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Gli replicarono: "Sei nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.

Gv 9 Vs 34  Primo tema.


Titolo: Confronto di intenzioni: linea di spartiacque, di divisione tra le due intenzioni.


Argomenti: Intenzione di Dio e intenzione dell'uomo. Dal cielo, dalla terra. Ciò che l’uomo sa lo rende responsabile. La moltiplicazione dei pani. La nascita dell'intenzione. I tre fattori dell'intenzione. La nascita dell’odio. Opposizione e odio a Dio e alla sua opera. Possesso o conoscenza.


 

23/Ottobre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Siamo giunti al versetto 34 del capitolo nono di San Giovanni.

Qui i farisei risposero a quel cieco guarito da Gesù dicendo: "Sei nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?" E lo cacciarono fuori.

Anche qui la prima cosa che dobbiamo chiederci è quale lezione, quale significato Dio voglia dare a noi attraverso queste parole, soprattutto che cosa Dio vuol insegnare per la nostra vita personale, nei nostri rapporti con Lui, che cosa Dio ci vuole significare di Sé.

Qui troviamo tre argomenti: "Sei nato tutto intero nei peccati", "Vuoi insegnare a noi?", "E lo cacciarono fuori".

Oggi ci fermiamo sul primo argomento: "Sei nato tutto intero nei peccati".

È un'affermazione, una dichiarazione di questi farisei verso quest'uomo cieco.

E subito qui balza il confronto con le parole che Gesù aveva detto circa questo cieco, quando i suoi discepoli gli avevano chiesto: "Chi ha peccato? Lui o i suoi genitori da nascere cieco?".

Gesù allora aveva risposto dicendo: "Né lui ha peccato né i suoi genitori".

Qui invece i farisei dicono: "Sei nato tutto intero nei peccati".

Siamo sulla sponda opposta: è il rovescio di quello che aveva detto Gesù.

Ecco, l'argomento di oggi è proprio questo: intenzioni a confronto, intenzioni diverse.

Abbiamo l'Intenzione di Dio e Dio ce la rivela (è Parola di Dio): "Né lui ha peccato, né i suoi genitori", e abbiamo l'intenzione degli uomini, i quali affermano: "Sei nato tutto intero nel peccato".

Dobbiamo chiederci: com’è possibile?

Com’è possibile che ci siano delle intenzioni così opposte là, dove tutto è Regno di Dio, poiché Dio è Colui che regna in tutto.

Uno solo è Dio, Padre di tutto e di tutti, che opera tutto in tutti, che è presente in tutto e in tutti.

Qui è presente nei farisei, è presente in suo Figlio, eppure a un certo momento abbiamo delle parole così diverse, opposte, intenzioni diverse.

Perché?

Quale significazione?

Com’è possibile?

L'argomento di oggi abbiamo detto è: confronto di intenzioni, ma soprattutto: cogliere il punto in cui le intenzioni cominciano a differenziarsi.

E salta fuori la domanda di ogni creatura: quand'è che sono nell'Intenzione di Dio?

E quando è invece che sono nella mia intenzione?

Quand'è che faccio la mia volontà?

E quando invece che faccio la Volontà di Dio?

E dove posso trovare la certezza, la sicurezza che faccio la Volontà di Dio?

Negli argomenti delle domeniche precedenti abbiamo visto che l'uomo, come dice Gesù, può essere dal cielo e può essere dalla terra.

Quando disse questo Gesù, dichiarò che chi è dal cielo ascolta Parole del cielo e parla Parole del cielo.

Chi è dalla terra, ascolta parole della terra e parla parole della terra.

Dicendo questo già si fa capire come ci sia un ascolto diverso tra chi è dal cielo e chi è dalla terra.

Ѐ un parlare diverso, quindi è un'intenzionalità diversa, fra chi è dal cielo e chi è dalla terra.

Il punto di differenziazione sta in quel da-: chi è dal cielo, chi è dalla terra.

In che cosa consiste?

Abbiamo visto che l'uomo è fatto di cielo e di terra.

Cielo è il luogo in cui tutte le cose si contemplano in Dio e da Dio.

Terra è il luogo in cui tutte le cose si riferiscono all'uomo.

Di cui i due linguaggi: il linguaggio che ha per soggetto Dio, ed è il linguaggio del cielo, e il linguaggio che ha per soggetto l'uomo ed è il linguaggio della terra.

Ha per soggetto l'uomo in quanto tutte le cose sono riferite all'uomo, anche quelle che sono le esperienze fisiche, i sentimenti, tutto ciò che l'uomo vede e tocca.

Nell'uomo ci sono questi due grandi elementi: sa l'Assoluto ma fa l'esperienza di ciò che non è Assoluto.

L'uomo riconosce che tutto ciò che vede e tocca è relativo, è soggetto al tempo, muta, passa.

Allora il problema è: l'uomo deve dare la precedenza a ciò che sa o a ciò che esperimenta?

Ciò che vede e tocca oppure a ciò che intende con l'intelletto?

Da qui la responsabilità dell'uomo.

Da che cosa è determinata la responsabilità dell'uomo?

Forse da ciò che vede e tocca oppure da ciò che sa?

Ciò che l'uomo sa è dominante, tant'è vero che rimprovera la parte che si lascia guidare, dominare dei sentimenti.

La responsabilità dell'uomo è relativa a ciò che sa: l'uomo non può essere responsabile di ciò che non sa.

La responsabilità dell'uomo è sempre relazionata a ciò che egli sa.

Se è relazionata a ciò che sa, evidentemente l'elemento dominante che rende l'uomo responsabile non è ciò che l'uomo crede e tocca o esperimenta, ma è ciò che sa.

Il problema dell'uomo è quello di non derivare il suo linguaggio da ciò che esperimenta, ma di derivare il suo linguaggio da ciò che sa: dall'Assoluto che sa.

Il punto da mettere in evidenza sta là dove le intenzioni si differenziano.

Abbiamo già accennato qualche volta alle scene dei due giorni della moltiplicazione dei pani.

La moltiplicazione dei pani ha queste due scene meravigliose che ci fanno capire bene il punto di distinzione delle intenzioni, cioè quando si passa dall'Intenzione di Dio, all'intenzione dell'uomo.

Ci evidenzia la linea di spartiacque da cui le acque incominciano a discendere su versanti diversi.

L'acqua è segno del linguaggio, è segno della parola e a un certo momento le parole si differenziano, i linguaggi diventano diversi al punto tale da diventare uno opposto all'altro.

Il primo giorno Gesù moltiplica i pani alla folla che lo seguiva da parecchi giorni.

Il secondo giorno quella stessa folla lo va a cercare e Gesù li rimprovera dicendo: "Voi mi cercate per il pane che vi ho dato ieri, che avete mangiato e di cui vi siete saziati".

Ѐ un rimprovero quello che fa, poiché li correggerà dicendo: "Non cercatemi per il pane che passa, cercatemi per altro".

Ora se Gesù rimprovera, evidentemente in questo secondo giorno, la gente non cercava più Gesù con l'Intenzione di Dio.

C'era un'altra intenzione.

Il giorno precedente cercavano Gesù con l'Intenzione di Dio.

Che cos'è successo poi?

Ecco la linea di spartiacque.

Come è successo questo cambiamento di intenzione?

Prima la gente seguiva Gesù per ascoltare da Lui ciò che diceva di Dio.

Gesù predicava il Regno di Dio, parlava di Dio.

Attratti dal desiderio di conoscere qualche cosa di Dio e del suo Regno, lo seguivano anche nel deserto e lo ascoltavano, qui facevano l'Intenzione di Dio e poiché a tutti coloro che fanno l'Intenzione di Dio, Dio garantisce il pane: "Non preoccupatevi del mangiare e del vestire, cercate prima di tutto il Regno di Dio", ebbero il pane assicurato.

Nel secondo giorno succede che quella gente cerca Gesù non più per ascoltarlo parlare di Dio ma, per riavere il pane del giorno prima.

Per riavere il pane: qui abbiamo un'altra intenzione: riavere il pane.

Quel pane era dato da Dio.

Era dato da Dio!

Eppure, ecco il punto di cambiamento dell'intenzione.

Adesso la gente non cerca più Dio ma, cerca un dono di Dio, cerca il pane.

Il cambiamento d'intenzione avviene lì.

Dobbiamo chiederci che cosa avrebbero dovuto fare per poter restare nell'Intenzione di Dio?

Quando cercavano Gesù, andavano dietro a Gesù per ascoltarlo parlare di Dio, qui erano nell'Intenzione di Dio.

Quando cercano Gesù per avere il pane che Lui aveva dato il giorno prima, hanno un'altra intenzione: l'intenzione dell'uomo.

Cercavano di Dio per quello che avevano gustato cioè, per quello che avevano esperimentato.

Dice Gesù: "Avete gustato il pane e ne siete stati soddisfatti".

Nasce l'intenzione dell'uomo: di riavere il pane, di riprovare, di ritrovare quell'esperienza, di ripetere, ecco la ripetitività.

Che cosa avrebbe dovuto fare quella gente per restare nell'Intenzione di Dio?

Avrebbe dovuto cercare Gesù per capire il significato di quel pane che aveva dato loro.

Infatti Gesù li corregge dicendo: "Non cercatemi per questo, cioè per il pane che Io vi ho dato ieri ma, cercatemi per il pane che non passa".

Avrebbero dovuto cercarlo per il pane che non passa, per il pane di vita eterna, per il pane che fa conoscere Dio, cioè restare nell'Intenzione di prima, nonostante il dono gustato.

Qui salta fuori il problema che abbiamo detto molte volte, dei campi, dei buoi, della moglie: il problema del lavoro, il problema degli interessi del mondo.

Tutto è dono di Dio, tutti sono doni di Dio ma, guai a farli oggetto della nostra intenzione.

Perché?

Perché tutti doni di Dio arrivano a noi per sollecitarci ad approfondire la conoscenza di Dio, perché soltanto così noi restiamo nell'Intenzione di Dio che è farsi conoscere.

L'Intenzione di Dio viene da Dio.

Il pane veniva da Dio ma, quando gli uomini cercano Gesù per riavere il pane di prima, non vengono più da Dio, vengono dalla terra.

La terra è dono di Dio certamente ma, quando la terra diventa oggetto d'intenzione da parte della creatura, qui la creatura non viene più da Dio, qui la creatura viene dalla terra.

E allora parla il linguaggio della terra e il linguaggio della terra è un linguaggio opposto a Dio, perché per restare nell'Intenzione di Dio, bisogna venire da Dio e si viene da Dio in quanto si desidera quella che è l'Intenzione di Dio e l'Intenzione di Dio è quella di farsi conoscere.

Abbiamo detto che si è da-, nella misura in cui si vive per-: è il fine.

L'uomo nasce dal fine e soltanto se ha per fine Dio, cioè tende a conoscere Dio, nasce da Dio e quindi parla secondo Dio, è nell'Intenzione di Dio.

In caso diverso abbiamo l'intenzione dell'uomo che gli fa parlare un linguaggio che è dalla terra e che a un certo momento arriva alla situazione di opposizione al linguaggio di Dio.

Intanto qui capiamo che l'intenzione nasce da tre fattori.

L'intenzione nasce da Dio o dall'io, più l'esperienza che l'uomo fa sulla terra e più la passione d'Assoluto.

Perché se non ci fosse la passione d'Assoluto, l'uomo si accontenterebbe dell'esperienza che fa, come quegli uomini si sarebbero accontentati del pane ricevuto da Gesù e si sarebbero fermati lì.

Invece la passione di Assoluto li conduce il giorno seguente a cercare di nuovo il pane e il terzo giorno a cercare di nuovo il pane.

A un certo momento sarebbero vissuti unicamente per il pane cioè per la loro intenzione.

L'intenzione del cielo è costituita da questi tre fattori: l'intenzione del cielo nasce da Dio, più l'esperienza dell'uomo, più la passione d'Assoluto.

L'intenzione della terra, quindi l'intenzione dell'uomo nasce invece dall'io, più l'esperienza, più la passione di Assoluto.

Ecco noi vediamo che i due termini ultimi sono uguali in tutte le due parti.

L'unica differenza sta nel primo fattore: Dio/io.

E se l'unica differenza sta in questo Dio/io, è qui che si gioca tutto, perché non appena l'uomo si ferma ai doni di Dio, si ferma al suo io e per la passione di Assoluto che porta in sé fa sorgere in sé l'intenzione: un'intenzione che non è più da Dio ma, che è dall'uomo, dall'io dell'uomo io.

Con l'intenzione che cosa fa l'uomo?

La passione di Assoluto fa sorgere l'intenzione perché l'uomo tende a rendere Assoluto tutto ciò per cui vive.

Se vive per il pane, tende a rendere Assoluto il pane.

L'intenzione viene in quanto l'uomo desidera assicurarsi quel bene che lui ha esperimentato, gustato.

Soltanto se l'uomo tende ad assicurarsi Dio, a conoscere Dio, allora l'uomo è nell'Intenzione di Dio.

Ma se l'uomo tende ad assicurarsi i doni di Dio, quello che Dio gli fa sperimentare è l'angoscia, è l'odio.

Se l'uomo tende ad assicurarsi i doni di Dio, cade nell'intenzione del mondo, parla il linguaggio della terra, desidera le cose secondo questo e siamo completamente in opposizione a Dio.

Un'opposizione che a un certo momento gli rende insopportabili tutte le opere di Dio, perché non soltanto gli rende insopportabile Dio, il parlare di Dio ma, gli rende insopportabili anche tutte le creature, tutte le opere di Dio.

Perché l'uomo tende a rendere Assoluto ciò che non è Dio, anche se sono doni di Dio: i campi, i buoi, la moglie.

Ma l'uomo non può rendere Assoluto ciò che non è Assoluto e proprio in questo sforzo di rendere Assoluto ciò che non è Assoluto, l'uomo fa esperienza del niente e non soltanto del niente, fa esperienza dell'opposizione verso Dio e verso tutte le creature, perché nessuna creatura, né Dio, possono soddisfare quell'intenzione che l'uomo porta dentro di sé.

Allora sorge l'odio.

Il primo segno di un'intenzione diversa che portiamo in noi è il rimorso che noi sentiamo, perché abbiamo quella parte di noi che sa l'Assoluto e ci rimprovera.

Ci rimprovera perché noi tendiamo a fare Assoluto quello che Assoluto non è, e lo sappiamo.

Volendo per Assoluto ciò che Assoluto non è, noi facciamo un errore e questo ci viene rimproverato da quella parte di noi che sa l'Assoluto.

Ma un'altra delle esperienze che noi facciamo quando incominciamo un linguaggio diverso da Dio, quindi portiamo in noi un'intenzione diversa da Dio, è la paura.

La paura è segno che noi siamo in un'intenzione diversa da Dio.

Perché se esperimentiamo la paura, è segno che sappiamo che ciò per cui viviamo non è Assoluto ma, e un bene che è soggetto a mutamento, soggetto a perdita.

La paura nasce qui.

È un segno, un segno di Dio per avvisarci che ci troviamo su un'intenzione diversa dalla sua.

"I miei pensieri non sono i vostri, la mia Volontà non è la vostra, la mia Intenzione non è la vostra" e ce lo dice attraverso queste Parole, cioè attraverso questi segni di paura.

Si arriva poi alle posizioni estreme dell'odio e dell'angoscia: l'odio verso Dio e l'odio verso le creature, l'incapacità di sopportare il linguaggio di Dio e il linguaggio delle creature, perché non c'è niente più che confermi la nostra intenzionalità diversa da Dio.

A un certo momento tutto l'universo, tutte le creature diventano un inno alla gloria di Dio, se noi portiamo in noi un'intenzione diversa dalla gloria di Dio, un'intenzione diversa dall'Intenzione di Dio, dalla conoscenza di Dio, non potremo sopportare questo inno di gloria che sorge, che si eleva da tutte le creature e per tutto l'universo.

Non potremo sopportarlo perché non potremo comprenderlo.

E non potremo comprenderlo perché non corrisponde alla nostra intenzione.

Nasce l'odio, nasce l'angoscia.


Appendice.


Un altro segno che non siamo nell'Intenzione di Dio è quando cerchiamo di possedere il segno anziché cercare di capire che cosa Dio ci significa di Sé in quel segno.

Dio ci mette di fronte a una scelta (tra Lui e il dono) perché solo scegliendo Lui, diventiamo consapevoli di ciò che sappiamo: l'Assoluto.


Soltanto se l'uomo tende ad assicurarsi Dio, a conoscere Dio, allora l'uomo è nell'Intenzione di Dio.

Ma se l'uomo tende ad assicurarsi i doni di Dio, quello che Dio gli fa sperimentare è l'angoscia, è l'odio.

Se l'uomo tende ad assicurarsi i doni di Dio, cade nell'intenzione del mondo, parla il linguaggio della terra, desidera le cose secondo questo e siamo completamente in opposizione a Dio.

Un'opposizione che a un certo momento gli rende insopportabili tutte le opere di Dio, perché non soltanto gli rende insopportabile Dio, il parlare di Dio ma, gli rende insopportabili anche tutte le creature, tutte le opere di Dio.

Perché l'uomo tende a rendere Assoluto ciò che non è Dio, anche se sono doni di Dio: i campi, i buoi, la moglie.

Ma l'uomo non può rendere Assoluto ciò che non è Assoluto e proprio in questo sforzo di rendere Assoluto ciò che non è Assoluto, l'uomo fa esperienza del niente e non soltanto del niente, fa esperienza dell'opposizione verso Dio e verso tutte le creature, perché nessuna creatura, né Dio, possono soddisfare quell'intenzione che l'uomo porta dentro di sé.

Allora sorge l'odio.

l'odio verso Dio e l'odio verso le creature, l'incapacità di sopportare il linguaggio di Dio e il linguaggio delle creature, perché non c'è niente più che confermi la nostra intenzionalità diversa da Dio.

A un certo momento tutto l'universo, tutte le creature diventano un inno alla gloria di Dio, se noi portiamo in noi un'intenzione diversa dalla gloria di Dio, un'intenzione diversa dall'Intenzione di Dio, dalla conoscenza di Dio, non potremo sopportare questo inno di gloria che sorge, che si eleva da tutte le creature e per tutto l'universo.

Non potremo sopportarlo perché non potremo comprenderlo.

E non potremo comprenderlo perché non corrisponde alla nostra intenzione.

Nasce l'odio, nasce l'angoscia.

 

L'uomo vivendo per ciò che non è Dio, finisce per trovare la propria morte ma, anche morto lui non perde la sua passione d'Assoluto.

Per cui, per questa morte che porta in sé, nel pensiero di sé e per questa passione di Assoluto, lui è portato a desiderare di cambiare tutte le cose, è portato all'azione.

Il diavolo non è portato alla contemplazione perché non può conoscere Dio, è portato all'azione, a modificare, poiché non sopporta niente di ciò che esiste, neppure se stesso quindi a modificare tutto ciò che esiste, tutto ciò che è opera di Dio.

E siccome non lo può modificare, è portato all'odio.

L'odio che è il desiderio che non sia ciò che è.

Chi ha perso la capacità di conoscere Dio, necessariamente si deve rivolgere all'azione, perché non c'è niente che gli vada bene.

E quello che non può modificare, non lo può sopportare e non poter sopportare vuol dire odiare.

Odiare vuol dire desiderare che non sia.

 "Fin dal principio egli era omicida".

Si è omicida in quanto si vuole che le cose che sono non siano perché non si possono intendere nella Verità.

Si vorrebbero cambiare però, le cose non possono essere cambiate perché sono volute da una Volontà superiore alla nostra.

E allora resta l'odio ma l'odio è sopratutto interiore perché non si può fare niente, quindi resta la passione omicida ed è questa l'esperienza di morte.

Una passione omicida che odia tutto ciò che Dio fa, tutto ciò che Dio opera, tutto ciò che esiste e si resta privati della possibilità di intendere le cose nello Spirito di Dio.

Questo odio è effetto dell'avere scisso la Vita dalla conoscenza di Dio, dell'avere buttato il nostro tutto, la nostra vita nella spazzatura per inseguire altro.



Gli replicarono: "Sei nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.

Gv 9 Vs 34  Secondo tema.


Titolo: La Verità non è monopolizzante.


Argomenti: La pretesa dell'uomo di essere maestro. L'intenzione viene da ciò che uno è. Fare come nostra intenzione i segni di Dio. Intenzione di Dio o intenzione dell'uomo? Fare/capire. La responsabilità dell'uomo.

Rimorso/paura/possesso. Appropriarsi delle chiavi della Verità. La Verità si ha nel rapporto diretto con Dio. La capacità di apprendere. Buddha e il desiderio.


 

30/Ottobre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel versetto 34.

Qui i farisei dicono a quel cieco guarito da Gesù: "Se nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?", e lo cacciarono fuori.

Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla prima parte, cioè sulle parole: "Sei nato tutto intero nei peccati".

Adesso dobbiamo soffermarci sulla seconda parte: "Osi insegnare a noi?".

Anche qui dobbiamo chiederci quale lezione Dio ci vuole dare attraverso quest'affermazione, perché tutto quello che è accaduto in bene o in male, tutto serve per noi, è scena per noi ed è un aiuto per approfondire sempre di più la conoscenza dei rapporti della nostra anima con Dio, quindi della vita essenziale, della vita dello spirito, della conoscenza di Dio.

Anche qui ogni cosa va sempre sottoposta alla Parola di Dio, va sottoposta al Pensiero di Dio.

Ci troviamo con una dichiarazione: "Osi insegnare a noi?", che è esattamente all'opposto della Parola di Dio, perché la Parola di Dio aveva detto: "Non fatevi chiamare maestri, non date a  nessuno il nome di maestro, perché voi siete tutti discepoli".

E qui ci troviamo invece con degli uomini, dei farisei, dei sacerdoti, autorità, che rimproverano dicendo: "Osi insegnare a noi?".

"Come tu che sei nato tutto intero nel peccato, osi insegnare a noi?".

Abbiamo visto che anche quest'affermazione: "Nato tutt'intero nel peccato", quanto sia in opposizione alla Parola di Dio.

"Come, ti permetti, come osi insegnare a noi?".

Capiamo, intuiamo che in questo "insegnare a noi", c'è la pretesa di uomini che vogliono essere maestri, che vogliono avere la prerogativa della Verità, cioè di uomini che non sono più capaci d'imparare.

Il tema di oggi è proprio questo: il monopolio della Verità, cioè la Verità non è monopolizzabile.

Primo: quando la Verità si monopolizza, non è più Verità.

Secondo: chi l'ha monopolizzata diventa incapace di imparare.

Il tema di oggi è proprio questo monopolio della Verità, cioè la verità non è monopolizzabile.

Abbiamo visto che l'uomo può avere due intenzioni.

L'Intenzione di Dio o l'intenzione degli uomini.

Ci siamo chiesti quand'è che si è nell'Intenzione di Dio e quando è invece che si è nell'intenzione degli uomini.

L'intenzione viene da ciò che uno è.

Si è nell'Intenzione di Dio in quanto si deriva l'intenzione da ciò che Dio è.

Per contrapposizione noi dovremmo dire: si è nell'intenzione dell'uomo in quanto si deriva l'intenzione da quello che l'uomo è.

Ma questo è sbagliato, perché l'uomo non è.

Dio è.

Essendo ha una sua Intenzione.

L'uomo non è.

O meglio: l'uomo è soltanto per ciò cui partecipa di altro da sé, ma di per sé l'uomo non è.

Allora quand'è che l'uomo si trova nell'intenzione dell'uomo?

Se l'Intenzione di Dio deriva unicamente da Dio, l'intenzione dell'uomo deriva non da ciò che l'uomo è, ma da ciò che è diverso da Dio.

Quindi tutte le volte che l'uomo ha come sua intenzione altro da Dio, è nell'intenzione dell'uomo.

Solo quando è nell'Intenzione che deriva da Dio si trova nell'Intenzione di Dio.

Ora tutto è opera di Dio e noi abbiamo visto molte volte che l'uomo può avere l'intenzione delle creature di Dio: i buoi, i campi, la moglie, e proprio in queste intenzioni dei buoi, dei campi, della moglie, come l'uomo perda il Regno di Dio, perda la Presenza e l'esperienza di Dio, non partecipi a quello che Dio è.

Si partecipa a Dio soltanto nella misura in cui si è nell'Intenzione di Dio.

Tutto è creazione di Dio, tutte le creature sono di Dio, però tutta l'opera di Dio non è Dio.

Dio è Dio e le opere di Dio, le creature di Dio, sono segni di Dio ma non sono Dio.

Ora di fronte ai segni, alle parole, alle opere di Dio, noi corriamo il rischio di trasformare queste opere, queste creature, questi segni, queste Parole di Dio come nostra intenzione: li facciamo nostra intenzione tutte le volte che non li riportiamo a Dio.

E non li riportiamo a Dio, tutte le volte che non cerchiamo in essi il Pensiero di Dio, poiché nella Realtà tutte le opere di Dio sono fatte nel e per il Pensiero di Dio.

Dio in tutto ciò che fa, manifesta Se stesso e opera per manifestare Se stesso.

Lui è il Principio, Lui è il Fine.

Tutto fa nel suo Pensiero, nel suo Verbo.

Scostarsi da questo Pensiero significa perdere il contatto con la Verità, poiché se tutto è fatto nel Pensiero di Dio, scostarsi dal Pensiero di Dio, vuol dire scostarsi dalla Verità, allontanarsi dalla Verità.

Tutte le volte che noi nelle opere di Dio, nelle creature di Dio, nei fatti di Dio (tutto è fatto da Dio) non cerchiamo il Pensiero di Dio, noi ci scostiamo dalla Verità.

Allora possiamo capire qual è la responsabilità dell'uomo, poiché avendo l'uomo, la possibilità di queste due intenzioni: Intenzione di Dio/intenzione dell'uomo, si trova di fronte a questo dilemma: Intenzione di Dio o intenzione dell'uomo?

L'Intenzione di Dio porta necessariamente l'uomo a tendere a capire il Pensiero di Dio.

Noi restiamo nell'Intenzione di Dio quando cerchiamo di capire il Pensiero di Dio.

L'uomo invece è nell'intenzione dell'uomo tutte le volte che ha come intenzione ciò che non è Dio, quindi la creazione di Dio, le creature di Dio.

Tutte le volte che l'uomo non cerca il Pensiero di Dio nelle opere che Dio fa e quindi si ferma alle creature e le fa quindi oggetto della sua intenzione, l'uomo, per la passione di Assoluto che porta in sé, tende a questa sua intenzione, a trasformare in Assoluto ciò che lui sa non è Assoluto.

Le creature di Dio non sono assolute perché l'Assoluto è Dio solo.

Tutte le volte che l'uomo ha come intenzione, quindi come fine le creature anziché Dio, tende a trasformare in Assoluto le creature e per tendere a trasformarle in Assoluto ha davanti a sé il problema: fare.

Colui che ha l'Intenzione di Dio ha davanti a sé il problema di capire, capire il Pensiero di Dio.

Colui che ha l'intenzione dell'uomo, ha davanti a sé il problema di fare, agire, quello che conta è fare, cioè trasformare, tende a trasformare in Assoluto ciò che non è Assoluto.

Qui c'è l'errore, qui c'è la responsabilità, perché l'uomo sa che le creature non sono assolute, sa che non sono assolute perché sa che cos'è l'Assoluto.

Ora, l'uomo quando tende a rendere Assoluto ciò che sa che non è Assoluto, diventa responsabile.

Sorge la colpa dell'uomo, perché se sa ciò che non è Assoluto, sa ciò che è Assoluto, quindi non deve pretendere di trasformare in Assoluto (i campi, i buoi, la moglie,) quello che non è Assoluto.

Piuttosto l'uomo deve cercare di capire il Pensiero di Dio: il Pensiero di Dio è Assoluto.

Il Pensiero di Dio si significa in ciò che non è Assoluto.

Ecco perché l'uomo ha la responsabilità, proprio per quello che sa ciò che è l'Assoluto, di cercare di capire che cosa l'Assoluto significa di Sé in ciò che non è Assoluto, e non cercare di far Assoluto ciò che non è Assoluto.

Abbiamo visto che i segni, i sintomi dell'intenzione diversa da Dio in noi sono: prima di tutto il rimorso, poi la paura, conseguenza di questo fatto dell'uomo che sa, perché non può ignorare che ciò per cui egli vive è una cosa che non è assoluta.

Di lì nasce il senso di rimprovero di quella parte dell'uomo che sa che cos'è l'Assoluto, che lo rimprovera, che dice all'uomo: "Guarda che tu stai cercando mele su un cipresso, le mele non si possono trovare lì", e lo rimprovera: "Tu stai cercando attraverso tutto il tuo vivere di rendere Assoluto ciò che non è Assoluto, perché l'Assoluto è solo Dio".

Abbiamo il rimorso che è il rimprovero di questa parte verso la parte sentimentale dell'uomo che tende a vivere per ciò che vede, per ciò che tocca e che egli sa che non è Assoluto.

Poi abbiamo anche la paura e la paura deriva dal fatto che l'uomo sa che ciò che egli ama, ciò per cui vive è soggetto a perdizione: presto o tardi lo perderà, è soggetto a cambiamento, è soggetto al tempo, è soggetto alla morte.

E questo suo sapere, anche se questa prospettiva può essere parecchio lontana, già lo carica di paura, di affanno.

Un aspetto di questa paura e di quest’affanno è il desiderio di possesso, che è un altro sintomo dell'intenzione sbagliata, cioè dell'intenzione dell'uomo, anziché dell'Intenzione di Dio.

L'uomo per assicurarsi ciò per cui egli vive, tende a possedere.

E nell'aspetto della Verità, questa passione di possesso si tramuta in passione di monopolio della Verità che è una risposta infantile alla paura di perdere ciò per cui si vive, di perdere il proprio prestigio, di perdere o di vedere sminuita la propria autorità.

La passione di possesso, come un aspetto di questo è la passione di monopolizzare la Verità, Verità che è nell'uomo.

Sono risposte infantili, perché certamente è un errore quello di credere di assicurarsi il possesso di un bene, di una cosa, il possesso di una creatura possedendola.

Le creature, come tutte le opere di Dio non si posseggono possedendone, anzi al rovescio, si perdono possedendole.

Tutte le opere di Dio si posseggono soltanto comprendendole e la vera comprensione delle creature, siccome sono creature di Dio, si ha soltanto in Dio.

Nessuna creatura può essere compresa se non è riportata in Dio, perché solo in Dio Creatore c'è la giustificazione, quindi la ragione di tutte le sue opere, quindi di tutte le creature.

Se noi crediamo di comprendere le creature senza riferirle a Dio, cioè riferendole ad altri motivi, ad altre giustificazioni, noi facciamo un errore grave, poiché nessuna creatura ha la sua giustificazione in altro da Dio, poiché Dio solo è il Creatore.

Quando la Bibbia ci dice che uno solo è il Dio Creatore e: "Tu non avere altro Dio all'infuori di Lui", ci dice questo: non cercare di comprendere le creature in un altro principio, in un’altra giustificazione, soprattutto evita di giudicare o di cercare di capire le creature nel pensiero del tuo io, perché il pensiero del nostro io non giustifica niente.

Il nostro io non è Dio e non è creatore di niente e non essendo creatore di niente, non ha in sé la ragione di niente, di nessuna creatura.

Ecco perché si fa un errore infantile quando si ritiene di possedere una creatura sottomettendola a noi.

Così si fa un errore infantile quando crediamo di assicurarci la Verità monopolizzandola: è l'unico modo per perderla.

Gesù qui ha una parola molto chiara riguardo a questo poiché dice: "Guai a voi che vi siete appropriati (appropriato uguale monopolizzato), della chiave della scienza, voi non siete entrati e avete impedito a coloro che volevano di entrare".

Ecco la Parola di Dio denuncia l'errore che l'uomo fa quando tende a monopolizzare, ad appropriarsi della Verità.

Qual è questa chiave della scienza, questa chiave della conoscenza?

La chiave della Verità è il rapporto diretto con la Sorgente della Verità stessa, perché abbiamo detto che la comprensione, la giustificazione delle cose, delle creature, dei segni di Dio, delle opere di Dio è nel Principio, in Dio.

E la chiave della Verità sta proprio in questo: nel rapporto diretto con Dio, perché soltanto in Dio si conoscono le cose, quindi soltanto se abbiamo la possibilità di accedere personalmente a Dio, abbiamo la chiave per capire, per conoscere, comprendere le creature quindi per intendere le opere, i segni, le Parole di Dio.

Ma Gesù dice: "Guai a voi che vi siete appropriati delle chiavi della conoscenza", ve ne siete appropriati, quindi l'avete sottratta agli altri, avete monopolizzato la Verità.

Cosa vuol dire appropriarsi delle chiavi della Verità?

Questo monopolizzare la conoscenza della Verità?

È questo: dire che è impossibile il rapporto diretto e personale con Dio.

Per cui a questo punto chi vuol conoscere qualche cosa deve passare attraverso colui che ha monopolizzato la Verità, che può essere una persona, che può essere un'istituzione.

La Verità proprio perché Verità non è soggetta al tempo, allo spazio e soprattutto non è soggetta all'uomo: non è soggetta a nulla.

La Verità trascende tutto, come Dio trascende tutto, perché la Verità è contemplazione delle cose in Dio.

Dio certamente trascende tutto, se trascende tutto, certamente, non è condizionato da nessuno: nessuno può appropriarsi di Dio, nessuno può appropriarsi della Verità e quando si appropria di Dio, quando si appropria della Verità, non è più Dio, non è più la Verità quello di cui si è appropriato.

Ecco perché chi monopolizza la Verità, perde la Verità.

E chi si sottomette al monopolio della Verità, perde lui stesso la Verità.

La Verità è trascendente tutto: ciò che è vero, è vero indipendentemente dal tempo in cui è stato detto, dal luogo in cui è stato detto, dalle persone che l'hanno detto, per cui la Verità può essere detta anche da uno che "è nato tutto intero nel peccato", come dicono qui i farisei.

Chi sa questo è aperto alla Verità che può parlare in tutto e in tutti, non soltanto in qualcuno, perché la Verità trascendendo tutto e tutti, trascendendo soprattutto gli uomini è universale, diciamo cattolica.

La Verità è universale e se è universale, è accessibile a tutti, perché una cosa che non fosse accessibile a tutti, non sarebbe universale.

La Verità è accessibile a tutti.

Ma allora succede questo: che poiché Dio è il Creatore di tutte le cose, la Verità giunge a noi attraverso tutto e attraverso tutti e noi non possiamo escluderla dicendo: "Non attraverso quello ma, attraverso quest'altro", perché allora ci sottomettiamo a una forma di monopolizzazione.

L'errore che fanno i farisei è: "Osi insegnare a noi tu?".

Dicono "Osi insegnare a noi?".

E non si rendono conto che attraverso quel cieco guarito da Gesù, c'era Dio che stava insegnando loro.

Non era il cieco che osava insegnare loro, era Dio che stava insegnando loro, perché quel cieco certamente era un'opera di Dio, quindi era Dio che stava parlando con loro.

Essi dicono a Dio: "Osi insegnare a noi?".

Ecco cosa succede nell'uomo quando monopolizza la Verità e quando tende a trasformare in Assoluto ciò che non è Assoluto. La conoscenza che l'uomo ha, non è mai l'Assoluto.

La Verità si ha in Dio e da Dio, quindi quando l'uomo trasforma in Assoluto o la sua conoscenza o la sua sapienza o la sua legge o la sua regola o la sua istituzione, tende a trasformare in Assoluto quello che non è Assoluto.

E come l'uomo tende a trasformare in Assoluto quello che non è Assoluto perde la capacità di apprendere (qui hanno perso la capacità di apprendere, non sono più aperti a imparare), diventa maestro.

Questo ci fa capire che l'uomo non è libero di apprendere quello che vuole.

Per essere aperto, per avere la capacità di apprendere (Gesù dirà "Se non ritornate come bambini") bisogna riferire tutto a Dio, bisogna accogliere tutto da Dio, ma per poco che l'uomo si separi da Dio e si fermi quindi alle creature, immediatamente l'uomo perde la capacità di apprendere e diventa maestro.

L'essere maestro vuol dire parlare di ciò che si ritiene Assoluto e quando l'uomo ritiene che la creatura che lui vede e tocca o ciò di cui ha fatto esperienza o ciò che ha capito o la sua legge, la sua regola siano assolute, non può fare a meno di essere maestro.

Anche qui non è libero di non essere maestro, deve essere maestro e naturalmente viene a trovarsi nell'opposizione alla Parola di Dio. Quando l'uomo considera come Assoluto ciò che non è Assoluto, perde la capacità di apprendere e diventa maestro, perché l'uomo è un essere che non può far a meno di parlare l'Assoluto.

Ora se l'uomo ritiene che l'Assoluto sia soltanto quello che lui sa come Assoluto, Dio, allora in tutto rispetta l'iniziativa di Dio ma, se ritiene che l'Assoluto sia ciò che lui ha visto, toccato, esperimentato, ciò che è in relazione al suo io, ciò di cui lui ha in sé la ragione ("Questo è così perché io l'ho visto così, quest'esiste perché io so che è così") qui non c'è più la giustificazione in Dio c'è la giustificazione nell'io.

Siccome l'uomo è una passione di Assoluto, quindi necessariamente parla l'Assoluto, quando ritiene Assoluto altro da Dio, cessa, perde la capacità di apprendere e necessariamente diventa maestro.

Diventando maestro cade in quello che dice Gesù: "Guai a voi che vi siete appropriati della chiave della conoscenza, voi non siete entrati".

Ecco perché l'uomo non è entrato.

L'uomo che perde la capacità di apprendere non entra nel Regno della Verità, non può entrare perché si entra nel Regno della Verità ascoltando, non parlando.

Uno solo è Colui che parla nell'universo: il Verbo di Dio.

Gesù dice: "Dove Io sono voi, non potete entrare".

Il che vuol dire che si entra dove Lui è, nel Regno della Verità, nel Regno del Padre, cioè nel Regno dove tutte le cose sono giustificate in Dio, solo apprendendo in tutto e da tutti, ascoltando, perché in tutto c'è Dio che parla.

Ma come noi perdiamo questa capacità di apprendere, necessariamente diventiamo maestri, e come ci riteniamo maestri, non entriamo e impediamo ad altri di entrare, a tutti coloro che desiderano entrare, noi impediamo di entrare.

E diventa la nostra condanna.



Gli replicarono: "Sei nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.

Gv 9 Vs 34  Terzo tema.


Titolo: Dentro e fuori della Verità.


Argomenti: Monopolizzare la verità. Segno è ciò che arriva a noi indipendentemente da noi. Non confondere il segno (relativo) con Dio (Assoluto). Il segno va tenuto unito a Dio, altrimenti diventa realtà, assoluto e nostra intenzione.  Perdere la capacità di ascolto e diventare maestri. Maestro è chi sonsidera un segno assoluto. L’allievo tenendo presente Dio Creatore cerca il significato di tutti i segni. Monopolizzare come realtà i segni di Dio. L'insopportabilità dei segni che non entrano nella nostra “realtà”. Rifiutando i segni di Dio ci mettiamo fuori dalla Verità. Gesù è il segno per eccellenza: si giunge alla Verità solo per mezzo dei segni. Capire o non capire il significato dei segni di Dio. L’intenzione può accettare solo ciò che può giustificare. Tutto ciò che non capiamo in Dio ci mette fuori: tenebre esteriori. Perdere il dialogo con Dio. Tendere a giustificare anche lo spirito nella materia. Un dato parziale posto come assoluto. Dio parlando ci tiene uniti a Sé. L’inferno e il paradiso. I segni in paradiso. La finitezza del segni. Il demonio.


 

6/Novembre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Siamo ancora nel versetto 34 dove troviamo che i farisei rispondono a quel cieco che è stato guarito da Gesù in giorno di sabato: "Sei nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?" E lo cacciarono fuori.

Nelle domeniche precedenti ci siamo soffermati sulla prima e sulla seconda parte.

La prima parte: "Sei nato tutto intero nei peccati".

La seconda: "Osi insegnare a noi?".

Adesso ci rimane la terza parte: "E lo cacciarono fuori".

Ѐ l'ultimo atto dei rapporti tra i farisei e quell'uomo cieco guarito da Gesù in giorno di sabato.

Lo cacciarono fuori, fuori da che cosa?

Fuori dalla sinagoga.

Cosa significa la sinagoga?

La sinagoga significa la verità assoluta per i farisei, cioè la verità da loro monopolizzata.

Ci troviamo a questo punto con i farisei che cacciano fuori dalla loro verità questo cieco guarito.

Abbiamo visto domenica scorsa come la Verità non possa essere monopolizzata dagli uomini, e come proprio monopolizzando la verità gli uomini perdano la Verità.

Anche qui dobbiamo chiederci quale significato, quale lezione Dio voglia dare a noi attraverso questa scena di questi farisei che a un certo momento non possono sopportare la presenza di quest'uomo, delle parole che egli dice e lo debbano cacciare dalla loro presenza, cacciare fuori dalla sinagoga.

Gesù lo dirà anche ai suoi discepoli: "Verranno giorni in cui vi cacceranno dalle loro sinagoghe, anzi vi uccideranno, credendo con ciò di rendere gloria di Dio".

Abbiamo detto: è l'ultimo atto carico quindi di significato, perché quando si monopolizza la verità a un certo momento non si può più sopportare ciò che non è conforme alla verità da noi monopolizzata.

Qui a un certo momento la tensione tra questi farisei e ciò che quell'uomo cieco dalla nascita, guarito da Gesù testimoniava loro, crebbe e non poterono più sopportare la sua presenza.

Arriva un certo momento in cui ciò che non è conforme a quella verità monopolizzata da noi, non è più da noi sopportabile.

Essi cacciarono quell'uomo che era stato guarito da Gesù ma, quell'uomo era per loro un segno, in realtà in quell'uomo c'era l'opera di Gesù.

Quindi cacciando quell'uomo dalla sinagoga, cacciavano l'opera di Gesù.

Abbiamo detto: quell'uomo era un segno di Dio per loro, era per aiutarli a entrare nella salvezza.

E la salvezza in che cosa consiste?

La salvezza sta nel conoscere la Verità.

Ora a costoro che avevano monopolizzato la verità, Dio fa giungere un segno: un segno per aiutarli a entrare nella Verità, quindi per aiutarli a uscire dalla verità che essi avevano monopolizzata e a entrare nella Verità.

Era un segno di Dio.

Quando diciamo segno, cosa intendiamo?

Tutto è segno di Dio, poiché tutto è opera di Dio, un segno è un dato che arriva a noi indipendentemente da noi.

Tutto è opera di Dio e tutta l'opera di Dio arriva a noi indipendentemente da noi (Dio è il Creatore).

La creazione giunge a noi e noi la vediamo, la tocchiamo, la esperimentiamo.

Non siamo noi che facciamo le cose, non siamo noi che creiamo gli eventi.

Un segno è tale in quanto arriva a noi indipendentemente da noi.

Però abbiamo visto che noi sappiamo che tutti i segni di Dio non sono l'Assoluto, sono segni di Dio ma non sono Dio.

Le opere di Dio sono opere di Dio, ma non sono Dio e non vanno scambiate per Dio, tant'è vero che noi sappiamo che tutte le creature non sono l'Assoluto, mutano, sono soggette al tempo, passano, muoiono.

Non sono l'Assoluto.

L'Assoluto non possiamo ignorarlo.

Non possiamo ignorarlo poiché riconosciamo che tutte le creature non sono l'Assoluto e se riconosciamo questo vuol dire che sappiamo che cosa è l'Assoluto.

Per noi quindi tutto ciò che non è Assoluto non è confondibile con l'Assoluto a meno di un nostro errore.

Tutto ciò che è segno, ci annuncia l'Assoluto, è segno dell'Assoluto.

Ci annuncia Dio è un segno di Dio.

Ma non è l'Assoluto, non è Dio.

Non essendo l'Assoluto, non essendo Dio, non va confuso con l'Assoluto.

Per non andar confuso con l'Assoluto va sempre mantenuto in relazione a Dio, in relazione all'Assoluto.

Cioè: un segno è segno in quanto è mantenuto sempre in rapporto a Dio, all'Assoluto, al Creatore.

Noi invece possiamo disgiungere i segni di Dio da Dio, possiamo disgiungere le creature dal Creatore, la creazione da Dio.

E come la disgiungiamo?

La disgiungiamo considerandola a sé, autonoma: cioè noi possiamo considerare le creature, i fatti, gli avvenimenti non come opere di Dio.

In quanto li consideriamo non come opere di Dio, noi li disgiungiamo in noi, non nella realtà, ma in noi da Dio, li consideriamo a sé, staccati: un uomo è un uomo, un cane è un cane, un gatto è un gatto, un albero è un albero.

E ci fermiamo lì.

Abbiamo visto la volta scorsa che quando noi ci fermiamo alle creature e quindi non le teniamo unite a Dio Creatore, noi usciamo dall'Intenzione di Dio e rivestiamo le creature della nostra intenzione: facciamo la nostra intenzione.

Incominciamo allora a desiderare le creature, a fare delle creature l'oggetto, il fine del nostro vivere e siccome noi abbiamo la passione dell'Assoluto, tendiamo a rendere o a trasformare o comunque a considerare quelle cose, quelle creature che non sono assolute, come fossero assolute.

Vogliamo vederle assolute, vogliamo che siano assolute.

A questo punto l'uomo perde la capacità di apprendere e diventa maestro, necessariamente abbiamo detto.

Necessariamente diventa maestro.

Maestro chi è?

È colui che considera Assoluto un segno di Dio, anziché riferire tutte le cose a Dio, le considera staccate da Dio.

E per la passione di Assoluto che porta dentro di sé, considera quindi le creature, le cose, come Assoluto.

Diventa maestro, diventa giudice.

Siamo nell'opposizione a Dio, poiché la Parola di Dio dice che non dobbiamo considerarci maestri e non dobbiamo dare a nessuno il nome di maestro: "Voi siete tutti allievi".

Allievo è colui che apprende.

Ma apprende in quanto cerca il significato delle cose.

Gesù dice: "Se non ritornate come bambini non potrete entrare nel Regno di Dio, nel Regno della Verità".

Ora il bambino è caratterizzato proprio dall'apprendere.

Il bambino vede il volto del padre, "I bambini vedono il volto del Padre" dice il Signore.

Cioè tutte le cose le riportano al Creatore e cercano il significato in tutte le cose, cercano il perché di tutte le cose.

La caratteristica di colui che apprende, di colui che è allievo sta in questo, non si ferma alle cose, ai segni, non si ferma alle creature, non si ferma agli avvenimenti in sé ma cerca il significato e lo cerca presso Dio.

Tutto questo presuppone il fatto che l'uomo tenga presente Dio in tutto: quindi solo se l'uomo tiene presente Dio Creatore di tutte le cose ha la possibilità di cercare il significato delle cose, di non fermarsi quindi alla realtà delle cose, ai segni, ha la capacità di apprendere.

In caso diverso necessariamente deve monopolizzare come Assoluto, ciò che lui ha esperimentato, ciò che ha visto, ciò che ha toccato, cioè deve monopolizzare come verità un segno, un’opera di Dio: i buoi, i campi, la moglie.

Ѐ a questo punto che l'uomo deve scacciare da sé, i segni, le opere che non sono più accettabili, sopportabili.

Sono cose che non rientrano in quella verità che lui ha monopolizzato, non si accordano più.

Siccome l'uomo ha la passione dell'Assoluto quindi dell'unificazione, tutto ciò che non si accorda con la sua verità, deve farlo fuori.

Ora, tutto ciò che arriva all'uomo e che l'uomo non può sopportare nella verità che ha monopolizzato è segno di Dio per lui. Quest'uomo cieco dalla nascita, guarito da Gesù il giorno di sabato, era un segno per quei farisei che erano ciechi, dal momento in cui avevano monopolizzato la verità, avevano fatto della sinagoga la loro verità.

Era un segno di Dio per liberarli dalla loro cecità.

Erano loro i veri ciechi!

Non era lui quel cieco.

Lui era uno strumento quindi un segno.

L'uomo che monopolizza la verità, viene a trovarsi in contrasto, in disaccordo con i segni che Dio gli manda e se rifiuta l'accoglienza di essi, se li mette fuori, lui in realtà non mette fuori i segni, mette fuori se stesso dalla Verità.

Questi farisei cacciando fuori dalla loro sinagoga quest'uomo guarito da Gesù, non cacciarono fuori lui, cacciarono se stessi fuori dalla Verità, perché Gesù stesso dice che: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me".

Gesù essendo la pienezza dei tempi, è il segno per eccellenza, è la conclusione di tutti segni, ed essendo la conclusione, è compimento di tutti i segni, è ancora Lui stesso un segno.

Infatti, dirà che il Padre a posto il suo sigillo su di Lui.

"Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" gli aveva chiesto la folla.

Gesù rispose: "Opera di Dio è che voi crediate a Colui che Egli ha mandato e sul quale il Padre ha posto il suo sigillo": il segno.

Cristo è il segno.

Ma essendo la conclusione di tutta la creazione, di tutta l'opera di Dio, ci rivela che l'uomo giunge al Padre, cioè giunge alla Verità solo per mezzo dei segni.

Se l'uomo non crede in Cristo, segno di Dio, non segue Cristo, non può giungere alla Verità.

Dice: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me", quindi abbiamo il Padre che è la Verità, la Sorgente della Luce, e abbiamo questo "Me" che è il segno del Padre per noi e questo "Me" che dice: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me", passaggio obbligato.

Alla Verità si giunge soltanto attraverso i segni di Dio.

Abbiamo detto che segno è ciò che noi teniamo unito a Dio.

Se non lo teniamo unito a Dio passa dalla categoria di segno alla categoria di realtà.

E come passa la categoria di realtà, cioè di verità per noi, per noi diventa una verità assoluta e noi diventiamo maestri e veniamo tagliati fuori perché monopolizziamo la verità.

Quando ci accorgiamo che non riusciamo a essere aperti ad accogliere tutte le opere che Dio ci presenta come suoi segni, perché queste non entrano nella nostra mentalità, non entrano in quella verità che noi abbiamo monopolizzato, che noi riteniamo assoluta, su cui misuriamo tutte le cose, quando ci accorgiamo di questo dobbiamo essere molto attenti, perché ciò che noi scartiamo, diventa quello che ci scarta dalla Verità.

L'amore che noi rifiutiamo diventa un amore che ci rifiuta, quella parola che noi non accogliamo diventa una parola che ci mette fuori dalla Verità.

Gesù dirà ai farisei che non possono accogliere, non possono lasciar penetrare in loro le sue Parole: "Voi cercate di uccidermi", e ci fa capire che quando le sue Parole non penetrano in noi (teniamo e presente che tutto è Parola di Dio), è segno che noi, dentro di noi uccidiamo la Verità, uccidiamo Dio.

E se uccidiamo la Verità è perché dentro di noi abbiamo una verità diversa, abbiamo un padre diverso, abbiamo monopolizzato quello che riteniamo verità ma che non è Verità, perché la Verità non è monopolizzabile.

La Verità è trascendente tutto e in quanto trascendente tutto non è condizionabile da nessuno, da niente, da nessun tempo, da nessun luogo, da nessuna creatura, da nessun uomo, da nessuna istituzione.

Quindi la Verità e contemplabile da tutti, chiama tutti ma non è monopolizzabile da nessuno, perché altrimenti sarebbe condizionabile, non sarebbe più la Verità.

Se noi condizioniamo la verità, questa che noi crediamo verità e non è Verità, ci porta al punto di rifiutare le opere della Verità stessa, i segni di Dio e questo rifiuto delle opere di Dio è proprio quello che ci mette fuori.

Il tema di oggi è: dentro o fuori della Verità.

Dobbiamo chiederci che cosa significhi questo essere dentro e questo essere fuori.

Quando qui cacciarono quest'uomo dalla sinagoga è facile capire: lo cacciarono da un luogo materiale.

In senso materiale è comprensibile cosa voglia dire dentro e fuori.

Ma tutto quello che avviene nel nostro mondo materiale e che per noi è facile capire, è anche un segno, perché tutto è segno e noi dobbiamo cercare il significato.

Allora dobbiamo chiederci che significato ha essere dentro o essere fuori nel campo dello spirito.

Quand'è che si è dentro e quando è che si fuori nel campo dello spirito?

Gesù parla molto in tutti i suoi insegnamenti di questo dentro e di questo fuori.

Quante volte dice: "Verranno cacciati fuori", "Quando il padrone si sarà alzato e avrà chiuso la porta" eccetera, è sempre un parlare di dentro e fuori.

Quante volte dice "Sforzatevi di entrare", "Se non ritornate come bambini non potrete entrare".

Ecco cosa vuol dire questo entrare, questo essere dentro, e che cosa vuol dire questo essere fuori?

Fuori significa essere di fronte ai segni di Dio e non poterli capire.

Si è dentro in quanto si è di fronte ai segni di Dio e si ha la possibilità di capirli.

Ora cosa vuol dire capire?

Capire vuol dire avere in noi la causa, la presenza del principio che giustifica le cose.

Siccome Dio abita in noi, la Verità è dentro di noi, e questo Dio che abita dentro di noi è il Creatore di tutte le cose, solo se noi abbiamo presente Dio dentro di noi, noi abbiamo la possibilità di vedere i segni di Dio e abbiamo la possibilità di capirne significato.

Abbiamo la possibilità di capirne significato perché abbiamo presente di Dio che abita dentro di noi.

Abbiamo presente Dio se siamo nell'Intenzione di Dio, perché il significato è dato dall'intenzione e l'Intenzione viene soltanto da Dio, non viene dei segni di Dio.

I segni di Dio ci pongono l'interrogativo su Dio, ci mettono in movimento verso Dio, ma non ci danno Dio, non ce lo possono dare.

Solo Dio può darci da Dio.

La Luce viene dalla Luce.

L'infinito si conosce soltanto dall'infinito.

Dio si conosce soltanto nel suo Pensiero, nella sua Intenzione.

Quindi soltanto se noi abbiamo presente Dio dentro di noi che opera tutto, noi abbiamo presente quello Spirito, quel Pensiero nel quale abbiamo la possibilità di intendere il significato delle cose e quindi di essere dentro, perché Colui che è dentro di noi comprende, sopporta soltanto quello che giustifica, quindi quello in cui si rivela la sua Intenzione, il suo significato.

Se invece noi non abbiamo presente Lui, noi abbiamo presente i suoi segni, le sue opere, le sue creature ma, non abbiamo la possibilità di capirne il significato e allora siamo fuori e allora bussiamo a una porta chiusa, perché non si passa dai segni di Dio a Dio, non si passa dal finito all'infinito.

Cosa vuol dire questo?

Vuol dire che non si ha la possibilità di capire il significato delle cose, di capire l'Intenzione di Dio partendo dalle creature.

Si ha tale possibilità soltanto partendo da Dio e allora siccome Dio abita dentro di noi, è Lui che abita la nostra interiorità, tutto ciò che noi non capiamo in Dio ci mette fuori di Dio, quindi si verifica quella parola che Gesù dice: "Saranno gettati nelle tenebre esteriori".

"Gettati" vuol dire che l'uomo non è più la possibilità di entrare in se stesso, viene gettato nell'esteriorità, dominato dall'esteriorità, dominato dal mondo esterno.

Mondo esterno che Gesù chiama tenebre perché non s'illumina, perché non ha significato.

E la cosa quando è senza significato non è più sopportabile.

Anche la stessa nostra vita, quando è tutta esteriore non ha un significato, perché il significato viene dall'interno, viene da Dio che abita dentro di noi, quindi qui la nostra vita non è più sopportabile.

Ecco perché costoro, cacciando fuori quel cieco guarito da Gesù in giorno di sabato, cacciavano fuori da sé un segno di Dio per loro e cacciandolo fuori, essi cacciavano essi stessi fuori dalla Verità.


Gli replicarono: "Sei nato tutto intero nei peccati e osi insegnare a noi?". E lo cacciarono fuori.

Riassunti Gv 9 Vs 34 


RIASSUNTI Domenica-Lunedì.


Argomenti: L’intenzione di chi opera chiave per capire le opere. Capire e non modificare i segni. Tutto è sacro. Segni disuniti da Dio diventano realtà. Escludere ciò che non entra nella nostra verità: pietra angolare. L’interno dominato dalle tenebre esteriori. “Dentro”: passare dal segno al significato. Solo col pensiero di Dio si passa dal segno al significato. Dall’intenzione ai segni, non viceversa. Le parole insopportabili di Dio. Rapporto creazione-Dio. Posseduti dal demonio. Maestro della verità monopilizzata: impossibilità d’imparare. I segni in paradiso.

 

Il linguaggio dei corpi e il linguaggio di Dio. Il Cielo si fa terra. Accogliere i segni. Il dubbio sulle scelte secondo Dio. Motivati da Dio.


                                                                                                                                                    

13/Novembre/1988 Casa di preghiera Fossano.