Rispose
loro quell'uomo: "Proprio in ciò sta la meraviglia, voi non sapete di
donde egli sia, intanto però mi ha aperto gli occhi".
Gv 9 Vs 30 Primo
tema.
Titolo: Il postino e la
lettera.
Argomenti: Il preconcetto. Tutta la creazione
è mezzo. Il valore è determinato dal fine. Solo Dio può aprire la nostra anima.
3/Luglio/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Siamo giunti al versetto 30 del capitolo nono di San
Giovanni.
Qui troviamo quel cieco guarito da Gesù che replica
all'ingiuria dei farisei che gli avevano obbiettato: "Noi sappiamo che Dio
ha parlato a Mosè, ma Costui non sappiamo di dove sia", dicendo:
"Proprio in ciò sta la meraviglia, voi non sapete donde Egli sia, intanto
però mi ha aperto gli occhi".
Anche qui dobbiamo chiederci quale lezione Dio voglia
darci attraverso queste parole dette da questo cieco ai maestri di allora in
Israele, quale messaggio per la nostra vita essenziale, per la nostra vita
spirituale.
Tutto è Parola di Dio e tutto reca a noi un messaggio e
non è un messaggio qualunque ma, è un messaggio di Dio, è un messaggio di Dio,
personale per ognuno di noi.
L'intelligenza sta sempre nell'arrivare a intendere il
messaggio che Dio vuole fare giungere a noi.
Dobbiamo chiederci che cosa Dio vuole dirci di Sé,
attraverso le parole di questo cieco guarito da suo Figlio.
Questo cieco dice: "È una meraviglia".
Una meraviglia che cosa?
Costatare quest'avvenimento: "Che voi che vedete,
non vedete più ed io che non vedevo, vedo, ed è tutta opera di quest'Uomo che
voi dite di non sapere chi sia e di donde sia".
La meraviglia sta in questo: "Lui ha accettato voi
che vedete per cui non vedete più e non capite e nello stesso tempo a me che
ero cieco dalla nascita, ha fatto vedere".
È l'annuncio grandioso di ogni uomo quando incontra il
Figlio di Dio, quando incontra Cristo nella sua vita: "Ero cieco e adesso
vedo, questa cosa so, che sia peccatore o non sia peccatore, che sia di
Nazareth o di Betlemme, che sia di qualunque paese, che sia grande, che sia
piccolo, non importa: so soltanto una cosa: prima ero cieco adesso vedo".
È la testimonianza di tutti i piccoli, di tutte le anime
semplici di fronte alla grande luce di Dio quando questa giunge loro.
Abbiamo detto: quale lezione Dio vuole dare a noi
attraverso questa meraviglia?
L'abbiamo anche sentito nel Vangelo di questa domenica:
Gesù stesso si meraviglia di quelli del suo paese, di Nazareth per la durezza
del loro cuore.
Questo cieco si meraviglia di un fatto che sembra
inconcepibile che non si capisca, tanta è l'evidenza!
Eppure nonostante tutta questa evidenza ci sono uomini
che non vedono, non capiscono.
D'altronde anche Gesù aveva detto che quando non si crede
in Dio Creatore, nella sua Parola, se si vedesse anche un morto resuscitare,
non sarebbe sufficiente per credere.
Ecco la meraviglia: si possono vedere dei morti
resuscitare, si possono vedere dei ciechi dalla nascita essere illuminati e
tutto questo non basta.
È lo stupore che prese anche Isaia quando Dio gli fece
contemplare la sua gloria nel mondo, nell'universo, il significato delle cose,
il suo Pensiero in tutte le cose, la meraviglia gli fece dire: "Ma Signore
tu hai accecato tutti gli uomini! Perché di fronte a tanta gloria, tanta luce
non capiscono niente!".
Vedere degli uomini che sprecano tutta la loro vita per
elemosinare un sorso d'acqua, mentre hanno a disposizione una Sorgente stupenda
di acqua: ecco quello che meraviglia!
È vedere la povertà che gli uomini conducono nel mondo,
mentre hanno a loro disposizione un tesoro immenso di vita, di luce, di pace,
di amore.
Non vedono.
E allora dobbiamo chiederci perché
tanta cecità, cos'è che impedisce all'uomo di vedere ciò che è evidente?
È il preconcetto.
Negli uomini si formano i preconcetti.
Preconcetto viene da pre-concepito.
"Pre" vuol dire prima, "concetto"
vuol dire concepito.
La cecità viene da quello che si concepisce prima.
Prima di che cosa?
Prima di arrivare a Dio, prima di arrivare al Principio.
L'uomo ha questa terribile possibilità di fermarsi a metà
strada, di non riportare le cose Dio, quindi di fermarsi a quella che è
l'apparenza.
Tutte le cose arrivano a noi attraverso qualche cosa o
qualcuno.
Noi vediamo la parola, vediamo il fatto, vediamo i segni
e vediamo il mezzo attraverso il quale queste cose giungono a noi: sono uomini,
sono creature, sono fatti della natura.
In tutte le cose noi vediamo l'effetto, quello che noi
avvertiamo e vediamo, la causa relativa a quell'effetto, però il Creatore non
lo vediamo.
Il Principio vero delle cose noi non lo vediamo.
E proprio per questo che l'uomo rischia
di fermarsi alla superficie, di attribuire gli effetti che giungono a lui, i
fatti, le parole, a quei mezzi attraverso i quali giungono.
Ma i mezzi sono ancora dei segni.
I mezzi non sono Dio.
Tutte le cose giungono a noi dal Creatore e quando noi
non riportiamo le cose al Creatore, non riportiamo le cose nel loro Principio,
noi concepiamo prima e si forma in noi il preconcetto, ed è questo preconcetto
che impedisce all'uomo di vedere la Verità, di vedere la Realtà.
Allora l'uomo incomincia a giudicare, a raccogliere le
cose non per il messaggio che recano, non cerca il messaggio di Dio nelle cose,
ma incomincia valutare le cose per il mezzo attraverso cui esse giungono.
Se queste cose giungono da un essere importante, da un
grande nome, da una'autorità, allora queste cose hanno molta importanza ma, se
giungono attraverso un essere insignificante, sono svalutate.
Ecco il preconcetto.
Abbiamo detto che il tema di oggi è il postino e la
lettera, per semplificare, per far capire l'errore da cui l'uomo è giocato
quando non risale a Dio.
Il postino che reca una lettera è un mezzo attraverso il
quale la lettera giunge a noi.
Dobbiamo chiederci quale errore farebbe quell'uomo che
condizionasse l'accoglienza della lettera al postino, per cui se quella lettera
non gli fosse recapitata dal postino che lui desidera, lui non l'accogliesse e
si rifiutasse di aprirla.
Noi immediatamente riconosciamo che è un errore, cioè un
preconcetto.
Il messaggio è contenuto nella lettera, non è il postino
eppure noi condizionano l'accoglienza, il ricevimento e l'apertura della
lettera dalla persona che reca a noi la lettera.
Ho detto: dov'è l'errore?
Evidentemente a noi starebbe più a cuore il postino che
la lettera.
Il preconcetto sta lì.
Ogni cosa è una lettera che giunge a noi: contiene un
messaggio.
Quante volte noi rifiutiamo di accogliere la lettera, di
aprirla, di leggere il messaggio perché giunge a noi attraverso un postino che
non è gradito a noi, che vale poco per noi.
Tutte le cose essendo messaggi giungono a noi come una
proposta: proposta di qualche cosa.
La lettera è mandata da qualcuno.
Tutta la creazione, tutti fatti, gli avvenimenti e tutte
le parole che giungono a noi, giungono a noi da Dio, sono messaggi di Dio,
poiché Dio solo è il Creatore: "Non avere altro Dio".
Quindi riconosci che tutto quello che giunge a te viene
da Dio, il quale usa dei portalettere, ma sono portalettere, quello e quelli
che Lui vuole e può essere un bambino e può essere un'autorità e può essere un
delinquente, può essere un santo ma in tutte le cose c'è un messaggio per te.
Questi sono i postini.
La lettera è per te.
Ora il valore delle cose dette è determinato da ciò che
le cose ci propongono, dal fine che esse ci offrono.
Qui abbiamo un criterio di valutazione delle cose stesse.
Ho detto: tutte le parole (tutto è Parola di Dio) che
giungono a noi sono delle proposte di Dio per noi.
Dio ci propone sempre l'essenziale: cerca Dio prima di
tutto: "Io sono il Creatore, e non c'è nessun altro, accogli tutte le cose
da Me e attraverso tutte le cose che ti mando risali a Me per conoscere
Me".
Tutte le cose valgono per la proposta che fanno a noi.
Quando in noi ci sono dei preconcetti, noi non accogliamo
più la proposta, noi cogliamo soltanto il mezzo attraverso il quale le cose
giungono a noi e ci fermiamo questo.
Cioè se il mezzo è importante ai nostri occhi, noi
accogliamo, crediamo, ma per sentito dire, perché lo dice il tale, non
giungiamo all'anima della cosa, del messaggio, cioè non apriamo la lettera.
Se la lettera, se le cose giungono a noi attraverso un
essere per noi insignificante, noi le rifiutiamo. In un modo o nell'altro, noi
non giungiamo al messaggio che l'unica cosa che valga, perché sia il postino
sia la lettera, hanno lo scopo di comunicare, di far arrivare a noi il
messaggio.
Il messaggio di chi?
Il messaggio dell'Autore, del Creatore, il messaggio di
Dio.
Le cose valgono per il fine che
annunciano noi, che propongono a noi.
Quindi è questione di valore e il valore è determinato
dal fine.
Il valore di una cosa è disgiunto dal mezzo attraverso il
quale la cosa giunge a noi, perché il valore di una cosa, essendo una proposta,
è recepito da noi.
Quindi il valore di una cosa è sganciato dal mezzo.
Però qual è la condizione per poter ricevere questo
valore, per poter cogliere la proposta?
Condizione per poter cogliere la proposta, il Pensiero di
Dio è che in noi sia presente Dio.
Soltanto se in noi c'è questa presenza, è Dio stesso con
la sua presenza che condiziona in noi l'accoglienza del suo messaggio e,
nell'esempio fatto che condiziona il ricevimento della lettera e l'apertura
della lettera stessa e l'intelligenza del messaggio contenuto nella lettera.
Se noi non abbiamo presente Dio e quindi non riceviamo la
cosa da Dio, allora noi ci fermiamo al mezzo, al postino, a chi vediamo che
reca a noi il messaggio, perché noi nel pensiero del nostro io non possiamo
vedere Dio.
Noi nel pensiero del nostro io vediamo soltanto il mezzo
attraverso cui Dio fa arrivare a noi il messaggio e ci fermiamo a questo e
crediamo che sia quello che ci reca il messaggio.
È come se la lettera non soltanto fosse portata ma, fosse
concepita e recata a noi dal postino.
Evidentemente c'è un errore.
C'è un errore perché non ci fermiamo all'apparenza, a
quello che vediamo.
Ma chi manda noi la lettera non è il postino, il postino
è il mezzo attraverso cui l'autore della lettera fa arrivare a noi la lettera,
ma noi l'autore non lo vediamo.
Ora soltanto se noi teniamo presente l'autore della
lettera, (Dio) abbiamo in noi la capacità di apprezzare la lettera, di aprirla
e di intenderne il messaggio, altrimenti siamo condizionati nella nostra
capacità di accogliere la lettera, condizionati dai mezzi attraverso i quali la
lettera giunge a noi, cioè veniamo a trovarci nella posizione di questi farisei
che di fronte all'opera di Gesù, ai messaggi di Gesù, alle parole di Gesù,
dicono: "Noi non sappiamo chi sia costui".
In nome del non sapere chi è costui, rifiutano il
messaggio e non si rendono conto che rifiutano Dio.
In nome di che cosa?
In nome di: "Non sappiamo chi sia costui".
Il problema non era sapere chi fosse costui: non potevano
conoscere chi fosse Gesù, non potevano capire, non potevano intendere, era al
di sopra delle loro forze sapere che Gesù era Figlio di Dio. Né Gesù pretendeva
che loro lo ritenessero Figlio di Dio, anzi Lui stesso si proclamava "Uno
qualunque, uno qualunque che parla con voi", perché non potevano
conoscere.
Gli stessi suoi apostoli si sentiranno dire da Gesù negli
ultimi giorni della sua permanenza in terra: "Finora non avete conosciuto
chi sono Io".
Non potevano conoscerlo.
Perché?
Perché solo il Padre conosce il Figlio e questo ci fa
capire che fintanto che noi non arriviamo al Padre, ci illudiamo di conoscere
Gesù: non lo conosciamo, né Gesù pretende di essere conosciuto.
Quel che invece Lui ci chiede, ed è Dio che in Lui chiede
a noi questo, è che noi valutiamo il messaggio, le Parole che Lui dice e che
noi intendiamo il significato delle cose che fa.
Attraverso il suo parlare e le sue opere, Lui reca la
luce a uomini ciechi: "Prima ero cieco adesso vedo".
Ecco: "Io non so chi sia", questo cieco non
sapeva chi fosse Gesù.
"Io non so chi sia, una cosa sola so, che ricevendo
la sua opera, ascoltando le sue parole, ho cominciato a vedere".
Ora la luce è puro dono di Dio ed è testimonianza
dell'opera di Dio.
Dirà in seguito questo cieco guarito: "Non si è mai
verificato che un uomo possa illuminare un cieco dalla nascita".
Solo Dio ha la chiave dell'anima di ogni uomo.
Solo Dio può aprire.
Se Dio non apre tutte le parole degli uomini e tutte le
opere degli uomini non riescono a recare un raggio di luce a un'anima.
La possono stordire, riempire di rumore, caricarla di
sentimenti ma non possono recarle un raggio di luce.
Per cui se Dio non apre, l'anima rimane
cieca, perché l'anima è fatta su stampo di Dio.
È una serratura che solo la chiave di Dio può aprire.
Se Dio non apre, non c'è nessuna chiave che possa aprire
questa serratura e se Dio apre, non c'è nessun argomento di uomo, nessuna
autorità di questo mondo, nessuna ragione, nessuna parola che possa spegnere
questa luce che Dio ha fatto arrivare all'anima.
Però la condizione essenziale è che l'uomo si sia aperto
a Dio, cioè che l'uomo non abbia un preconcetto, non concepisca la verità prima
di giungere a Dio, prima di riportare le cose Dio. Perché la Verità si attinge
soltanto in Dio e da Dio.
Soltanto contemplando le cose in Dio e da Dio si
concepisce la Verità di Dio.
Ecco perché si richiede questo grande isolamento e
raccoglimento nel Pensiero di Dio.
E fintanto che noi non giungiamo ad attingere le cose nel
Pensiero di Dio e dal Pensiero di Dio, ci carichiamo di preconcetti e allora
rifiutiamo l'opera di Dio, perché non sappiamo chi sia Costui: per noi è più
importante colui che parla, colui che dice le cose.
Il postino, per noi è più importante del messaggio che ci
reca.
Invece per chi ha presente Dio, sono molto importanti le
parole, il significato delle parole.
Il significato di una cosa è sempre infinitamente più
importante della cosa stessa, perché il significato resta eterno, la cosa
passa.
Il pensiero è infinitamente più importante della parola
attraverso la quale il pensiero viene comunicato.
Ma allora bisogna cogliere il pensiero e non fermarsi
alle parole e non valutare le parole in funzione di chi le dice: se uno parla
bene o parla male, se uno è un’autorità o non è un'autorità, perché la vera
Autorità ("Non date a nessuno il nome di maestro") che parla a ogni
uomo è Dio stesso, perché ogni uomo sarà ammaestrato da Dio.
E poiché presso Dio non c'è tempo, e abbiamo visto che
non essendoci il tempo, il futuro è un presente, se guardiamo le cose da Dio e
le contempliamo da Dio dobbiamo dire non che "ogni uomo sarà ammaestrato
da Dio", ma "ogni uomo è ammaestrato da Dio".
Se è ammaestrato da Dio, giustamente Gesù dice: "Non
dare a nessuno il nome di maestro, perché Dio solo è e deve essere il tuo
Maestro".
Soltanto se tu accogli le cose da Dio, sarai libero dai
preconcetti, perché soltanto se tu accogli le cose da Dio e le riferisce a Dio,
Dio non soltanto ti dà la possibilità di superare il tempo, di non essere
condizionato dal tempo, di non rinviare al futuro quello che già presente ma,
ti dà possibilità di superare anche i mezzi attraverso i quali Lui ti fa
giungere la sua Parola, di superare i mezzi, lo spazio.
Dio è al di sopra del tempo, dei mezzi e dello spazio
attraverso il quale e i quali, Lui fa giungere a noi il suo messaggio.
Il suo messaggio trascende il tempo, i mezzi, lo spazio e
questo avviene solo se noi siamo con Dio.
Se noi non siamo con Dio, siamo condizionati
necessariamente dai mezzi attraverso i quali i messaggi di Dio giungono e
allora lì, a un certo momento noi rifiutiamo Dio in nome delle creature, perché
non sappiamo chi sia Costui.
Rispose
loro quell'uomo: "Proprio in ciò sta la meraviglia, voi non sapete di
donde egli sia, intanto però mi ha aperto gli occhi".
Gv 9 Vs 30 Secondo
tema.
Titolo: L'albero e i frutti.
Argomenti: Valutare le
proposte. Il messaggio è trascendente il mezzo cui giunge a noi. Assimilare. La responsabilità
dell'uomo nel valutare le proposte che gli giungono.
10/Luglio/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Restiamo nel versetto 30, in cui quel cieco risponde i
farisei dicendo: "Appunto in ciò sta il mirabile: che voi non sapete donde
Egli sia e intanto Lui mi ha aperto gli occhi".
Domenica scorsa abbiamo visto il preconcetto che impedì a
questi farisei di vedere il messaggio di Dio in Gesù di Nazareth.
Il preconcetto era il sabato e il sabato era
un'istituzione divina ma, non era la Volontà di Dio, non era il Fine.
Il sabato rappresentava il Fine, ma non era il Fine.
Loro proprio assumendo il sabato come metro di misura, si
impedirono di accogliere il messaggio di Gesù in giorno di sabato.
Il messaggio di Gesù era questo: la
luce a un uomo cieco dalla nascita.
Videro il sabato, videro l'istituzione, videro la legge,
videro la regola, non videro la Luce, lezione per ognuno di noi.
Tutto è messaggio, tutto è opera di Dio, tutto è Parola
di Dio.
Tutto reca noi un messaggio.
Sapendo che tutto è messaggio, il problema è: come
intenderlo?
Come leggerlo?
Soprattutto come valutarlo?
Perché è proprio dalla valutazione che noi, diamo più
meno importanza e quindi ci applichiamo di più o di meno, e a seconda della
nostra dedizione, ne deriva la nostra partecipazione, poiché Colui che ti
annuncia la sua luce senza di te, non ti conduce alla luce senza di te.
Proprio questo "non senza di te", ci fa capire
che la partecipazione alla luce, alla Verità, alla conoscenza di Dio è
personale.
Tutto è messaggio, poiché tutto è creazione
di Dio, tutto è messaggio di Dio per annunciarsi a noi, per invitare noi a
conoscerlo.
Questo è il fine, questa è la meta per ogni uomo.
Ma noi corriamo il rischio, l'abbiamo visto domenica
scorsa, come questi farisei, di valutare il messaggio in funzione del mezzo
attraverso il quale esso ci giunge, oppure in funzione del luogo in cui ci
giunge.
Una parola detta da una persona importante, da
un'autorità, agli occhi nostri è valutata molto di più di una parola detta da
una creatura che agli occhi nostri può sembrare insignificante, piccola,
ignorante, povera, magari scartata dal mondo.
Proprio attraverso questa scena, il Signore ci fa capire che
è un pregiudizio dare la valutazione a un messaggio in funzione del mezzo
attraverso il quale esso giunge a noi.
Qui hanno detto: "Noi non sappiamo Costui di donde
sia, cioè non sappiamo chi sia".
E hanno rifiutato il messaggio di Gesù perché non sapevano
chi fosse: "A Mosè ha parlato Dio, Costui non sappiamo chi sia".
E proprio in nome di questo pregiudizio hanno perso la
luce che Gesù era venuto a recare loro.
È una scena, un fatto per ognuno di noi.
Questo ci fa capire che il messaggio se non deve essere
valutato in funzione dei mezzi, delle persone attraverso le quali Dio ce lo fa
arrivare, ci fa capire che il messaggio è indipendente dal mezzo attraverso il
quale giunge a noi, meglio, è trascendente il mezzo.
Teniamo sempre presente che Gesù è entrato nella sua
Gerusalemme a dorso di un asino, nessuno che avesse valutato l'importanza di
Gesù in funzione della sua cavalcatura avrebbe apprezzato il suo messaggio.
Il messaggio è trascendente il mezzo attraverso il quale
giunge a noi ed è trascendente il luogo da cui giunge.
Noi avremo un preconcetto se dicessimo: "Costui
viene da Sant'Albano, costui viene al di là di Stura, quindi tutto ciò che dice
vale niente".
Ecco il preconcetto!
Eppure nella realtà noi facciamo così.
Domenica scorsa abbiamo raffrontato questo al postino e
alla lettera e abbiamo visto l'errore che si fa quando si condiziona
l'accoglienza di una lettera al postino stesso.
La lettera contiene un messaggio, il messaggio vale per
noi molto di più del postino.
Ora tutto è lettera di Dio, tutto contiene un messaggio e
il messaggio che viene recato a noi trascende il mezzo attraverso il quale Dio
ce lo fa arrivare, trascende il luogo dal quale Dio ce lo fa arrivare,
trascende anche il tempo.
I messaggi di Dio, i messaggi della Verità, non sono
legati al tempo e sarebbe un errore gravissimo dire: "Questo è stato detto
duemila anni fa, oggi non è più valido".
La Verità di Dio trascende il tempo, trascende il luogo,
trascende i mezzi attraverso i quali esso giunge a noi.
Fintanto che la condizioniamo al tempo, al luogo, ai
mezzi, noi abbiamo un preconcetto e questo preconcetto c'impedisce di attingere
la luce, di attingere la Verità, come impedì a questi farisei di attingere la
luce, la Verità.
Ma resta sempre il problema, come abbiamo detto
all'inizio, di fronte al messaggio: come valutarlo?
Se non dobbiamo tenere presente la persona, il mezzo
attraverso il quale Dio ci fa giungere il suo messaggio, se non dobbiamo tenere
presente né il tempo né luogo, in base a quale criterio possiamo avere la
possibilità di dare una valutazione al messaggio?
I messaggi di Dio sono delle proposte.
La valutazione del messaggio c’è data dalla proposta, da
ciò che il messaggio ci propone.
Gesù dice: "Li riconoscerete dai loro frutti".
Adesso possiamo capire il significato del frutto.
Tema di oggi è: alberi e frutti.
Se Gesù dice: "Li riconoscerete dai loro
frutti", vuol dirci: "Li riconoscerete da ciò che vi
propongono".
Perché Gesù dice: "Li riconoscerete dai
frutti"?
Molte volte abbiamo detto che non è possibile cogliere
mele da un ginepro o da un abete e mettiamo in relazione il frutto con
l'albero, quasi a dire: "È l'albero che mi fa capire quale tipo di frutto
io, posso raccogliere, trovare".
Però Gesù non dice: "Li riconoscerete
dall'albero" ma, "L'albero lo riconoscerete dal frutto".
Ci chiediamo che differenza ci sia tra un albero un
frutto.
È lapalissiano.
Però perché il frutto ci dà la conoscenza e l'albero non
ci dà la conoscenza?
Che differenza c'è?
Il frutto si può mangiare, l'albero non si può mangiare.
E cosa vuol dire che il frutto si
può mangiare e l'albero non si può mangiare?
Tutto è carico di significato.
Cosa succede mangiando?
Mangiando noi facciamo passare quello che è fuori di noi
dentro di noi.
Mangiare vuol dire assimilare e assimilare vuol dire far
diventare nostra vita.
Qui possiamo capire una cosa meravigliosa ed è questa:
l'universo si fa albero, l'albero si fa frutto, e il frutto è una proposta.
L'albero non è una proposta per noi.
Il frutto è una proposta.
E qual è la proposta del frutto?
"Mangiami!"
Che cosa vuol dire?
"Trasformami in tua vita!"
Tutto l'universo si fa albero.
L'albero si fa frutto.
Il frutto si fa proposta per diventare vita individuale,
personale di noi.
È l'universo che tende a diventare vita individuale,
personale, essere trasformato in vita mia.
È la proposta di Dio.
Abbiamo detto che tutto è proposta perché tutto è
messaggio.
Ogni messaggio si valuta in funzione di ciò che ci
propone e ciò che ci propone è Dio, è la conoscenza di Dio, è l'Assoluto.
"Mangiami!"
È la proposta del frutto.
Ma se dice: "Mangiami", si
presuppone una cosa: l'appetito, la fame.
Il frutto è una risposta alla fame dell'uomo.
La fame dell'uomo, abbiamo visto molte volte è fame di
Assoluto.
In tutto l'uomo cerca l'Assoluto, cerca Dio.
Quindi se i messaggi si riconoscono e si valutano in
funzione della proposta e se la proposta è in funzione del fine, e questo fine
è l'Assoluto, risposta quindi alla fame di Assoluto che porta ogni uomo dentro
di sé, ci fa capire che se Gesù dice: "Li riconoscerete dai frutti" è
perché in noi stessi c'è il metro per misurare la proposta.
Ogni proposta che non ti orienta alla conoscenza di Dio,
alla ricerca dell'Assoluto, è una proposta avvelenata.
Per questo "State attenti agli uomini" dice il
Signore e li paragona agli alberi: "Li riconoscerete dai frutti".
State attenti è ciò che vi propongono, perché ogni
proposta va misurata sulla fame dell'uomo, la fame di Assoluto, la fame di
conoscere la Verità, la fame di conoscere Dio.
Là dove c'è una proposta diversa, il frutto è guasto, è
avvelenato, è cattivo, per questo Gesù dice: "Li riconoscerete dai
frutti", dalla proposta di fine, di scopo, di vita: orientamento a ciò per
cui tu sei stato creato.
Proprio perché l'uomo porta in sé questa fame di Assoluto
e l'Assoluto è unico e se unico è inconfondibile perché non si confonde con
nient'altro, con nessun altro significato, con nessun altro segno, con nessun
altro messaggio, proprio perché l'uomo porta in sé questa fame di Assoluto, ha
in sé la capacità di valutare il frutto, perché non si può confondere
l'Assoluto che è unico con tutto ciò che non è Assoluto.
L'uomo è portatore della Verità.
Quindi ogni proposta diversa dalla ricerca dalla
conoscenza di Dio è riconoscibile, potenzialmente riconoscibile da ogni uomo e
se è riconoscibile da ogni uomo, l'uomo stesso ha in sé la responsabilità della
valutazione con cui valuta le proposte che gli giungono.
Rispose
loro quell'uomo: "Proprio in ciò sta la meraviglia, voi non sapete di
donde egli sia, intanto però mi ha aperto gli occhi".
Gv 9 Vs 30
Terzo tema.
Titolo: Il paradosso della
luce.
Argomenti: La luce che acceca e
la luce che illumina. Valutazione delle proposte. L'uomo è fatto per
concepire l'Assoluto che porta in sé. Il preconcetto ci impedisce di vedere
l'opera di Dio. La luce è ciò che collega l'effetto con la causa.
17/Luglio/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Restiamo ancora in questo versetto 30, in cui l'uomo
guarito dalla sua cecità dice ai farisei:"Appunto in ciò sta la
meraviglia: che voi non vedete, non sapete donde Egli sia, e intanto Lui mi ha
aperto gli occhi".
Ci troviamo in questa scena di farisei, che di fronte
all'opera di Gesù sono rimasti accecati ("Voi non sapete donde Egli sia,
non capite che sia") e di un uomo cieco dalla nascita che per l'opera di
Gesù riceve la luce, la vita: "Mi ha aperto gli occhi".
Gesù è la Luce di Dio nel nostro mondo e lo dice Lui
Stesso: "Fintanto che Io sono nel mondo, sono la Luce del mondo".
Qui ci troviamo di fronte alla
Luce di Dio che provoca due effetti: gli uni li acceca, gli altri li illumina.
Gesù stesso era stato profetizzato come una pietra
d'inciampo, come motivo di salvezza e di rovina per molti: salvezza e rovina,
illuminazione o accecamento.
La salvezza, infatti, sta nella Luce: conoscere Dio è
salvezza ed è vita eterna.
La salvezza dice San Paolo sta nel giungere a conoscere la
Verità, quindi sta nel giungere alla Luce.
Eppure Colui che è venuto a portare la salvezza agli
uomini è venuto anche portare la rovina.
Forse qui possiamo intuire anche da lontano come la Luce
della Verità possa essere insopportabile per molti, e perché questa Luce tardi
a venire nella vita di ogni uomo, si faccia aspettare.
L'argomento di oggi è proprio questo: il paradosso della
luce, luce che illumina e che acceca.
La luce di per sé illumina, e allora dobbiamo chiederci
come mai acceca?
Quando acceca?
Perché acceca?
E soprattutto dobbiamo chiederci quale lezione Dio vuole
dare a noi, facendoci vedere che la sua Luce acceca e rovina molti.
Abbiamo visto che tutto è Messaggio ed è Messaggio di
Dio.
Abbiamo anche visto che il Messaggio non deve essere
condizionato né dal mezzo attraverso il quale giunge a noi, né dal tempo, né
dal luogo, perché il Messaggio trascende tutto.
Il Messaggio è una proposta, in quanto proposta ci pone
di fronte a ciò che il Messaggio stesso ci propone.
Essendo tutto creazione di Dio, tutto opera di Dio, tutto
è Messaggio di Dio, tutto ci propone Dio.
Di fronte alla proposta di Dio non contano i mezzi, i
tempi, non contano i luoghi attraverso i quali questo Messaggio giunge a noi.
È una proposta e in quanto proposta
è offerta alla nostra scelta personale.
In quanto scelta, è soggetta a una valutazione.
Gesù dice: "Li conoscerete dai loro frutti" e
abbiamo visto domenica scorsa che il frutto significa proprio la proposta,
cioè: "Riconoscerete i messaggi che giungono a voi dalle proposte che vi
fanno".
La proposta è soggetta a una valutazione e la valutazione
richiede un metro.
È un rapporto: è questione di valori.
Questo metro è dato all'uomo dalla sua stessa passione di
Assoluto che egli porta con sé.
L'Assoluto è uno solo, quindi è inconfondibile.
È singolarità e come tale offre a ogni uomo la
possibilità di verificare le proposte che egli riceve.
L'uomo avendo la fame di Assoluto, ha la possibilità di
riconoscere tutto ciò che Assoluto non è.
Ecco il termine fisso del rapporto.
Il termine fisso del rapporto l'uomo lo porta in se
stesso e poiché è fame di Assoluto, è insoddisfatto di tutto ciò che non è
Assoluto.
Egli ha quindi la possibilità di riconoscerlo, ha il
metro dell'Assoluto in sé.
E questa è quella Luce che illumina
ogni uomo che viene a nascere in questo mondo.
La Luce che illumina ogni uomo e che lo caratterizza è la
fame di Assoluto.
L'uomo porta la fame di Assoluto e la porta
incoscientemente.
È un dato che testimonia nell'uomo stesso la presenza
dell'Assoluto.
L'uomo non sentirebbe la passione dell'Assoluto se non
fosse portatore della presenza dell'Assoluto.
Però questa presenza dell'Assoluto l'uomo la porta senza
rendersene conto.
È data a lui indipendentemente da lui, come tutta la
creazione del mondo, come tutte le opere di Dio.
Tutto ciò che arriva a noi senza di noi, noi lo subiamo,
però non sappiamo cosa sia.
L'uomo è passione di Assoluto il che vuol dire che
subisce questa passione di Assoluto e la subisce al punto che in tutto ciò che
cerca, cerca l'Assoluto.
L'uomo è un cercatore di Dio e tutta la sua tristezza,
tutta la sua insoddisfazione è determinata dal fatto che non trova
quell'Assoluto di cui patisce la passione.
Questa passione la subisce senza rendersene conto, non lo
sa, appunto perché è data a lui senza di lui ma, è chiamato a rendersene conto.
L'uomo è un essere che portando in sé la passione di
Assoluto è creato per concepire l'Assoluto e lo concepisce solo in quanto lui
stesso lo concepisce personalmente.
Notiamo: personalmente!
Perché fintanto che lo sente dire da altri, lui non lo
concepisce, fintanto che lo sente dire da altri lo riceve indipendentemente da
sé e quindi non può concepirlo.
L'uomo essendo passione di Assoluto è creato per
concepire personalmente l'Assoluto.
Lo porta in sé indipendentemente da sé ma, deve arrivare
a portarlo in sé coscientemente, quindi deve concepirlo personalmente.
Tale concepimento dell'Assoluto può avvenire solo per mezzo
dell'Assoluto, non può avvenire per altra via.
Solo con l'Assoluto l'uomo concepisce l'Assoluto.
Solo con la Verità l'uomo concepisce la Verità, solo con
la Luce concepisce la Luce.
Pur essendo passione di Luce, passione di Verità,
passione di Dio, non concepisce né la Luce, né la Verità, né l'Assoluto, né
Dio, senza Dio.
Ecco, l'uomo non giunge alla coscienza di ciò che porta
in sé senza il suo concepimento personale e non può giungere a questo
concepimento senza l'unione, senza il Pensiero di Dio che egli porta con sé.
Per cui Dio è presente in noi, ma è in attesa che noi ci
rivolgiamo a Lui e a Lui solo per dare a noi la possibilità di concepirlo,
perché soltanto in quanto lo concepiamo, la Luce che è in noi diventa Luce
consapevole.
In caso diverso noi scambiamo per Assoluto ciò che
Assoluto non è, cioè noi concepiamo altro e quando noi concepiamo altro da Dio,
abbiamo visto già domenica scorsa, concepiamo un
preconcetto.
E questo è il preconcetto che ha accettato i farisei di
fronte alla Luce di Gesù, alla Luce di Dio in mezzo a loro: ha impedito loro di
vedere l'opera di Dio.
Fintanto che noi abbiamo un preconcetto saremo sempre
soggetti ad essere accecati dalla Luce di Dio che opera tra noi.
Perché la luce che cos'è?
La luce è ciò che rivela la sua
sorgente.
La luce collega l'effetto con la sua causa.
Nell'universo abbiamo tante energie che arrivano a noi,
ma non collegano con la causa.
Una di queste energie sono le onde sonore per le quali
percepiamo il rumore delle cose.
Però quando noi sentiamo il rumore di una cosa, non
vediamo la causa di questo rumore, dobbiamo cercarla e fintanto che non
arriviamo alla luce, (è la luce che si fa vedere la sorgente), noi siamo
inquieti.
Ecco, a noi arrivano tante di queste energie che sono
tutte significazioni di Dio e ci fanno subire degli effetti ma, non ci fanno
vedere la sorgente, non ci fanno vedere la causa.
L'unica energia che, mentre fa subire a noi l'effetto, ci
rivela la sorgente da cui essa parte, magari a distanza di miliardi di anni, è
la luce.
La luce mantiene il collegamento tra l'effetto e la sua
sorgente, tra l'effetto e la causa.
Questo nel campo dei segni.
Anche la luce in noi, quella spirituale, è quella che
collega la parola con spirito, l'effetto con una causa e questa la chiamiamo
luce.
Quando noi vediamo un effetto o vediamo un segno o
ascoltiamo una parola ma, non la colleghiamo con il pensiero, con il
significato, è come se sentissimo il rumore di una cosa e non vedessimo
la sorgente di essa: non capiamo il significato, questo ci lascia inquieti.
Tutta la nostra vita è piena di rumori e sono segni di
Dio.
È per questo che noi siamo inquieti, perché noi vediamo i
segni, sentiamo le parole, riceviamo i messaggi che arrivano a noi
indipendentemente da noi ma, non riusciamo a collegarli con il principio, non
riusciamo a collegarli con una causa, non ne vediamo il significato, non
intendiamo il pensiero è questo ci rattrista, perché questo non è luce.
La luce è ciò che collega l'effetto con una causa.
Con la luce noi vediamo uno e vediamo l'altra e diciamo:
"Ho visto, ho capito. La terra si è illuminata, ho alzato gli occhi e ho
detto: è spuntato il sole! Ho capito".
Ma la luce che m’illumina è la luce che mi acceca se io
credo di avere capito, è il paradosso della luce.
Perché?
Perché proprio la rivelazione della presenza della causa
che la luce mi manifesta, che soddisfa, perché mi ha fatto capire un effetto in
conseguenza di una causa, mi ha manifestato la sorgente di quell'effetto,
proprio questo m’illude, perché la luce mentre mi fa vedere la sorgente, mi fa
anche vedere che la sorgente muta.
Io posso avere il preconcetto di aver capito e intanto
non mi rendo conto che non collego più un segno ricevuto con Dio.
In quanto non lo collego con Dio, non capisco il vero
significato e resto accettato, perché credo di capire e non capisco.
Come quei farisei, illuminati dal sole di Mosè,
illuminati da loro tempio, dai loro riti, dalla tradizione dei padri, dalla
loro religiosità, dal sabato, ritenevano di essere sicuri, di aver capito.
Ed è proprio questo preconcetto che impedì loro di vedere
la Luce di Dio.
Se avessero collegato con Dio sia Mosè, sia il sabato,
sia il tempio, sia i riti, sia la tradizione dei padri, tutto li avrebbe
convogliati all'incontro con Cristo e li avrebbe fatti esultare per l'incontro
con Cristo.
Avrebbero detto: "Finalmente è sorta la nostra
Luce".
Invece questa Luce li ha accettati, perché portavano con
sé un'altra luce, un preconcetto non collegato con Dio.
Tutto quello che la luce come segno di Dio ci fa capire
perché collega l'effetto con la causa, ci acceca se noi non la riportiamo Dio.
Se noi non cerchiamo il significato di questo presso Dio.
E noi vedremo che quella presenza che la luce ci ha reso,
perché la luce rende presenti, evidenti le cose, domani si muterà in assenza.
E allora capiremo che eravamo accettati, perché proprio
la presenza che si muta in assenza ci trasforma in un bisogno di significato:
"Perché?".
E ci riporta bambini.
E tutto questo è ancora opera della Luce.
Anche la notte, anche le tenebre sono opera della Luce.
Anche l'accecamento è opera della Luce per liberarci, per
far cadere i nostri preconcetti e riportarci bambini nella ricerca,
nell'Epifania di quella Verità spirituale, della Presenza eterna, assoluta: la
Presenza di Dio, la quale si trova solo dentro di noi, solo nella persona
umana, perché è solo nella persona umana che si rivela il mistero della
Presenza di Dio.
Avevamo detto domenica scorsa che l'universo si trasforma
in albero, l'albero in frutto e il frutto in una proposta, la proposta rivolta
all'uomo: "Mangiami!".
Affinché il frutto divenga vita individuale, personale
dell'uomo.
L'uomo mangiando il frutto mangia l'offerta
dell'universo.
In quest’atto che è il primo atto di conoscenza dell'uomo
(assimilazione dell'universo), noi abbiamo la trasformazione dell'universo in
vita personale.
Qui possiamo capire che nell'uomo, poiché il frutto è un
segno, una proposta (siamo nel campo della parola), tutto l'universo diventa
parola, la parola diventata verbo, il verbo diventa Verbo di Dio, il Verbo di
Dio diventa Pensiero di Dio.
Ed è solo qui, quando diventa Pensiero di Dio che si rivela
la Presenza di Dio, perché la Presenza di Dio si rivela soltanto nel Pensiero
di Dio e il Pensiero di Dio è personale nell'uomo.
Rispose
loro quell'uomo: "Proprio in ciò sta la meraviglia, voi non sapete di
donde egli sia, intanto però mi ha aperto gli occhi".
Riassunti Gv 9 Vs
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RIASSUNTI Domenica – Lunedì.
Argomenti: Il mezzo e il
Mittente – La solitudine con Dio – Unicità d’interesse – La proposta di Dio
– Albero e frutto – Il preconcetto – Le tenebre – La sorgente della
luce – La Luce spirituale – La funzione della legge – Concepire l’assoluto – Il frutto dell’universo
– Dio si rivela personalmente -
24/Luglio/1988 Casa di preghiera
Fossano.