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Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?

Gv 9 Vs 35  Primo tema.


Titolo: Il sapere del Figlio di Dio.


Argomenti: I segni di Dio, Cristo è segno di Dio. La cammino della Luce passa dai farisei (incapaci di vedere l’opera di Dio) al cieco. Il coraggio di testimoniare la Verità. Il Figlio di Dio riceve e impara tutto dal Padre. Gesù vide l’opera che il Padre aveva iniziato nel cieco: l’attrazione a Sé. L’uomo è attratto da Dio perché è liberato da interessi diversi. L’interesse per Dio necessario per giungere al compimento della Luce. La fedeltà del cieco: dalla luce materiale alla luce spirituale. Opera di Dio/prova per l'uomo: conflitto con l’autorità. Chi è attratto dal Padre giuge a Cristo. Il nostro essere deriva dalla conoscenza di Dio. Solo sapendo ciò che Dio sa, sappiamo di essere conosciuti da Dio. Si partecipa a Dio solo per conoscenza. Il vero sapere viene da sapere Dio. Arrossire di Cristo di fronte all’autorità. Allontanati dagli interessi del mondo. Ad ogni luce segue la prova. La legge non salva. Partecipare dell’opera del Padre. L’esperienza di non essere conosciuti da Dio. Il Padre conosce solo suo Figlio che è puro pensiero del Padre. Il significato mi rende sopportabile il segno.

 

La fede che salva sta nel riportare a Dio. La chiesa e i segni sono servi. Una cosa è giustificata se vista in un fine. Contemplare il disegno di Dio nella nostra vita. La dimensione superiore della vita eterna. Capire e non modificare.La grazia di essere scacciati dal nostro mondo. L’anticipo della parola di Cristo. Il sapere comunica l’essere.


 

20/Novembre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Siamo al versetto 35 del capitolo nono di San Giovanni.

Qui si dice: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?".

Nelle domeniche precedenti abbiamo visto la conclusione del rapporto tra quel cieco nato, guarito da Gesù in giorno di sabato, e i sacerdoti del Tempio, i farisei.

La conclusione sia dell'opera di Gesù fatta su quel cieco, sia della discussione, della fedeltà e della testimonianza resa da quel cieco guarito da Gesù alla Verità, fu che i sacerdoti del Tempio, i farisei, cacciarono fuori dalla sinagoga quell'uomo perché, lo abbiamo visto, non lo potevano più sopportare.

Ciò è segno che arriva un certo momento in cui tutta la nostra vita si rivela come una discussione fra il nostro mondo e la Verità di Dio e arriva un certo momento in cui il mondo non sopporta più la Verità di Dio e deve cacciarlo fuori.

Abbiamo visto che quei farisei cacciando fuori quell'uomo dalla sinagoga, cacciarono fuori il segno di Dio per loro, perché quell'uomo era opera di Dio, opera di Gesù per loro, tutto quello che accade, è sempre per noi.

Per cui cacciando fuori l'opera di Gesù dalla loro vita, dal loro tempio, cacciavano fuori se stessi dalla Verità.

Questo ci ha portati a concludere che quando noi cacciamo i segni di Dio dagli interessi della nostra vita, noi cacciamo fuori noi stessi dalla Verità, ci mettiamo fuori.

Cosa vuol dire essere fuori?

Essere fuori vuol dire trovarci di fronte ai segni di Dio, alle opere di Dio ma, nell'impossibilità di intendere il significato di essi, nell'impossibilità di passare a Dio.

Gesù che è la conclusione di tutti i segni di Dio (Lui stesso è segno di Dio tra noi, per noi, segno della Presenza di Dio), dice: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me".

Lui conclusione di tutti i segni di Dio, ci rivela che nessuno può arrivare alla Verità, nessuno può arrivare a Dio se non attraverso i segni di Dio.

E se noi non riconosciamo, non accettiamo, non crediamo, non custodiamo, non approfondiamo i segni di Dio, noi ci tagliamo fuori dalla possibilità di giungere alla conoscenza di Dio che è la nostra vita vera e quindi la nostra vita eterna.

A questo punto noi ci troviamo con i farisei tagliati fuori dalla Verità, il che vuol dire che il cammino della luce in loro è finito, non sono giunti alla Luce, si sono tagliati fuori da-.

Però, che il cammino della Luce sia stato interrotto per i farisei, ci fa capire che prosegue in quell'uomo guarito da Gesù.

Ecco, la scena passa dai farisei all'uomo guarito da Gesù.

Il cammino della Luce devia dagli uomini che erano nella sinagoga, dagli uomini che appartenevano al tempio, dall'autorità sacerdotale, passa dalla legge a un povero uomo, a un mendicante, all'anima che sente e sa tutta la sua povertà, ma che, ed è questa la caratteristica di quest'uomo, non ha avuto paura di difendere la Verità di fronte agli argomenti dell'autorità, di fronte agli argomenti dei sacerdoti, dei farisei.

Non ha avuto paura!

Non fu succube!

E abbiamo visto quanta verità scaturì dalle sue parole.

Gesù infatti dice: "Chi si sarà vergognato di Me davanti agli uomini, anch'io mi vergognerò di Lui davanti al Padre e ai suoi angeli". E chi mi avrà conosciuto davanti agli uomini, quindi chi avrà avuto il coraggio di conoscermi davanti agli uomini, tra gli uomini, cioè tra gli argomenti e ragioni degli uomini del mondo, anch'Io lo conoscerò davanti al Padre mio e a tutti i suoi angeli.

Abbiamo detto che adesso l'azione della luce passa dai farisei a quel cieco.

E qui ci troviamo con il versetto 35 in cui si dice: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e trovatolo gli disse: Credi tu nel Figlio di Dio".

Qui troviamo tre argomenti: "Gesù seppe", "trovatolo"e l'interrogazione che Gesù fa a quell'uomo: "Credi tu nel Figlio di Dio?".

Oggi ci fermiamo nel primo argomento: "Gesù seppe".

Il tema è il sapere del Figlio di Dio.

Dobbiamo subito chiederci quale lezione, quale significato per la nostra vita personale, poiché tutto è per noi personalmente, ci sia in quest'affermazione: "Gesù seppe".

Che cosa seppe?

Qui dice: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori".

Se noi ci fermiamo in termini umani la cosa è semplice e banale e non forma problemi.

"Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori", qualcuno glielo avrà detto.

Ma se teniamo presente che Gesù è il Figlio di Dio e vediamo che proprio qui in questo versetto Gesù chiederà a quell'uomo: "Credi tu nel Figlio di Dio?". Riservandogli poi questa grande rivelazione, come la riservò alla samaritana: Gesù che si proclama Figlio di Dio.

Se noi teniamo presente che Gesù è Figlio di Dio, questo "Gesù seppe", ci pone parecchi problemi, poiché evidentemente il Figlio di Dio non sa dagli uomini, perché se il Figlio di Dio sapesse le cose dagli uomini, sarebbe condizionato e non sarebbe più Figlio di Dio.

Dobbiamo chiederci che cosa seppe Gesù?

Che cosa significa questo suo sapere?

Come lo seppe?

Qui è detto: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori".

Avevano cacciato fuori quell'uomo ma, dobbiamo considerare le cose dal punto di vista di Dio.

Umanamente erano i farisei che avevano cacciato fuori quell'uomo, erano gli uomini.

Ma dal punto di vista di Dio, tutto è opera di Dio.

Allora chi l'aveva cacciato fuori dal mondo dei farisei, dalla sinagoga, dal tempio, non erano i farisei, quelli erano stati dei mezzi.

Era Dio che aveva cacciato fuori quell'uomo guarito da suo Figlio, dalla sinagoga, dal tempio, dei farisei.

Era Dio che aveva adoperato i farisei per cacciare fuori quell'uomo dagli schemi della legge e dagli argomenti, dagli schematismi della legge del tempio.

Il Figlio di Dio non conosce le opere degli uomini, poiché tutto riceve dal Padre e tutto riporta al Padre: è la caratteristica del Figlio, altrimenti non sarebbe Figlio.

Gesù non solo vedeva l'opera del Padre ma, vedeva in quell'uomo guarito da Lui, la sua opera, quindi non vedeva l'uomo cacciato fuori dai farisei, fuori dal tempio ma, vedeva Se stesso, la sua opera, l'opera di Dio cacciata, rifiutata.

Il Figlio di Dio si caratterizza dal fatto che tutto impara dal Padre.

Gesù dirà che il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che Egli fa.

Gli mostra, quindi gli dimostra.

Qui "Gesù seppe", quindi il Padre mostrò a suo Figlio che cosa?

Gesù dice che il Figlio è venuto per portare a compimento l'opera che il Padre ha iniziato.

Quindi ci fa capire che il Padre inizia l'opera e che il Figlio la porta a compimento ma, l'opera che il Padre inizia la dimostra al Figlio.

Il Figlio sapendo che lo avevano cacciato fuori, vide l'opera che il Padre aveva incominciato a fare con quest'uomo cieco che Lui aveva guarito dalla cecità.

Qual è quest'opera che il Padre incomincia a fare?

Il Padre incomincia a fare la sua opera attraendo a Sé.

Ecco, qui possiamo capire perché quell'uomo è stato cacciato fuori dalla sinagoga: perché per attrarre qualcuno a Sé, Dio lo deve portare fuori da tutti gli altri interessi, da tutte le altre sottomissioni, lo deve portare fuori dagli argomenti del mondo, lo deve liberare dal suo mondo.

L'uomo non è attratto da Dio perché è attratto da interessi diversi da Dio e fintanto che Dio non ci libera dagli interessi diversi, non ci attrae a Sé, non possiamo arrivare a Cristo, non possiamo arrivare a suo Figlio, soprattutto non possiamo giungere al compimento delle cose.

Abbiamo visto che qui i farisei non poterono giungere al compimento della Luce.

Il cammino della Luce fu in loro interrotto.

Perché?

Perché non seppero riconoscere il segno di Dio per loro, attraverso quel povero uomo cieco dalla nascita, guarito da Gesù in giorno di sabato, scandalo per loro e per la loro mentalità.

Non seppero vedere l'opera con la quale Dio tendeva a liberarli dalla schiavitù della loro legge, dagli schemi della loro legge.

E qui la Luce interruppe il suo cammino.

Invece in questo cieco, la Luce prosegue ma prosegue perché fu fedele.

Lui fu guarito dalla luce, dalla cecità materiale ma, adesso c'era ben altra Luce che lo aspettava!

Abbiamo visto che dopo ogni opera che Dio fa con noi, bisogna aspettarci la prova.

Quest'uomo ricevette l'opera di Dio con la guarigione dalla sua cecità naturale.

A quest'opera seguì la prova.

La prova fu il conflitto con coloro che per lui erano l'autorità.

E lui in questo conflitto fu fedele, non ebbe paura, diede testimonianza alla Luce, diede testimonianza alla Verità.

E proprio per questa fedeltà adesso si apriva per lui il cammino verso una ben altra Luce alla quale il Padre lo stava iniziando, attraendolo a Sé.

Per attrarlo a Sé, lo aveva fatto cacciare fuori dalla sinagoga.

Quello che agli occhi degli uomini può essere una disgrazia, visto dagli occhi di Dio era una grazia, perché era un proseguimento di cammino verso la grande Luce.

Ecco quello che Gesù vedeva in questa cacciata di quest'uomo dalla sinagoga, guardandolo dal punto di vista di Dio, guardandolo dagli occhi del Padre.

Sapendo che questo era l'inizio dell'opera del Padre, già si preparava all'incontro, poiché Lui sa che: "Erano tuoi e tu li hai dati a Me".

Coloro che il Padre attrae, appartengono al Padre e coloro che appartengono al Padre, il Padre li fa incontrare con il Figlio, affinché il Figlio li possa Lui, condurre al Padre, portare a compimento l'opera che il Padre ha iniziato.

Ora abbiamo detto che il tema è: il sapere del Figlio.

Ci chiediamo quale importanza abbia per noi il sapere, il conoscere ciò che il Figlio sa e come lo sa.

Tutte le cose che il Signore opera, tutte le cose che Gesù dice e tutte le scene del Vangelo sono per noi, per condurre noi a diventare figli di Dio, poiché già all'inizio del Vangelo di San Giovanni è detto che: "A quanti hanno creduto alla sua Parola, egli ha dato la possibilità di diventare figli di Dio".

Allora tutta l'opera di Cristo fa tra noi, tutte le Parole che dice, le fa e le dice per dare a noi la possibilità, se crediamo e quindi se cerchiamo di capire il significato di quelle cose che Lui fa e dice, di diventare figli di Dio.

Se adesso ci fa vedere, ci fa capire come sa Lui le cose, come le conosce, è per dare a noi la possibilità di capire come dobbiamo giungere a conoscere le cose, a sapere gli avvenimenti, Lui le cose non le conosce dagli uomini abbiano detto ma, le conosce dal Padre.

Noi non dobbiamo sapere gli avvenimenti per via naturale, con gli occhi o perché li esperimentiamo, perché gli uomini esperimentano e sanno le cose per imposizione delle cose stesse: le cose arrivano a loro indipendentemente da loro, il Figlio di Dio non le sa così.

Gli uomini sanno le cose per impressione, cioè per le creazioni di Dio: è Dio che presenta loro le cose e loro le sanno perché le vedono e le toccano: è creazione di Dio.

Il Figlio non conosce le cose per creazione del Padre, conosce le cose per giustificazione del Padre, per comprensione.

Quindi non per impressione ma, per comprensione.

Il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto ciò che fa.

Quindi è il Padre che insegna al Figlio.

Allora il sapere del Figlio è tutto ciò che il Figlio riceve dal Padre per partecipazione, per conoscenza.

Ci fa capire che anche noi partecipiamo di Dio solo per conoscenza.

Se non conosciamo Dio non partecipiamo a Dio.

Abbiamo visto Gesù che dice che "Quanti avranno arrossito di Me, quanti si saranno vergognati di Me, anch'Io mi vergogno di loro".

"Quanti non mi avranno conosciuto tra gli uomini, anch'Io non li conoscerò".

Quante volte abbiamo parabole, lezioni, Parole di Dio in cui si dice: "Non vi conosco".

Non è che Dio non conosca, Dio conosce tutti.

Ѐ per insegnare a noi, perché tutto è per noi, che noi possiamo giungere a esperimentare di non essere conosciuti da Dio.

E quest'esperienza noi la facciamo.

Noi non siamo mai soli perché siano fatti in coppia e Dio è sempre con noi, anche quando fossimo nel mare più nero, Dio è sempre con noi però, noi esperimentiamo la solitudine, esperimentiamo di essere soli, che Dio non parla più con noi o che Dio non risponde a noi.

E così è lo stesso: noi sappiamo che Dio ci conosce, perché Dio conosce tutto e tutto è opera sua, però noi facciamo esperienza di non essere conosciuti da Dio, ed è Dio stesso che dice: "Non vi conosco, non vi ho mai conosciuti".

"Signore, ti abbiamo ascoltato predicare sulle nostre piazze, abbiano partecipato con Te alla tua mensa, abbiamo mangiato con Te".

E Lui risponderà: "Non vi ho mai conosciuto, non sono donde siate".

Tutto questo ci fa capire la grande importanza di quest’argomento: il nostro essere deriva dalla conoscenza di Dio e noi partecipiamo di Dio per quanto conosciamo di Dio o meglio per quanto noi sappiamo ciò che Dio sa, perché soltanto sapendo ciò che Dio sa, noi sappiamo anche di essere conosciuti da Dio, perché il nostro sapere, il vero sapere, che è il sapere del Figlio di Dio, il vero sapere viene dal sapere di Dio.



Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?

Gv 9 Vs 35  Secondo tema.


Titolo: Il trovare del Figlio di Dio.


Argomenti: Episodio Porta Palazzo. I due incontri con Cristo. Il coraggio del cieco nel testimoniare la Verità. Il sapere del Figlio deriva dal Padre. L’attrazione del Padre porta al Cristo. L’esperienza del niente. Il trovare dell'uomo è in relazione al suo pensiero. La realtà per l’uomo è l’esteriore. La realtà è ciò che esiste oggettivamente, indipendentemente dall’uomo. La realtà esteriore è relativa al nostro pensiero. Il niente è relativo al pensiero. Dio è la vera sorgente dell'oggettività. Il criterio di oggettività. Trovare per impressione o conoscenza. Nello spirito l'essere è determinato dalla conoscenza. Il Figlio contemplando il Padre, vede Se stesso come pensiero del Padre. Cristo nel cieco vede il pensiero del Padre, cioè vede Se stesso. Il Figlio guarda solo il Padre che è la realtà del suo pensiero. La passione per Dio si forma nel conflitto con il mondo. Cristo ci trova solo se in noi si è formato il Suo pensiero. Il corto circuito con le creature.

 

A un certo momento la Verità chiede a noi di pagare di persona. La conoscenza di Dio determina il nostro nome. Il nostro pensiero deve diventare pensiero di Dio. Il mistero è effetto del pensiero di Dio in noi. Non rassegnarci alla morte. Conoscenza per discesa da Dio. Salvati dall’oggettivo. Dio sorgente oggettività. Corto circuito con la creazione. Cos’è la realtà. La frustrazione del niente. Il valore delle cose. La bestia dell’Apocalisse. Informati dal pensiero. Il nuovo pensiero.


 

27/Novembre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel versetto 35.

Qui si dice: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e trovatolo gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?".

Abbiamo visto che in questo versetto tre sono gli argomenti: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori, trovatolo, gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?".

Il primo argomento: "Gesù seppe", lo abbiamo considerato domenica scorsa, oggi ci dobbiamo fermare sul secondo: "Trovatolo".

E ci dobbiamo chiedere anche qui, quale significato per noi personalmente, per la nostra vita interiore, spirituale, ci sia in questo Gesù, Figlio di Dio, che trova quell'uomo cieco dalla nascita, che Lui aveva guarito in giorno di sabato e che adesso era stato cacciato fuori dalla sinagoga dai giudei.

Cosa significa questo trovare da parte del Figlio di Dio?

Gesù lo aveva già trovato una prima volta: lo aveva trovato sui gradini del tempio a chiedere l'elemosina, cieco, e lo aveva guarito nel modo come lo aveva guarito.

Adesso lo trova una seconda volta, ma tra la prima e la seconda c'è stato tutto il conflitto di quest'uomo guarito da Gesù con i giudei, con l'autorità di allora del tempio.

E quest'uomo aveva avuto il coraggio, poiché di coraggio si tratta, di difendere Gesù davanti alle insinuazioni dei giudei e dei farisei.

Non aveva avuto paura, ma aveva pagato di persona, al punto tale che lo avevano cacciato fuori dalla sinagoga.

Adesso Gesù lo trova con questo carico di amore: un uomo che aveva preso le sue difese davanti all'autorità di allora.

Domenica scorsa ci siamo soffermati su questo: "Gesù seppe" e abbiamo visto come questo sapere di Gesù non fosse un sapere dagli uomini, poiché come Figlio di Dio non può imparare dagli uomini, non può ricevere testimonianza dagli uomini.

Lui stesso dichiara: "Io non ricevo testimonianza dagli uomini", poiché gli uomini sono creature sue e se sono creature sue, non danno niente a Dio.

Ci siamo chiesti, domenica scorsa, in che cosa consistesse questo sapere di Gesù e abbiamo visto che è la conoscenza che Egli ha del Padre e delle opere del Padre.

Il sapere di Gesù deriva dal Padre suo.

"Il Padre ama il Figlio e mostra al Figlio tutte le cose che fa". Qui il Padre aveva mostrato al Figlio quello che faceva: aveva fatto cacciare quell'uomo dalla sinagoga e aveva mostrato a suo Figlio l'inizio di un'opera.

Abbiamo visto che l'inizio dell'opera del Padre è attrazione delle creature a Sé.

Il Padre aveva mostrato a suo Figlio che aveva attratto a sé, facendolo cacciare dal tempio, facendolo cacciare dal suo mondo, quell'uomo che Lui aveva guarito dalla cecità, e in quanto l'aveva attratto a Sé, quindi aveva iniziato un'opera, quell'uomo apparteneva ormai al Padre, apparteneva a Dio.

"Erano tuoi" dice Gesù al Padre: "E Tu li hai dati a Me".

Ecco, tutti coloro che sono attratti dal Padre, che hanno interesse per il Padre, vengono dal Padre portati a Gesù, affinché Gesù li aiuti a giungere al compimento di quell'attrazione che il Padre ha iniziato in loro.

Gesù, infatti, definisce Se stesso come Colui che viene a portare a compimento l'opera iniziata dal Padre.

Quell'uomo apparteneva alla sinagoga, apparteneva a un mondo, poi un a certo momento contro le insinuazioni del suo mondo, ha sostenuto la Verità e avendo fatto la Verità, adesso è passato dall'appartenenza al mondo, all'appartenenza a Dio, e ci ha fatto capire come si passa da un'appartenenza all'altra.

Gesù sapendo che ormai quell'uomo era attratto dal Padre, si aspettava di trovarlo, poiché se il Padre porta al Figlio tutti coloro che sono suoi, quindi coloro che Egli attrae, Gesù sapendo che il Padre aveva iniziato l'opera verso quest'uomo che Lui aveva guarito dalla cecità naturale, si aspettava adesso di trovarlo.

Infatti, dopo aver saputo che lo avevano cacciato fuori, lo trovò.

Noi abbiamo detto: dobbiamo chiederci il significato di questo, poiché in tutte le Parole che giungono a noi, in tutti i Verbi, dobbiamo chiederci il significato, il Pensiero, la lezione che Dio vuole dare a noi.

Qui il segno è questo verbo "trovare".

Anche qui come per il sapere, se noi ci riferiamo soltanto a quello che è il rapporto umano, è facile capire cosa voglia dire trovare.

Parlando umanamente l'uomo trova in quanto giunge alla presenza di qualcosa o di qualcuno.

Però abbiamo già considerato molte volte che questo giungere a trovare qualcosa, è sempre in relazione al pensiero che l'uomo ha dentro di sé.

L'uomo trova in quanto cerca.

Ed è proprio in questo rapporto di pensiero che l'uomo è condotto a fare esperienza del niente, perché il niente in realtà non esiste: esiste sempre qualcosa, non esiste il niente.

Eppure l'uomo fa esperienza del niente ed è in conseguenza di quest'esperienza del niente che gli uomini esperimentano l'angoscia, la disperazione, la confusione, la morte, la vanità del tutto.

Ora, l'esperienza del niente è proprio la dimostrazione che il trovare, sia posto per l'uomo, in relazione al pensiero che porta dentro di sé, all'intenzione che porta dentro di sé.

L'uomo dice che trova niente, quando non trova ciò che Lui ha nel suo pensiero.

Se uno sta cercando una matita, nel suo pensiero ha presente la matita, però non si accontenta di averla presente nel pensiero ma, vuole trovarla fuori, vuole trovarla come realtà fisica nel suo campo naturale, quindi esperimentabile, e se non la trova dice di non aver trovato niente.

Quindi l'esperienza del niente è in relazione a ciò che si ha presente nel pensiero, a ciò che si desidera, a ciò che si ha come fine.

Tutto questo ci fa capire come il trovare nel campo umano sia posto in relazione a ciò che l'uomo ha nel pensiero.

Ognuno trova e fa esperienza in relazione a ciò che porta nella sua intenzione, nel suo desiderio, nel suo pensiero.

Per l'uomo quindi non vale ciò che porta nel suo pensiero, vale ciò che trova nella realtà.

Ma qual è questa realtà?

E la realtà dei suoi sensi, ciò che esperimenta con i suoi sensi.

Per lui non vale quello che ha nel pensiero, vale quello che vedono i suoi occhi, toccano le sue mani, ascoltano le sue orecchie.

Per uomo vale la realtà esteriore, tant'è vero che se l'uomo desidera una cosa ma, questa cosa non riesce a trovarla dice di non trovare niente.

Non basta che l'abbia nel pensiero, l'uomo non subisce la frustrazione di quello che ha nel pensiero ma, subisce la frustrazione di quello che esperimenta nel mondo esteriore, nella realtà esteriore, in quello che vede, tocca.

E se qualcuno volesse consolarlo dicendogli: "Non ti basta avere la matita nel pensiero?", lui si metterebbe a ridere, perché la sua tristezza gli è determinata dal mondo esterno, dal rapporto con il mondo esterno, ed è quello che lo condiziona in tutto, perché per lui la realtà è quella che vede e tocca.

Ma che cos'è la realtà?

La realtà e ciò che non dipende dall'uomo, quindi ciò che esiste oggettivamente, indipendentemente dall'uomo.

Sul campo naturale ciò che esiste indipendentemente dall'uomo è ciò che appartiene al mondo esteriore, è la realtà materiale, sono le creature, sono gli uomini.

Questa è la realtà per gli uomini, ciò che esiste indipendentemente dall'uomo.

Il sole, le stelle, gli uomini, le vicende del mondo eccetera, avvengono, esistono indipendentemente dall'uomo.

Ѐ opera della creazione di Dio, l'uomo esperimenta questa realtà esteriore attraverso i suoi sensi: questa è la sua realtà.

Invece quello che porta nel pensiero non esiste indipendentemente dall'uomo.

Quello che lui porta nel pensiero, lo porta perché lo pensa, mentre invece la realtà esteriore, il mondo materiale esiste anche se lui non lo pensa.

Però abbiamo visto che mentre quello che lui porta nel suo pensiero è soggettivo, per cui per lui non è realtà, la realtà esteriore è relativa a quello che lui porta nel pensiero, tant'è vero che se lui porta nel pensiero qualche cosa e questo qualche cosa non lo trova fuori, dice di non aver trovato niente.

E questo niente che esperimenta ricade su di lui e lo frustra al punto tale da portarlo all'angoscia a non più di desiderare di vivere, alla vanità del tutto, al niente ha più significato.

Quando l'uomo esperimenta che niente ha più significato, corre al suicidio, la sua vita non è sopportabile.

Ma questo non significato non deriva dalla realtà esteriore, perché l'uomo che esperimenta che niente ha più significato, si trova in mezzo a un mondo in cui le cose continuano sempre a fiorire, gli avvenimenti continuano sempre ad accadere, il sole sempre a sorgere e a tramontare, la terra sempre a girare.

C'è tutto un mondo intorno a Lui, eppure per lui la realtà che l'ha frustrato, cioè il niente che ha esperimentato in relazione al suo pensiero, ha tanto peso su di lui da annullargli tutto.

A un essere che ha esperimentato la vanità del tutto, e il non più significato, l'inutilità della vita, non serve parlare del sole che sorge, del sole che tramonta, dei fili d'erba che crescono e dei fiori che fioriscono, è inutile raccontargli le bellezze del mondo, non c'è niente che valga per consolarlo.

Quello che l'uomo ha esperimentato ha tanto peso sul di lui da annullargli tutto il valore della realtà esteriore e tutto questo è soltanto in relazione al suo pensiero.

Ѐ qui a un certo momento dobbiamo chiederci: se ciò che l'uomo porta nel pensiero ha tanto peso da arrivare a fargli sentire la vanità e l'inutilità del vivere, da portarlo addirittura al suicidio, che valore ha questo pensiero che l'uomo porta dentro di sé e come può fare, cosa può fare l'uomo per uscire da questa soggettività che porta nel suo pensiero?

Perché non basta la realtà esteriore, l'elemento che pesa su di lui è ciò che porta nel pensiero.

Allora dobbiamo cercare un altro criterio di oggettività, in modo da liberare l'uomo da questa soggettività che lo rende schiavo, che gli frustra tutto, che gli fa scambiare per realtà ciò che realtà non è.

Ecco, la vera sorgente dell'oggettività non è quella realtà che l'uomo tocca, esperimenta con i suoi sensi, perché questa realtà che lui dice realtà è relativa al suo io: è lui che tocca e che vede queste cose e queste cose lui le tocca, le esperimenta, le vede,  le sente presenti, tant'è vero che le chiama realtà, ma non sa cosa siano.

La vera sorgente dell'oggettività è la vera sorgente della realtà, perché abbiamo detto che è reale ciò che è oggettivo, ciò che è indipendente dall'uomo.

La vera sorgente dell'oggettività è il Creatore, è Dio.

Ѐ Dio la sorgente della vera realtà ed è soltanto partendo da Dio che noi possiamo scoprire la vera realtà e quindi trovare, poiché abbiamo detto che trovare vuol dire giungere alla presenza di ciò che esiste realmente.

La sorgente dell'oggettività è Dio ed è qui che giungiamo a quello che è, a quello che trova il Figlio di Dio.

Abbiamo visto che Gesù non sa le cose dagli uomini, ma le sa dal Padre: così Lui, Figlio di Dio, non trova le cose come le trovano gli uomini, per esperienza, perché gli uomini trovano le cose per impressione su di sé attraverso i sensi.

Dio, il Figlio di Dio, trova le cose che sono opera del Padre per comprensione, non per impressione.

Noi troviamo le cose per impressione e tutto il mondo giunge a noi attraverso l'impressione che le cose lasciano in noi attraverso i sensi.

Tutte le cose che noi riceviamo per impressione, le subiamo e ciò che subiamo non possiamo capirlo: tutto ciò che noi siamo costretti a subire non possiamo capirlo, perché lo subiamo per impressione.

Le cose si conoscono veramente soltanto per comprensione.

Il Figlio di Dio non conosce le cose per impressione, non le subisce, non le conosce attraverso i sensi, le conosce attraverso la contemplazione del Padre.

Il Figlio di Dio è tutto Pensiero del Padre, quindi è tutto contemplazione del Padre.

Ѐ contemplando il Padre che Egli vede quello che il Padre fa: il Padre genera il Figlio, ed Egli si conosce, si trova (è il vero trovare) come generato dal Padre, quindi come opera del Padre.

Il Padre crea tutte le creature e il Figlio di Dio conosce tutte le creature, opera del Padre, come opera del Padre, non resta sorpreso, ma comprende le cose nella contemplazione del Padre, nella manifestazione del Padre.

Quindi mentre gli uomini trovano le cose in relazione al loro pensiero e passano dal pensiero alla ricerca delle cose e quando queste cose corrispondono alla realtà sensibile, a ciò che essi hanno nel loro pensiero dicono: "Ho trovato".

Se io cerco una matita, l'ho presente nel mio pensiero e il momento in cui trova una matita dico: "L'ho trovata".

Quindi questo trovare è un corrispondere tra ciò che si porta nel pensiero e ciò che si esperimenta con i sensi.

Ma abbiamo visto la soggettività del pensiero, perché il pensiero è una realtà soggettiva: noi pensiamo le cose non senza di noi, eppure è necessario questo pensiero.

È necessario questo pensiero perché è un passaggio obbligato: Colui che crea tutte le cose senza di te, non ti fa giungere al significato delle cose senza di te, cioè non ti conduce a vedere il suo Pensiero, questo passaggio obbligato di qualcosa che è noi ma non senza di noi ed è il nostro pensiero.

Qui abbiamo un’inversione di termini.

Abbiamo detto che il Figlio di Dio non conosce partendo dal suo Pensiero per esperimentare la Realtà del Padre.

Il Figlio di Dio essendo tutto Pensiero del Padre guarda solo il Padre.

Per Lui il Padre è la Realtà ma, è la Realtà del suo Pensiero.

Tant'è vero che nel campo dello Spirito, contrariamente a quanto avviene nel sentimento, l'essere è determinato dalla conoscenza.

Mentre nel campo del sentimento, nel nostro campo naturale, prima noi siamo, poi conosciamo, nel campo dello spirito, è questa la realtà, perché lo spirito è la realtà, noi siamo in quanto conosciamo.

Qui entriamo nel campo del Figlio di Dio: il Figlio di Dio è per quello che partecipa del Padre, e la partecipazione del Padre Lui l'ha attraverso la conoscenza del Padre.

Infatti, il Figlio di Dio è tutta sapienza del Padre, essendo tutto Pensiero del Padre.

Egli stesso è la sapienza del Padre, quindi la sua conoscenza lo fa essere, e nel campo spirituale che domani sarà la nostra realtà, anche noi saremo per quello che avremmo conosciuto di Dio, noi avremo l'essere come conseguenza della conoscenza che abbiamo di Dio.

Ѐ la conoscenza di Dio che ci fa essere nel campo dello spirito ed è la conoscenza di Dio che fa essere il Figlio.

Il Figlio si trova, trova se stesso, in quanto contemplando il Padre vede Se stesso come Pensiero del Padre.

E come trova noi?

Abbiamo detto che il tema di oggi è come il Figlio trova noi.

Gesù dice: "Coloro che mi avranno conosciuto tra gli uomini, anch'Io li conoscerò davanti al Padre mio, ma coloro che avranno arrossito di Me, si saranno vergognati di Me tra gli uomini, anch'Io arrossirò di loro davanti al Padre mio". Quest'uomo cieco, guarito da Gesù aveva avuto il coraggio di testimoniare l'opera di Dio davanti agli uomini.

Adesso Gesù lo trova, lo trova davanti al Padre suo.

Avendo conosciuto che il Padre aveva incominciato l'opera adesso lo trova.

Ci chiediamo che cos'è questo trovare?

Non è un trovare umano.

Lo trova come opera del Padre, cioè trova quello che Egli dice: "Lo conoscerò davanti al Padre mio", cioè guardando il Padre, vede in quest'uomo il Pensiero del Padre, ciò vede Se stesso.

C'è un'inversione, mentre noi per trovare le cose sul piano naturale partiamo da quello che desideriamo e lo cerchiamo e se non lo troviamo diciamo di non aver trovato niente e se lo troviamo diciamo di aver trovato perché lo abbiamo esperimentato, sul piano dello spirito e quindi sul piano divino, si parte da Dio, ed è da Dio e soltanto da Dio che noi possiamo conoscere la validità del nostro pensiero.

Soltanto se il nostro pensiero è Pensiero di Dio, noi scopriamo la Realtà, quindi ci troviamo come Pensiero di Dio e trovandoci come Pensiero di Dio, siccome il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio unigenito, noi scopriamo di essere trovati dal Figlio di Dio.



Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?

Gv 9 Vs 35  Terzo tema.


Titolo: La proposta del Figlio di Dio.


Argomenti: Il sapere dal Padre del Figlio. L'inizio dell'opera del Padre: l'attrazione a Sé. Cristo aveva visto in quel cieco Se stesso. La possibilità della comunicazione è data da un punto in comune. Il punto in comune tra Dio e l’uomo: il pensiero di Dio.  Il Padre è  la sorgente dell'oggettività. La reciprocità. L'interrogazione. L'infinito è infinito in ogni suo punto.

Il Figlio contempla l’opera del Padre e ne vede il significato. Vocati a partecipare al Figlio. Senza l’invito di Dio non potremmo muoverci cerso Lui. L’invito al pranzo di nozze e la risposta dell’uomo. Interrogare per capire e restare. Il punto comune del pensiero per la comunicazione.   La differenza fra la creazione e il Figlio. La creazione è Dio che ci tocca.


 

4/Dicembre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo ancora in questo versetto 35 del capitolo nono di San Giovanni in cui Gesù avendo saputo che avevano cacciato fuori quel cieco da Lui guarito, trovatolo gli dice: "Credi tu nel Figlio di Dio?".

Le domeniche precedenti ci siamo soffermati sul sapere del Figlio di Dio: "Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori".

Poi sul trovare del Figlio di Dio.

Oggi dobbiamo soffermarci sull'ultima parte di questo versetto: Gesù che dice a questo cieco che Egli aveva guarito dalla sua cecità in giorno di sabato e che poi era stato cacciato fuori dalla sinagoga, dai giudei e dai farisei: "Credi tu nel Figlio di Dio?".

Il tema di oggi è: la proposta del Figlio di Dio.

Anche qui dobbiamo chiederci (è una Parola di Dio) quale lezione, quale significato abbia per la nostra vita essenziale, interiore, nei nostri rapporti con Dio, questo fatto, questa interrogazione che Gesù rivolse allora a quell'uomo ma che, evidentemente ha un significato per ognuno di noi personalmente.

Poiché la caratteristica della Parola di Dio è quella di essere universale, quindi valida per ogni uomo, personale per ogni uomo.

Noi ci chiediamo: se trovassimo uno (Gesù era "uno") che ci rivolgesse questa interrogazione e ci chiedesse: "Credi tu nel Figlio di Dio?", cosa intenderemmo noi?

E dobbiamo chiederci cosa può aver inteso quell'uomo, quell'uomo che era stato guarito da Gesù ma che non aveva visto Gesù né conosciuto Gesù?

Aveva ricevuto la guarigione da Gesù ma, per ricevere la guarigione si era fatto accompagnare alla piscina di Siloe.

Non aveva visto Gesù, tant'è vero che quando gli chiedono: "Chi è?", lui risponde: "Io non so chi sia".

E adesso incontra Gesù che lui non sa chi sia, il quale gli dice: "Credi tu nel Figlio di Dio?".

Cosa può aver capito da questa interrogazione?

Siccome questa ha un significato per ognuno di noi, se uno ci chiedesse: "Credi tu nel Figlio di Dio?", cosa potremo noi rispondere e soprattutto intendere?

Abbiamo detto: Gesù l'aveva trovato.

Per trovarlo però prima aveva saputo.

Quando abbiamo considerato questo sapere di Gesù, sapere del Figlio di Dio, abbiamo visto che Gesù non può sapere dagli uomini, Gesù sa dal Padre.

Perché la caratteristica del Figlio di Dio è quella di essere Figlio di Dio, cioè di ricevere tutto dal Padre.

Non soltanto ricevere, ma riportare anche tutto al Padre.

Gesù dal Padre aveva saputo che lo avevano cacciato fuori dalla sinagoga.

Ora questo sapere del Figlio di Dio dal Padre è capire l'Intenzione, il Pensiero di Dio, poiché nel Principio c'è la Luce: il Padre è la sorgente di ogni Luce.

Noi siamo nell'ignoranza, ci troviamo nel mistero, non capiamo le cose perché non le attingiamo nel loro Principio.

Unico e solo Principio è Dio Creatore di tutte le cose.

Ne deriva che fintanto che noi non cogliamo il significato delle cose nel loro principio, ci troviamo sempre nell'ignoranza, sempre nella notte, nelle tenebre.

Gesù aveva saputo dal Padre questo e quindi aveva visto l'opera che il Padre aveva iniziato con quest'uomo, perché tutte le opere che fa Dio, le fa in un fine ben preciso e vedendole da Dio si vede l'Intenzione, il Pensiero di Dio, si vede un inizio di opera.

L'inizio dell'opera di Dio, del Padre, è sempre un'attrazione verso di Sé.

Gesù seppe che il Padre aveva incominciato ad attrarre quell'uomo che Lui aveva guarito dalla sua cecità.

E aveva incominciato ad attrarlo, facendolo scacciare dal suo mondo, dalla sinagoga, dalla sua autorità, da quel mondo cui lui apparteneva.

Ѐ sempre necessario essere scacciati da un mondo per cadere nell'attrazione di un altro mondo.

E Gesù aveva visto questo come opera del Padre, cioè aveva visto in quell'uomo che Egli aveva guarito, il Pensiero di Dio.

Ma Lui era il Pensiero di Dio: Cristo è il Pensiero di Dio.

Aveva visto quindi in quell'uomo Se stesso.

Ora per trovare qualcosa è necessario avere un punto in comune.

Fintanto che non c'è un punto in comune, noi non tocchiamo niente, non troviamo niente.

E Gesù l'aveva trovato.

E l'aveva trovato appunto perché aveva visto un punto in comune con Sé, e il punto in comune era lo stesso Pensiero del Padre.

Fintanto che non troviamo questo Pensiero di Dio, noi non abbiamo la possibilità di incontrare veramente le opere di Dio, tanto meno abbiamo la possibilità di incontrare il Cristo.

Quando c'è un punto in comune, qui succede una meraviglia, nasce la comunicazione.

La possibilità di comunicare viene dalla presenza di un punto in comune.

Basta un punto solo, attraverso quel punto si può comunicare tutto da uno all'altro.

Tutto!

Ma bisogna che quel punto ci sia.

Abbiamo detto domenica scorsa che il Padre è la sorgente dell'oggettività.

Cioè ogni realtà viene a noi dal Padre, e soltanto se viene a noi dal Padre, dà a noi la possibilità di toccare la Realtà.

La realtà che noi esperimentiamo con i nostri sensi non è la vera Realtà.

Ѐ relativa i nostri sensi, quindi è relativa al nostro io.

È un segno che noi subiamo di una Realtà, ma non è la Realtà.

Ho detto: è un fatto che noi subiamo nel pensiero di noi stessi, quindi è un Altro,una Volontà diversa dalla nostra che si significa su di noi, sul pensiero del nostro io.

Il pensiero del nostro io non giustifica niente, assolutamente niente, nemmeno un filo d'erba e quindi non giustificando niente non trova la Realtà.

È tutto sentimento quello che esperimenta e quello che trova.

Come noi non possiamo giustificare la nostra vita se tutte le mattine lanciassimo una palla e poi durante il giorno corressimo per raggiungerla.

La palla è stata lanciata da noi, il nostro io non giustifica niente, quindi anche la nostra giornata non resta giustificata.

Il fatto che noi il mattino ci programmiamo la giornata, lo svolgere questo programma impostato da noi, non giustifica la nostra giornata, perché il pensiero del nostro io non giustifica niente.

La nostra vita, quindi anche ogni nostra giornata, per essere giustificata deve trovare la sua giustificazione in Dio, deve trovare la sua ragione in Dio e da Dio.

Ogni realtà, ogni oggettività deriva solo da Dio, perché Dio è il Creatore di tutte le cose ed essendo il Creatore di tutte le cose ha in Sé e solo in Sé la giustificazione delle cose.

Soltanto quando troviamo la giustificazione di una cosa noi troviamo il perché è quindi siamo in pace.

L'inquietudine di fondo, quello che rattrista la vita degli uomini, è il non poter capire il significato delle cose, né degli avvenimenti che succedono nella nostra vita.

L'inquietudine di fondo, quello che frustra veramente la vita dell'uomo è questo non capire, che lo indebolisce al punto da lasciarlo in balia di tutti gli avvenimenti.

Tutto questo è per farci capire che la vera giustificazione si ha soltanto nel Principio, soltanto in Dio Creatore.

È quindi soltanto da Dio che noi troviamo la Realtà e trovando la Realtà troviamo il Pensiero di Dio, quel Pensiero che ci dà la possibilità di un punto in comune con tutte le creature e soprattutto con il Figlio di Dio, poiché il Figlio di Dio è il Pensiero di Dio.

Altrimenti noi giriamo a vuoto, anche nei rapporti con le creature e non arriveremo mai ad avere un punto in comune.

Non avendo un punto in comune, noi esperimentiamo l'incomunicabilità.

Il pensiero del nostro io è un principio di incomunicabilità, poiché rende soggettive tutte le cose e nel soggettivismo è assolutamente impossibile comunicare, poiché il principio della comunicazione è il contatto.

Ma per avere un contatto con un altro devo avere un punto in comune.

Il vero punto in comune lo possiamo trovare soltanto da Dio nelle opere di Dio, e tutto è opera di Dio.

Ora qui si dice: "Gesù trovatolo", lo trovò perché vide, seppe il punto che era comune a Lui, Pensiero di Dio.

Dice: "Avendolo trovato lo interrogò".

Gesù aveva trovato quel cieco guarito ma, quel cieco non aveva trovato Gesù, tant'è vero che quando Gesù gli farà l'interrogazione, lui dirà: "E chi è?".

Questo ci fa capire che noi possiamo essere trovati da Gesù, trovati dal Figlio di Dio, ma con questo non è detto che noi troviamo il Figlio di Dio.

Dobbiamo chiederci e ce lo siamo chiesto, il significato di questa interrogazione, tanto più che è un'interrogazione che metterebbe con le spalle al muro anche noi: "Credi tu nel Figlio di Dio?".

E cosa vuol dire credere e perché Gesù fa questa interrogazione?

Lo scopo del Figlio di Dio, l'ha detto Gesù stesso è quello di portare a compimento l'opera iniziata dal Padre.

Se Gesù fa questa interrogazione a quell'uomo che ha incontrato, trovato, lo fa in quel fine, cioè per portare a compimento l'opera iniziata dal Padre.

Il Padre ha incominciato l'opera attraendolo a Sé.

Ma che l'uomo sia attratto dal Padre, da Dio, non è sufficiente perché possa andare a Dio.

Ecco quindi l'opera del Figlio.

L'opera del Figlio che subentra all'opera del Padre, perché l'opera del Padre avviene in noi indipendentemente da noi.

Dio è il Creatore e tutta la creazione arriva a noi indipendentemente da noi.

L'opera del Figlio invece non arriva a noi senza di noi.

Abbiamo detto: Gesù incontrò quest'uomo ma, quest'uomo non aveva ancora incontrato Gesù.

Non c'è reciprocità.

Nella nostra vita spirituale non c'è reciprocità.

Nella nostra vita naturale se qualcuno ci tocca, noi ci sentiamo toccati, nella vita dello spirito non c'è questa reciprocità.

Dio c'incontra ma non è detto che non lo incontriamo.

"Gerusalemme Gerusalemme quante volte ho cercato di radunare i tuoi figli come la gallina fa per i suoi pulcini è tu non hai voluto, adesso non è più tempo".

E dice: "I nemici ti circondano, abbatteranno le tue mura, t’invaderanno, ti distruggeranno, perché non hai conosciuto l'ora in cui sei stata visitata".

È stata visitata e non ha conosciuto.

È stata toccata e non ha capito.

Ecco la situazione in cui può venirsi a trovare la creatura.

Dio ci trova e ci trova perché vede in noi il Pensiero di Dio ma, che in noi ci sia il Pensiero di Dio, non è detto che noi troviamo il Pensiero di Dio.

Il Pensiero di Dio è la Realtà, non è detto che noi vediamo la Realtà.

Perché?

Perché la Realtà viene dal Padre e il Pensiero di Dio si conosce soltanto dal Padre.

Ecco perché Gesù interroga.

Interroga per rendere partecipe l'uomo di una cosa alla quale non aveva ancora partecipato.

Interrogare è proporre qualche cosa.

Qui Gesù interrogandolo su: "Credi tu nel Figlio di Dio?" gli aveva proposto qualche cosa e proporre vuol dire invitare.

Noi possiamo partecipare a un pranzo soltanto se siamo invitati, quindi la possibilità di-, non viene da noi, non è effetto di un atto della nostra volontà, di una nostra scelta, di una nostra decisione.

Noi non siamo liberi.

La possibilità di rivolgerci o di partecipare a qualche cosa, di interessarci di qualche cosa è la conseguenza di una proposta ricevuta.

La proposta ci viene da Dio.

Se Dio non c'interroga, non ci sogniamo nemmeno lontanamente di partecipare alle sue cose.

Ecco lo scopo dell’interrogazione: Dio c'interroga per dare a noi la possibilità di rispondere a ciò che Lui ci propone.

Noi generalmente mettiamo l'accento su: "Credi tu?".

Qui l'accento va messo su: "Il Figlio di Dio".

Perché il problema grosso è questo!

Infatti noi diciamo: "Cosa vuol dire questo?" non tanto il credere ma, cosa vuol dire "Figlio di Dio"?

Infatti l'uomo risponderà: "E chi è?".

Non lo sapeva.

Gesù interrogando quell'uomo gli ha dato la possibilità di interrogare: è qui la meraviglia!

Perché soltanto se l'uomo interroga può arrivare capire.

Dio ci trova, ma non basta perché noi troviamo Lui.

Ora il compimento dell'opera non è essere trovati da Dio.

Il compimento dell'opera è trovare noi Dio.

Dio ci ha creati per la vita eterna e la vita eterna è conoscere Dio, e giungere quindi a trovare Dio.

Però noi da soli non troviamo assolutamente niente.

Noi da soli non concepiamo niente, non possiamo concepire niente.

Allora il Figlio di Dio che concepisce dal Padre, interroga per fare concepire, affinché quest'uomo trovi il Figlio di Dio come è stato trovato dal Figlio di Dio.

E qui dobbiamo chiederci: come?

Dobbiamo tener presente una cosa: l'infinito ha una caratteristica ed è questa di non poter essere scomponibile, non è divisibile.

Che cosa vuol dire questo?

Vuol dire che l'infinito è infinito in ogni suo punto.

Noi abbiamo già questo nel campo dei segni, poiché Dio in tutta la sua opera, in tutta la sua creazione non fa altro che significare Se stesso ed essendo Egli infinito perché è Uno, significa Se stesso e noi vediamo che nella creazione, l'universo intero che apparentemente per noi è infinito, è infinito in ogni suo punto.

In ogni punto dell'universo c'è tutto l'universo: è una meraviglia.

In ogni punto dell'universo c'è tutto l'universo!

Non è necessario correre attraverso l'universo, di qua o di là, per conoscere universo: basta fermarsi in un punto dell'universo per scoprire tutto l'universo, perché dico: l'infinito è infinito in ogni suo punto.

Basta che uno si fermi in un punto, per scoprire tutto l'infinito.

Dico nel campo dei segni noi verifichiamo questo e lo sappiamo: basta aprire la radio, la televisione, in qualunque punto noi ci troviamo, captiamo tutto il mondo.

Questo ci fa capire che nel punto in cui ci troviamo, c'è un'infinità di comunicazioni: c'è tutto l'universo.

Il problema sta nell'avere la possibilità di captare questa presenza.

La realtà è questa: in ogni punto dell'universo c'è tutto l'universo, in ogni punto dell'infinito c'è tutto l'infinito.

Il problema è come, come captare questa presenza, questa realtà?

Noi generalmente ci mettiamo a correre per il mondo per conoscere il mondo e facciamo un errore.

Se vogliamo veramente conoscere il mondo non dobbiamo correre ma, dobbiamo fermarci in un punto e approfondire, perché in quel punto mi è dato tutto l'universo: è questione di profondità.

Tutto è segno.

Il vero infinito è Dio e abbiamo detto: in ogni punto c'è tutto l'infinito.

In noi c'è un punto: il Pensiero di Dio, Dio ci trova in questo punto, se non avessimo questo punto nessuna comunicazione di Dio sarebbe possibile.

Noi non possiamo comunicare Dio con un cane.

Che differenza c'è fra il cane e l'uomo?

L'uomo può essere trovato da Dio e può essere trovato da Dio perché c'è un punto comune tra l'uomo e Dio ed è il Pensiero di Dio.

Proviamo a parlare di Dio a un cane!

Se in noi c'è un punto di Dio, in questo punto c'è tutto Dio, perché è un punto dell'infinito e quindi in questo punto possiamo trovare tutto l'infinito.

Il difetto sta soltanto da parte nostra, sta nel nostro apparecchio che non capta, che non entra in sintonia, altrimenti è già tutto dentro di noi, in questo Pensiero di Dio che portiamo in noi.

È qui che noi capiamo perché Gesù interroga quest’uomo e perché Gesù e perché Dio ci interroga.

Dio interrogando propone.

E che cosa propone?

Propone il Figlio di Dio.

Ma il Figlio di Dio noi non sappiamo che cosa sia e nemmeno quell'uomo sapeva che cosa fosse ma, proprio perché non sa, Cristo dà a lui la possibilità di interrogarlo.

Cosa succede quando l'uomo interroga?

Adesso non è più Dio che interroga, adesso è l'uomo che interroga.

L'uomo interroga perché ha ricevuto un'interrogazione, un invito a una cosa che non sa: gli è stata proposta una cosa che non capisce.

Per questo dice: "Chi è?".

Ѐ qui la meraviglia perché quando quest'uomo dice: "Chi è?", eleva il suo pensiero a ciò che il Figlio di Dio gli ha proposto.

Elevando il pensiero a ciò che Dio propone entriamo in sintonia e qui c'è la possibilità adesso di sapere, perché il sapere chi è il Figlio di Dio ci viene solo da Dio.

Allora capiamo perché Gesù interroga.

Gesù interroga per dare a noi la possibilità di elevare il nostro pensiero a Dio, perché se Lui non c'interroga, noi non ne abbiamo la possibilità, noi ci occupiamo delle cose che vediamo e tocchiamo.



Gesù seppe che lo avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: credi tu nel Figlio di Dio?

Riassunti Gv 9 Vs 35 


RIASSUNTI Domenica-Lunedì.


Argomenti: Il cammino della luce. I due incontri con Cristo. Conoscere per passività o comprensione. L’errore di ritenere assoluto il relativo. La lezione del farisei. La conoscenza ci cambia. Accettare beni e mali vedendoti nel fine. L’eternità dell’uomo. Conoscenza per impressione. La Realtà e i segni. L’illusione di conoscere. Mantenere i segni uniti al Creatore. Dio è sempre con noi. Il compimento del Figlio: da solo fa niente. La superficialità.

 

Il punto in comune: interrogazione. Interrogare è preghiera. Dio si trova solo conoscendolo. Il silenzio è linguaggio di Dio. Il desiderio specifico di Dio. Realtà oggettiva e soggettiva. Il posto di blocco del pensiero dell’io. L’amore soffre quando non può perdonare. Armeni e Azeri. Aids. Cristo muore urlando.


 

11/Dicembre/1988 Casa di preghiera Fossano.