Egli
rispose: "E chi è signore perché io creda in Lui"
Gv 9 Vs 36 Primo
tema.
Titolo: Il rapporto
tra l'interrogazione e la conoscenza.
Argomenti: Dio interrogandoci
ci fa interrogare. I nostri
incontri è Dio che ce li fa fare. La salvezza sta
nell'incontrare Dio. Comunicazione e
punto in comune. Interrogazione e interesse. Come Dio ci interroga? Che cosa è
l'interrogazione? L'interrogazione è desiderio di
stabilire un rapporto tra i segni e Dio. Cosa vuole dire raccogliere? Dove trovare
Dio. Che cosa vuole dire parlare? L'interrogazione è la vera preghiera. L'identità delle
persone viene dal Padre. Le tre individuazioni del
Figlio di Dio. Essere confusi in eterno. Il bisogno di stabilire un rapporto tra
Creatore e creazione. Cristo lo identifichiamo come chi risponde al nostro bisogno.
18/Dicembre/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Siamo giunti al versetto 36 del capitolo nono di
San Giovanni.
Qui si dice: "Egli (cioè quell'uomo cieco guarito da
Gesù in giorno di sabato) rispose e disse: E chi è Signore perché io creda in
Lui?".
Ѐ la risposta che quest'uomo fa all'interrogazione che
Gesù gli aveva rivolto.
Gesù infatti, incontrandolo gli aveva chiesto:
"Credi tu nel Figlio di Dio?".
E abbiamo visto che nell'interrogazione c'è una proposta
e in quanto c'è una proposta c'è un invito.
È la proposta era: il Figlio di Dio.
Gesù interrogando quell'uomo gli proponeva il Figlio di
Dio.
Prima Gesù ha interrogato l'uomo, adesso ritroviamo l'uomo
che interroga Dio.
Il tema di oggi è: l'interrogazione dell'uomo, cioè il
rapporto che passa tra l'interrogazione e la conoscenza.
Il pensiero guida per oggi lo troviamo nelle parole di
Sant'Agostino, o meglio dalle parole del figlio di
Sant'Agostino.
Adeodato un ragazzino di quindici anni.
Sant'Agostino scrisse un libro intitolato "De
magistro" in cui riporta tutto una conversazione, un dialogo che egli ebbe
con suo figlio quando il figlio aveva quindici anni (l'anno dopo il figlio
muore).
Adeodato, il figlio, dice al padre Sant'Agostino:
"Può forse uno apprendere se non interroga?".
Prendiamo come pensiero guida queste parole di Adeodato:
"Può forse uno apprendere se non interroga?".
Già queste parole ci fanno intuire come sia necessario interrogare
per arrivare a conoscere.
Abbiamo detto che il tema di oggi è: il rapporto tra
interrogazione e conoscenza.
Ci fa capire che la conoscenza dipende
dall’interrogazione, il che vuol dire che se l'uomo non interroga, non può
giungere a conoscere.
L'interrogazione è un elemento fondamentale per giungere
alla conoscenza.
Sant'Agostino concluderà quest'argomento dicendo:
"Colui che ti crea senza di te, non ti salva senza di te".
E siccome la salvezza sta nel giungere alla conoscenza della
Verità, queste parole vanno intese così: "Colui che ti crea senza di te,
non ti conduce a conoscere la Verità senza di te".
Cosa s'intende per questo "senza di te"?
Cioè senza la tua interrogazione: "Può forse uno
apprendere se non interroga?".
Non si può giungere a conoscere la Verità se non
s'interroga.
L'argomento di oggi è questo: perché Dio fa dipendere la
nostra salvezza, la conoscenza della Verità dalla nostra interrogazione?
La conoscenza della Verità è vita vera, Luce, è vita
eterna, perché ciò che è vero è eterno.
La Verità non è soggetto al tempo e non essendo soggetta
al tempo è eterna.
La vita vera, non essendo soggetta al tempo è vita
eterna.
La conoscenza della Verità è vita eterna.
Però questa vita eterna non giunge a noi se noi non
interroghiamo.
Gesù aveva interrogato quest'uomo e gli aveva chiesto:
"Credi tu nel Figlio di Dio?".
Certamente quest'uomo non avrebbe interrogato se non
fosse stato interrogato.
Infatti, adesso l'uomo interroga dicendo: "E chi è
il Figlio di Dio?".
Questo ci fa capire che l'uomo da solo non può
interrogare.
Anche l'interrogazione è una grazia che viene da Dio,
l'iniziativa è sempre di Dio, è una grazia che viene da Dio che per primo ci
interroga e interrogandoci ci propone, e ci propone una cosa che noi non
conosciamo.
Proprio in quanto ci propone una cosa che non conosciamo,
Dio ci dà la possibilità, e questa è una grazia, di interrogare a nostra volta
per chiedere di conoscere ciò che Lui ci propone.
Gesù ha trovato per la seconda volta quest'uomo cieco che
lui aveva guarito ma, l'ha trovato, abbiamo detto perché ha visto l'iniziativa
del Padre, l'ha trovato nel Padre e dal Padre.
Cioè aveva visto che il Padre lo stava conducendo a Lui,
vedendo che il Padre lo stava conducendo a Lui, lo ha incontrato.
I nostri incontri appartengono sempre a un programma
superiore, al programma di Dio, non siamo noi che
c'incontriamo, è Dio che ci fa incontrare.
Noi non lo sappiamo.
Gesù lo sapeva, perché Gesù contemplava il Padre e il
Padre dice: "Il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto quello che
fa".
Quindi il Figlio di Dio conosce perché il Padre gli fa
incontrare le creature.
Noi c'incontriamo, non sappiamo perché ma, i nostri
incontri appartengono a un disegno superiore, al disegno di Dio, al programma
di Dio.
Gesù l'aveva incontrato e avendolo incontrato gli ha
fatto un’interrogazione, l'unica interrogazione che poteva fare.
Gesù lo aveva incontrato.
Ma quell'uomo non aveva incontrato Gesù.
Già le domeniche scorse abbiamo visto
che non possiamo invertire i termini, che Dio incontri noi, non è detto che non
incontriamo Dio.
Allora il problema è questo: che cosa si richiede perché
noi incontriamo Dio?
Perché la salvezza non sta nel fatto che Dio incontri noi,
arriva sempre il giorno in cui Dio c'incontra, arriva sempre un giorno in cui
Dio attraversa la nostra strada.
Noi non sappiamo ma, Dio già aspetta e Lui sa il punto in
cui noi ci troveremo, c'è sempre una spiaggia in cui lui ci aspetta.
Noi diciamo: gli eventi della vita ma, gli eventi della
vita appartengono al programma di Dio e questi eventi ci conducono a un certo
punto e in quel punto Lui ci aspetta: e la sua ora!
Però non è sufficiente che lui trovi noi.
Intanto per trovarci ci deve essere un punto in comune.
Questo punto Gesù lo vede, perché vede quello di Dio che
c'è in noi.
Il punto in comune è sempre quel qualcosa di Dio che c'è
in noi.
Quindi se non ci fosse il punto
in comune non ci sarebbe la possibilità di interrogare, perché interrogare vuol
dire comunicare qualche cosa.
Ora non si può comunicare se non c'è un punto in comune.
Ma se c'è un punto in comune c'è la possibilità di
comunicare.
E abbiamo detto che in ogni punto dell'infinito c'è tutto
l'infinito, il che vuol dire che se Dio trova in noi un punto di Sé, attraverso
quel punto, e basta quel punto solo, Lui comunica a noi tutto il suo infinito,
perché in un piccolo punto che in noi portiamo di Dio c'è tutto l'infinito.
Gesù aveva trovato quest'uomo ma quest'uomo non aveva
trovato Gesù, tant'è vero che Gesù gli propone: "Credi tu nel Figlio di
Dio?".
Lui era il Figlio di Dio.
E quell'uomo dice: "E chi è?".
Evidentemente se dice "chi è?", è perché non
aveva trovato Gesù.
Quindi Gesù aveva conosciuto l'uomo, l'uomo non aveva
conosciuto Gesù.
Dio ci conosce, noi non conosciamo Colui che ci conosce,
Colui che c'incontra.
Ma proprio perché noi non lo conosciamo, adesso Lui ci
interroga.
E su che cosa ci interroga?
Dice: "Credi tu nel Figlio di Dio?".
Ci interroga per condurre noi a trovarlo, come Lui ci ha
trovati, perché la salvezza sta nel trovare noi Lui.
Non basta che Lui ci trovi, è necessario che noi troviamo
Lui.
E per farsi trovare, perché trovare Dio è grazia di Dio,
per farsi trovare Lui c'interroga e c'interroga su di Sé.
Questo ci fa capire che Dio, attraverso tutte le sue
opere c'interroga su di Sé.
Quello che Gesù fece nella sua vita è rivelazione di
quello che Dio fa nella nostra vita, perché con Gesù noi capiamo quello che
avviene nella nostra vita.
Senza Gesù noi subiamo gli avvenimenti ma non li capiamo.
Con Gesù noi li capiamo, perché Lui ce li rivela.
Lui ai suoi discepoli chiede: "E voi chi dite che Io
sia?".
Ѐ la stessa domanda che fa qui: "Credi tu nel Figlio
di Dio?".
Lui interroga perché se non interroga, noi non lo
possiamo interrogare.
Noi siamo creature.
Molte volte abbiamo detto che come creature non possiamo
fare assolutamente niente se non lo riceviamo da Dio.
Ѐ la caratteristica della creatura.
Se noi non ci sentiamo amati, non possiamo amare e se noi
non ci sentiamo amati da Dio non possiamo amare Dio.
E così è lo stesso, noi non possiamo interrogare se non
siamo interrogati da Dio.
Ѐ per grazia di Dio che noi interroghiamo.
Ma l'interrogazione da che cosa
nasce?
L'interrogazione nasce da un interesse.
Può darsi che noi abbiamo altri interessi.
Qui troviamo che il Regno di Dio è simile a quella
parabola di quel re che manda dei suoi servi a invitare a un suo pranzo: e incontra
molti che avendo altri interessi, dicono: "Abbimi per scusato, non posso
venire".
La possibilità è data, non è detto che l'uomo interroghi.
Se interroga, cioè se risponde all'invito, è grazia di
Dio.
Se non risponde la colpa è sua: ha altri interessi, però
la possibilità l'ha ricevuta, per cui sarà proprio quell'invito che lo
giudicherà e lo condannerà, perché attraverso l'invito ha avuto la possibilità,
ha preferito altro, ha avuto altri interessi e non sarà giustificato: "Non
gusteranno la mia cena".
Quando Gesù narra le parabole del Regno ci rivela i
diversi aspetti che assume il Regno di Dio nei diversi momenti della nostra
vita: ci sono momenti e momenti.
C'è il momento in cui il Regno di Dio è per noi come il
seminatore che esce seminare, c'è il momento in cui il Regno di Dio è simile a
dieci vergini cinque stolte e cinque sagge.
C'è il momento in cui il Regno di Dio è simile a un re
che manda a invitare a un pranzo.
Sono diversi momenti, diversi aspetti dei nostri rapporti
con Dio e dei rapporti di Dio con l'uomo.
Abbiamo detto: se Dio non c'interroga, non interroghiamo.
Può darsi però che noi abbiamo altri interessi, perché
l'interrogazione nasce da un interesse.
E allora se abbiamo altri interessi e non interroghiamo,
la colpa è nostra.
Questo cieco guarito del Gesù interrogò: aveva interesse
per ciò che Gesù gli proponeva.
Quell'uomo rispose interrogando a sua volta, ha rivelato
interesse.
Ѐ rivelando interesse che si aperto alla possibilità di
ricevere la comunicazione di Dio, di ricevere la conoscenza.
Perché è necessario interrogare per ricevere?
Perché se non s'interroga non si riceve?
Dio ogni giorno c'interroga e c'interroga su Dio.
Cosa vuol dire c'interroga su Dio?
C'interroga su ciò che noi crediamo e su ciò che noi conosciamo
di Dio.
Noi tutti giorni siamo interrogati da Dio.
Il problema è questo: come Dio c'interroga?
Molte volte noi siamo interrogati e non ce ne accorgiamo
nemmeno.
Dico: come Dio c'interroga?
Dio c'interroga presentandoci ciò
che non è Dio.
Noi siamo caratterizzati dalla passione dell'Assoluto:
abbiamo fame di Assoluto e cerchiamo l'Assoluto in tutto ciò che cerchiamo.
Proprio per questa fame di Assoluto tutte le volte che ci
viene presentato ciò che non è Assoluto, si forma in noi l'interrogazione, si
forma in noi dell'inquietudine.
La fame di Assoluto è fame di Dio.
Noi siamo fatti per conoscere Dio, quindi abbiamo fame di
Dio.
Quella che noi diciamo fame di Assoluto è fame di Dio.
L'Assoluto è Dio, quindi siamo desiderio, fame di Dio.
Tutte le volte che noi incontriamo ciò che non è Dio,
proprio questo forma l'interrogazione dentro di noi, perché ciò che non è Dio,
cade in un campo che è fatto per Dio.
Proprio constatando ciò che non è Dio, sorge in noi la
domanda: "Che cos'è questo?".
Si forma l'interrogazione.
Che cos'è questa interrogazione?
L'interrogazione rivela che noi non sopportiamo ciò che
non è Dio.
Per questo noi siamo inquieti nel vedere che le cose
mutano, nel vedere il tempo che passa, nel vedere le creature che nascono e che
muoiono.
Perché non sopportiamo e non sopportiamo perché siamo
fatti per altro: noi siamo fatti per ciò che non passa e se noi siamo fatti per
ciò che non passa, vedendo le cose che passano non le accettiamo, e allora
nasce l'interrogazione.
L'interrogazione è un segno che esprime inquietudine.
Il bambino che vede il papà toccare l'interruttore lì e
la lampadina che si accende la, dice: "Perché papà, si tocca lì e si
accende là?".
Vede che manca un rapporto, non capisce perché toccando
un punto si accende l'altro.
Questo cosa rivela?
Rivela che noi abbiamo bisogno di stabilire un rapporto:
è questa l'interrogazione.
Abbiamo bisogno di stabilire un rapporto tra ciò che non
è Dio e Dio, tra ciò che muta e ciò che è eterno.
Questo vuol dire che l'eterno, l'Assoluto, l'infinito,
noi l'abbiamo ben presente dentro di noi, tant'è vero che quando vediamo ciò
che non è Assoluto, non è infinito, non è eterno, noi siamo inquieti.
Dico: l'interrogazione è espressione di inquietudine,
cioè è espressione di insoddisfazione: l'uomo insoddisfatto è l'uomo che non ha
trovato quello per cui è fatto e allora interroga.
Dio c'interroga presentandoci, facendoci toccare con mano
ciò che non è Dio.
Soltanto ricevendo l'interrogazione di Dio noi a nostra
volta interroghiamo.
Interrogando che cosa facciamo?
Interrogando noi esprimiamo il desiderio di stabilire un
rapporto, di vedere che cosa ciò che non è Dio è in relazione Dio.
In noi, in realtà, è presente l'Assoluto, altrimenti non avremmo
la fame dell'Assoluto.
Abbiamo presente Dio, infatti, abbiamo detto che siamo
costituiti, fatti dalla presenza di Dio.
Dio è sempre con noi, è la caratteristica dell'uomo.
L'uomo è il portatore della Presenza di Dio in sé.
L'uomo porta Dio in sé, porta l'Assoluto, l'infinito.
E questo gli è dato indipendentemente da lui: Dio ci crea
indipendentemente da noi.
Quindi noi siamo i portatori della Presenza di Dio, anche
se non lo sappiamo, anche e soprattutto perché non sappiamo, non lo sappiamo
però lo sentiamo.
Non lo sappiamo perché tutto quello che è dato a noi
senza di noi, noi non sappiamo: tutta la creazione è data a noi senza di noi:
noi la subiamo, tutti giorni siamo bombardati da avvenimenti, da fatti, da
incontri che arrivano a noi indipendentemente da noi: è creazione di Dio.
Noi siamo bombardati tutti giorni da dei segni di Dio che
arrivano a noi indipendentemente da noi.
Ma tutto quello che arriva a noi senza di noi, noi non
possiamo conoscerlo, cioè lo sentiamo, lo subiamo, ne siamo impressionati, ma
non sappiamo che cosa sia.
Ora quello che portiamo in noi senza di noi,
indipendentemente da noi è l'Assoluto, è il Pensiero di Dio in noi, per cui noi
abbiamo questa fame di Assoluto, e abbiamo ciò che non è Dio, cioè i segni di
Dio: tutta la creazione.
Tutta la creazione arriva a noi indipendentemente da noi.
Quindi abbiamo due termini, li abbiamo in noi senza di
noi.
Quello che non abbiamo e non possiamo avere senza di noi
è il rapporto tra i due termini.
Dico: noi abbiamo presente Dio e abbiamo presente ciò che
non è Dio.
Non possiamo dimenticare, trascurare né l'Uno né l'altro,
però l'Uno e l'altro ci mettono l'inquietudine, perché noi non possiamo
sopportare le due cose.
Di qui la passione di unificare, il desiderio di unificazione,
di raccoglimento.
Quando si parla di raccoglimento cosa vuol dire?
Molte volte diciamo bisogna raccogliere.
Cosa vuol dire raccogliere?
Raccogliere vuol dire un unificare e unificare vuol dire ridurre
tutto all'unità, cioè vedere quello che non è Dio come segno di Dio, come
espressione di Dio, come significazione di Dio.
Vuol dire stabilire un rapporto tra una cosa e l'altra,
significa dire che cos'è una cosa in funzione dell'altra, in relazione
all'altra.
Cioè vuol dire affermare un'unità.
Quindi quando noi vediamo i segni di Dio, ecco che i
segni di Dio sono interrogazioni di Dio per noi.
Perché Dio creando, cioè facendo arrivare a noi la sua
creazione, le sue opere, i suoi fatti, facendoli arrivare a noi
indipendentemente da noi, chiede a noi: "Tu che cosa dici di Dio? Perché
questo non è Dio?"
E quando mi si presenta una cosa che non è Dio, mi si
dice: "Ѐ questo Dio?".
Mi presenta una pietra e dico: "No, la pietra non è
Dio".
E mi presenta un albero: "Ѐ questo Dio?",
"No, l'albero non è Dio".
Mi si presenta il sole: "Ѐ questo Dio?".
No, il sole è un meraviglioso significato di Dio però il
sole muta, cambia, muore, anche lui è soggetto al tempo, quindi il sole non è
Dio.
Perché Dio non può essere soggetto al tempo, non può
essere soggetto a mutamento, allora il sole non è Dio.
Mi presenta l'uomo: l'uomo è un altro segno meraviglioso,
è il segno più vicino a Dio, tant'è vero che noi confondiamo l'uomo con Dio,
perché tante opere le attribuiamo agli uomini.
Ora quando le attribuiamo agli uomini, diciamo che l'uomo
è il creatore di questi fatti, è l'uomo l'autore di queste cose. Evidentemente
l'uomo ci confonde e ci fa correre un rischio a noi, perché siccome noi vediamo
che tante cose sono fatte dagli uomini e diciamo: "Sono gli uomini che
fanno questo" non ci rendiamo conto che dicendo: "Sono gli uomini che
fanno questo", attribuiamo agli uomini una qualità che è di Dio.
Dio è il Creatore, non è l'uomo il creatore: l'uomo è uno
spettatore delle opere di Dio, non è il creatore.
Apparentemente è un segno meraviglioso.
È un segno meraviglioso perché anche il sole opere tante
cose con la sua energia, con il suo calore, con la sua luce, quindi
apparentemente è il sole che fa questo, noi diciamo.
Noi nella nostra ignoranza diciamo: "Ѐ il sole che
fa questo".
Il sole è un segno di Dio e siccome Dio è Colui che fa
tutto, anche il sole fa qualche cosa, quindi anche gli uomini fanno qualche
cosa e ci fanno correre un rischio.
Però a un certo momento l'uomo si ammala, cambia, delude,
perché noi credevamo che fosse così e il giorno dopo troviamo che è diverso,
l'uomo non è costante e poi soprattutto l'uomo muore.
Il Signore attraverso l'uomo c'interroga: "Ѐ l'uomo
Dio?".
E noi siccome portiamo in noi questa passione di
Assoluto, dobbiamo rispondere: "No, l'uomo non è Dio".
Ecco, Dio c'interroga attraverso tutte le opere che ci
presenta.
A un certo momento allora ci dice: "Allora chi è
Dio?".
Ecco come c'interroga, presentandoci ciò che non è Dio,
ci invita a dire chi è Dio.
Il suo proposito non è quello di farci dire: "Questo
non è Dio", tutta l'opera di Dio è per farci dire chi è Dio.
"Tu cosa dici di Me? Che cosa sono Io per te?".
Ѐ Dio che attraverso il programma della nostra vita ci
conduce di fronte questo termine estremo, ci conduce a interrogare in modo
preciso e specifico che cosa noi riteniamo che sia Dio.
Perché?
Perché Colui che ti crea senza di te, non si fa conoscere
senza di te.
Ed è necessario quindi che in noi si formi questa
interrogazione, si formi questo desiderio di stabilire un rapporto tra i segni
di Dio che arrivano a noi senza di noi e Dio.
Perché soltanto in questo rapporto noi giungiamo
conoscere Dio, per grazia di Dio.
Nell'interrogazione c'è questo bisogno di trovare Dio.
Interrogandomi mi fra interrogare.
Ora dico: per trovarlo, io debbo avere un punto.
E come faccio a trovarlo?
Qui abbiamo la lezione di Dio, in
tutte le cose c'è la lezione di Dio perché per ogni momento della nostra vita,
per ogni tappa della nostra vita c'è sempre la Parola di Dio che si fa cammino
per i nostri passi.
Se il problema è quello di trovare Dio, noi diciamo:
"Come faccio?".
"Dio trova me, ma come faccio io a trovare
Lui".
E allora abbiamo Gesù che dice e lo dice a Giuseppe e
Maria: "Non sapevate che Io mi devo trovare nelle cose del Padre
mio?".
Dicendomi dove Lui si deve trovare, mi dice una cosa
stupenda, mi dice: dove io lo posso trovare.
Quando una persona mi dice: "Io mi devo trovare
là", mi dà la possibilità di andarla a trovare, perché io so che andando
in quel luogo la trovo, se m’interessa.
La Parola di Dio ci dice dove noi possiamo trovare Dio.
Gesù ha trovato noi nel Pensiero del Padre, perché ha
visto nel Padre quello che noi portiamo in noi di Dio.
Ed è in questo punto che Lui ci trova.
Ma che Lui ci trovi è sufficiente perché Lui ci
interroghi, perché abbiamo detto che l'interrogazione è una comunicazione ma,
non è sufficiente perché non troviamo Lui.
Abbiamo detto, noi per trovare Lui dobbiamo interrogarlo.
Cosa vuol dire?
Interrogare è un parlare.
E quando noi parliamo cosa
facciamo?
Anche qui nel "De Magistro", proprio nelle
prime battute di questo dialogo con suo figlio, Sant'Agostino dice: "Perché
gli uomini parlano?"
E il figlio dice: "Parlano per due motivi, parlano o
per insegnare o per imparare".
Parlano o per far sapere qualche cosa o perché desiderano
sapere qualche cosa.
In realtà il parlare dell'uomo non ha due motivi, ha un
motivo solo, perché quando uno desidera sapere parla, interroga per
manifestare, quindi per far sapere che desidera sapere.
Quindi il problema essenziale è questo: l'uomo parla per
far sapere qualche cosa di sé.
Dio parla certamente non per imparare qualche cosa ma,
per far sapere qualche cosa di Sé.
L'uomo quando interroga (interrogare è parlare) interroga
per far sapere qualche cosa di sé.
Che cosa?
Far sapere che desidera sapere.
Soltanto se l'uomo fa sapere che desidera sapere, rivela
che ha interesse per sapere.
Ora notiamo bene che Dio premia non i doni che fa
indipendentemente da noi ma, premia l'interesse che noi portiamo, cioè
l'interesse che noi sappiamo trarre dai doni che ci fa.
Quindi se Dio attraverso tutti i doni che fa, tende a
risvegliare in noi l'interrogazione per conoscere che cosa è Dio, Dio
attraverso tutte le cose tende a risvegliare in noi l'interesse per Lui.
Se vediamo la parabola dei talenti o quella delle mine,
vediamo che Dio premia non i doni che ci dà, non i talenti, non le mine, Dio
premia l'interesse che noi sappiamo trarre da questi doni per conoscere Lui,
cioè premia l'interrogazione.
Abbiamo detto che interrogare vuol dire desiderare
stabilire un rapporto.
E già proprio il verbo "interrogare" è
costituito da "inter" e "rogare".
In latino "rogare" vuol dire pregare,
"inter" vuol dire in mezzo, dentro.
Ecco pregare!
Ci fa capire che la vera
interrogazione è la vera preghiera.
L'interrogazione è la vera preghiera.
Quando noi veramente preghiamo interroghiamo e se quando preghiamo
non interroghiamo Dio, la nostra non è preghiera. Se noi vogliamo trovare
qualcuno, dobbiamo cercarlo là dove lui è: "Non sapete che Io mi devo
trovare nelle cose del Padre mio?".
Quindi per trovare chi è il Figlio di Dio dobbiamo
cercarlo là dove Lui è.
E dove uno è?
Ѐ là dove riceve l'essere.
Il Figlio di Dio riceve l'essere dal Padre.
Soltanto dal Padre noi possiamo conoscere chi è il Figlio
di Dio, soltanto dal Padre, dove Lui è.
L'errore che noi facciamo, è sempre quello di cercare
l'Assoluto dove l'Assoluto non c'è.
E così anche l'uomo, se noi vogliamo trovare l'uomo
dobbiamo cercarlo dove lui è.
E dove è l'uomo?
L'uomo si trova là dove ha lo scopo della sua vita.
E l'uomo riceve l'essere da ciò per cui vive.
Soltanto cercando ciò per cui uno vive, noi lo troviamo
veramente.
Questo allora ci fa capire che soltanto se noi cerchiamo
Dio, noi possiamo trovare Dio ed essere trovati da Dio, perché abbiamo visto
che c'è differenza tra l'essere trovati e il trovare.
Noi siamo trovati da Dio ma questo non è ancora
sufficiente, questo non è ancora trovare Dio.
Noi troviamo Dio soltanto se cerchiamo Dio come fine
della nostra vita.
Ѐ soltanto da Dio che noi riceviamo l'identità (ecco la
conoscenza) di ciò che uno è.
Ecco, noi stiamo camminando verso un grande argomento che
quello del Natale.
Ѐ ciò che troveremo qui: questo cieco guarito da Gesù
dice: "E chi è il Figlio di Dio?".
Eh già, chi è il Figlio di Dio?
Ecco a questo punto, noi capiamo che questo: "Chi
è", è soltanto il Padre che ce lo può dire, perché l'identità di una
persona la troviamo soltanto nel suo Principio.
Abbiamo visto che l'oggettività dipende
dal Padre, soltanto dal Padre non troviamo l'oggettività delle cose, altrimenti
noi confondiamo tutte le cose con la nostra soggettività.
Qui anche capiamo che l'identità delle persone la
troviamo soltanto dal Padre.
L'identità del Figlio la troviamo dal Padre e anche
l'identità nostra (chi siamo noi?), anche l'identità nostra la troviamo dal
Padre.
Il che vuol dire che più noi ci allontaniamo da Dio e più
perdiamo di identità, non sappiamo più chi siamo, non sappiamo più per che cosa
viviamo, e non sappiamo più chi sono gli altri, soprattutto non sappiamo chi è
il Figlio di Dio.
Egli
rispose: "E chi è signore perché io creda in Lui"
Gv 9 Vs 36
Secondo tema.
Titolo: Natale:
l'individuazione del Figlio di Dio.
Argomenti: L'interrogazione
di Dio. L'identificazione del Figlio di Dio.
Il significato del Natale. Il principio di individuazione. Interrogare è
stabilire un rapporto. La vera identificazione di cose e
persone si ha avendo Dio come punto di riferimento. Si ascolta il
Padre, prima di incontrare il Cristo. Soltanto il
Padre dà a noi il criterio per individuare il Figlio. Il Figlio di Dio è
la conclusione del parlare del Padre. Nell’interrogazione
dell’uomo c’è la presenza del pensiero di Dio. La costatazione
della Presenza di Dio in noi. Le tre
individuazioni del Figlio di Dio. Dio ci salva
attraverso la Presenza. Ascoltando il Padre, il Padre ci conduce a vedere il
Suo pensiero.
Chi è Dio? Passare dalle
creature al pensiero di Dio. La delusione ci apre a Dio. La fedeltà del
cieco nato. Il capire è effetto di rapporto. Sintonia di pensiero. La relazione con le
creature. L’ansia di assoluto. Dio è conoscibile. Il vero possesso è capire. La capacità di amare. Essere pensati da
Dio.
25/Dicembre/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Ci troviamo nel 36 del capitolo nono di San Giovanni.
Qui si dice: "Egli (quel cieco guarito del Gesù in
giorno di sabato), rispose: E chi è signore perché io creda in Lui?".
Gesù lo aveva interrogato dicendogli: "Credi tu nel
Figlio di Dio?".
Costui rispose chiedendo: "E chi è?".
Ѐ l'argomento di oggi, di stasera: chi è il Figlio di
Dio?
Ѐ il problema dell'individuazione, l'identificazione del
Figlio di Dio.
Domenica scorsa ci siamo soffermati sul significato
dell'uomo che interroga.
L'uomo è essenzialmente tutto interrogazione, dal
principio fino alla fine, perché si trova immerso in un mare di mistero:
mistero è l'universo, mistero è la storia e il significato di essa, mistero è la
nostra vita, mistero è il nostro nascere, mistero è il nostro morire.
Di fronte al mistero l'uomo si trasforma in
interrogazione.
Abbiamo visto il rapporto che passa tra l'interrogazione
e la conoscenza.
Ѐ un rapporto stretto.
È necessario che l'uomo interroghi, perché solo
interrogando, può accedere alla conoscenza.
Tra la conoscenza e l'interrogazione c'è un rapporto di
dipendenza.
Però abbiamo detto che l'uomo non potrebbe interrogare se
non fosse interrogato.
L'uomo è una creatura e come creatura, da sola non può
fare niente.
L'uomo da solo non è capace di amare, per amare deve
ricevere amore e ama soltanto nella misura in cui riceve amore.
L'uomo da solo non può capire niente, da solo può solo
interrogare.
L'iniziativa è sempre di Dio.
È Dio che per primo interroga l'uomo e interrogandolo gli
dà la possibilità di amarlo, di interrogarlo e quindi gli dà la possibilità di
accedere alla conoscenza.
Ѐ Dio che chiama.
Dio interrogando l'uomo fa una proposta all'uomo.
Qui Gesù incontrando quel cieco che aveva guarito, lo
interrogò chiedendogli: "Credi tu nel Figlio di Dio?".
Gli aveva fatto una proposta.
La proposta era circa il Figlio di Dio, tant'è vero che
quest'uomo adesso rispondendo gli dice: "E chi è il Figlio di Dio?".
Proponendo lo invitava a interrogare e quindi a capire.
L'interrogazione è una proposta, e la proposta è un
invito.
Se Dio non c'invita, non possiamo partecipare.
Se partecipiamo, il dono è di Dio perché ci ha invitati
ma, se non partecipiamo, la colpa non è di Dio, perché Lui ci ha invitati, la
colpa è nostra.
Se l'uomo invitato a pranzo aderisce, la grazia è di
colui che l'ha invitato, se rifiuta, la colpa è sua.
Ci siamo anche chiesti come Dio ci interroga in modo da
farci interrogare?
E abbiamo detto che Dio ci interroga presentandoci ciò
che non è Dio.
L'uomo è immerso nel mistero e ci siamo chiesti e ci
chiediamo perché l'uomo nota il mistero.
Che differenza c'è fra l'animale e l'uomo?
Non è soltanto un problema di evoluzione.
L'animale, non sente il mistero, non si chiede il perché
delle cose.
C'è un salto di qualità, non è un problema di evoluzione.
Perché l'uomo sente il mistero?
Perché l'uomo è bisogno d'interrogare?
La risposta è: perché porta Dio in sé,
perché porta l'Assoluto e proprio perché porta l'Assoluto, è fame di Assoluto.
Abbiamo visto molte volte che questa fame di Assoluto è
segno, è testimonianza che l'uomo ha in sé la presenza dell'Assoluto.
Proprio per questa presenza dell'Assoluto, l'uomo di fronte
a tutto ciò che non è Assoluto, sente il bisogno di interrogare, non sopporta
ciò che non è Assoluto, appunto perché è bisogno di Assoluto.
Dio ci interroga presentandoci cose che non sono Dio, che
non sono l'Assoluto, per cui l'uomo osservando la pietra sente
l'interrogazione: "Ѐ questo Dio?", "Ѐ questo l'Assoluto?".
L'uomo dice: "No, la pietra non è l'Assoluto, la
pietra non è Dio".
E Dio gli presenta l'acqua, gli presenta il sole, gli
presenta le stelle: "Ѐ questo l'Assoluto?".
"No, questo non è l'Assoluto, perché sono tutte cose
che mutano, sono tutte cose soggette al tempo".
L'Assoluto non può essere soggetto al tempo.
L'Assoluto è trascendente tutto.
E Dio gli presenta l'albero, gli presenta l'animale, gli
presenta l'uomo: "Ѐ questo l'Assoluto?".
Più ci avviciniamo a una creatura vicina all'Assoluto
come l'uomo e più l'uomo può fare l'errore e lo fa e si confonde, e a un certo
momento dice: "L'uomo è il mio dio".
L'uomo fa anche degli errori, perché arriva anche dire:
"Il denaro è il mio dio", oppure: "L'istituto è il mio dio"
o: "Una struttura è il mio dio".
Ma dove maggiormente l'uomo si confonde, è nel rapporto
con l'uomo.
L'uomo è la creatura che più somiglia Dio, che più è
vicina a Dio e con facilità l'uomo o la donna sono soggetti a quest'errore:
scambiare l'uomo per Assoluto e a riferire tutte le cose all'uomo, a farle
dipendere dall'uomo.
Ma anche lì abbiamo visto che l'uomo è soggetto al tempo,
muta, delude.
Notiamo, l'uomo non delude per colpa sua, delude per opera
di Dio, per salvare l'uomo, affinché l'uomo non abbia a scambiare l'altro uomo
per Assoluto.
Tutti sono soggetti alla vanità dice San Paolo.
Tutti sono soggetti a questa legge tremenda, per cui a un
certo momento debbono loro stessi confessare, davanti a coloro che dicono:
"Tu sei il mio dio", debbono confessare: "No, io non sono il tuo
dio".
Tutte le creature a un certo momento dicono all'uomo:
"Noi non siamo il tuo dio, alza gli occhi più in alto".
Ѐ così che Dio ci interroga: proponendoci tutto ciò che
non è Dio.
E siccome questa proposta di ciò che non è Dio, di ciò
che non è Assoluto, cade in un campo di Assoluto, questo campo di Assoluto
naturalmente deve porre quest'interrogativo: "Ma allora chi è l'Assoluto,
che cos'è l'Assoluto".
Non basta dire: "Dio non è questo", Dio vuole
che noi diciamo: "Questo è Dio".
Dio vuole che noi arriviamo a identificare quello che
Egli è.
Abbiano detto che il problema è l'identificazione del Figlio.
Dobbiamo chiederci il significato, il valore di questo,
perché tutto è lezione di Dio.
Chi è il Figlio di Dio?
Ѐ il problema di oggi, il problema del Natale, perché a
Natale ci viene presentato un bambino e ci viene detto: "Questo è il
Figlio di Dio", un bambino che nasce a Betlemme, che nasce come nasce.
E ci viene detto: "Questo è il Figlio di Dio".
Per fede lo possiamo credere, se abbiamo la fede.
Se non abbiamo la fede, diciamo: "Questo è un
bambino qualunque" infatti, non ha scritto sulla fronte: "Io sono il
Figlio di Dio".
E allora il problema è questo: come fare a individuarlo?
Perché anche se dico per fede: "Sì è il Figlio di
Dio", questo non basta per farmi capire.
L'interrogazione è: "Ѐ questo Dio?".
"È questo il Figlio di Dio?".
"Credi tu nel Figlio di Dio?".
"E chi è il Figlio di Dio?".
E come faccio a dire chi è il Figlio di Dio?
Il problema è quello dell’individuazione
del Figlio di Dio.
Natale come ogni opera di Dio ha un suo significato per
noi e noi dobbiamo arrivare a questo significato, altrimenti frustriamo l'opera
di Dio, perché in tutte le cose Dio parla a noi e parlando a noi significa
quello che non è Assoluto e ci interroga e dice: "E chi sono Io?".
Quest'interrogazione ce la fa anche Natale.
Quindi anche Natale ha un significato e un significato
personale per noi.
Natale non ha certamente il valore di una festa di
sentimenti o di doni, di regali e di consumismo o di che so altro e nemmeno di
riti.
Il Natale ha un significato per la nostra vita personale,
rappresenta un momento, una tappa da percorrere per la nostra vita.
Ma se si tratta di una tappa da percorrere, devo
chiedermi: che cosa significa per me questa rappresentazione, questo ricordo di
questo bambino nato così e così?
Che cosa significa, o meglio, siccome tutto è opera di
Dio, che cosa Dio mi vuol significare?
Soltanto comprendendo il significato di una cosa, noi
percorriamo la tappa che Dio traccia per noi attraverso quella cosa, per la
nostra vita personale.
Dio ci ha creati per conoscere Lui e la nostra vita è un
cammino verso la conoscenza di Dio e la conoscenza di Dio è la vita vera,
quindi eterna, perché ciò che è vero è eterno.
Questo cammino è fatto di tante tappe e queste tappe sono
rappresentate dall'opera di Dio attraverso la creazione, l'antico testamento,
attraverso tutte le diverse vicende: la legge, i comandamenti, i profeti, fino
alla nascita di Gesù.
Poi continua dalla nascita di Gesù si va alla tappa del
silenzio di Gesù per trent'anni, poi si va alla tappa della sua vita di
messaggi, di predicazione, di Parola, poi si va alla sua passione, alla sua
morte, poi il cammino continua ancora e va oltre e andiamo alla resurrezione,
ai 40 giorni dopo la resurrezione e il cammino continua ancora, si va
all'Ascensione e continua ancora fino alla Pentecoste.
A Pentecoste cosa succede?
Nella Pentecoste succede che la nostra anima finalmente
conosce Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo, l'inizio di vita eterna.
Tutti i fatti che sono avvenuti, tracciano il cammino
della nostra vita essenziale verso la conoscenza di Dio, verso la meta, un
cammino che noi dobbiamo percorrere altrimenti la nostra vita fallisce.
Ѐ tutto un fallimento, possiamo esserci sposati, possiamo
avere delle case, possiamo avere conquistato anche tutto il mondo ma la nostra
vita si concluderà con niente di fatto, fallimento.
Perché?
Perché tu uomo sei stato destinato a conoscere Dio e se
non sei arrivato alla conoscenza di Dio, la tua vita è fallita: aborto.
Se tutto quello che è avvenuto, rappresenta tappe, pane
spezzato da Dio per il nostro cammino verso questa grande meta, noi dobbiamo
chiederci in ogni avvenimento, soprattutto negli avvenimenti della vita di
Gesù, il significato, perché soltanto intendendone il significato, percorriamo
quella tappa, altrimenti non la percorriamo.
Ciò che non è capito ci paralizza.
E siamo qui alla tappa del Natale.
Cosa rappresenta per noi?
A questo Natale noi siamo giunti di fronte a questa
interrogazione: "E chi è il Figlio di Dio".
Siamo giunti qui, di fronte a questo cieco guarito del
Gesù che chiede: "Chi è il Figlio di Dio?", nello stesso giorno in
cui viene detto: "Questo è il Figlio di Dio".
E già.
Tutto è opera di Dio perché tutto è programmato da Dio ed
è Dio che ci conduce.
Abbiamo detto che se ci viene detto: "Questo è il
Figlio di Dio", siamo tenuti a capire ciò che ci viene detto.
Noi siamo tenuti a credere anche a quello che non
capiamo, è giusto, perché noi siamo tenuti a credere a quello che capiamo ma
anche a quello che non capiamo, anzi, soltanto credendo a quello che non
capiamo, possiamo giungere a capirlo.
Guai a noi se invece escludessimo quello che non capiamo
per credere solo quello che capiamo, perché allora interromperemo il cammino
della vita.
Ora dico, ci viene detto: "Questo è il Figlio di
Dio".
Noi per fede possiamo dire: "Si è Figlio di Dio,
però non lo capisco perché non l'ha scritto in fronte".
E allora come facciamo a identificarlo?
Soltanto intendendo quello che mi viene detto percorro la
tappa del Natale.
Non credendo ma, intendendo quello che mi dice la fede,
perché per fede io credo anche a quello che non capisco ma, credo per arrivare
a capirlo, non credo per non capire.
Soltanto se arrivo a capire, se m’interesso di capire,
percorro quella tappa, altrimenti non la percorro.
E allora dobbiamo chiederci: come fare per individuare il
Figlio di Dio?
Perché ci è proposto.
Qual è il principio d’individuazione?
Se noi ci osserviamo nel nostro vivere comune, di fronte
a tutte le persone che ci vengono presentate, cerchiamo sempre di individuarle.
E come le individuiamo?
Noi le individuiamo rapportandole, riferendole sempre a
qualche punto fisso.
Ci chiediamo sempre: "Chi è?".
Perché la prima volta che noi incontriamo una persona,
non la conosciamo.
Anche qui c'è da chiedersi perché noi non conosciamo la persona
appena questa si presenta.
La prima volta che noi vediamo delle persone, non le
conosciamo.
Ci chiediamo perché non le conosciamo la prima volta che
le incontriamo?
La seconda volta che le incontriamo che cosa facciamo?
Diciamo: "Questa è la persona che ho visto l'altra
volta".
Diciamo: "La conosco".
Abbiamo un punto di riferimento.
Quello che abbiamo visto diventa riferimento per ciò che
vediamo.
Oppure diciamo: "Questo di chi è figlio?",
"Ѐ il figlio del tale".
Se conosco il padre, dico: "Questo è il figlio di
quel padre".
È un punto di riferimento.
Il punto di riferimento è il padre.
Oppure dico: "Questo è il tale che viene dal tal
paese", un altro punto di riferimento, "Che lavora nel tal
posto".
Individuiamo le persone sempre riferendole a qualche
punto di riferimento che portiamo dentro di noi, un punto fisso.
Se manca il punto fisso di riferimento in noi, non è
possibile identificare una persona.
Evidentemente questo nostro modo di conoscere è relativo.
Certamente noi non conosciamo una persona dicendo:
"Questa persona è la tale perché io l'ho vista l'altro giorno, o perché
l'incontro sempre su quell'angolo della strada", questa non è conoscenza!
Eppure noi ci accontentiamo di questa conoscenza.
Oppure diciamo: "Questo è il figlio del tale".
Dicendo "figlio del tale", non conosco
assolutamente niente.
Quindi non bastano le nostre anagrafi per individuare le
persone.
Questa è una conoscenza fasulla, tant'è vero che più
delle volte noi dopo aver giudicate, classificate, individuate le persone, a un
certo momento dopo 30 -40 o cinquant'anni, scopriamo che non capiamo niente di
quelle persone.
È logico non era conoscenza.
Però questo fatto, siccome tutto è lezione di Dio,
c'insegna una grande cosa: principio di individuazione è il rapporto con un
punto fisso di riferimento e che questo rapporto non avviene senza di noi, cioè
se non interroghiamo.
Interrogare vuol dire stabilire un rapporto tra ciò che
ci viene presentato e ciò che per noi è punto
luce, cioè punto di riferimento.
Ora, abbiamo detto: tutti i nostri punti di riferimento
(sentimentali, familiari, parentali, istituzionali) sono fasulli perché sono
sempre riferiti al nostro io.
Il nostro io certamente non è punto luce di conoscenza,
perché il nostro io stesso ha bisogno di essere conosciuto, quindi non conosce
niente.
Noi individuiamo le persone in quanto abbiamo la
possibilità di riferirle a un certo punto di riferimento, di fare un rapporto
con questo.
Ѐ di qui che viene l'individuazione.
Allora il problema è: quale punto di riferimento dobbiamo
avere in noi per poter identificare le persone?
Ricordiamo sempre che dobbiamo arrivare a: "Chi è il
Figlio di Dio?".
Evidentemente il punto fisso di riferimento è là, dove è
il Principio di tutte le cose, di tutti gli esseri, di tutte le creature,
quindi Dio.
Soltanto se noi possiamo riferire le persone e le cose a
Dio, lì possiamo individuare e dire che cosa sono le cose e chi sono le
persone.
Ritorniamo ad Adamo, che ha dato il nome,
quindi ha individuato le cose e le creature alla Presenza di Dio.
La scrittura dice: "Questo era il vero nome",
per dire a noi: guarda che il vero nome (il vero nome è quello che identifica),
la vera identificazione sia ha in quanto tu rapporti ogni cosa alla Presenza di
Dio.
Qui capiamo quello che dice Gesù: "Solo dal Padre si
può conoscere il Figlio".
E dice anche altro: "Chi ha ascoltato il Padre viene
a Me".
"Chi ha ascoltato il Padre viene a Me", vuol
dire: "Ha la possibilità di individuarmi".
E noi leggiamo che i primi discepoli hanno detto:
"Questo è il Messia, questo è il Salvatore del mondo".
Perché?
Avevano ascoltato il Padre.
C'erano tanti in Palestina ai tempi di Gesù che l'hanno
visto, non tutti hanno detto: "Questo è il Figlio di Dio".
Perché?
Il processo d’identificazione non stava nel suo volto,
non stava quindi nei suoi capelli, non stava nel suo vestito, non stava nel suo
venire da Nazareth o da Betlemme, non stava in questo, il principio
d’identificazione non stava nemmeno nel dire: "Lui è il figlio di Maria e
di Giuseppe", come ufficialmente era riconosciuto.
Il problema non era qui.
Alcuni hanno detto: "Questo è il Messia".
L'hanno identificato.
E come hanno fatto?
Avevano ascoltato il Padre.
Gesù dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a Me,
ecco perché voi non mi riconoscete, perché non siete da Dio".
Ciò vuol dire che è possibile ascoltare
il Padre prima di incontrare Cristo.
Anzi: soltanto ascoltando il Padre, quindi dal Padre, noi
abbiamo la possibilità di individuare il Figlio di Dio e di dire: "Questo
è il Figlio di Dio".
D'altronde noi vediamo che proprio qui nel tempo di
Natale, hanno riconosciuto il Figlio di Dio in un bambino, in uno che non
parlava.
Non parlava!
Eppure l'hanno riconosciuto come Figlio di Dio.
Il vecchio Simeone disse: "Ora lascia Signore che il
tuo servo se ne vada in pace perché ha visto la salvezza".
Come ha visto la salvezza?
Ha visto un bambino.
Era un bambino qualunque.
Non aveva scritto in fronte: "Io sono Figlio di
Dio".
E nessuno presentandoglielo gli aveva detto: "Questo
è il Figlio di Dio", affatto.
Cos'è che l’ha fatto identificare per Figlio di Dio?
Già Abramo d'altronde 2000 anni prima di Gesù:
"Desiderò vedere il mio giorno e lo vide", dice Gesù.
Ma chi gliel'ha fatto vedere?
E come ha fatto a identificare e dire: "La salvezza
del mondo sta qui?".
Così i pastori, i Magi, a un certo momento giungono a un
bambino, un bambino che nasce in un modo qualunque, che era figlio di una
coppia.
Allora il problema sta nell'ascoltare il Padre, perché soltanto il Padre dà a noi il criterio per individuare suo
Figlio e dire: "Questo è il Figlio di Dio".
Ma cosa vuol dire ascoltare il Padre?
Il Padre è il Creatore di tutte le cose, quindi è Colui
che parla in tutto.
Ora parlando in tutto cosa fa?
Tutta la creazione è Parola di Dio.
Quando uno parla, parla per manifestare un pensiero.
Noi quando parliamo, a meno che facciamo le comari,
parliamo per manifestare un pensiero.
Siamo creature e come creature siamo segni di Dio, quindi
se Dio creando noi ha dato noi la possibilità di comunicare un pensiero e siamo
persone proprio perché abbiamo questa possibilità, a molto maggior ragione Lui,
parlando, opera in tutto per manifestare un Pensiero, il suo Pensiero.
Altrimenti noi non potremmo assolutamente conoscere il
Pensiero di Dio.
Ora cosa vuol dire manifestare un pensiero?
Manifestare un pensiero vuol dire renderlo presente.
Per cui a un certo momento, l'altro che ti ascolta dice:
"Questo è il pensiero che tu mi volevi comunicare", se ascolta.
Così fa Dio, Dio creando, operando, parla con noi.
L'Intenzione di Dio è quella di condurre noi a vedere il
suo Pensiero, se ascoltiamo.
Ecco allora: se ascoltiamo!
Quanti hanno ascoltato il Padre, Creatore di tutte le
cose, nel suo fine, giungono a identificare il Figlio di Dio.
Perché?
Il Figlio di Dio è la conclusione
del parlare del Padre.
Nella conclusione c'è la manifestazione.
Manifestazione vuol dire rendere presente.
Allora noi a un certo momento del parlare del Padre
dobbiamo aspettarci di trovarci, di venirci a trovare di fronte al Pensiero di
Dio, perché la conclusione di tutto il discorso è questo.
Cristo morente in croce dice: "Tutto è
compiuto", cosa vuol dire?
Il Pensiero viene manifestato, perché il Fine, il
compimento di tutta l'opera del Padre è quello di condurre gli uomini a vedere,
a costatare il suo Pensiero.
Perché questo?
Perché soltanto vedendo il Pensiero del Padre noi,
possiamo conoscere il Padre.
Qui capiamo che il Padre possiamo ascoltarlo ma non
vederlo.
Soltanto se ascoltiamo il Padre, giungiamo a vedere il
Pensiero del Padre, attraverso il Pensiero del Padre poi abbiamo la possibilità
di conoscere il Padre, di vederlo, perché nessuno ha visto il Padre se non il
Figlio.
Tutti hanno la possibilità di ascoltare il Padre.
Ascoltando il Padre s'interroga e s’interroga appunto
perché si cerca il Pensiero.
Ecco, coloro che ascoltano il Padre sono coloro che
interrogano, come ha interrogato questo cieco guarito da Gesù.
Perché se il Padre in tutto il suo parlare propone il suo
Pensiero, colui che ascolta il Padre viene trasformato in interrogazione:
"Chi è il Figlio di Dio?". "Chi è il tuo Pensiero?".
L'interrogazione è la condizione essenziale per trovare il
Figlio di Dio.
Notiamo che a questo punto l'uomo certamente deve aver
superato il pensiero del proprio io, perché nel pensiero del proprio io, i
punti di riferimento e quindi le conoscenze, l'identificazione delle persone
sono sempre riferite a: "Io ho visto, all'angolo della strada".
L'uomo che ascolta il Padre si trasforma tutto in
interrogazione del Padre, interrogazione sul Pensiero del Padre.
Ora notiamo questo: se l'uomo interroga, evidentemente
interroga perché non ha presente, perché non conosce.
Quando questo cieco interroga e dice: "Chi è il
Figlio di Dio?", evidentemente interroga perché non sa chi sia il Figlio
di Dio e chiede per poterlo individuare.
Qui succede una meraviglia: se l'uomo interroga circa il
Figlio di Dio, in questa interrogazione deve essere già presente il Pensiero di
Dio, il Figlio di Dio, perché l'uomo non potrebbe interrogare se non l'avesse
presente.
L'uomo interroga perché non conosce.
Ma se interroga, evidentemente interroga non per opera
sua, non per iniziativa sua.
Interroga perché è attratto da qualcos'altro.
Chi interroga subisce una passione
(interrogare vuol dire subire una passione).
Ora se lui non conosce ciò su cui interroga, è perché in
questa interrogazione deve essere presente l'Altro che lo attrae.
E se lui interroga sul Pensiero di Dio, sul Figlio di
Dio, in questa stessa interrogazione, ci deve essere la Presenza del Figlio di
Dio, la Presenza quindi del Pensiero di Dio che lo attrae a Sé.
L'uomo per interrogare subisce una passione, quindi
un'attrazione di qualcosa o qualcuno.
E se c'è un'attrazione c'è una presenza.
E se interroga sul Pensiero di Dio, vuol dire che in
questa interrogazione c'è la Presenza del Figlio di Dio.
Ma c'è la rivelazione della Presenza del Figlio di Dio?
Certo.
La constatazione che nell'interrogazione dell'uomo c'è
già la Presenza di ciò che egli cerca, la Presenza del Figlio di Dio, del
Pensiero di Dio, questa constatazione avviene e suppone che in noi si sia
formato l'ascolto del Padre.
La constatazione di questa Presenza la facciamo in quanto
tutte le cose le riferiamo al Padre.
In quanto tutte le cose le riceviamo da Dio.
Ricevendole da Dio, dico: non sono io che interrogo.
Se interrogo è perché c'è qualcuno che mi attrae.
E questo qualcuno che mi attrae non lo conosco, e se mi
attrae è già presente.
Nell’interrogazione dell'uomo c'è già la presenza del
Pensiero di Dio.
L'uomo giunge a prendere coscienza, a rendersi conto di
questo, ma si rende conto dal Padre, e se si rende conto dal Padre, questo è il
Figlio di Dio.
Ѐ sempre l'interesse, il desiderio, la fame che individua
il pane.
Il processo di individuazione viene fatto attraverso
l'interrogazione.
Tre sono i momenti di
individuazione.
La grande individuazione l'avremo soltanto contemplando il
Padre per ciò che Egli è e per quello che genera: questa è l'ultima,
definitiva.
Prima abbiamo altre due individuazioni.
La prima individuazione del Figlio di Dio è data
dall'interesse, dalla fame che abbiamo.
Ѐ la fame che conduce a scoprire.
La fame non sei tu che te la dai, la subisci.
Tu non subiresti l'interesse, la fame, la passione per
una cosa, se quella cosa non ti fosse presente ma, siccome tu non la conosci,
quella cose è presente indipendentemente da te.
Qui possiamo capire il significato del Natale.
Noi possiamo capire il significato di una cosa soltanto
se abbiamo presente il Pensiero, perché è il Pensiero che dà significato alle
cose.
Ma se io non ho interiorizzato il Pensiero non posso
capire, assisto alle cose ma, le cose sono passibili di 1000 significati.
Gesù bambino è stato classificato in 1000 modi, c'è anche
chi l'ha detto figlio di una prostituta.
Ѐ un segno e come segno può assumere tanti significati.
Soltanto colui che ha interiorizzato, interiorizzato dal
Principio, cioè dal Padre, il Pensiero di Dio, il Figlio di Dio, lo può
riconoscere.
Il che vuol dire che c'è una dimensione personale.
Ecco perché la conoscenza a un certo momento diventa
essenzialmente personale, cioè se noi non abbiamo interiorizzato il Pensiero di
Dio, non potremo assolutamente individuare il Figlio di Dio.
Per noi, anche nei giudizi, anche di fronte al Figlio di
Dio, per noi sarà un mistero, non lo conosceremo!
Il principio di individuazione è un fatto che presuppone
un'interiorizzazione e un'interiorizzazione non con i punti di riferimento
nostri, ma dal punto vero di riferimento, cioè dal Padre.
Avendo adesso interiorizzato, avendo cioè capito che il
Pensiero di Dio è presente già nella nostra interrogazione, per cui soltanto
interrogando giungiamo a prendere coscienza di questa presenza che non è opera
nostra, ma di un Altro, di Colui che si rende presente (perché Dio parlando
tende a manifestare il suo Pensiero), ecco, possiamo arrivare a capire il
significato del Natale e a capire come nel Natale ci sia l'opera conclusiva di
Dio Padre, Creatore di tutte le cose.
Abbiamo detto: Dio creando tutte le cose parla, parlando
tende a rendere presente il suo Pensiero, il suo Pensiero è la conclusione
dell'opera del Padre.
La prima rivelazione di questo Pensiero è: rivelazione
del Pensiero di Dio in noi indipendentemente da noi.
Il Natale è questo: il Figlio di Dio, il Pensiero di Dio
è presente in noi indipendentemente da noi, infatti, noi lo vediamo dopo che
Gesù nasce non per opera di uomo, e tutti segni lo confermano e i segni quanto
segni li dobbiamo accettare da Dio, perché tutti, sia che li capiamo, sia che
non li capiamo, tutti sono opera del Padre, quindi in tutti noi riceviamo
testimonianza della conclusione del discorso.
A un certo momento nel discorso di Dio, noi dobbiamo
venirci a trovare di fronte a un segno, un segno che è talmente unito al
Pensiero di Dio da essere una cosa sola con il Pensiero di Dio, perché soltanto
lì, quando c'è questa sola cosa, noi possiamo passare dal segno al Pensiero di
Dio: abbiamo capito.
Prima i segni erano lontani, è come uno che parla: quando
comincia parlare tu non capisci, poi se ascolti, a poco per volta, giungi a
capire a vedere il pensiero e dici: "Ho capito".
Cosa vuol dire aver capito?
"Ho visto il pensiero".
Abbiamo qui la possibilità di capire significato del
Natale.
Il significato del Natale è questo: Dio che rivela a noi
la sua presenza in noi, perché li abbiamo la fede che dice: "Questo è Dio
tra noi", il Dio tra noi è un segno della presenza di Dio in noi.
Ma come è questa presenza di Dio in noi?
Indipendentemente da noi, nella nostra interrogazione,
Dio parlando, se non lo ascoltiamo, ci conduce a verificare che nella nostra
interrogazione, cioè nel nostro bisogno di capire, c'è il Pensiero di Dio
perché tutte le cose sono giustificate in questo Fine, manifestazione, Presenza
del Pensiero di Dio.
Questo Pensiero di Dio è in noi indipendentemente da noi
e muove noi fino a giungere a costatarlo.
Costatando il Pensiero, abbiamo la possibilità di
intendere il significato delle cose.
Quando conosciamo il pensiero di una persona abbiamo la
possibilità di capire significato di tutte le cose che fa quella persona.
Così è quando noi abbiamo capito che il Figlio di Dio, il
Pensiero di Dio è già presente nel nostro bisogno di capire chi è il Figlio di
Dio, quando abbiamo constatato questo, abbiamo conosciuto il Pensiero che dà
noi la possibilità di capire il significato delle opere di Dio, soprattutto il significato
del Natale.
Egli rispose:
"E chi è signore perché io creda in lui"
Gv 9 Vs 36 Terzo tema.
Titolo: La madre di Dio: il
significato del sapere.
Argomenti: Il credere nel
Figlio di Dio dipende dall'individuazione del Figlio di Dio. Il criterio per individuare il Figlio. Credere nel Figlio di Dio. L'individuazione del Figlio di Dio dall'ascolto del
Padre. La via per
giungere a Dio è una sola. La rivelazione del Natale. Far crescere il Figlio di Dio.
1/Gennaio/1989 Casa di preghiera
Fossano.
Ci troviamo nel versetto 36 del capitolo nono di San
Giovanni.
Qui si dice: "Egli (cioè quell'uomo guarito del Gesù
in giorno di sabato) rispose e disse: E chi è signore perché io creda in
Lui".
Gesù lo aveva interrogato (e lo aveva interrogato perché
l'aveva incontrato dopo che i giudei, i sacerdoti del tempio, lo avevano
cacciato fuori dalla sinagoga), dicendogli: "Credi tu nel Figlio di
Dio?".
E quegli rispose: "E chi è perché io creda in Lui?".
Quel perché vuol dire "affinché io creda in
Lui".
Le domeniche precedenti ci siamo soffermati sul
significato dell'interrogazione dell'uomo e su quale relazione ci sia tra
l'interrogare e il conoscere, e come l'uomo non possa giungere a conoscere la Verità
se personalmente non interroga.
L'uomo è stato creato per conoscere la Verità.
Gesù promette questa conoscenza.
Dice: "Sarete veri miei discepoli", il che vuol
dire che si può credere di essere suoi discepoli e non essere suoi discepoli,
perché se dice: "Sarete veri miei discepoli", è segno che uno può
illudersi di essere suo discepolo e non esserlo.
Dice "Sarete veri miei discepoli se resterete nelle
mie Parole".
"E se resterete nelle mie Parole, conoscerete la
Verità e la Verità vi farà liberi": Promessa di Dio.
Il che vuol dire che Dio promette all'uomo la conoscenza
della Verità e se Dio promette all'uomo la conoscenza della Verità, vuol dire
che l'uomo deve sperare di giungere a questa conoscenza, perché nella conoscenza
della Verità sta la salvezza dell'uomo.
Anche qui abbiamo San Paolo che dice: "Dio vuole che
tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità".
È Parola di Dio.
Noi rispondiamo: "È Parola di Dio".
Quindi l'uomo deve sperare di giungere a conoscere la
Verità, deve sforzarsi di cercare la Verità e deve soprattutto trovare la via
per arrivare a questa conoscenza, perché la sua vita sta nel conoscere Dio.
E poi ci siamo soffermati sull'interrogazione che fa
quest'uomo: "E chi è il Figlio di Dio?".
Abbiamo visto domenica scorsa come per giungere a
individuare il Figlio di Dio, per poter credere (perché per credere nel Figlio
di Dio, bisogna arrivare a individuare il Figlio di Dio), sia necessario
interrogare e interrogare in modo specifico.
Gesù gli aveva proposto: "Credi tu nel Figlio di
Dio?".
In ogni interrogazione, e Dio ci
interroga tutti i giorni, c'è una proposta di Dio.
Qui la proposta era credere nel Figlio di Dio.
Ma per credere nel Figlio di Dio bisogna sapere chi è
questo Figlio di Dio, è per questo che quell'uomo chiede: "E chi è perché
io creda in Lui?".
"Perché io possa credere in Lui?".
Evidentemente fa dipendere il credere nel Figlio di Dio
dall’individuazione del Figlio di Dio.
Altrimenti succede che noi possiamo illuderci di credere
nel Figlio di Dio.
Anzi, fintanto che noi non individuiamo personalmente chi
sia il Figlio di Dio, noi crediamo sempre in altro, e se crediamo di credere
nel Figlio di Dio, noi c'illudiamo, perché non conosciamo il Figlio di Dio.
Ora notiamo bene che individuare non è ancora conoscere.
Però individuare è necessario per credere e credere è
necessario per arrivare a conoscere.
E per questo che quest'uomo onestamente dice: "Chi è
questo Figlio di Dio?".
Abbiamo detto che soltanto interrogando si giunge
conoscere e quindi si giunge a individuare una persona.
Naturalmente per individuare dobbiamo avere in noi un
criterio per poter dire: "Questo è il Figlio di Dio".
E come possiamo noi dire: "Questo
è il Figlio di Dio?".
Siamo andati alla ricerca del criterio per poter
riconoscere il Figlio di Dio e abbiamo visto che l'individuazione è sempre una
conseguenza di un rapporto.
Noi individuiamo le persone perché le rapportiamo alla
loro famiglia, al loro padre, oppure al loro paese.
"Viene dal tal paese", diciamo e quindi
crediamo di conoscere, oppure perché fa il tale lavoro, sempre in quanto
stabiliamo un rapporto con qualche termine che abbiamo presente.
Per cui il tale lo conosciamo perché è il figlio del tal
altro, oppure perché viene dal tal paese, oppure perché fa questa professione,
ma è sempre in riferimento a qualche termine.
E abbiamo anche visto che questa individuazione è
un'individuazione relativa.
Non ci fa conoscere le persone ed è impossibile conoscere
le persone perché questa è sempre un'individuazione relativa al pensiero del
nostro io, e nel pensiero del nostro io non possiamo conoscere la Verità, non
possiamo conoscere le persone.
Allora qual è il criterio vero dell'individuazione?
Abbiamo visto che il criterio vero per individuare è il
Principio, la Causa.
Quando parliamo di Principio, di Causa intendiamo Dio,
perché Dio è la Causa, il Principio di tutte le cose.
Dio è il Creatore di tutte le cose.
Quindi soltanto se noi abbiamo come termine fisso di rapporto
Dio Creatore, Padre di tutte le creature, soltanto in quanto noi abbiamo questo
punto fisso di riferimento, abbiamo la possibilità di individuare che cosa sono
le persone e soprattutto abbiamo la possibilità di individuare il Figlio di
Dio.
Perché soltanto individuando il Figlio di Dio, abbiamo la possibilità di credere in Lui.
Ora, quando diciamo credere, che cosa intendiamo?
Credere vuol dire impegnarsi.
Domenica scorsa abbiamo visto che la prima individuazione
del Figlio di Dio come Figlio di Dio è la scoperta di quel Pensiero di Dio che
corrisponde alla nostra interrogazione.
Non interrogando cerchiamo il Pensiero di Dio e cerchiamo
il Pensiero di Dio in quanto ascoltiamo il Padre, Dio Creatore.
Ogni individuazione del Figlio di Dio deriva dal Padre.
Abbiamo detto che abbiano tre livelli d’individuazione
del Figlio di Dio.
Ora, l'individuazione del Figlio di Dio, fino al massimo
livello che è quello della conoscenza del Figlio di Dio come generato dal
Padre, presuppone sempre in noi, come punto fisso di riferimento il Padre,
altrimenti non possiamo conoscere il Figlio di Dio come Figlio di Dio.
Possiamo fare tante fantasie, possiamo credere e magari
illuderci e dire: "Questo è il Figlio di Dio" ma, prendiamo delle
cantonate.
È solo il Padre che conosce il Figlio e quindi soltanto
nella misura in cui ascoltiamo il Padre o conosciamo il Padre che a noi è dato
di individuare, di conoscere suo Figlio.
È soltanto il Padre che conosce il Figlio.
Gesù stesso dice che soltanto coloro che ascoltano il
Padre possono andare a Lui.
Andare a Lui vuol dire poterlo in individuare,
identificare.
Ma cosa vuol dire ascoltare il
Padre?
Perché abbiamo detto che il primo livello è questo:
l'individuazione del Figlio di Dio dall'ascolto del Padre.
E quand'è che ascoltiamo il Padre?
Ascoltiamo il Padre in quanto riceviamo tutte le opere di
Dio da Dio.
Tutto è opera di Dio, quindi riceviamo tutte le cose che
Dio ci fa arrivare, le riceviamo da Lui e non da altri, perché Lui solo è il
Creatore.
È proprio l'ascolto del Padre che forma in noi il volto
di suo Figlio.
E quando abbiamo interiorizzato in noi il volto del
Figlio, possiamo individuarlo.
Come si forma questo volto?
Osservando e ricevendo tutto da Dio, noi non possiamo
fare a meno di cercare in tutto il significato, poiché se Dio fa questo o mi fa
giungere questa Parola che cosa vuol dire? Qual è il suo Pensiero?
Quando riceviamo qualche cosa da una persona, andiamo
sempre a cercare l'intenzione, il pensiero di quella persona, perché sappiamo
che questo è essenziale.
Così se noi riceviamo tutto da Dio, in tutto sentiamo
dentro di noi quest'interrogazione, questo bisogno che è già attrazione di Dio:
"Quale è il significato? Quale Pensiero Dio mi vuole trasmettere attraverso
questo avvenimento, questo fatto, questa parola?"
Tale interrogazione, l'ascoltiamo solo se ascoltiamo il
Padre.
Se non ascoltiamo il Padre noi, non ascoltiamo
quest'interrogazione, perché essa viene da Dio, non sentiamo il bisogno di
cercare il significato ma, ci fermiamo ai nostri sentimenti, cioè ci fermiamo
alle impressioni che i fatti, gli avvenimenti, le parole lasciano in noi.
Ci fermiamo lì e non andiamo oltre: non ci preoccupiamo
di capire il significato, non sentiamo il bisogno di arrivare al Pensiero di
Dio.
Ma se di fronte ad ogni avvenimento, a ogni fatto, a ogni
parola che giunge a noi, noi non sentiamo il bisogno di arrivare al Pensiero di
Dio, è segno che noi non ascoltiamo il Padre.
È solo ascoltando il Padre che in noi si forma questa
interrogazione che è bisogno di conoscere il Pensiero di Dio.
Questo vuol dire che in noi si è formato il bisogno del
Pensiero di Dio.
E se noi si è formato il bisogno di conoscere, di
trovare, di vedere il Pensiero di Dio, vuol dire che questo Pensiero di Dio è
già presente in noi: è l'anima della nostra interrogazione, è l'anima del
nostro bisogno.
E ciò che mette noi in movimento e se ci mette in
movimento, è Presente.
Per cui il Pensiero di Dio diventa l'anima della nostra
interrogazione: è la Presenza, è la sostanza delle nostre stesse
interrogazioni.
Qui c'è l'individuazione del Pensiero di Dio.
Abbiamo detto che l'individuazione del Pensiero di Dio è
la condizione per poter credere nel Figlio di Dio.
Il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio.
È la condizione, il che vuol dire che fin tanto che noi
non individuiamo personalmente il Figlio di Dio,
in modo da poter dire (noi dobbiamo dirlo): "Questo è il Figlio di
Dio", fintanto che noi non diciamo questo, non abbiamo la possibilità di
credere in Lui e se crediamo di credere, ci illudiamo.
Quindi credere una conseguenza dell'individuazione del
Figlio di Dio.
Altrimenti noi confondiamo le cose.
Nella confusione noi diciamo: "Tutti sono figli di
Dio".
Certo tutti sono figli di Dio, destinati a Dio, ma uno
solo è il Figlio di Dio, poiché il Figlio di Dio è unigenito e chi ci salva è
uno solo.
Non tutti ci salvano.
Uno ci salva.
Soltanto il Figlio di Dio.
E se è soltanto il Figlio di Dio, fintanto che io non
incontro il Figlio di Dio, non sono sul cammino della salvezza.
Quindi non è vero che tutte le vie sono buone, come non è
vero che tutte le religioni sono buone, non è vero perché una sola è la
salvezza, perché Gesù dice: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di
Me".
Quando dice "Me", dice "Io", è un
"Io" inconfondibile, e si dice "Io", vuol dire che la via è
unica.
Quando dice: "Nessuno viene al Padre se non per
mezzo di Me", dice: "La Via è una sola, sono Io, Io sono la
via".
Quindi dicendo: "Io sono la Via", esclude tutti
gli altri: tutti!
D'altronde è talmente logico: se noi volendo andare in un
luogo chiedessimo informazioni sulla strada che vi conduce e ci sentissimo dire
che tutte le strade sono buone, noi ci renderemmo conto che non ci viene nessun
aiuto da tale risposta.
La segnalazione è buona in quanto mi si dice:
"Quella è la strada che ti conduce dove vuoi andare".
Noi dobbiamo sapere dove vogliamo andare.
Siccome siamo stati creati per un fine e il fine è ben
preciso: conoscere la Verità, conoscere Dio, questo dobbiamo sapere.
Questo è il nostro destino e dobbiamo sapere il nostro
destino.
Sapendo la meta dobbiamo informarci sulla strada.
Nessuno ci dà un aiuto se ci dice: "Tutte le strade
sono buone", o se ci dicesse: "Tutte le religioni sono buone",
o: "Comunque tu viva, tu arriverai".
No, la strada è una sola e fintantoché non si trova Colui
che ci dice: "Questa è la strada che ti conduce", noi non abbiamo
trovato la strada.
Questo per confermare che soltanto individuando il Figlio
di Dio, cioè individuando la strada, noi possiamo credere.
Cosa vuol dire credere?
Credere vuol dire impegnarsi nel Figlio di Dio, in Colui
che abbiamo individuato.
E che cosa vuol dire impegnarsi nel Figlio di Dio?
Abbiamo visto a Natale che in quel bambino che nasce a Betlemme, troviamo la rivelazione di come il
Figlio di Dio è in noi.
Troviamo la rivelazione di come il Figlio di Dio è in noi
indipendentemente da noi.
E in noi come un bambino appena nato, affidato alle mani
di sua madre.
Presentandolo come un bambino appena nato affidato alle
mani di sua madre, ci viene detto: "Questo il Figlio di Dio".
Tutto quello che avviene fuori, ha un riscontro dentro,
perché Dio abita dentro di noi.
Il Natale è una segnalazione per aiutare noi a scoprire
il Figlio di Dio dentro di noi.
A Natale ci viene detto come il Figlio di Dio è presente
dentro di noi: è presente dentro di noi come un bambino appena nato, affidato
alle mani di sua madre.
Ci chiediamo cosa vuol dire questo?
Vuol dire che quel bambino, se la madre lo trascura,
deperisce e muore.
Se la madre lo cura, cresce.
E crescendo diventa la vita di sua madre.
Natale è il segno della presenza del Figlio di Dio dentro
di noi, affidato alle mani di sua madre, affidato a noi.
Un bambino appena nato tutto affidato a noi!
Cosa vuol dire affidato a noi?
Affidato ai nostri pensieri, affidato alla nostra mente.
Credere vuol dire impegnarsi: impegnarsi vuol dire avere
cura.
Avere cura vuol dire farlo crescere.
Il tema di oggi è: la madre di Dio.
Oggi è la festa della madre di Dio.
La funzione della madre di Dio è proprio questa: farci
vedere come dobbiamo comportarci verso questo Figlio di Dio che a Natale
ci viene rivelato come un bambino affidato alle nostre braccia, cioè come un
bambino affidato ai nostri pensieri, affidato alla nostra anima.
Quindi Maria è stata posta lì, per insegnare a noi come
si fa crescere questo bambino.
Maria è tutto Pensiero di Dio, solo Pensiero di Dio.
E quando lei dice: "L'anima mia magnifica il
Signore", dice quello che ognuno deve dire.
Magnificare vuol dire fare grande, far crescere: la sua
anima che pensa solo a Dio ed è tutta presa solo da Dio, magnifica il Signore,
cioè fa crescere il Signore, perché è necessario che Lui cresca e che noi
diminuiamo.
Perché soltanto nella misura in cui Lui cresce, noi
viviamo.
Il suo crescere è la nostra vita.
Più facciamo crescere il pensiero del nostro io e più questo
è per noi motivo di morte, di confusione, di dispersione, di angoscia e di
morte.
Conseguenza della tanta cura che noi abbiamo dedicato il
pensiero del nostro io.
Se invece dedichiamo tanta cura al Pensiero di Dio in
noi, presente in noi, come c'è annunciato a Natale e lo facciamo crescere come
lo fece crescere Maria sua madre, ecco che lei diventa in noi la lezione di
come si diventa madre di Dio, perché la nostra anima c'è stata data per
diventare madre di Dio e per imparare come si resta con quel Dio che c’è
annunciato a Natale.
A Natale c'è annunciato, c’è dato, c’è segnalato, ma poi
la grande difficoltà è sapere come si fa per restare con questo bambino e non
si può restare con questo bambino se non si fa questo.
Non lo si può far crescere se non ci si dedica e se non
ci si dedica a Lui come all'unica cosa necessaria, come tutta la mia vita.
Quando si ha un bambino nelle mani se lo si trascura
cinque minuti, le mamme lo sanno perfettamente cosa succede.
Il che vuol dire che diventa un'occupazione a tempo
pieno.
Dio in noi vuol diventare occupazione a tempo pieno,
perché vuol diventare la nostra salvezza, perché vuol diventare la nostra vita,
in realtà Lui è la nostra vita.
Abbiamo detto che l'individuazione del Figlio di Dio non
è ancora conoscere né il Figlio di Dio né Dio, però è la condizione necessaria
per giungere a credere nel Figlio di Dio.
Così noi abbiamo tre grandi tappe nella nostra vita: la
tappa in cui c'è l'annuncio di Dio che arriva a noi indipendentemente da noi: è
Dio che si annuncia, che entra là dove noi siamo, anche se noi siamo ambiziosi,
orgogliosi e pensiamo soltanto a noi stessi.
Poi abbiamo una seconda fase: quella della individuazione
del Pensiero di Dio, questa non avviene senza di noi, richiede da parte nostra
l'ascolto di ciò che c'è annunciato.
Quindi se ciò che c'è annunciato ottiene da parte nostra
interesse, dedizione, interrogazione, si giunge all'individuazione del Figlio
di Dio in noi.
Individuato il Figlio di Dio, si passa
alla possibilità di credere.
Credere, abbiamo detto vuol dire impegnarsi a far
crescere.
Abbiamo poi la terza fase in cui attraverso questa
dedizione, questo impegnarci per far crescere il Figlio di Dio, il Figlio di
Dio ci conduce alla conoscenza del Padre: "Conoscerete il Padre", perché
soltanto dal Padre riceveremo poi lo Spirito Santo, la conoscenza della Verità,
inizio di vita eterna.
Rimane ancora un problema: come far crescere questo
Figlio di Dio che è in noi, che è affidato come un bambino a noi, come un
pensiero affidato ai nostri pensieri?
È importante farlo crescere, perché solo se lo facciamo
crescere Lui, ci porterà alla conoscenza del Padre: "Perché nessuno viene
al Padre se non per mezzo di Me"
Quindi nella misura in cui tu lo fai crescere, Lui poi ti
farà conoscere il Padre.
Quando tutto sarà sottomesso a Lui, Lui allora consegnerà
il Regno di Dio che si è formato in noi al Padre ma, quando tutto sarà
sottomesso.
Allora noi lo facciamo crescere sottomettendo tutto a
Lui.
Ecco qui il problema della madre.
Ѐ sottomettere tutto a Lui, affermare Lui.
Infatti Lui ci dice: "Predicate a tutto il
mondo".
Si predica sottomettendo tutto, a questo Pensiero di Dio,
a questo Figlio di Dio individuato.
L'individuazione è come un seme, ma questo seme va fatto
crescere, quindi richiede il terreno che lo sviluppi.
Ecco, l'individuazione a Natale è un seme: è Lui.
Adesso questo seme deve diventare tutta la tua vita.
E come può diventare tutta la tua vita?
Dio ti offre adesso tutto il materiale, tutto il cibo per
farlo crescere questo suo Figlio che ha posto dentro di te come un seme.
Se adesso tu predichi, se tu affermi questo Figlio di
Dio, questo Pensiero di Dio in te su tutte le cose che Dio ti presenta, Lui
cresce e cresce fino a diventare tutta la tua vita.
È come se tu avessi scoperto una Verità: è come una Luce.
Ma adesso questa Luce tu la devi mettere in alto modo da
illuminare tutto il mondo.
Più illumini e più questa Verità cresce in modo da
invadere tutto di te.
E quando tutto è stato sottomesso a questa Luce, questa
Luce ti rivela il Padre.
Perché?
Cosa succede?
Succede che sottomettendo tutto, la nostra anima si
purifica, elimina l'inquinamento. Perché?
Noi siamo inquinati da tutte quelle cose che non sono
riportate a Dio, che non sono unificate in Dio, per cui la nostra anima è
inquinata e quando è inquinata si trova nella impossibilità di accedere al
Padre, perché si accede al Padre attraverso il Pensiero puro di Dio (solo il
Figlio conosce il Padre).
Quindi far crescere questo Pensiero di Dio, vuol dire
sottomettere tutto a Lui: man mano che si sottomette a Lui, la nostra mente si
purifica, diventa semplice, capaci di elevarsi al Padre, di ascoltare quello
che il Figlio dice del Padre, altrimenti resta disturbata, non riesce a
raccogliersi nel silenzio, perché ha altri pensieri dentro di sé che la portano
via.
Ecco allora che questa sottomissione di tutto a questo
Pensiero di Dio ci purifica l'anima fino a quel livello tale da poter essere
consegnati al Padre e poter restare col Padre, poter conoscere il Padre.
Egli rispose:
"E chi è signore perché io creda in lui"
Gv 9 Vs 36
RIASSUNTI.Domenica-Lunedì-Martedì.
Argomenti: Individuazione e conoscenza di
Cristo. L’unica via per giungere al Padre.La
risposta del Vangelo. Dialogo, ascolto e
interrogazione. L’utilità delle religioni è condurci a Cristo. Scoperta del pensiero di Dio oggettivo in noi.
Restare nei frammenti o nel tutto. Miracoli e
pedate. La sfortuna dei credenti. Le tre individuazioni di Dio.
8/Gennaio/1989 Casa di preghiera Fossano.