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Mai e poi mai si è sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.

Gv 9 Vs 32  Primo tema.


Titolo: I limiti dell'uomo e il loro significato.


Argomenti: I limiti dello spazio. Il limite del tempo. Il limite della natura. Il limite delle scienze. Il significato dei limiti. Scoprire l'Assoluto, non farlo. L'Assoluto è fine ed è mezzo.


 

28/Agosto/1988 Casa di preghiera Fossano.


Passiamo al versetto 32 del capitolo nono di San Giovanni, dove troviamo quell'uomo cieco dalla nascita, guarito da Gesù che dice ai capi dei farisei: "Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato".

In questa enunciazione: "Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato", si dichiara già una situazione di limite da parte degli uomini.

L'uomo non può dare la luce a un cieco nato.

E se teniamo presente che ogni uomo nello spirito è un cieco nato, poiché fintanto che non trova Dio, l'uomo esperimenta la notte, le tenebre, il mistero, questo ci fa pensare che l'uomo non può dare la luce, ma non può nemmeno darsi la luce.

Il tema di oggi è proprio questo: i limiti dell'uomo e il significato di essi.

La volta precedente ci siamo soffermati sul significato di quel grande segno di cui parla l'Apocalisse nel capitolo 12: "Vidi  un grande segno nel cielo: una donna incinta vestita di sole".

E poi si annuncia che era nelle doglie del parto e gridava.

Abbiamo detto che questa donna rappresentava l'anello mancante sul cammino verso il concepimento dell'Assoluto.

Ogni uomo è una passione di Assoluto e proprio perché è passione di Assoluto, è fatto per concepire l'Assoluto.

E abbiamo visto il processo pedagogico, educativo da parte di Dio per insegnare all'uomo come si giunge a concepire l'Assoluto.

La prima lezione è quella di come si concepiscono le creature in terra, per dire a noi che si concepisce sempre con l'aiuto dell'altro, sempre per mezzo dell'altro.

Proiettato nel Fine che deve stare a cuore a ogni uomo, perché questa è l'unica cosa necessaria, questo segno ha il significato di dire che l'Assoluto si concepisce solo per mezzo dell'Assoluto.

Secondo: abbiano poi la lezione di controprova dell'uomo che da solo fa esperienza del niente, e anche quest'esperienza del niente ha un significato, perché tutto è positivo, ha il significato di far capire all'uomo che l'Assoluto si concepisce solo per mezzo dell'Assoluto.

Per cui l'uomo che non è Assoluto ma porta in sé la passione dell'Assoluto, da solo concepisce niente e fa l'esperienza del niente, come già dice il Vangelo nel prologo: "Senza di Lui è fatto niente tutto quello che è fatto", e Gesù dice: "Senza di Me non potete fare niente".

Qui noi dobbiamo chiederci qual è il significato, (hanno un significato in quanto sono opere di Dio), delle creature, degli avvenimenti, di tutto il mondo esterno, di tutto quello che troviamo nel mondo esterno, comprese le istituzioni, le regole.

Gli uomini generalmente, proprio perché pressati dalla passione di Assoluto, tendono a fare Assoluto ciò cui si applicano e quindi proiettano questa passione di Assoluto sul mondo esterno.

È una delle prime esperienze che gli uomini fanno sono i limiti, le impotenze, i muri.

Abbiamo i limiti prima di tutto dello spazio.

Una delle prime esperienze di limiti viene data dallo spazio, per cui l'uomo si trova nell'universo e subito si accorge che non può raggiungerlo: gli spazi infiniti spaventano, impressionano, sono irraggiungibili.

Certamente l'uomo non potrà mai giungere a quelle distanze enormi che si annunciano a lui.

Le distanze enormi si annunciano: decine di anni luce, centinaia di anni luce, migliaia di anni luce, milioni di anni luce, miliardi di anni luce.

Basta confrontare queste immense distanze con la breve vita dell'uomo, al massimo cento anni, per capire che assolutamente l'uomo non potrà mai raggiungere queste distanze.

Le distanze che superano i cento anni luce certamente l'uomo non potrà mai raggiungerle.

Già questo è un muro, questo è un limite.

Poi abbiamo il grande limite del tempo che l'uomo esperimenta.

Il tempo passa in modo irreversibile, l'uomo non può fermarlo, non può soprattutto recuperare il passato pur volendolo.

Quante volte l'uomo sogna di recuperare qualche cosa del suo passato, qualche creatura, qualche incontro, qualche esperienza.

Eppure si accorge di questo limite, di questa impotenza: l'uomo non può fermare il tempo, non può recuperare quello che è passato.

Abbiamo un altro grande limite: il limite della natura che gli uomini soprattutto oggi stanno terribilmente esperimentando.

L'uomo non può agire impunemente sulla natura.

Ora, siccome l'uomo in tutto ciò che opera, in tutto ciò che fa, tende a soddisfare questa passione di Assoluto, l'uomo fa esperienza di questo grande limite:  la sua azione riflettendosi sulla natura a un certo momento gli contraddice la vita, gli impedisce la vita.

L'uomo non può sfruttare la natura all'infinito come vorrebbe, non può affermare se stesso sulla natura, perché la natura si rivale su di lui, gli impedisce la vita.

Abbiamo ancora il grande limite delle scienze: il limite che tutti gli uomini che tendono a cercare la verità nel mondo esterno a un certo momento esperimentano: il muro delle scienze.

Si va avanti fino a un certo punto, poi al di là non si può andare.

Perché?

Perché a un certo momento l'uomo scopre di non poter più separare l'azione che lui fa, dall'oggetto che sperimenta, per cui viene a trovarsi di fronte alla sua stessa azione, e qui abbiamo un muro: non può più andare avanti, perché è lui stesso che opera (o che altera?) il fenomeno che egli vuole esperimentare.

Quante sono le esperienze dei limiti che gli uomini fanno, che ogni uomo fa!

E dobbiamo chiederci il significato di essi, poiché se l'uomo fa queste esperienze è Dio che fa subire all'uomo queste esperienze, e quindi ci deve essere un significato, un significato nel Fine per cui Dio crea l'uomo.

Perché tutta l'opera di Dio è educatrice, per condurre l'uomo al suo Fine, il quale Fine è concepire l'Assoluto, conoscere l'Assoluto.

Conoscere Dio è vita eterna per l'uomo.

Dio ha creato l'uomo per la vita eterna e vuole che giunga alla vita eterna, e la vita eterna sta nel conoscere la Verità.

Ed è proprio per condurlo a conoscere la Verità che Dio fa esperimentare all'uomo i muri, i limiti oltre i quali lui non può andare.

Dobbiamo chiederci il significato di questo.

Il significato è che Dio dice all'uomo che la Verità, l'Assoluto, non si trovano nel mondo esterno.

Già qui noi possiamo capire che tutte le scienze sono condannate al fallimento, si autocondannano al fallimento, poiché la scienza ha come oggetto quello che l'uomo può esperimentare e tutto ciò che l'uomo può esperimentare appartiene al mondo esterno.

Ma la Verità non si può trovare nel mondo esterno: l'Assoluto non si può trovare nel mondo esterno.

L'uomo che cerca la Verità nel mondo esterno, la cerca con una passione di Assoluto e proprio perché l'uomo è questo campo di Assoluto, la proiezione del muro, del limite, dell'impotenza in questo campo di Assoluto che cosa crea in lui?

Perché, o quest'esperienza di limite, d’impotenza tende a deluderlo e a dirgli: la Verità non c'è, è inutile che tu ti sforzi di cercare la Verità, non si può giungere a conoscerla, l'Assoluto è un sogno degli uomini, l'Assoluto non c'è, oppure...

Dico questa può essere una deduzione da parte dell'uomo di fronte a queste esperienze di limiti, d’impotenza che egli è costretto subire tutte le volte che tende a cercare la verità nel mondo esterno, come fanno le scienze, oppure ogni volta che tende a fare la verità nel mondo esterno come fa tutta l'opera dell'uomo.

Perché l'uomo in quanto è dominato dalla passione di Assoluto, tende a far Assoluto tutto ciò su cui lui si applica e abbiamo tutto il lavoro dell'uomo, tutta l'industria dell'uomo che è quella di tendere a trasformare, a fare, a operare l'Assoluto là, dove l'Assoluto non c'è.

Tutta l'industria è trasformazione: si tende a trasformare in bene per l'uomo: bene è quello che risponde al bisogno dell'uomo, il bisogno è bisogno di Assoluto, quindi si tende a trasformare in Assoluto.

Ora, i limiti che l'uomo esperimenta fanno toccare all'uomo che la Verità non esiste nel mondo esterno, e che la Verità non è oggetto del fare dell'uomo.

La Verità esiste di per sé, l'Assoluto non è ciò che l'uomo deve fare: l'uomo non può trasformare in Assoluto ciò che Assoluto non è e lo tocca con mano e quanto lo esperimenta!

L'uomo non può far Assoluto ciò che non è Assoluto.

Ma se non può far Assoluto ciò che Assoluto non è, e lui è passione di Assoluto, allora quest’Assoluto non è soggetto al fare dell'uomo, è soggetto di scoperta dell'uomo.

L'uomo non deve fare l'Assoluto, anzi deve alzare le mani e guardarsi bene dal tendere a far Assoluto quello che Assoluto non è ma, deve preoccuparsi di scoprire l'Assoluto, perché l'Assoluto c'è già, proprio perché Assoluto.

Proprio perché Assoluto è trascendente l'uomo, quindi esiste indipendentemente dall'uomo, trascende lo spazio, trascende l'universo, trascende il tempo, trascende tutto, quindi c'è già.

L'uomo deve preoccuparsi di scoprire quest’Assoluto.

Soltanto scoprendo, quindi concependo che cosa è l'Assoluto, l'uomo si rende conto che deve cessare di cercare di fare l'Assoluto nel mondo esterno, perché l'Assoluto non può trovarsi nel mondo esterno.

L'Assoluto è dentro l'uomo.

La Verità abita dentro l'uomo.

Quindi il significato di tutti questi limiti, che l'uomo esperimenta in un campo di Assoluto quale lui è, diventa un'istanza dell'uomo del campo in cui l'Assoluto esiste, in cui l'Assoluto si può trovare, quindi diventa un'istanza all'interiorità: la Verità abita dentro l'uomo.

Ma se questo è vero e di questo noi ci rendiamo veramente conto, dobbiamo smettere di cercare, di invocare o di pretendere di trasformare in Assoluto quello che appartiene al mondo esterno.

Il significato dei limiti si trasformi in un'istanza dell'uomo verso quell'interiorità, verso l'anima in cui l'Assoluto è.

A un certo momento scopriamo che tutta l'umanità diventa un'istanza di Maria, tutta l'umanità invoca Maria perché Maria non ha cercato la Verità fuori, Maria non ha concepito l'Assoluto fuori, non ha concepito per mezzo delle creature, non ha concepito nemmeno per mezzo dell'angelo.

Maria ha concepito l'Assoluto soltanto per mezzo dello Spirito di Dio, cioè soltanto per mezzo dell'Assoluto.

Maria portava già in sé l'Assoluto: "piena di grazia".

Attraverso tutte le esperienze dei limiti che gli uomini fanno, proprio questi limiti si trasformano in loro stessi in istanza della Vergine, istanza di quel segno dell'Apocalisse nel quale soltanto c'è il concepimento, la gestazione, la nascita dell'Assoluto in noi.

L'uomo è stato creato per concepire l'Assoluto.

A questo punto noi scopriamo questo: che Dio, la Verità, l'Assoluto, non è soltanto nostro Fine ma è anche il Mezzo per arrivare a questo Fine.

Se noi non prendiamo questo mezzo, ce lo possiamo sognare di arrivare a concepire l'Assoluto, perché noi abbiamo la Vergine qui che ci condanna, perché abbiamo visto che il segno dell'Apocalisse, di questa Vergine nel cielo vestita di sole, è per farci capire come si concepisce l'Assoluto, è per farci capire che l'Assoluto si concepisce soltanto per mezzo del Pensiero di Dio, del Pensiero dell'Assoluto.

E se si concepisce soltanto per mezzo di questo, l'Assoluto stesso non è solo fine ma, è anche il mezzo per arrivarvi.

Ma allora a questo punto un'altra domanda sorge: a che cosa servono tutte le creature?

E poi ancora un altro paradosso: perché se togliamo tutte le creature, se togliamo tutto ciò che non è Assoluto, se togliamo tutto ciò che non è Dio, tutte le creature, tutte le istituzioni, tutte le regole, tutto, l'uomo resta solo?

Ora ci troviamo di fronte a questo paradosso: l'uomo da solo concepisce niente, eppure se l'uomo vuole conoscere l'Assoluto deve concepirlo da solo, da solo!

Maria era sola.

Però i due "soli" sono molto diversi!

Abbiamo visto che tutti i limiti che l'uomo esperimenta nel mondo esterno (lo spazio, il tempo, la natura, le scienze), hanno lo scopo di convincere l'uomo che l'Assoluto si trova solo per mezzo dell'Assoluto.

Questo è lo scopo di tutta la creazione, di tutte le istituzioni, di tutte le regole, far capire all'uomo che l'Assoluto si concepisce solo per mezzo dell'Assoluto.

Ma quando tutte le cose hanno detto questo, cioè hanno detto: "Uomo non siamo quello che tu cerchi, noi non ti possiamo dare quello che cerchi, non c'è nessuna creatura, nessuna istituzione, nessuna regola per quanto santa sia, non c'è nessuna legge che possa darti quello che tu uomo cerchi".

L'uomo cerca l'Assoluto, quando tutte le cose hanno detto questo, non possono dire altro.

L'Assoluto si trova solo per mezzo dell'Assoluto: Dio si trova solo per mezzo di Dio.

E se trova solo per mezzo di Dio, tutti gli altri mezzi sono esclusi.

Tutti gli altri mezzi servono per far capire all'uomo che l'Assoluto si trova solo per mezzo dell'Assoluto, quindi solo in questa solitudine: la solitudine di Maria.

Ma è una solitudine non dell'uomo solo, ma dell'uomo che ha capito questo, cioè dell'uomo che ha capito che l'Assoluto si trova solo per mezzo dell'Assoluto, cioè dell'uomo che s’impegna a tu per tu con Dio e solo con Dio.

Perché l'anima nostra concepisce l'Assoluto soltanto direttamente, senza più interposta nessuna creatura, nessuna legge, nessuna parola, nessun segno, nessuna istituzione.

Concepisce l'Assoluto soltanto in quanto s’impegna a tu per tu, direttamente con Assoluto.


 


Mai e poi mai si è sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.

Gv 9 Vs 32  Secondo tema.


Titolo: La Luce, sigillo del divino.


Argomenti: I tre segni dell'Apocalisse. Nessuna creatura può dare la Luce. La luce è data dalla presenza. L'uomo ha già concepito l'Assoluto. La distrazione.


 

4/Settembre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel versetto 32 in cui viene detto: "Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato".

Domenica scorsa soffermandoci su questo versetto, abbiamo riflettuto sul significato dei limiti: in questo versetto si dice che nessun uomo può aprire gli occhi a un cieco nato, è uno dei limiti che ogni uomo esperimenta nella sua vita.

Abbiamo detto che l'uomo vivendo si accorge della sua impotenza.

Uno dei limiti più grandi e l'incapacità dell'uomo a fermare il tempo che passa.

L'uomo non può recuperare ciò che è passato, non può andare oltre i limiti della sua vita negli spazi immensi dell'universo.

Uno dei limiti è quello della luce: l'uomo è un cieco nato, ogni uomo è un cieco nato, subisce il limite del mistero.

Per lui tutto è mistero.

Il senso della vita, il perché delle cose, l'universo stesso, il nascere e il morire, tutto è carico di mistero.

Questo è un limite grande che ogni uomo subisce.

Essendo cieco non ha la possibilità né di dare la luce né di darsi la luce.

Abbiamo visto il significato di questi limiti perché se l'uomo non può dare la luce, né può darsi la luce, non è che non sia fatto per la luce, l'uomo sente il bisogno della luce.

L'uomo è un bisogno di Assoluto, è un bisogno di Verità, è un bisogno di capire e soffre a non capire, soffre a dover assistere a degli avvenimenti, ai fatti, al passare stesso della sua vita senza poterne capire il significato.

Abbiamo però anche detto che se l'uomo sente un problema è perché ha la possibilità di risolverlo, altrimenti non lo sentirebbe.

Quindi se l'uomo avverte un problema, è perché è chiamato, è vocato, è destinato alla soluzione di esso.

Se l'uomo sente il problema della luce, sente il bisogno della luce è perché porta in sé una promessa grande: la promessa di Colui che l'ha creato.

L'uomo non se lo è posto da solo questo bisogno di luce, eppure patisce e se patisce, vuol dire che sente questo bisogno.

L'uomo patisce di dover camminare nella notte, di dover subire le tenebre, di non capire.

Proprio questo è il segno del suo destino, della sua vocazione.

L'uomo non si è fatto da solo.

Colui che l'ha fatto ha posto in lui questo bisogno e se l'ha posto vuol dire che l'ha destinato a trovare la luce.

L'uomo è fatto per la luce e non deve disprezzare questo suo destino, perché proprio in questo si distingue, si caratterizza da tutte le altre creature.

La caratteristica dell'uomo è proprio questa: il bisogno di capire, il bisogno della luce.

Gesù stesso dice che la vita eterna sta nel conoscere, e la liberazione dell'uomo da tutte le sue schiavitù sta nel conoscere: "Conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi".

E dice che la vita vera, quindi eterna, sta nel conoscere Dio.

La salvezza sta nel conoscere Dio, sta nel conoscere la Verità.

Ecco perché gli uomini sono tanto tristi, perché non si preoccupano del loro destino, sono stati creati per conoscere la Verità, ma chi si preoccupa di conoscere la Verità?

Tutti corrono per guadagnare le gare del mondo, tutti corrono per accumulare ricchezze, per farsi delle carriere, per salvare la figura davanti agli altri, l'onore eccetera.

Chi si preoccupa di conoscere la Verità?

Tutti si preoccupano di avere il piatto di lenticchie ma, chi si preoccupa di ciò per cui è stato creato?

Abbiamo detto che il significato di questi limiti che l'uomo esperimenta, sta in questo: l'uomo è destinato concepire l'Assoluto e l'Assoluto si può concepire soltanto per mezzo dell'Assoluto.

Per cui domenica scorsa abbiamo concluso dicendo che l'Assoluto, la Verità, Dio, l'infinito non è soltanto fine dell'uomo ma è anche mezzo, mezzo per arrivare a conoscere l'infinito.

L'infinito è il mezzo per arrivare a conoscere l'infinito.

L'Assoluto è il mezzo per arrivare a conoscere l'Assoluto.

Ora però dicendo che l'Assoluto è il mezzo abbiamo visto che tutto ciò che non è Assoluto scade, non serve più.

Ѐ servito per farci scoprire che l'Assoluto è mezzo per arrivare a conoscere l'Assoluto ma basta, non può dire altro, non può fare altro.

L'Assoluto si conosce soltanto per mezzo dell'Assoluto e richiede quindi questo impegno, questa dedizione e quando la Luce di Dio ci fa capire questo, richiede da parte nostra il superamento di tutto ciò che non è Assoluto, il silenzio di tutta la creazione in noi per poterci occupare di Dio, per poterci occupare dell'Assoluto.

Perché l'Assoluto si trova soltanto per mezzo dell'Assoluto.

A questo punto noi abbiamo la possibilità di capire tre grandi segni dell'Apocalisse cui abbiamo già accennato.

Primo: la donna incinta vestita di sole, nel cielo.

A questo punto possiamo capire che questo segno rappresenta la nostra anima, la nostra anima che, noi lo sappiamo o non lo sappiamo, è incinta di Dio e tutta la nostra fatica di vivere sta nel giungere a dare alla luce ciò che la nostra anima ha concepito, porta in sé.

La tribolazione della vita è una gestazione, in attesa di dare alla luce quello che portiamo già dentro di noi.

Il secondo segno dell'Apocalisse e la mezz'ora di silenzio su tutto l'universo prima della rivelazione dell'Assoluto, prima della manifestazione di Dio, segno di questo silenzio di tutto ciò che non è Dio: condizione per arrivare alla Luce di Dio, a vedere Dio, a conoscere Dio.

Il terzo segno è quello della Gerusalemme celeste che discende da Dio, dalla città di Dio, qui si dice che nella città di Dio non c'è bisogno né di sole, né di Tempio, perché sole e tempio sono Dio.

Questi tre segni dell'Apocalisse, poiché l'Apocalisse significa le tappe della nostra vita interiore verso la conoscenza di Dio, rappresentano incontri, scoperte, segni, prese di coscienza di realtà del nostro cammino che dobbiamo vivere, che si devono realizzare in noi per giungere a questo Fine, a questa Luce.

Poiché qui si dice che: "Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato".

A questo punto abbiamo la possibilità di capire il significato di questo, perché se l'Assoluto si conosce soltanto per mezzo dell'Assoluto, non c'è nessun uomo, nessuna creatura che possa darci l'Assoluto: "Mai e poi mai qualcuno ha aperto gli occhi a un cieco nato".

Non possiamo noi, ciechi nati, ricevere la luce da una creatura, né possiamo dare la luce a una creatura.

E troviamo quindi la conferma di quello che dice il Signore: "Non date a nessuno il nome di maestro", perché tutti gli uomini, tutte le anime saranno ammaestrate da Dio.

Abbiamo visto che questo futuro "saranno", poiché presso Dio non c'è futuro ma tutto è presente, questo futuro rappresenta un momento per noi, il momento in cui noi ci rendiamo conto, prendiamo coscienza che tutti gli uomini non sono ammaestrati dagli uomini ma, sono ammaestrati da Dio.

Tutte le anime, anche le nostre anime, non sono ammaestrate dagli uomini, non c'è uomo che possa fare da maestro all'uomo, perché Dio solo è il vero Maestro di ogni uomo, di quest'esigenza di Luce e di Luce di Verità.

Gli uomini insegnano in continuazione, fanno da maestri, dicono tante parole ma dicono niente.

Tutto il parlare degli uomini è solo un fare rumore, non si dice niente a quell'anima che ha bisogno di Assoluto, che ha bisogno di Verità.

Si leggono i giornali, si sentono radio, si vedono televisioni, si sentono parole, discorsi a destra manca, però tutti si accorgono che nessuno risponde al bisogno dell'anima.

La nostra anima ha bisogno di Assoluto, ha bisogno di Verità, ha bisogno di Dio.

La nostra anima ha bisogno di toccare Dio.

Tutti gli uomini sono malati perché non toccano niente di Dio, sono malati perché sentono solo parlare di cose che non fanno luce su Dio.

A questo punto noi possiamo capire perché: " Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato", non c'è nessuno che possa illuminare la cecità che ci portiamo addosso.

Perché?

Perché solo Dio può dare la Luce alla nostra anima.

Ma se è solo Dio che può dare la luce alla nostra anima, è necessario che un certo momento cessiamo di essere scemi da rivolgerci in continuazione a destra a sinistra, perché non c'è nessuno che possa darci ciò di cui veramente abbiamo bisogno.

E questo dobbiamo capirlo.

Cos'è questa Luce che illumina l'anima di cui tutti hanno bisogno?

La luce è data dalla presenza: gli uomini hanno bisogno di presenza.

Gli uomini sono una passione di presenza.

Ѐ proprio quando l'uomo esperimenta l'assenza che esperimenta le tenebre, la notte.

Ci sono tante presenze: l'uomo è inondato di presenze: tutte le creature sono delle presenze ma, sono presenze che mutano, muoiono, passano e tutto ciò che muta, passa a un certo momento non è più presente, delude.

E quando una cosa muta, passa o muore, noi moriamo con essa se non troviamo un'altra presenza.

La luce di cui l'uomo ha bisogno è la presenza.

Però l'uomo esperimenta che lui non può darsi nessuna presenza.

Quando una cosa è passata, lui nel modo più assoluto non la può più recuperare: la può sognare, si può portare dietro tutte le fotografie di questo mondo, tutti i ricordi di colui che è passato, però la presenza non c'è più.

L'uomo è un essere che patisce la mancanza di una presenza, però non può darsela, da solo.

Un uomo da solo o si spara o si butta giù dalla finestra, perché l'uomo vive di una presenza, di un tu: l'uomo è fatto da un tu.

Vive in quanto ha presente un altro, però lui non può darsela questa presenza.

L'abbiamo detto molte volte: nessuno per quanto desideri di essere chiamato al telefono, fa suonare con il suo desiderio il telefono.

È necessario che ci sia qualcuno che lo chiami e noi con tutta la nostra fame non creiamo nemmeno un pezzettino di pane.

Questo ci fa capire che le presenze non sono opera dell'uomo, sono opera di Dio Creatore.

L'uomo porta con sé il bisogno della presenza, è un bisogno: ciò che risponde a questo bisogno l'uomo non se lo può dare ma, solo Dio Creatore manda le presenze.

Dio per sostenerci nella vita ce le manda queste presenze, poiché noi partiamo dal nulla, dal niente, per giungere all'Assoluto e l'Assoluto è ancora una presenza, una Presenza eterna: qui abbiamo la vera Luce: una Presenza che non muta più.

Questa Presenza la portiamo già adesso in noi, però non lo sappiamo e proprio perché non lo sappiamo, noi andiamo a cercare a destra e a sinistra presso tutte le creature che incontriamo e a tutte noi chiediamo: "Sei forse tu questa Presenza?".

Dio per sostenerci nella nostra povertà, crea delle presenze attorno a noi: tutta la creazione è una presenza.

La creazione è fatta nella luce, appunto perché la luce è una presenza, però tutta la creazione e tutte le creature non sono la Presenza.

Tutte le creature sono soggette al tempo e in quanto sono soggette al tempo, tutte nascono e muoiono, tutte mutano, tutte passano e questa non è più presenza, per cui noi esperimentiamo la presenza delle creature per un certo tratto di cammino e poi, queste creature se ne vanno.

Ci salutano, muoiono, ci deludono, comunque se ne vanno e noi non le vediamo più presenti e per quanto noi ci sforziamo di pensarle o di lavorare di fantasia, la loro presenza non l'abbiamo più.

Noi abbiamo tutte queste presenze, opera della creazione di Dio, non opera nostra, che incontriamo nella nostra vita, date a noi indipendentemente da noi: noi le incontriamo, sappiamo di vederle, di toccare, di abbracciarle, parliamo loro e loro ci rispondono e noi non sappiamo come tutto ciò avvenga: arriva a noi senza di noi.

Noi esperimentiamo delle presenze che arrivano a noi senza di noi e poi ci sono delle Presenze invece che non sono date a noi senza di noi.

Le Presenze quelle che restano per sempre e soprattutto la Presenza di Dio, non sono date a noi senza di noi.

Tutte le presenze che sono date a noi senza di noi (la creazione, tutte le creature) sono soltanto un segno di quelle altre Presenze e di quell'altra Presenza che non può essere data a noi senza di noi.

Ora succede questo: che tutte le presenze che sono date a noi senza di noi passano: noi non le recuperiamo più, non possiamo recuperare quello che è passato, non lo recuperiamo più perché tali presenze sono un segno.

All'ultimo noi restiamo soltanto con quelle presenze che non sono date a noi senza di noi.

Il che vuol dire che possiamo non averle perché se non sono date a noi senza di noi, vuol dire che se noi non ci dedichiamo a esse per trovarle, per scoprirle, tutte le presenze che sono date a noi senza di noi le avremo perdute.

Quelle Presenza che non possono essere data noi senza di noi, non le avremo e noi restiamo col vuoto: resteremo con la nostra passione, con il nostro bisogno di luce, con il nostro bisogno di presenza ma semplicemente con il nostro bisogno senza poterlo esaudire: un bisogno che sprofonda in un abisso vuoto, che non tocca niente, che non può toccare niente.

L'uomo deve capire: proprio per i limiti che porta con sé, che la presenza dell'Assoluto, la vera presenza, si raggiunge soltanto per mezzo dell'Assoluto.

Sapendo questo deve superare tutto ciò che non è Assoluto.

Ma se deve superare tutto ciò che non è Assoluto, vuol dire che lui sa tutto ciò che non è Assoluto.

Ma se sa ciò che non è Assoluto, allora questo è segno che lui sa ciò che è Assoluto, perché se non sapesse ciò che è Assoluto, non potrebbe riconoscere quello che non è Assoluto.

La condizione per trovare la Presenza vera, quella che non muta, quella che trascende tutto, e non è condizionata da niente e se non è condizionata rimane per sempre è quella di superare tutto ciò che non è Assoluto.

L'uomo per giungere a conoscere, trovare, a esperimentare, vedere questa Presenza di cui ha fame, questa Luce cui è destinato e in cui è tutta la sua vita, perché la vita è nella presenza, se l'uomo è creato per questo Essere, per giungere a questo deve superare tutto ciò che non è Assoluto.

Vuol dire che lui ha la possibilità di distinguere, di capire quello che non è Assoluto, per evitare l'illusione.

L'uomo sa ciò che non è Assoluto, sa che tutte le creature nascono e muoiono, sa che sono soggette al tempo, al mutamento.

Se l'uomo capisce questo, lo sa, vuol dire che sa l'Assoluto.

Perché non capirebbe ciò che non è Assoluto se non avesse presente l'Assoluto.

Ma se l'uomo sa l'Assoluto, allora l'ha già concepito, concepire vuol dire sapere.

L'uomo sa l'Assoluto, allora l'ha già concepito.

Concepire vuol dire sapere.

L'uomo sa l'Assoluto perché se non lo sapesse, non potrebbe riconoscere quello che non è Assoluto.

L'uomo l'Assoluto lo porta in sé.

Ma allora se lo sa, qui c'è una responsabilità da parte dell'uomo: l'uomo sa che cosa è l'Assoluto.

La sua anima che è fatta per concepire l'Assoluto, l’ha già concepito: lo porta già in sé.

Ma allora perché, ci chiediamo, gli uomini cercano l'Assoluto se lo sanno?

Gli uomini sono distratti non sono capaci a restare in quello che sanno.

L'uomo vede, capisce, sa: ma dimentica.

E dimentica perché?

Perché si ferma alle creature, si ferma ai segni, si ferma ai suoi sentimenti e non riporta ogni cosa nel suo Principio, in quel Principio che egli sa.

Il tema di oggi, abbiamo detto è la Luce sigillo del divino.

La luce è presenza.

L'uomo non può darsi nessuna presenza: subisce le presenze, non trova la Presenza vera senza la sua dedizione, però l'uomo sa l'Assoluto.

La Luce dell'uomo ha il sigillo del divino, della Presenza del divino.

Fintanto che l'uomo non si rivolge al divino personalmente, direttamente, non prende coscienza di ciò che sa, ma lui lo sa già, perché lo porta già in sé, abbiamo detto è incinto, lo porta in sé.

Tutto l'errore dell'uomo, sta nel fatto che non prende coscienza di ciò che sa e non prende coscienza di ciò che sa perché non si raccoglie in ciò che sa, in ciò che porta già in sé.



Mai e poi mai si è sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.

Gv 9 Vs 32  Terzo tema.


Titolo: Il Padre della Luce.


Argomenti: La sofferenza dell'uomo per la sua passione d'Assoluto.      L'uomo conosce l'Assoluto.  La distrazione.

Esaudire il Desiderio di Dio. Al compimento manca la nostra intenzione.


 

11/Settembre/1988 Casa di preghiera Fossano.


Restiamo ancora in questo versetto 32 del capitolo nono di San Giovanni: "Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato".

Abbiamo già visto, proprio soffermandoci su questo versetto, la lezione che deriva dal significato dei limiti in cui si trova l'uomo, uno di questi limiti è proprio questo: "Mai e poi mai si è inteso dire che qualcuno abbia aperto gli occhi a un cieco nato".

I limiti fanno toccare con mano all'uomo la sua impotenza, la sua incapacità e creano uno stato di sofferenza nell'uomo: incapacità a risolvere problemi che egli sente.

Uno di questi problemi è la luce, il bisogno della luce.

Eppure mentre sente questo problema, l'uomo sente altrettanto la difficoltà e la sua impotenza ad approdare alla luce.

Perché tutti questi limiti che l'uomo esperimenta, li esperimenta in un campo di Assoluto.

L'uomo si può definire un campo di Assoluto.

L'uomo è fatto per l'Assoluto e subisce la passione d'Assoluto e tende all'Assoluto in tutto, è un campo d'Assoluto.

E proiettare in questo campo di Assoluto, cose finite, cose relative, cose che passano, è creare uno stato di tensione, di sofferenza.

Eppure anche questo ha un significato perché tutto è opera di Dio e le opere di Dio sono sempre cariche di significato e di significato positivo.

Non c'è nulla, né di ciò che esiste, né di ciò che accade in alto o in basso, in grande o in piccolo, in gioia o in pena, non c'è nulla che non sia carico di significato e significato personale per noi.

Per cui nulla dobbiamo disprezzare sapendo che in tutto c'è una Parola di Dio.

E bisogna tenere a questo significato poiché se il Signore ci fa sentire che in tutto c'è una sua Parola per noi, é per invitarci a questo.

Stavamo cercando il significato di questi limiti che ogni uomo esperimenta.

Uno di questi limiti è tempo che passa in modo irreversibile, per cui non si può recuperare quello che è passato.

Cercando il significato di questi limiti, siamo approdati al fatto che tutto tende a farci capire che l'Assoluto di cui noi patiamo la passione, si trova soltanto per mezzo dell'Assoluto.

E noi domenica scorsa proprio riflettendo su questo fatto, cioè riflettendo su come mai l'uomo non trovi l'Assoluto in tutto ciò che cerca, abbiamo capito che l'uomo non vedrebbe ciò che non è Assoluto, se non conoscesse già ciò che è Assoluto.

Per cui pensando all'Assoluto, siamo giunti a esperimentare che l'Assoluto è già in noi, è già concepito in noi, perché se noi non avessimo presente l'Assoluto, meglio se noi non sapessimo che cosa è l'Assoluto, certamente non vedremmo ciò che non è Assoluto.

Ma noi ciò che non è Assoluto lo vediamo, certamente.

Tant'è vero che siamo insoddisfatti di tutto ciò che vediamo, di tutto ciò che tocchiamo, di tutto ciò che esperimentiamo.

Ma vedendo ciò che non è Assoluto, abbiamo la prova che sappiamo già ciò che è l'Assoluto.

Allora quello che si diceva che si giunge concepire l'Assoluto solo per mezzo dell'Assoluto, adesso qui ci ha dato la dimostrazione di sé.

Noi pensando all'Assoluto, meditando sull'Assoluto, proprio per mezzo di questo Pensiero dell'Assoluto cosa abbiamo trovato?

Cosa Dio ci ha fatto trovare?

Ci ha fatto trovare che l'Assoluto lo sappiamo già: lo sappiamo già, l'abbiamo già concepito, lo portiamo già concepito dentro di noi, è già in noi.

Siamo giunti a concepire l'Assoluto pensando all'Assoluto per mezzo dell'Assoluto e dico: abbiamo trovato che l'abbiamo già concepito.

Cercavamo di concepirlo e scopriamo che l'abbiamo già concepito.

Infatti, l'Assoluto non è una cosa nuova, l'Assoluto è una cosa che è già, appunto perché è Assoluto.

L'Assoluto non è un fatto che avviene nel tempo, e se noi troviamo che cos'è l'Assoluto, costatiamo proprio che l'Assoluto non è una novità che arriva nel tempo.

Ѐ una novità per noi, che dobbiamo passare dal tempo a ciò che non è nel tempo, ma come scopriamo ciò che non è del tempo, noi scopriamo ciò che e già.

Domenica scorsa meditando, pensando all'Assoluto (quando si pensa a-, quello diventa mezzo per-) abbiamo concepito l'Assoluto e l'abbiamo concepito come Assoluto, cioè come ciò che è già concepito in noi.

Però se qualcuno dicesse noi: "Va bene, tu adesso sai che cos'è l'Assoluto, hai capito che cos'è l'Assoluto, hai capito che è in te, quindi devi sapere che cos'è, perché se tu non lo sapessi, non potresti vedere ciò che non è Assoluto" noi non sapremmo dire cosa è l'Assoluto.

Se qualcuno ci facesse vedere una pietra, non diremmo che la pietra è assoluta, se ci facesse vedere un albero, non diremmo che l'albero è Assoluto, se si facesse vedere un uomo, noi certamente non diremmo che l'uomo è Assoluto.

Per dire ciò che non è, vuol dire che ho presente ciò che è, altrimenti non potrei, lo confonderei.

Allora so che cos'è l'Assoluto, però se qualcuno mi chiedesse: "Allora tu sai che cos'è l'Assoluto, dimmelo", non ci accorgeremo che ci troveremmo in grande difficoltà.

Noi sappiamo che cos'è l'Assoluto e ne abbiamo la prova, ma non sappiamo dire che cosa è l'Assoluto.

Perché?

Allora succede che noi sappiamo e non sappiamo nello stesso tempo?

Sappiamo una cosa e non siamo coscienti di essa?

Sant'Agostino direbbe: ma che pasticcio è questo?

Eppure noi un giorno ci troveremo di fronte alla Verità e la Verità ci dirà: "Tu sapevi".

E noi di fronte alla Verità diremo: "Sì Signore io sapevo".

"E perché allora non hai fatto ciò che sapevi?".

Abbiamo detto che sappiamo però siamo distratti.

È la nostra distrazione che impedisce a noi di dire quello che è ciò che sappiamo.

Non sappiamo restare.

Ho detto che noi sappiamo e non siamo ancora coscienti di quello che sappiamo.

Essere coscienti vuol dire avere presente, fare esperienza della presenza di qualcosa.

Noi, nella nostra vita facciamo due tipi di esperienza di presenza.

Quando desideriamo una cosa, se la desideriamo, è perché non l'abbiamo.

Perché non l'abbiamo presente.

E noi diciamo che un desiderio viene esaudito quando si trova la presenza di ciò che noi desideriamo.

E se noi crediamo in Dio, quando il nostro desiderio (pensiero) è esaudito, diciamo: "Dio mi ha esaudito".

E cosa ti ha esaudito?

"Mi ha fatto trovare, mi ha fatto esperimentare la presenza di quello che io desideravo".

Io desideravo, avevo un desiderio, ma era solo desiderio, una passione di-, che non trovava però il suo esaudimento, cioè non trovava la presenza corrispondente a questo desiderio.

Noi siamo soddisfatti soltanto della presenza.

Noi siamo fatti per la presenza, siamo soddisfatti dalla presenza.

E siccome essenzialmente noi siamo una passione, passione di Assoluto, abbiamo detto: un campo di Assoluto quindi un campo di desiderio, soltanto quando si trova la presenza di ciò che risponde a questo desiderio, noi siamo soddisfatti e troviamo la pace.

Se crediamo in Dio diciamo: "Signore come sei buono".

Perché buono?

Perché mi hai conosciuto, perché avevo il desiderio e tu mi hai fatto trovare la presenza di ciò che corrisponde a questo desiderio.

Il mio desiderio è stato così esaudito e dico: "Signore sei buono".

Questa è la presenza, la presa di coscienza più comune che noi facciamo nella nostra vita.

È un'esperienza sentimentale.

Sentimentale perché?

Perché il nostro desiderio è stato soddisfatto.

Noi non siamo nella Verità, noi non abbiamo trovato la Verità.

Noi diciamo: "Sì, Signore sei buono".

Sei buono perché mi hai moltiplicato il pane, io ti voglio mio re.

Mio re, perché sei uno che provvedi, vedi i miei problemi, rispondi.

Tutto questo è relativo al mio desiderio, al mio bisogno.

Ma fintanto che le cose sono relative ai nostri desideri e ai nostri bisogni, certamente noi non siamo nel campo della Verità, la Verità è assoluta, è trascendente noi.

Abbiamo detto: noi nella nostra vita facciamo l'esperienza di due presenze, due tipi di presenza.

Il primo l'abbiamo visto ed è questo.

È attraverso la presenza che noi giungiamo a prendere coscienza di una cosa.

Ricordiamoci che noi sappiamo una cosa, di cui però difficilmente prendiamo coscienza: non prendiamo coscienza di quello che sappiamo.

L'altro tipo di esperienza di presenza è invece quella che deriva non dal nostro desiderio soddisfatto, ma dal soddisfare noi il Desiderio di Dio.

Questa è un'esperienza intellettuale, spirituale: qui entriamo nel campo della Verità.

Fintanto che Dio esaudisce un nostro desiderio noi, non entriamo nel campo della Verità.

Noi entriamo nel campo della Verità quando noi esaudiamo il Desiderio di Dio.

Ma dire esaudire il Desiderio di Dio, cosa significa?

Certo per parlare di Desiderio di Dio dobbiamo portarci nel Pensiero di Dio.

Fintanto che noi non pensiamo Dio, certamente non possiamo capire quale sia il Desiderio di Dio, perché il desiderio di un essere, il desiderio di una persona deriva da ciò che quella persona è.

E poi cosa vuol dire esaudire il Desiderio di Dio?

Esaudire vuol dire portare a compimento, realizzare, rendere presente.

Già!

Ma rendere presente cosa significa?

E soprattutto possiamo noi rendere presente qualche cosa?

Noi facciamo l'esperienza che non possiamo rendere presente assolutamente niente, perché chi rende presente è soltanto il Creatore.

La presenza è opera del Creatore.

Abbiamo visto, quando abbiamo parlato della luce che la luce è tale in quanto è presenza.

Noi facciamo esperienza delle tenebre perché esperimentiamo l'assenza.

Noi abbiamo un desiderio: la fame, il desiderio di pane, di mangiare eccetera.

Però con tutta la nostra fame noi non creiamo un pezzettino di pane.

Il pezzettino di pane è opera creatrice di Dio.

Così tutto ciò che è presente, tutto l'universo.

Noi facciamo esperienza della presenza di tutte le creature: creature che vanno e vengono.

E tutta un'opera creatrice di Dio continua.

In che cosa consiste quest'opera creatrice?

Consiste nel far arrivare davanti ai nostri occhi, davanti alle nostre orecchie, davanti ai nostri sensi, di far arrivare delle presenze per cui queste le vediamo, le tocchiamo, le sentiamo.

Sono presenze che arrivano noi.

Chi le fa arrivare?

Noi no, perché ci sorprendono: non sappiamo nemmeno che cosa siano, tant'è vero che noi esperimentiamo le presenze ma, non sappiamo che cosa sono, non ne capiamo il significato.

Allora è un Altro che le fa arrivare noi, quindi è un Altro che parla a noi, alla nostra coscienza, alla nostra anima, alla nostra intelligenza.

Tutta l'opera creatrice di Dio è questa manifestazione di presenza, di presenze però che arrivano a noi senza di noi e se ne vanno anche senza di noi.

Perché quando arrivano ci danno gioia e siamo attratti?

Che cosa c'è di nuovo?

Ci danno vita.

Restiamo con loro per un pezzo di strada (possono essere cinque minuti, possono essere cinquant'anni) ma poi se ne vanno e se ne vanno indipendentemente da noi.

Come sono arrivate indipendentemente da noi se ne vanno altrettanto indipendentemente da noi.

Tutta la creazione viene a noi senza di noi, tutta la creazione lascia noi senza di noi, con una differenza: quando arriva a noi senza di noi provoca gioia, quando se ne va senza di noi provoca tristezza, perché ormai non ci siamo affezionati a queste presenze, noi viviamo di presenze e quando Dio ci toglie una presenza, qui incomincia la sofferenza, la tristezza.

Dunque abbiamo tutto un mondo di presenze che arrivano noi non per opera nostra, quindi per opera di Dio Creatore e ci introducono nei grandi problemi della vita.

Ma poi abbiamo delle presenze, presenze increate, presenze assolute che ci vengono annunciate proprio dalle presenze dell'opera creatrice di Dio.

Ci vengono annunciate, ma non ci vengono date senza di noi.

E allora si richiede da parte nostra questo alzare gli occhi verso di esse, questo cercarle, questo invocarle, questo piangere, questo pregare, soprattutto quando queste presenze ci vengono tolte e noi ci sentiamo morire, perché da soli non siamo su e il vuoto ci spaventa e il niente diventa insopportabile.

Eppure tutto questo ha un significato ed è un significato per la nostra vita essenziale, per far maturare in noi il desiderio di quella presenza che non può essere data a noi senza di noi, nemmeno da Dio.

È proprio attraverso questa dedizione a Dio che si forma in noi nella consapevolezza dell'Intenzione, del Desiderio di Dio dell'esaudimento da parte nostra del Desiderio di Dio.

Perché soltanto in questo esaudimento, noi facciamo esperienza, quindi prendiamo coscienza di ciò che è l'Assoluto, di quell'Assoluto che sappiamo già, sappiamo che lo portiamo in noi, sappiamo anche di saperlo ma, di cui non siamo coscienti.

Cosa manca?

Manca Dio?

No, Dio è già.

Manca l'Assoluto?

No, abbiamo detto l'Assoluto è già concepito, l'abbiamo già concepito, lo portiamo in noi.

Cosa manca?

Manca la nostra intenzione, questa intenzione di portare a compimento il Desiderio di Dio.

Il Desiderio di Dio è il Pensiero di Dio.

Portarlo a compimento è realizzarlo, renderlo presente.

Ma noi non possiamo renderlo presente.

La presenza è solo opera di Dio.

E allora è soltanto attraverso Dio che noi possiamo portar a compimento il Desiderio di Dio, il Pensiero di Dio: solo attraverso Dio!

Quindi attraverso Dio noi possiamo realizzare quella Presenza che ci fa prendere coscienza di quello che già sappiamo e ci dà la possibilità di dire quello che sappiamo e di dire cosa è l'Assoluto.

Quando noi pensiamo Dio (abbiamo visto che tutta l'opera creatrice di Dio è per farci elevare la mente a Lui) pensiamo Dio con il Pensiero di Dio.

Cosa succede qui?

Succede che il Pensiero di Dio con cui noi pensiamo Dio (e non è il nostro pensiero perché è Pensiero di Dio, non è pensiero mio ma è Pensiero di Dio) essendo Pensiero di Dio, conosce Dio, conosce il Padre suo: il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio e il Figlio di Dio conosce il Padre e conoscendo il Padre conosce ciò che il Padre fa.

E il Padre genera il suo Pensiero, genera suo Figlio e dal Padre dal Figlio procede lo Spirito Santo che è Spirito di Presenza: Presenza del Padre del Figlio.

Dico: quando noi pensiamo Dio, questo Pensiero di Dio che conosce il Padre, assorbe il nostro pensiero in Lui, poiché il Pensiero di Dio è infinito e assorbe il nostro finito.

Noi nel nostro pensiero siamo finiti, ma quando pensiamo Dio, noi siamo fatti partecipi del Pensiero di Dio, perché abbiamo detto che noi pensiamo Dio col Pensiero di Dio e il Pensiero di Dio non è finito.

Il Pensiero di Dio è infinito, è Assoluto, ed essendo infinito ed essendo Assoluto assorbe nel suo infinito nel suo Assoluto il nostro pensiero e siccome il Pensiero di Dio conosce il Padre, se il nostro pensiero è assorbito dal Pensiero del Padre, noi siamo fatti partecipi della conoscenza del Padre per mezzo del Pensiero di Dio, per mezzo del Figlio.

E proprio dalla conoscenza del Padre (tema di oggi è: il Padre della Luce) che avviene nel Pensiero di Dio e per mezzo del Pensiero di Dio ("Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me") è proprio in questo Pensiero del Padre che viene data a noi la possibilità di prendere coscienza di che cosa è quest’Assoluto che portiamo in noi.

Noi in realtà siamo coscienti di una cosa sola: di ciò che portiamo nel nostro pensiero, di ciò che abbiamo come intenzione, di ciò che desideriamo, di ciò che abbiamo come fine, come nostro fine: questo stabilisce l'attualità.

Noi siamo coscienti, sappiamo magari tante cose, ma siamo coscienti di una cosa sola: di ciò che attualmente vogliamo, di ciò che attualmente abbiamo nella nostra intenzione, di ciò che attualmente desideriamo.

Questo l'abbiamo presente, di questo noi siamo coscienti.

Fintanto che in questa nostra intenzione, in questa nostra volontà, in questo nostro desiderio non si forma il Pensiero di Dio, per cui noi stessi vogliamo Dio, fintanto che in noi non si forma questo, in noi non matura questa presa di coscienza di questo Assoluto che capiamo e sappiamo che è in noi, che abbiamo già concepito.

Lo portiamo concepito in noi ma, non sappiamo dire che cosa è, e quindi non ne siamo coscienti perché abbiamo nella nostra intenzione altro da Dio.

È solo quando nella nostra intenzione c'è lo stesso Pensiero che è in Dio, è soltanto da quest’unità tra noi e Dio che si forma in noi la consapevolezza.

Certo, noi non potremmo pensare Dio se  Dio per primo non desse a noi il suo Pensiero: Dio ha dato a noi il  suo Pensiero e appunto dando a noi il suo Pensiero dà a noi la possibilità di averlo come nostro pensiero, dico se noi abbiamo come nostro pensiero il Pensiero di Dio, solo lì a questo punto, noi siamo coscienti di cos'è l'Assoluto in noi, che cos'è il Pensiero di Dio, perché il Pensiero di Dio siccome conosce il Padre, dalla conoscenza del Padre conosce se stesso come Pensiero del Padre.

È solo qui, quindi da noi che prendiamo coscienza, che maturiamo questa coscienza dell'Assoluto che si realizza quello che dice Gesù: "Se Io non me ne vado, non può venire in voi lo Spirito di Verità, (e questo Spirito di Verità che ci fa prendere coscienza della Verità) ma se me ne vado, ve lo manderò dal Padre".

Ci manderà dal Padre lo Spirito di Verità che è Spirito di Presenza dell'Assoluto in noi, che è quello che ci fa prendere coscienza di ciò che è l'Assoluto, dice Gesù: "Spirito che resterà sempre con voi".



Mai e poi mai si è sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato.

Riassunti Gv 9 Vs 32 


RIASSUNTI Domenica – Lunedì.


Argomenti: I limiti di spazio, tempo, natura, scienza e luce  - Concepire l’assoluto – La solitudine eletta – I tre segni dell’Apocalisse – La Luce e la cecità dell’anima – Costatare la presenza di Dio – Presenze relative e assolute – Desiderio e presenza -


 

18/Settembre/1988 Casa di preghiera Fossano.