termine "nuovo" e il termine "vecchio" sono termini
molto usati nel Vangelo, quindi hanno bisogno di essere approfonditi.
Ogni
Parola del Vangelo deve essere molto approfondita perché sprofonda o in Luce
infinita o in tenebra infinita, perché siamo fatti per l'Infinito, essendo
fatti per l'Infinito non possiamo che approdare all'Infinito ma, quest'Infinito
ha due volti: o la Luce o le tenebre.
Notiamo
anche che man mano che vediamo le cose e le incanaliamo nella memoria, tutte
diventano vecchie per noi, e diventando vecchie, fanno diventare noi vecchi, e
diventando noi vecchi succede che tolgono a noi interesse, tolgono a noi la
vita, perché la vita viene a noi dalla novità, non dalle cose vecchie.
Le cose
vecchie non c'interessano più, un libro letto una volta, se non ha più niente
da dirci, non riesce più a farsi leggere da noi una seconda volta, non ci dà
più vita.
Questo ci
fa capire come noi moriamo.
Il termine
"vecchio" e il termine "nuovo" sono
sempre in rapporto con quello che noi abbiamo nella memoria.
Se noi non
avessimo la memoria, se noi avessimo niente nella memoria o non riuscissimo a
ricordare niente, succederebbe che tutto per noi sarebbe sempre nuovo, sempre
nuovo!
Forse qui
riusciamo anche a intuire perché a un certo momento della nostra vita noi ci
accorgiamo che Dio ci toglie la memoria, forse perché ci vuole portare a scoprire
cose nuove che noi abbiamo fatto vecchie.
Comunque
certamente se noi non avessimo la memoria, tutte le
cose che arrivano a noi sarebbero sempre nuove.
Tutto
questo è perché noi misuriamo le cose in quanto: "Io l'ho visto, non l'ho
visto", le misuriamo con quello che portiamo dentro di noi.
Però
questa non è vera conoscenza.
Non sono
mai riuscito a capire come noi possiamo dire: "Questo lo conosco perché
l'ho visto ieri".
Ieri, la
prima volta tu l'hai visto, era nuovo per te, perché non lo conoscevi ma, il
giorno dopo quando lo vedi e dici: "Lo conosco già perché l'ho visto
ieri", non capisco che differenza ci sia tra la non conoscenza che avevi
ieri e la conoscenza che dice di avere oggi.
Non lo
conoscevi ieri ma, non lo conosci nemmeno oggi.
Oggi lo
conosci soltanto perché dici: "L'ho visto ieri ma, ieri quando l'hai
visto, non lo conoscevi".
Se non lo
conoscevi ieri, non lo conosci nemmeno oggi.
Evidentemente
tutto questo nostro conoscere è illusorio.
La vera
conoscenza si ha non in quanto riferiamo le cose a noi, perché le abbiamo
viste.
Per questo
Gesù dice che il vedere diventa un peccato.
Tutte le
cose di cui noi diciamo: "Le conosco perché le ho viste", cioè
raffrontate soltanto alla nostra esperienza, ai nostri sensi, alle cose che vediamo
e tocchiamo, non sono vera conoscenza.
La vera
conoscenza è invece riferire le cose alla loro
Causa, al loro Principio, a ciò che le fa essere, a ciò che le giustifica.
Il nostro
io non giustifica assolutamente niente.
Dio
giustifica!
Non siamo
noi i creatori.
Noi non
giustifichiamo nemmeno un filo d'erba, nemmeno un
fiore, nemmeno una pietra: niente giustifichiamo, non riusciamo a giustificare
niente.
Dio
giustifica tutto, perché?
Perché Lui
è il Creatore, non siamo noi i creatori.
Le cose le
conosciamo veramente non in quanto andiamo a riferirle con quello che portiamo
nella nostra memoria ma, in quanto le portiamo in Dio e Dio non è nella nostra
memoria.
Dio non lo
conosciamo.
Non
possiamo smentirlo ma, non lo conosciamo.
Dio non è
nella nostra memoria.
E allora
cosa succede?
Che quando
cerchiamo di superare quello che sappiamo, quello che diciamo di conoscere,
perché lo riferiamo a quello che abbiamo visto, esperimentato, per cercare di
conoscerlo nella vera Sorgente che è Dio, cosa succede in noi?
Succede
che noi svuotiamo la nostra memoria di tutto quello che porta dentro di sé, non
ci dice più niente.
Qui adesso
scopriamo una cosa: che per noi tutto diventa nuovo, anche tutto quello che noi
ritenevamo vecchio.
Perché?
Perché non
lo conoscevamo.
Quando
cerchiamo la giustificazione in Dio, noi ci accorgiamo che non conosciamo
assolutamente niente.
Tutto quel
mondo che noi dicevamo di conoscere non lo conosciamo, perché per poco che ci
si chieda: ma che cosa significa questo di Dio?
Ci
accorgiamo quanto noi siamo lontani da questa conoscenza.
Tant'è
vero che tutte scienze giustificano soltanto le cose in rapporto a quello che
noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo ma, non rispondono mai al perché e
quindi sprofondano in questa grande situazione di non conoscenza, d'ignoranza.
Qui
scopriamo un'altra novità che viene dal Padre, ed è
questa, che mentre per noi le cose sono nuove soltanto quando arrivano noi la
prima volta, in Dio, nel Padre, in cui c'è la ragione di tutto è sempre la prima
volta, non c'è mai una seconda volta.
La seconda
volta è solo per noi, nel pensiero del nostro io, ma in Dio tutto, accadesse
anche mille volte, la millesima volta è sempre la prima volta.
Perché?
Perché Dio
non è nella nostra memoria.
E noi per
attingere a Dio dobbiamo superare tutto, tutto, proprio assolutamente tutto,
anche il pensiero del nostro io, tutto di noi, per vedere, per contemplare ogni
cosa dal Padre.
E quando
cerchiamo di contemplare ogni cosa dal Padre, proprio perché dobbiamo superare
tutto quello che si presenta noi, ci accorgiamo che è sempre la prima volta.
E poi
abbiamo un'altra grande novità che ci viene dal Padre
ed è questo: quello che viene dal Padre, proprio perché è giustificato alla sua
Sorgente, è Verità.
In quanto
è Verità, non è soggetto al tempo, non è condizionato, non è soggetto a
mutamento, questa Verità ci dà la possibilità di assorbire tutto quello che è
tempo, nell'eternità.
Dal Padre
scopriamo questa meraviglia: abbiamo l'Eterno perché in Dio c'è solo l'Eterno
che assorbe tutto il nostro passato, tutto il nostro tempo, viene tutto
recuperato, tutto recuperato in Eternità, tutto recuperato in Presenza.
Qui
abbiamo l'Infinito che assorbe il finito, abbiamo la Presenza di Dio che
assorbe l'assenza di Dio, abbiamo l'Assoluto che assorbe la relatività.
Qui
troviamo quello che dice San Paolo: il Padre che opera tutto in tutti.
Gesù disse loro:
"Se foste ciechi, non avreste colpa; invece ora voi dite: Noi ci vediamo, il vostro peccato rimane".
Gv 9 Vs 41 Terzo
tema.
Titolo: L'inceneritore
(il mare nel catino).
Argomenti: Dio opera per riportare l'uomo nel
Principio. Il superamento della
memoria. Il nuovo
nel pensiero dell'io. La conoscenza del pensiero dell'io. La vera conoscenza. Impossibilità di ricevere la Luce. Le due parti dei segni di Dio. Il peccato. Il terribile principio dell'analisi. Principio di divisione. La novità che viene
dal Padre. Vedere prima di vedere dal Padre. La superficialità. Il primo punto di
contatto con l’assoluto. Il passaggio dal finito all’infinito. La televisione di
Dio. La condizione per ricevere la luce. Non giudicare.
La fuga dal
Principio. La ragione delle cose – Il superamento dell’io – Il peccato del credere
di vedere – Il passaggio dal finito all’infinito –La giustificazione
dell’io – Dare il nome alle creature –La grandezza della
parola di Dio -
21/Maggio/1989 Casa
di preghiera Fossano.
Siamo
giunti all'ultimo incontro sul capitolo nono di San Giovanni.
Qui
è giusto che eleviamo un pensiero di ringraziamento al Signore per tutti gli
argomenti cui ci ha dato la possibilità, la grazia, di attingere per
approfondire questo capitolo.
Di
quest'ultimo versetto: "Gesù disse loro: Se foste ciechi non avreste colpa
invece voi dite: Noi ci vediamo. Il vostro peccato rimane", noi le
domeniche precedenti abbiamo visto le prime due parti.
Ci
rimane adesso l'ultima parte: "Il vostro peccato rimane".
Come
a dire: "La vostra notte rimane".
Con
questo Gesù ci presenta che c'è qualcosa che rimane, il peccato può rimanere.
Se
dice: "Rimane", è una cosa che può rimanere, quindi non essere più
eliminata.
Come
c'è uno Spirito che, come promette Gesù, venendo a noi rimane sempre con noi,
così c'è anche nella vita di ogni uomo la possibilità che rimanga il peccato.
Ѐ
l'argomento di questa sera.
Il
peccato, la colpa, è stato ciò che ha dato inizio a questo nono capitolo del
Vangelo di San Giovanni, con tutte le vicende di quel cieco nato.
E
ancora il peccato, la colpa è quello che chiude questo capitolo.
Evidentemente
c'è un significato e come in tutte le lezioni di Dio, in tutte le Parole che
Dio ci dà, noi dobbiamo sempre interrogare, chiedere quale sia il significato,
quale sia la lezione che Dio vuol dare a noi personalmente.
Così
questa sera dobbiamo chiedere a Dio quale lezione vuol dare
a noi, dicendo a questi farisei che affermano: "Noi ci vediamo",:
"Il vostro peccato rimane".
La
Parola di Dio opera in tutto per raccogliere tutti i segni, tutte le opere e
tutte le Parole di Dio nel Principio, per riportare l'uomo nel Principio,
perché l'uomo per natura è un essere che è in fuga dal Principio, è in fuga da
Dio.
In
questa fuga c'è Dio che parla, per cercare di riportare l'uomo nel Principio,
in quel Principio in cui la Vita era la Luce degli uomini.
Gli
uomini allontanandosi da questo Principio hanno fatto loro vita il mangiare, il
vestire, il correre per il mondo, il conoscere il mondo, il conoscere gli
uomini, il conoscere se stessi.
Evidentemente
non questa era la Luce che era in Principio.
E
se la Luce che era in Principio era la Vita, evidentemente, cercando altre
conoscenze, altre luci, gli uomini non sperimentano la Vita ma la morte.
Tutta
l'opera di Dio quindi, è rivolta a riportare l'uomo nel Principio.
Dio
opera ogni cosa per salvare l'uomo e salvarlo vuol dire portarlo nella Vita.
Abbiamo
visto domenica scorsa che essendo il Principio nel Padre, Dio opera in tutto
per far sì che, tutte le cose che annunciano a noi il Padre, ci conducano al
Padre che annuncia a noi tutte le cose.
Ѐ
un grande capovolgimento che deve avvenire nella nostra vita ma, che avviene
soltanto quando, seguendo Cristo, si è giunti su un certo orizzonte.
Prima
questo non è possibile, per quanto noi ci impegniamo, non arriviamo a capire
questo.
Però
Dio parlando ce lo prospetta, perché sappiamo che a un certo momento sul
sentiero della nostra vita c'è questa tappa, questo salto nell'Infinito, in cui
le cose non si vedono più come un cammino verso Dio ma, si vede Dio come Colui
che parla a noi le cose, perché la Città di Dio, la nuova Gerusalemme, è una
Città che discende dall'alto e noi siamo tutti invitati ad essere cittadini di
questa Città che discende dall'alto, perché la Luce viene dall'alto, la Verità
viene dall'alto.
Fintanto
che noi non discendiamo dall'alto, cioè dal Padre, da Dio, noi per quanti
sforzi facciamo, non possiamo entrare ed essere cittadini di questa Città.
Tutti
segni che arrivano a noi, arrivano e restano in noi come
memoria.
E
c'è il problema, proprio perché bisogna fare questo salto nell'Infinito, del superamento
di tutti segni che Dio ci ha dato, il superamento di Cristo stesso, il
superamento di tutto quello che è arrivato a noi senza di noi, che è il
superamento di tutto ciò che portiamo nella nostra memoria, perché in Dio tutto
è nuovo, tutto è novità.
Il
tema di domenica scorsa è stato: la novità dal
Padre.
Invece
nel pensiero del nostro io e quindi nella nostra memoria, la novità arriva a
noi soltanto una volta, quando incontriamo una cosa per la prima volta.
Poi
ogni cosa viene riportata a questa prima volta ed abbiamo i numeri: 1,2,3,4,5,6
ma è una serie che fa appello alla prima volta di un segno che è giunto a noi
nel pensiero del nostro io.
Ora,
evidentemente come abbiamo costatato, tutto quello
che portiamo nella nostra memoria, non è luce, non è conoscenza, perché se
nella nostra memoria noi portiamo quello che arrivato a noi per la prima volta,
ciò che è arrivato noi per la prima volta non è luce, non è conoscenza, e tale
rimane: non luce, non conoscenza, per quanto noi lo portiamo in noi e per
quanto diciamo: "Io lo conosco perché l'ho visto".
Non
basta dire: " Io l'ho visto perché questo sia conoscenza".
Tutto
ciò che noi vediamo, non lo vediamo e non lo conosciamo e se diciamo: "Noi
lo vediamo", qui inizia quello che Gesù dice: "Il peccato
rimane".
Perché
questo?
Perché
le cose noi le vediamo veramente quando le
conosciamo.
Tutte
le opere di Dio, quindi anche le creature, noi le vediamo veramente soltanto
quando le conosciamo.
Ma
le conosciamo soltanto quando le vediamo nella loro causa, nel loro principio e
il Principio è Dio, il Principio è il Padre.
E
allora dobbiamo dire che noi le cose le conosciamo veramente soltanto quando le
vediamo nel Padre e dal Padre.
Quindi
noi vediamo veramente le cose, le creature, soltanto quando le vediamo nel
Padre e dal Padre.
E
se noi le vediamo soltanto lì, il dire di vederle prima è peccato.
Infatti,
ed è il Pensiero guida di questa sera nell'inno allo Spirito Santo si dice:
"Senza la tua Luce nulla c'è nell'uomo, nulla senza colpa, nulla che non
gli faccia male".
Ecco,
senza la Luce del Padre (lo Spirito Santo è lo Spirito che viene a noi dal
Padre), senza questa Luce dal Padre, nulla c'è nell'uomo che non sia senza
colpa, che non faccia male all'uomo.
Far
male all'uomo vuol dire privarlo della Vita, privarlo della Luce, il che vuol
dire che senza la contemplazione in Dio e da Dio, senza la Luce dal Padre,
nulla c'è nell'uomo che non gli faccia male e che non lo metta in colpa, e
quindi che non lo renda responsabile del suo peccato.
Ecco
perché tutte le volte che l'uomo dice: "Io vedo", prima di aver visto
in Dio e da Dio, nel Padre e dal Padre è in colpa e il peccato rimane, ed è il
vero peccato perché è il peccato che rimane.
Tutti
gli altri peccati possono essere perdonati, perdonati vuol
dire che possono essere cancellati, cioè che possono essere assorbiti nella
Luce.
Se
Gesù qui dice: "Il vostro peccato rimane", ci parla di un peccato che
non è assorbito nella Luce.
Fa
capire che fintanto che l'uomo dice: "Io vedo", quando non vede in
Dio e da Dio, si viene a trovare nell'impossibilità di ricevere la Luce e se
viene a trovarsi nell'impossibilità di ricevere la Luce, il suo peccato rimane.
Perché
questo?
Perché
tutti i segni di Dio portano in sé due parti.
C'è
una parte che ci tocca, cioè che noi percepiamo attraverso i nostri sensi, le
creature le vediamo e le tocchiamo, le vediamo con gli occhi, le udiamo con
orecchie, le tocchiamo con le mani ma, questa è soltanto una parte del segno di
Dio.
I
segni di Dio proprio perché sono segni di Dio, portano un'altra parte che è la
parte più importante e che è la Parola di Dio.
Ogni
segno di Dio è costituito da una parte che arriva a noi attraverso i sensi e da
una parte che non arriva a noi attraverso i sensi e che è costituita dalla
Parola di Dio.
Il
peccato sta nel separare nei segni, quello che noi
vediamo e tocchiamo, dalla Parola di Dio.
È
come se (tutte le opere di Dio sono segnalazioni stradali, sono frecce)
osservando una segnalazione stradale ci fermassimo al segno e non passassimo
alla segnalazione, non passassimo cioè a intendere l'intenzione che è contenuta
in quella segnalazione: e questa è la Parola.
Ogni
segno che arriva noi, porta a noi un'intenzione e questa è l'Intenzione di Dio,
perché le opere che arrivano noi (segni di Dio) arrivano a noi senza di noi,
quindi recano a noi un'Intenzione diversa dalla nostra, una Volontà diversa
dalla nostra.
Escludendo
questa Intenzionalità che è nei segni, escludiamo la Parola di Dio, ed
escludendo la Parola di Dio siamo in colpa: qui sorge il peccato.
Ogni
segno che arriva a noi, rappresenta il primo punto di contatto tra Colui che
non è apparente e il pensiero del nostro io.
Dio
non è apparente al pensiero del nostro io, perché nel pensiero del nostro io,
noi non possiamo vedere Dio.
Noi
nel pensiero del nostro io, ci fermiamo soltanto alla prima parte del segno ed
escludiamo invece l'Intenzione di Dio.
Quando
ci fermiamo a questa prima parte, cioè a ciò che noi abbiamo visto, toccato,
questo che è entrato in noi e che fa parte della nostra memoria, diventa per
noi il punto fisso di riferimento di tutti i nostri giudizi e noi crediamo di
giudicare bene, di conoscere bene, perché?
"Perché
questa cosa io l'ho vista, l'ho esperimentata, l'ho toccata".
"Io",
noi diciamo.
E
crediamo di dare un giudizio giusto.
Ecco
l'errore con cui noi stessi ci inganniamo quando ci fermiamo a quello che
vediamo, a quello che tocchiamo.
Ѐ
la nostra colpa, perché questo è il nostro io che si ferma a quello che vede e
tocca, perché lui l'ha esperimentato, perché lui l'ha visto, l'ha toccato.
Ma
quello che lui vede e tocca, c'è Qualcuno che gliel'ha fatto vedere, c'è
Qualcuno che gliel'ha fatto toccare.
Il
peccato sta nell'uomo che dimentica questo Qualcuno che gli presenta le cose,
che gliele fa vedere e toccare.
Quindi
dimentica l'Intenzione di Colui che gli presenta le cose.
Le
cose che l'uomo vede e tocca, sono cose che arrivano a lui indipendente da lui,
quindi sono cose che lo sorprendono, tant'è vero che c'è la prima volta e se
c'è la prima volta vuol dire che la cosa arriva a lui senza di lui.
Ora
quando l'uomo si ferma a questo, ai dati sensibili, a quello che vede e tocca,
per la passione di Assoluto, inizia una via che diventa una via terribile.
Perché
proprio per la passione dell'Assoluto, lui adesso va a cercare il principio
delle cose, non più in Dio che non vede e non tocca, ma nelle cose stesse,
nelle creature.
Va
a cercare la ragione dell'essere delle creature, nelle creature stesse.
È
un Principio terribile perché è il principio dell'analisi.
L'uomo
analizza e non si rende conto che analizzando distrugge ciò che lui stesso
analizza, per cui si condanna.
Resta
senza il Principio, Dio, e resta senza il segno di Dio, perché lui l'ha
distrutto.
Dico:
lo deve analizzare, non può farne a meno, lo deve analizzare perché l'uomo non
può fare a meno di cercare una ragione nelle cose, di cercare il principio
delle cose e questo principio o lo cerca in Dio Creatore, Padre o lo deve
cercare in quella realtà nella quale si è fermato, la realtà che vede e tocca e
non si rende conto che analizzando si priva dell'anima delle cose, perché si
priva dell'Infinito che le cose portano in se stesse, si priva della Parola di
Dio.
L'uomo
in realtà quando analizza, cioè quando cerca nelle cose o nelle creature o
negli uomini la giustificazione, la ragione di ciò che essi sono, e la cerca in
loro anziché cercarla in Dio, non si rende conto che non fa altro che cercare
in loro la sua fede, di cercare in loro quello che lui crede, di cercare in
loro se stesso.
Ecco
perché distrugge la cosa, la impoverisce.
Ho
accennato come tema di questa sera all'inceneritore.
L'uomo
nel pensiero del suo io è un inceneritore.
Ecco
perché a un certo momento, l'uomo si trova con tutta cenere, analizzando
distrugge l'unità che è nelle cose, distrugge l'Infinito che è nelle cose e
l'Infinito è uno.
Dio
è uno.
Dio
è Infinito perché uno.
Noi
siamo finiti perché siamo tanti.
Il
demonio definisce se stesso come uno che ha tanti nomi ("Mi chiamo
legione") e noi fintanto che abbiamo tanti nomi, tante facce, tanti amori,
siamo finiti.
E
dal finito non si passa l'Infinito, nel modo più assoluto, perché è soltanto
dall'Infinito che si passa al finito: nessuno può salire in alto se non Colui
che discende dall'alto.
Ecco
il danno che noi facciamo a noi stessi togliendo dei segni di Dio, dalle opere
di Dio, l'Intenzione di Dio, la Parola di Dio.
E
allora come conclusione dobbiamo dire: in tutti segni, in tutte le opere, in
tutte le creature, in tutti uomini, non analizzate, non giudicate.
Considerateli
nella totalità, nella globalità.
Ogni
segno che arriva a noi è un'uno, porta in noi qualcosa
di Infinito, perché porta con sé un annuncio di Dio e quando noi lo
analizziamo, ci priviamo proprio di questa totalità, ci resta la cenere nelle
nostre mani ma, l'anima del tutto ci viene portata via.
È
l'anima del tutto è Dio, che parla in tutto e questo ci viene portato via.
Quando
noi riduciamo tutto a cenere, noi stessi diventiamo cenere e la cenere è morte,
perché la morte è divisione.
Inauguriamo
il principio di divisione proprio cominciando a dividere i segni di Dio dalla
Parola di Dio, dall'Intenzione di Dio.
Quindi
di fronte ad ogni segno,a ogni fatto, è importante non analizzare ma,
considerarlo sempre nel Tutto e soprattutto considerarlo per la Parola di Dio
che reca a noi.
Questa
la condizione, perché effettivamente ciò che arriva a noi ci riporti, come
Parola di Dio, a quel Principio in cui la Vita degli uomini era la Luce.
Gesù disse loro: "Se foste ciechi, non avreste
colpa; invece ora voi dite: Noi ci vediamo, il
vostro peccato rimane".
Gv 9 Vs 41
RIASSUNTI.
Argomenti: Tutto è buono – Patire la
privazione del Regno – L’illusione di conoscere – Analizzare – I due fattori del
segno – Rispettare la creatura – Cristo forma in noi Se stesso: il Pensiero
del Padre – Dalla molteplicità all’unità – La debolezza del
pensiero – L’incontro con Cristo – Il povero e il ricco
– La cecità e la luce – L’io è fatto di memoria – L’errore di
Sant’Agostino – L’infinito è conoscibile solo nel suo pensiero – I numeri e
l’infinito –
Il tempo e l’agonia
– Le concessioni di Dio – Pregare i santi – I segni e la realtà
di Dio – Il sonno dell’uomo – La memoria – Il salto
all’infinito -
28/Maggio/1989 Casa di preghiera Fossano.
RIEPILOGO CAPITOLO NOVE
ARGOMENTI:
I sentimenti. La cecità di chi crede di vedere.
La novità di Dio è nel capire. Sopportare la Verità. I
farisei siamo noi. L’opera di Dio per condurci a vedere. La salvezza è personale. La passione d’immutabilità. La rivelazione del Figlio. La luce che illude. La sicurezza e la disperazione dell’io. I segni
possono essere negativi ma i significati sono positivi.
Il vero cieco sono i farisei. I tre personaggi del
capitolo e dell’universo. L’opera di salvezza di Dio.
Lo specchio della nostra cecità. Il concetto di Dio
creatore è compatibile col nostro io. Dal sentire al capire. Il ricco epulone. Il mutare delle cose. Rendere assoluto il relativo. La funzione delle
creature. Prendere su di noi il peso degli altri.
La sofferenza. Non giudicare. Lo specchio.
25/ Giugno/1989 Casa di preghiera Fossano.