Allora lo
insultarono e gli dissero: "Sei tu discepolo di costui? Noi siamo
discepoli di Mosè!"
Gv 9 Vs 28 Primo tema.
Titolo: I discepoli
dell'infinito.
Argomenti: Il pensiero è l'unico mezzo
per giungere a Dio. Contrapposizione
Gesù-Mosè. L'interesse fa il discepolo. Attrazione
e dipendenza. Nulla sfugge alla Volontà di Dio. L'ascolto
del Padre. Passaggio dal pensiero al segno e viceversa.
8/Maggio/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Ci troviamo al versetto 28
del capitolo nono di San Giovanni.
Qui vediamo i farisei che
ingiuriarono quell'uomo che era stato cieco dalla nascita e che era stato
guarito da Gesù in giorno di sabato e gli dicono: "Sei tu discepolo di
Costui? Noi siamo discepoli di Mosè".
Poiché in ogni fatto del
Vangelo c'è una lezione di Dio per noi, anche qui dobbiamo chiederci quale
lezione, quale significato ci sia nelle parole di questi farisei per la nostra
vita personale interiore, che cosa Dio voglia insegnare a noi, nei nostri
rapporti con Lui, poiché tutto è pedagogia, tutto è lezione per la nostra vita
interiore, per il nostro rapporto personale con Dio.
Soprattutto dobbiamo
chiederci cosa Dio vuole significare a noi di Sé, in questo fatto e con queste
parole.
L'altra domenica avevamo concluso
con l'argomento del passaggio all'infinito, passaggio che richiede il
superamento di tutto ciò che è finito, quindi di tutto ciò che dicono le
creature, di tutti fatti che avvengono nel mondo, per impegnarsi personalmente
(con la mente, con il pensiero, con l'intelligenza) con l'infinito, con
l'Assoluto, con l'eterno, con Dio, poiché tutto ciò che è finito tende verso
una meta, ce l'annuncia, ce la segnala, ma non ce la dà.
Dio parla in tutto, si
annuncia in tutto, (tutta la creazione è Parola di Dio) ma Dio non si rivela
che in Se stesso.
E cosa significa questo?
Che se tutte le creature ci
segnalano Dio, nessuna creatura ce lo può dare.
Tutte le creature vengono
da Dio e tutte le creature vanno a Dio.
Dio è Colui che regna in
tutto.
Dio è il Creatore, ancora
oggi.
Se Lui è il Creatore tutto
è opera è sua: Dio è il Creatore di tutte le cose visibili e di tutte le cose
invisibili, tutto è opera di Dio, tutto è segno di Dio, tutto ci annuncia Dio,
ma nessuna creatura ci può dare Dio, nessuna creatura ce lo può far conoscere.
Tutte le creature vengono
da Dio, ritornano a Dio, si avvicinano a Dio, ce lo segnalano, ma non ce lo
danno.
Eppure noi siamo stati
creati per giungere a Dio.
La nostra vita eterna sta
in Dio.
Vita eterna vuol dire vita vera.
La nostra vita vera sta nel
conoscere Dio.
Quindi noi siamo stati
creati per giungere conoscere Dio.
Eppure non c'è nessuna
creatura al mondo, nessuna, che possa farci conoscere Dio, perché tutto ciò che
è finito, non può far conoscere l'infinito e Dio è infinito, è Assoluto, è
eterno.
Il tempo che passa non mi
può far conoscere l'eterno, mi annuncia l'eterno, ma non me lo può far
conoscere.
Tutte le creature che sono
finite mi annunciano l'infinito ma, non me lo possono dare.
Tutto questo ci fa capire
la necessità di un salto, cioè di un passaggio da tutto ciò che è finito, da tutto ciò che appartiene al tempo,
all'eterno, all'infinito, a Dio.
Perché solo se noi abbiamo
la possibilità di questo passaggio e solo se noi facciamo questo passaggio ci è
possibile conoscere Dio. Per cui noi siamo personalmente impegnati a pensare, a
raccoglierci con Dio, perché soltanto in questo raccoglimento a tu per tu con
Dio, abbiamo la possibilità di ricevere la luce da Dio.
L'acqua pura si attinge
solo dalla sorgente, anche la luce si attinge soltanto nel suo principio.
Quindi soltanto in quanto
noi abbiamo la possibilità di portarci in questo principio, possiamo attingere
la luce.
Principio della luce è il
Padre e chiunque (dice San Giacomo) ha bisogno di luce, si rivolga al Padre e
il Padre gli darà la luce, gli darà abbondantemente, senza nulla rimproverare.
Ecco il rapporto personale:
si rivolge al Padre.
Ma è necessario che ci sia
questo passaggio che avviene soltanto col pensiero.
Abbiamo visto che non può
avvenire con nessun altro mezzo, né sentimenti, né bellezza, né virtù, né
sacrifici.
Non c'è niente che possa
dare a noi la possibilità di questo rapporto con Dio se non il pensiero.
Per questo Dio ci ha dato
il pensiero, per pensare Lui.
E se il pensiero ci è stato
dato per pensare Dio, dobbiamo essere attenti a non sprecare il nostro pensiero
in altro, perché un giorno noi piangeremo per tutti i pensieri che avremo
dedicato ad altro anziché a Dio.
Qui è il punto di contatto con
Dio, noi possiamo pensare Dio!
La grande meraviglia, il
grande miracolo che caratterizza l'uomo è questo: può pensare Dio!
E il grande danno che
l'uomo fa a se stesso è questo: avendo la possibilità di pensare Dio, dedica il
suo pensiero ad altro.
Se si fa questo passaggio
all'infinito, ci si apre a un altro problema: il problema di essere discepoli
dell'infinito, poiché non basta fare il passaggio all'infinito, per restare con
l'infinito bisogna imparare dall'infinito, cioè bisogna diventare discepoli
dell'infinito.
Per questo ci troviamo in
questo versetto in cui si parla di discepoli.
Ma qui c'è una
contrapposizione: contrappongono Mosè a Gesù.
Contrappongono la legge a
Gesù, l'istituzione a Gesù.
Mosè si caratterizza per la
legge.
È attraverso Mosè che Dio
ha dato la legge al suo popolo.
Qui si contrappone la legge
a Gesù.
Dicono: "Gesù chi è?
Chi è questo sconosciuto che arriva a noi? Noi preferiamo credere a Mosè ed
essere discepoli di Mosè".
Perché?
Lo vedremo in seguito,
diranno: "Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio, Costui invece per noi è
uno sconosciuto, non sappiamo chi sia e allora chi ce lo fa fare di trascurare
Mosè per seguire questo sconosciuto?".
C'è una contrapposizione.
Ma è vera questa
contrapposizione?
Soprattutto noi dobbiamo
chiederci questo: questi farisei che si vantavano di essere discepoli di Mosè,
erano discepoli di Mosè?
Dico e faccio
l'interrogazione: erano discepoli di Mosè?
Perché?
Perché già prima a costoro,
farisei che si vantavano di essere figli di Abramo, Gesù dimostrò che erano
tutt'altro che figli di Abramo.
Si vantavano di essere
figli di Abramo e Gesù dice: "No, voi non siete figli di Abramo".
Perché?
Perché non fate le opere di
Abramo.
Allora ci fa capire che si
è figli, in quanto si fanno delle opere.
E quali opere fece Abramo?
Lo dice Gesù: "Abramo
desiderò vedere il mio giorno".
E cosa è questo "mio
giorno"?
È vedere Gesù, cioè è
vedere il Pensiero di Dio nella creazione, nel mondo.
Gesù è il Pensiero di Dio
tra noi, il Verbo di Dio, il Pensiero di Dio tra noi.
Abramo desiderò vedere il
Pensiero di Dio, desiderò vedere il Verbo di Dio, desiderò vedere il giorno di
Cristo.
Questa è l'opera di Abramo.
Loro invece non
desideravano vedere il Pensiero di Dio.
Per questo Gesù dice:
"Voi non avete Abramo per padre, perché se aveste Abramo per padre,
fareste le opere di Abramo, cioè desiderereste vedere il mio Pensiero, il
Pensiero di Dio.
Gesù non è altro che uno
che parla fra noi di Dio, non parla di altro e c'insegna a riferire tutte le
cose al Padre, perché tutte le cose vengono dal Padre e tutte ritornano al
Padre.
"Ho glorificato il tuo
nome" dirà al Padre.
A coloro che s'illudevano
di essere figli di Abramo, Gesù dimostrò che no, non erano figli di Abramo, non
avevano Abramo come padre.
Dimostrò loro che si
vantavano di essere servi di Dio, popolo di Dio, che avevano come padre il
diavolo, il demonio: "Voi avete come padre il demonio".
Demonio è un io che si è
staccato da Dio, quindi: "Voi avete come padre il vostro io, per questo
voi non fate le opere di Abramo, per questo non desiderate conoscere il mio
Pensiero".
Qui ci troviamo di fronte a
dei farisei, ai quali Gesù contestò di essere figli di Abramo.
Per questo adesso noi ci
chiediamo: ma questi che si vantano di essere discepoli di Mosè, sono veramente
discepoli di Mosè?
Discepolo di-, è uno che
impara da-.
Discepolo di Mosè è uno che
impara da Mosè.
E Mosè che cosa ha
insegnato?
Che cosa ha detto?
Di che cosa ha parlato?
Gesù dice "Scrutate le
scritture parlano di Me".
Quindi nelle scritture,
nella legge stessa, di tutto quello che Dio manda tra noi, Gesù ci dice:
"Scrutatelo parla di Me".
Ma c'è una precisazione nel
Vangelo, nel primo capitolo di San Giovanni a un certo momento abbiano gli
apostoli che si dicono l'un l'altro: "Costui del quale hanno parlato Mosè (da
notare Mosè) e i profeti noi l'abbiamo trovato! Ѐ Gesù di Nazareth!"
Questi hanno capito allora
che Mosè ha parlato di Gesù, ha parlato del Cristo.
Quindi: "Scrutate
quello che vi ha detto Mosè, scrutate i comandamenti di Dio, che Dio ha dato
per mezzo di Mosè: parlano di Me".
Ora se essere discepolo
vuol dire imparare da-, vuol dire capire ciò di cui uno parla, ciò di cui un
maestro parla, se essi erano discepoli di Mosè, avrebbero potuto capire, come
capirono i primi apostoli di Gesù che Mosè parlava di Gesù.
"Colui del quale hanno
parlato Mosè e profeti".
Mosè e profeti hanno
parlato di Cristo e Cristo dirà: "Scrutate le scritture parlano di
Me".
Ma se io non mi accorgo che
Mosè e i profeti hanno parlato di Gesù, vuol dire che non ho capito la lezione
né di Mosè, né dei profeti, né della legge, né la lezione di tutto quello che
accade, né la lezione di tutto quello che accade oggi, perché ancora oggi Dio
scrive in tutto l'universo e nella nostra vita personale, ancora oggi Dio
scrive a noi di Sé, Dio parla a noi di Sé, non parla d'altro.
Dio parla solo di Sé perché
Dio solo è.
Se Lui solo é, in tutte le
sue opere non fa altro che parlare di Sé.
Noi quando parliamo di noi
siamo degli orgogliosi e diventiamo dei demoni, quando diciamo: "Io, io,
io", non facciamo altro che glorificare noi stessi, non facciamo altro
che metterci in vetrina.
Noi non siamo la verità,
per cui presentando noi, falsifichiamo le cose, diventiamo dei demoni.
Ma Dio che parla di Sé in
tutte le cose, non è un demonio.
Egli é la Verità che parla.
Dio è la Verità, perché è
Lui il Creatore di tutte le cose.
Noi non siamo i creatori
delle cose e se non siamo i creatori delle cose dicendo "Io", ci mettiamo
dalla parte del demonio.
Perché le cose non hanno la
loro ragione in noi, la ragione di tutte le cose è in Dio, non è in noi.
Ecco perché quando diciamo
"io" diventiamo dei demoni, perché attribuiamo a noi le cose anziché
attribuirle a Dio.
Il demonio è uno che
attribuisce a sé, anziché riferire le cose Dio.
Dio che dice
"Io", afferma la Verità e ci fa conoscere la Verità.
Dio parla solo di Sé in
tutte le cose che fa.
Ed è una meraviglia che
parli a noi di Sé in tutte le cose che fa, perché, parlando di Sé a noi,
dà noi la possibilità (ed è una meraviglia averne la possibilità) di
conoscerlo, di ascoltarlo, perché se parla (Dio non parla al vuoto) vuol dire
che ha formato in noi la capacità di ascoltarlo.
Infatti Lui ha posto in noi
il suo Pensiero.
Perché ha posto in noi il
suo Pensiero?
Noi siamo portatori del
Pensiero di Dio!
Perché ha posto in noi il
suo Pensiero?
Perché il Pensiero di Dio
in noi, è l'orecchio per ascoltare Dio Creatore, cioè per ascoltare il Padre,
per intendere quello che Lui dice.
Se noi non avessimo il
Pensiero di Dio in noi, non potremmo intendere niente di Dio.
Per questo dico che
l'orecchio nostro per ascoltare le cose di Dio, l'intelligenza nostra per
intendere le cose che Dio dice a noi attraverso tutte le sue opere, è formato
in noi dalla presenza del Pensiero di Dio in noi.
Se noi non teniamo presente
il Pensiero di Dio, diventiamo impotenti, incapaci ad ascoltare, ad intendere
le cose di Dio.
Ora se Dio in tutte le cose
parla a noi di Sé, l'intelligenza nostra sta nel capire che cosa Dio dice a noi
di Sé in tutte le cose.
Allora lì noi siamo allievi
di Dio!
Questi farisei che si
vantavano di essere discepoli di Mosè, se contrappongono Mosè a Gesù, rivelano
di non essere discepoli di Mosè.
Quindi non erano figli di
Abramo e non erano discepoli di Mosè anche se si vantavano di questo.
Perché se fossero stati
discepoli di Mosè, avrebbero detto come i primi apostoli: "Colui di cui
hanno parlato Mosè e profeti".
Perché questi lo dicono e
non altri?
Non sono forse tutti gli
uomini uguali?
Perché i primi apostoli
hanno detto questo?
Noi diciamo apostoli, ma
gli apostoli erano uomini come tutti gli altri.
Perché allora qualcuno ha
detto: "Colui del quale hanno parlato Mosè e i profeti, noi l'abbiamo trovato,
è Gesù di Nazareth"?
Cos'è che ha fatto loro
trovare questo?
Questi erano i veri
discepoli di Mosè, perché questi hanno veramente capito ciò di cui ha parlato
Mosè e hanno riconosciuto che Mosè e i profeti hanno parlato di quest'uomo che
veniva da Nazareth, il Messia: "Abbiamo trovato il Messia".
E quelli che invece si
vantavano di essere discepoli di Mosè ma, si rifiutavano adesso di seguire
Gesù, vuol dire che non hanno capito nemmeno Mosè.
Questi farisei quindi non
erano né figli di Abramo, né discepoli di Mosè.
Allora dobbiamo
chiederci cos'è che ci fa discepoli?
Forse dipende dalla nostra
volontà?
Forse dipende dal nostro
capriccio, da quello che scegliamo noi?
Anche qui c'è una parola di
Gesù chiara che dirà ai suoi discepoli, ai suoi apostoli: "Non siete voi
che avete scelto Me, sono Io che ho scelto voi".
Allora l'uomo non è libero
di farsi discepolo di uno piuttosto che dell'altro.
Dobbiamo chiederci che cos'è che fa un discepolo, che cos'è che ci fa essere discepoli
di-?
Apparentemente sembra che
l'uomo sia libero di scegliere.
C'è infatti San Paolo che
nella seconda lettera a Timoteo dice: "Verranno i giorni in cui gli uomini
sceglieranno i loro maestri a seconda dei loro interessi, per soddisfare i loro
interessi e abbandoneranno il vero Maestro, abbandoneranno la vera sapienza,
abbandoneranno la ricerca della Verità, per correre dietro a quei maestri che
rispondono alle proprie passioni".
Questo ci fa capire che
l'essere discepoli di-, è in relazione all'interesse che ognuno di noi porta
dentro di sé ma, come mai qualcuno ha un interesse diverso da un altro?
Cos'è che forma questa
diversità d'interessi nel cuore degli uomini?
Perché qualcuno ha
interesse per una cosa, un altro invece ha interesse per un'altra cosa per cui,
in conseguenza di quest'interesse a un certo momento si fa discepolo di-?
Allora non è lui libero con
la sua volontà?
È l'interesse che l'uomo
porta in sé che lo fa essere discepolo di qualcuno.
L'interesse da che cos'è
dato?
L'interesse è dato
dall'attrazione verso ciò da cui uno è attratto.
Ma anche qui dobbiamo
chiederci: da che cosa è data questa attrazione?
Gesù dirà: "Nessuno
può venire a Me se non è attratto dal Padre".
"Nessuno può venire a
Me", quindi: "Nessuno può essere mio discepolo, allievo della mia
scuola, se non è attratto dal Padre".
L'interesse è dato
dall'attrazione: "Nessuno può venire a Me se non è attratto dal
Padre".
Ma forse Dio non attrae
tutti?
Forse Dio non vuole che
tutti si salvino e giungano conoscere la Verità?
"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità".
Ma allora perché qualcuno è
attratto e qualcun altro non è attratto?
Perché qualcuno diventa discepolo
di Cristo, perché è attratto dal Padre, e perché qualcun altro invece non
diventa discepolo di Cristo perché non è attratto dal Padre?
Come mai qualcuno è
attratto e qualcun altro non è attratto?
Da cosa dipende questa
attrazione?
Ognuno è attratto da ciò da
cui dipende.
Ma anche qui dobbiamo
chiederci: da che cosa è determinata questa dipendenza?
C'è chi dipende dal
mangiare, dal vestire, c'è chi dipende dalla moda, c'è chi dipende dalla
figura, chi dipende da quello che dicono gli altri.
C'è chi dipende da Dio.
Allora chiediamoci perché
questa diversità di dipendenze?
Perché uno è succube di
quello che dicono gli altri, di quello che dice mondo e perché un altro invece
non è dipendente?
Da che cosa è causata
questa dipendenza?
Se andiamo a fondo ci
accorgiamo che tutta la differenza sta nel capire, nel conoscere che Dio è il
Creatore di tutte le cose.
Perché se è il Creatore di
tutte le cose, noi siamo dipendenti da Dio e solo da Dio.
Quindi chi ci fa dipendenti
da Dio è la conoscenza di ciò che Dio è.
Dalla dipendenza nasce
l'attrazione, dall'attrazione viene l'interesse e dall'interesse viene l'essere
discepolo di-.
Quello che ci fa dipendenti
da Dio è ciò che noi conosciamo di Dio Creatore, quindi del Padre.
Allora ritorniamo a quello
che dice Gesù: "Nessuno può venire a Me, se non è attratto dal
Padre".
Quindi soltanto in quanto
noi abbiamo ascoltato dal Padre e abbiamo capito che Dio è il Creatore di tutte
le cose e che noi non dipendiamo da altro, non dipendiamo dagli uomini, non
dipendiamo dalla società, non dipendiamo dalle istituzioni, non dipendiamo da
quello che dicono gli altri, perché tutto è opera di Dio, possiamo andare
Cristo.
"Non abbiate
paura", dice il Signore: "Guardate gli uccelli
dell'aria, guardate i gigli dei campi".
Tutte le creature
appartengono a Dio e Dio provvede per tutto.
Dio fa scendere la sua
pioggia sui buoni e sui cattivi.
Non abbiate paura anche se
siete cattivi, Dio manda anche la sua pioggia sui cattivi e Dio fa splendere il
suo sole sui giusti e sugli ingiusti, per cui anche se siete ingiusti non
abbiate paura.
Dio fa scendere la sua
pioggia e fa splendere il suo sole anche sugli ingiusti.
Allora la dipendenza è una
sola, se Dio è il Creatore di tutte le cose, non succede assolutamente nulla nel
mondo (nulla, assolutamente nulla!) che non sia voluto da Dio.
Ora, se non succede
assolutamente nulla che non sia voluto da Dio, noi non dobbiamo avere paura di
nulla e di nessuno, nemmeno del demonio, perché anche il demonio, tutto quello
che fa, è costretto a farlo per Volontà di Dio, è costretto a obbedire a Dio.
Quindi non c'è nessun
campo, né nel campo ad esempio degli uomini, né nel campo delle potenze
spirituali, né nel campo dei demoni, e in qualunque campo, non c'è nulla che
sfugga alla Volontà di Dio.
Dio solo è Colui che regna!
Gesù dice e raccomanda a
tutti: "Cercate prima di tutto il Regno di Dio".
Perché cercare prima di
tutto il Regno di Dio?
Perché soltanto cercando prima
di tutto il Regno di Dio, noi siamo fatti liberi dalla schiavitù da tutti gli
altri e soltanto se siamo fatti liberi dalla schiavitù di tutti gli altri
possiamo occuparci di Dio.
Per questo raccomanda a
tutti: "Non abbiate paura né di questo né di quell'altro, non abbiate
paura né del mangiare, né del vestire perché non vi mancherà nulla, cercate
prima di tutto il Regno di Dio", cioè cercate di capire che Dio è Colui
che regna in tutto, che nulla accade che non sia voluto da Dio, perché Dio pensa
a voi, perché Dio provvede per voi, se voi cercate prima di tutto Lui.
Se vi mancano è soltanto
perché voi non cercate Dio, perché soltanto presso Dio c'è sovrabbondanza di
vita, solo presso Dio c'è luce, solo presso Dio c'è pace.
E se voi non cercate Dio prima
di tutto, non conoscete Dio, non potete trovare la pace.
È inutile parlare di pace o
esortarci gli uni e gli altri a fare la pace, non possiamo farla nel modo più
assoluto, perché Dio stesso non ce la fa.
È Dio stesso che ci manda
la guerra, il conflitto se noi siamo lontani da Lui, perché è un segno che noi
non conosciamo Lui e fintanto che noi non conosciamo Dio e non cerchiamo Dio
prima di tutto e non cerchiamo come Dio regna in tutto, noi esperimentiamo la
guerra, la divisione, la mancanza di luce, la morte, l'angoscia e non può
essere in modo diverso perché sono segni di Dio, è inutile che noi lottiamo
contro Dio.
È lui il Creatore.
Quindi se Lui dice che
soltanto presso di Lui c'è la pace, c'è la vita, sovrabbondanza di vita, c'è la
luce, c'è la gioia, c'è tutto, questo vuol dire che lontano da Lui, quindi non
conoscendolo, lontano da Lui non c'è niente di tutto questo ed è per questo che
noi esperimentiamo tutto il rovescio.
Tutto questo è per dire che
il fatto di essere discepoli di uno piuttosto che dell'altro è una conseguenza
del fatto che noi siamo dipendenti da una cosa piuttosto che dall'altra.
Solo coloro che sono
dipendenti da Dio diventano discepoli di Dio, diventano discepoli di Cristo.
"Nessuno può venire a
Me se non è attratto dal Padre", dice Gesù.
Poi precisa in altro luogo:
"Chi ha ascoltato il Padre viene a Me".
Questo vuol dire che noi
possiamo ascoltare il Padre prima di andare a Cristo, infatti dice: "Chi
ascolta il Padre viene a Me".
"Per questo voi",
dirà ai farisei "non mi ascoltate, perché non avete in voi la Parola del
Padre. Le mie pecore ascoltano la mia voce".
E nell'ultima preghiera
Gesù dice al Padre: "Erano tuoi e Tu li hai dati a Me", erano tuoi!
E quando è che noi siamo di
Dio?
Quand'è che Gesù può dire: "Erano
tuoi e Tu li hai dati a Me"?
Ecco, cos'è che ci porta a
Cristo?
Cos'è che ci fa appartenere
a Cristo?
Cos'è che ci porta alla
scuola di Cristo che ci fa discepoli di Cristo?
Qual è la caratteristica
dell'essere discepolo di-?
Chi è discepolo di-?
Chi ha ascoltato il Padre.
Ciò vuol dire che il Padre
parla con tutti: ma non tutti lo ascoltano.
Coloro che ascoltano il
Padre, vanno a Cristo.
Coloro che ascoltano il
Padre diventano pecore di Dio e le pecore di Dio riconoscono la voce di Cristo.
Siamo sempre lì: è la
conoscenza.
Chi ha ascoltato il Padre
ha capito che Dio è il Creatore e avendo capito che Dio è il Creatore
appartiene al Padre.
È proprio questo,
quest'appartenenza, questa dipendenza dal Padre, da Dio Creatore di tutte le cose,
è questa dipendenza dal Padre che porta ad essere discepolo del Cristo, perché
essendo dipendente da Dio ha come interesse centrale della vita Dio.
È questa dipendenza da Dio
che porta all'interesse per Dio, all'attrazione per Dio, questo interesse per
Dio conduce le anime alla scuola del Cristo.
Quindi soltanto quando in
noi si è formato quest'interesse per conoscere Dio, soltanto qui noi abbiamo la
possibilità di avvicinarci al Cristo e di riconoscere (di riconoscere!) che il
Cristo è il Messia, cioè Colui che ci conduce là, dove noi abbiamo interesse ad
andare.
Perché quando uno ha
interesse per Dio, ha interesse ad andare a Dio, ha interesse ad intendere Dio,
a conoscere Dio.
E questo interesse per Dio
che ci fa individuare il Cristo.
"È da tanto tempo che
aspettavo quest'Uno che venisse a parlarmi di Colui che mi sta a cuore".
Ma se noi non abbiamo a
cuore Dio, non abbiamo interesse per conoscere Dio, possiamo anche incontrare
Cristo, ma facciamo come questi farisei: "Noi crediamo in Mosè, noi
crediamo nella legge. Noi contrapponiamo Gesù alla legge, credendo di essere
giusti, di essere fedeli, perché noi osserviamo la legge e scartiamo
Gesù".
Ora invece abbiamo visto
che non c'è contrapposizione ma integrazione.
Tutto questo ci fa capire
una cosa importantissima: non si può arrivare a Cristo se non si è ascoltato il
Padre.
Quindi la possibilità di
riconoscere le opere di Dio tra noi (e tutte le opere di Dio tra noi si
concludono in Cristo) ci viene dall'alto, soltanto discendendo dall'alto noi
abbiamo la possibilità di ritornare in alto.
L'operazione vera che si
chiede a ogni uomo è questa: soltanto ascoltando l'infinito si ha la
possibilità di scendere al finito e di vedere nel finito la presenza di Dio e
la presenza di Dio è Cristo tra noi.
Si discende nella misura in
cui uno ascolta l'infinito.
Quindi non basta fare il
salto nell'infinito, bisogna diventare discepoli
dell'infinito.
Non basta che io pensi Dio,
bisogna che io diventi discepolo di Dio e discepolo di Dio vuol dire che io pensi
Dio, chi è Dio, come vive Dio, qual è la natura di Dio, che cosa fa Dio.
Soltanto qui si formerà in
me quella dipendenza da Dio, perché si formerà in me la conoscenza che Dio è
Creatore di tutte le cose, che essendo creatore di tutte le cose, tutte le cose
vengono da Lui e tutte le cose ritornano a Lui.
Quindi noi abbiamo la
possibilità di ritornare a Dio, nella misura in cui discendiamo da Dio:
"Nessuno può salire al cielo se non Colui che discende dal cielo".
Quindi l'operazione che ci
dà la capacità di fare l'inverso (l'inverso è salire Dio,) è la discesa da Dio.
Nella misura in cui noi
discendiamo da Dio, abbiamo la possibilità di salire Dio.
Come avviene nel nostro
linguaggio naturale, di tutti i giorni, possiamo capire una parola (quindi passare
dalla parola al pensiero) nella misura in cui siamo discesi dal pensiero alla
parola.
Parole né sentiamo tante,
ma pensiero ne vediamo poco.
Perché?
Perché non siamo capaci di
passare dalla parola, dal segno, al pensiero.
Perché non siamo capaci di
passare dal segno al pensiero?
Perché non discendiamo dal
pensiero al segno.
Abbiamo la capacità di
passare dalle parole, dai segni, quindi anche da tutta la creazione (la
creazione tutto un segno di Dio) al pensiero, abbiamo la possibilità di
ascoltare, di intendere una parola (noi intendiamo una parola in quanto vediamo
il pensiero di colui che la dice) in quanto siamo discesi e per quanto
siamo discesi dal pensiero alla parola.
Quindi tutto quello che noi
abbiamo collegato dal pensiero alla parola, dà a noi la possibilità di passare
dalla parola al pensiero.
Tutto quello che non avremo
collegato dal pensiero alla parola (l'operazione diretta) ci impedirà di
intendere la parola.
In campo matematico non
possiamo fare una sottrazione se non abbiamo imparato l'addizione.
Così non posso fare la
divisione, l'operazione inversa se non ho imparato la moltiplicazione, non
posso fare la radice se non ho imparato le potenze.
Possiamo fare soltanto le
operazioni dirette.
Quanto più impariamo le operazioni
dirette, cioè passare dal pensiero al segno, tanto più siamo fatti capaci di
passare dal segno al pensiero.
L'operazione inversa.
I segni, le parole arrivano
a noi senza di noi, ma noi assolutamente non possiamo intendere le parole se non
siamo passati dal Pensiero, quindi da Dio Creatore di tutte le cose, ai segni,
alle parole, alle opere di Dio.
Questo non avviene senza di
noi.
È per questo che c'è
differenza di intelligenza, perché questo passaggio non avviene senza di noi.
Le parole arrivano a noi
senza di noi, il passaggio dallo spirito, dallo spirito alla parola, al segno,
all'opera, non avviene senza di noi.
Allora lo
insultarono e gli dissero: "Sei tu discepolo di costui? Noi siamo discepoli
di Mosè!"
Gv 9 Vs 28 Secondo tema.
Titolo: Il Maestro.
Argomenti: Passaggio dal finito all'infinito. Ascoltare
e vedere. Il rapporto tra noi e la creazione. L'opera
del Maestro.
15/Maggio/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Ci troviamo ancora nel versetto 28 del capitolo nono di
San Giovanni.
Qui vediamo i farisei che ingiuriano quell'uomo che era
nato cieco e che era stato guarito da Gesù, guarito in giorno di sabato.
Gli dicono: "Sei tu discepolo di Costui? (cioè di
Gesù). Noi siamo discepoli di Mosè".
Tutta la polemica sorge proprio per
questa guarigione in giorno di sabato.
Proprio soffermandoci sopra quest’argomento dell'essere
discepoli di-, abbiamo visto le domeniche scorse la necessità di un salto
nell'infinito, passaggio cioè dalle cose finite all'infinito, poiché tutte le cose
sono una successione che va verso un limite e questo limite è l'infinito e
l'infinito di Dio.
Tutte le cose vengono da Dio e tutte le cose vanno a Dio
e in quanto ci segnalano questo limite, questo fine, ce lo propongono.
In quanto ce lo propongono, ecco che si presenta a noi la
necessità di questo passaggio (abbiamo detto che è un salto) dalle cose finite
all'infinito.
Domenica scorsa siamo approdati all'essere discepoli
dell'infinito, poiché Gesù stesso dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a
Me".
Quindi c'è momento in cui dobbiamo soffermarci ad
ascoltare il Padre, ad ascoltare il Creatore di tutte le cose perché proprio da
questo ascolto, si forma in noi qualche cosa, si capisce qualche cosa.
È questo qualche cosa che si capisce che, ci conduce al
Cristo.
Ecco, dobbiamo vedere come mai ci sia la necessità di
questo passaggio dall'ascoltare il Padre all'andare al Cristo, al Cristo come
Maestro.
Il tema di oggi è proprio il Maestro.
Prendiamo come pensiero guida le Parole di Gesù che dice:
"Non date a nessuno il nome di maestro, perché Uno solo è il
Maestro", il Cristo.
Se dice che uno solo è il vostro Maestro e dice:
"Non date a nessuno il nome di maestro", vuol dire che ci ordina di
ascoltare Uno solo.
Il primo problema che si pone è proprio questo: ma tutti
gli uomini insegnano.
Tutti sono maestri e forse l'uomo può non ascoltare tutto
quello che si dice?
Qual è allora la funzione di tutti questi maestri, di
tutti questi uomini che Dio ha posto attorno a noi e che insegnano qualche
cosa?
Sant'Agostino ha tutto un libro, il "De
magistro", in cui si chiede: può forse l'uomo insegnare qualcosa all'uomo?
La conclusione è questa: nessun uomo può insegnare
qualcosa all'uomo.
Uno solo è Colui che insegna: il Cristo, il Figlio di
Dio.
La Parola di Dio dice: "Saranno tutti ammaestrati da
Dio".
Quando si parla di futuro, dobbiamo tenere presente che
presso Dio non c'è il tempo, Dio non è nel tempo, Dio è fuori dal tempo, poiché
Dio trascende tutto.
Abbiamo detto che Dio è l'infinito, l'eterno, l'Assoluto.
Cosa intendiamo per infinito, per l'Assoluto?
Infinito è ciò che non è condizionato da nulla.
Se Dio è Assoluto, infinito, non è condizionato da nulla,
nemmeno dal tempo.
Quindi Dio è al di sopra del tempo e quando la Parola di
Dio dice a noi: "Saranno tutti ammaestrati da Dio", è una Parola che
Dio dice fuori dal tempo, la dice nella Verità.
La Verità è presente.
Dice per noi "Saranno", perché la Parola di Dio
è per noi, è un segno per noi, il tempo futuro è per dire a noi che dobbiamo
giungere a questa consapevolezza.
Nella Verità tutti gli uomini sono ammaestrati da Dio.
Nella Verità il futuro diventa presente.
Quindi Dio dice un futuro per farci prendere coscienza di
quello che veramente è: tutti gli uomini sono ammaestrati da Dio.
Tutto è segno di Dio, tutta la creazione è lezione di Dio
per noi.
Tutto quello che accade, tutti gli avvenimenti, tutto è
Parola di Dio per noi.
Dio è il Creatore, essendo il Creatore è l'origine di
tutte le cose, quindi tutte le cose sono segni di Dio per noi, segni di Dio
quindi Parole di Dio.
L'universo è una scuola.
Noi siamo in questa scuola e in questa scuola è Dio che
parla.
Uno solo è il Verbo (verbo è la parola, il maestro, colui
che insegna).
Noi siamo tutti in questa scuola.
Ecco perché Gesù dice: " Voi siete tutti
allievi".
Siamo tutti scolari, avessimo anche novant'anni, siamo
tutti scolari in questa grande scuola in cui Uno solo parla, Uno solo insegna.
Tutta la creazione è segno di Dio per noi, per fare
levare i nostri occhi, il nostro sguardo, il nostro pensiero a Dio stesso.
Abbiamo detto che tutta la creazione tende a Dio, viene
da Dio e ritorna Dio.
Proprio in quanto ritorna Dio sospinge noi a rivolgere lo
sguardo verso questo fine, verso questa meta, perché tutto ci convoglia lì per
dirci: guarda lì.
Ecco perché si presenta nella nostra vita la necessità di
questo passaggio all'infinito, di questo ascoltare l'infinito cioè di ascoltare
il Padre, di ascoltare Dio.
Però abbiamo anche detto che Gesù afferma: "Chi ha
ascoltato il Padre viene a Me".
Forse non basta ascoltare per
ricevere, per conoscere, per capire?
C'è una differenza grande fra l'ascolto e il vedere.
Tutto quello che ascoltiamo sono parole, ma c'è una
differenza tra ascoltare delle parole e capire le parole.
Quando noi abbiamo ascoltato il Padre, abbiamo ascoltato
il Creatore, noi prendiamo coscienza cosa vuol dire essere Creatore.
È un processo di fede.
Il fatto di credere in Dio Creatore è un atto di fede, in
quanto noi partiamo dalla creazione.
Esiste la creazione, non siamo noi che l'abbiamo fatta,
non si è fatta da sola e soprattutto è da tenere presente che c'è la creazione,
ci siamo noi, e noi non abbiamo fatto la creazione, e c'è qualcuno che fa
vedere noi la creazione.
Ci sono le cose e c'è l'uomo, ma c'è anche il fotografo
delle cose.
Cioè chi è che ha creato questo rapporto fra noi e la
creazione per cui noi cogliamo la creazione, fotografiamo la creazione?
Questo ci fa capire che noi non abbiamo fatto certamente
la creazione, non abbiamo fatto il filo d'erba, ma ci fa anche capire che il
filo d'erba non si è fatto da solo, non c'è nessuna creatura che si faccia da
sola perché?
Perché il filo d'erba non entra dentro di me, c'è
qualcuno che lo fa entrare dentro di me.
Non è il filo d'erba che vuol farsi conoscere da me,
eppure io conosco il filo d'erba, lo percepisco!
Cos'è questo rapporto tra noi e la
creazione?
C'è un Essere che supera il filo d'erba, supera noi e
crea un rapporto tra noi e le sue opere, per cui noi captiamo, prendiamo
coscienza della creazione e prendiamo coscienza che la creazione è segno di-,
segno di un Altro che fa le cose e che ce le presenta, le introduce in noi, ce
le fa percepire, per cui i segni arrivano a noi indipendentemente da noi, le
parole arrivano a noi indipendentemente da noi.
Noi ascoltiamo le parole.
Però c'è una grande differenza tra ascoltare e giungere a
vedere.
L'ascolto sostanzialmente è rumore di cose che arrivano
noi.
Ma noi quando ascoltiamo il rumore di qualche cosa non
siamo soddisfatti, vogliamo vedere la sorgente del rumore.
Quando arrivano a noi delle parole, non siamo soddisfatti
delle parole, vogliamo vedere colui che parla e non soltanto, vogliamo capire
il pensiero di colui che dice a noi queste parole.
Perché il rumore non ci soddisfa?
Perché la creazione non ci soddisfa?
Perché tutti questi segni che sono attorno a noi non ci
soddisfano, anzi ci lasciano inquieti, tant'è vero che noi esperimentiamo il
mistero, vediamo le cose, ed esperimentiamo le cose, sappiamo che queste cose
sono segni, sono parole di un altro, però non siamo in pace.
La vera pace viene da che cosa?
Quando sentiamo un rumore, questo rumore ci agita e noi
non siamo tranquilli fintanto che non arriviamo vedere la fonte del rumore
stesso.
Ecco, tutta la creazione è rumore che Dio fa in noi.
Un rumore bellissimo perché ordinato in figure.
È il Creatore che crea queste impressioni in noi e le
ordina in modo meraviglioso e bellissimo, pieno di colori, pieno di figure,
pieno di tempi, è un divenire e tutto ha un significato, un senso.
Però è sempre rumore, è impressione che arriva noi.
Un rumore di tutte queste cose che vengono noi
indipendentemente da noi, che durano un istante, un giorno, una stagione, un
anno, ma passano.
Tutto questo rumore ci lascia inquieti perché abbiamo
bisogno di vedere la sorgente di esso e fintanto che non arriviamo a vedere la
Presenza di colui che opera queste cose in noi (tutta la creazione avviene in
noi), quindi fintanto che noi non arriviamo vedere la Presenza di Colui che
opera tutte queste cose noi, noi siamo inquieti.
La nostra pace sta nel vedere la Presenza, nel giungere
alla Presenza.
Per questo: chi ha ascoltato il Padre va al Cristo.
Perché?
Ecco, chi ha riconosciuto che Dio è il Creatore di tutto.
Ascoltare il Padre vuol dire riconoscere che tutto è
opera di Dio, vuol dire prendere coscienza che Dio è il Creatore di tutte le
cose, di tutte, beni e mali, di tutto: tutto ha la sua origine lì, altrimenti
ci sarebbero due creatori, due principi e non è possibile, Dio è un infinito e
non può essere condizionato da altri, quindi tutto ha la sua ragione.
Fintanto che non arriviamo a questa Presenza, in noi c'è
inquietudine e già questa inquietudine testimonia il nostro destino e
testimonia anche a noi il senso di tutto l'operare di Dio, rende
consapevoli noi del senso di tutto il creare di Dio, di tutto il parlare
di Dio.
Il senso di tutte queste cose è condurre noi a vedere il
suo Volto, a conoscerlo, a vedere la sua Presenza.
Quindi il senso di tutte le Parole che Dio fa arrivare
noi, di tutte le cose, di tutti segni è prima di tutto mettere noi in movimento
per farci desiderare (attrazione) e poi renderci capaci di riconoscere il
Maestro, Cristo.
Tutte le cose sono state create per farci rivolgere lo
sguardo verso questo fine, cioè verso Colui che parla con noi.
E facendoci desiderare questo, dà a noi la possibilità di
individuare il Maestro, perché quello che dà a noi la possibilità di individuare
il Maestro è l'interesse.
Dio opera in tutte le cose per formare in noi l'interesse
di Sé, l'interesse di conoscerlo e quest'interesse di conoscere Dio, ci conduce
a individuare il vero Maestro.
Maestro chi è?
Maestro è colui che conduce a vedere.
Il termine maestro forse piace poco, perché maestro viene
da "magister" ("magis" è qualcosa di più, di superiore, di
autorevole).
Meglio di maestro è insegnante, rende di più l'idea.
Insegnante è colui che insegna.
E insegna che cosa?
Insegna a vedere, a capire.
Quello che ci conduce quindi alla ricerca di un maestro è
proprio questo desiderio di arrivare a vedere, quindi a trovare la Presenza di
Colui che opera in tutto.
Chiamiamo maestro colui che insegna a vedere.
Naturalmente si presuppone che ci sia in noi questo
interesse per vedere questa Presenza, altrimenti noi andiamo a cercare altri
maestri.
Chi ha ascoltato il Padre è attratto, ha formato in sé
l'interesse per conoscere il Padre.
Infatti Gesù dice: "Chi è attratto dal Padre viene a
Me", "Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre".
È l'interesse che conduce.
Allora Dio opera in tutte le cose, in tutta la sua
creazione, per formare in noi questo interesse principale.
Con quest'interesse pone, forma in noi la capacità di
riconoscere il vero Maestro.
Il vero Maestro è Colui che conduce noi a vedere Colui
che opera tutti i segni.
Ci chiediamo come Sant'Agostino perché uno solo è il
Maestro?
Perché gli uomini non possono essere maestri?
Perché gli uomini quando parlano non fanno altro che
ripetere la creazione di Dio.
Se noi facciamo attenzione, tutto il parlare degli uomini
non è altro che un riferirsi a cose, quindi a fatti, a realtà che loro
esperimentano, e come le esperimentano?
Con i sensi.
Quindi gli uomini non fanno altro che parlare di quello
che hanno presente, non possono parlare di altro se non di quello che hanno
presente.
Ma ciò che gli uomini hanno presente è la creazione di
Dio.
Gli uomini con il loro parlare non fanno altro che
ripetere la creazione di Dio, non fanno altro che significare (il loro parlare
è tutto un significare) le opere di Dio.
Se però tutto questo parlare si riferisce alla creazione
di Dio, alle opere di Dio e se tutte le opere di Dio sono dei segni, tutto il
parlare degli uomini è soltanto un sostituire dei segni con altri segni.
Fintanto che sostituiamo dei segni con altri segni, non
diciamo niente, non arriviamo alla realtà, alla Presenza di quell'essere che dà
significato a tutto.
Abbiamo detto già domenica scorsa, e altre volte, che non
si può passare dei segni al significato.
Soprattutto non si può passare dei segni alla Presenza di
colui che opera i segni.
I segni sono un richiamo, ci sollecitano, però i segni
sono ambigui, possono essere rivestiti di tante intenzioni.
Non si può passare dal finito all'infinito.
È soltanto conoscendo l'infinito che si giunge capire il
finito.
Dall'infinito si passa al finito.
Da Dio Creatore si passa alla creazione e a capire
significato della sua creazione, ma dalla creazione di Dio non si passa a
capire significato di Dio nella creazione.
Ho detto che tutte le creature in quanto sono segni,
possono essere rivestite di tante intenzioni, quindi sono ambigue.
Chi mi toglie dall'ambiguità è soltanto l'Intenzione di Colui
che fa i segni.
Quindi soltanto conoscendo l'Intenzione, il Pensiero di
Dio, noi possiamo leggere la creazione.
Ma se non conosciamo il Pensiero di Dio, non possiamo
leggere la creazione.
Allora chi è il Maestro?
Soltanto Colui che mi fa conoscere Dio e l'Intenzione, il
Pensiero di Dio.
Gli uomini quando parlano e quando insegnano non fanno
altro che ripetere dei segni.
È come se ad esempio, uno traducesse una parola in tante
lingue, in mille lingue, direbbe assolutamente niente di nuovo.
Quando ho capito come si dice casa in francese, in
inglese o in tedesco o in russo, non ho imparato assolutamente niente di nuovo,
sostanzialmente niente di nuovo, perché il punto di riferimento è sempre
l'esistenza della casa che viene detta con tante parole (quindi ecco i segni
ambigui), in tanti modi, però il riferimento è sempre "casa", e
fintanto che non arrivo a capire che cosa la casa mi significa di Dio, io non
ho imparato niente, perché resto sempre nell'ambito dei segni.
Tutta la creazione è un segno e il segno di per sé non mi
dice niente fintanto che non arrivo comprendere il Pensiero di Dio, perché Dio
crea tutte le cose per manifestare qualche cosa di Sé, e fintanto che non
arrivo qui, a questa Realtà, a questa Presenza, alla conoscenza di Dio, io navigo
nei segni, ma questo navigare nei segni non mi dà niente, perché i segni sono
soltanto impressioni, sentimenti.
È come se ad esempio passassi tutta la mia vita, tutte le
mie giornate soltanto immerso in rumori, i rumori non mi danno niente.
Devo arrivare al Significato, al Pensiero, alla Realtà,
devo arrivare alla Presenza.
Allora noi dobbiamo dire: è giusto quello che dice il
Signore (non perché siamo noi che dobbiamo dire se è giusto ma, proprio perché
è il Signore stesso che convince): "Nessun uomo può essere maestro
dell'uomo", perché nessun uomo può far conoscere e far conoscere vuol dire
rivelare la Presenza, quindi rivelare il Pensiero di Colui che opera in tutte
le cose, di Colui che significa Se stesso in tutte le cose, di Colui che manifesta
Se stesso in tutte le cose.
Quindi se tutte le cose sono una manifestazione di Uno,
fin tanto che io non arrivò quell'Uno, io non ho capito ancora niente.
Tutte le cose mi sollecitano, mi mettono in ansia, mi
fanno desiderare però, io muoio in questa fame, in questo desiderio se non ho
attinto la Meta per la quale tutte le cose sono fatte.
Ecco, gli uomini non possono essere maestri perché
ripetono dei segni e non possono superarli perché non si può passare dal finito
all'infinito.
L'uomo vive nel finito pur avendo fame di Assoluto, pur
avendo fame di infinito.
È soltanto Colui che viene dall'infinito che mi può
insegnare l'infinito.
Se soltanto Colui che viene dall'infinito mi può
insegnare l'infinito, uno solo è il Maestro.
Maestro è Colui che conduce me a vedere la Presenza di
Colui che opera in tutto.
Ma condurre a vedere la Presenza cosa vuol dire?
La Presenza non è una creazione, non è un segno.
La Presenza non si comunica a parole perché non c'è
nessuna parola che mi possa comunicare la Presenza.
La Presenza parla delle parole, però le parole non mi
fanno vedere la Presenza.
La Presenza non è una creazione, non è opera della
creazione di Dio.
La Presenza si rivela indipendentemente dalle parole: o
uno è presente o non è presente.
Allora l'opera del Maestro è quella di condurre la
creatura vedere la Presenza di Colui che è presente.
Non crea nulla di nuovo.
Il Signore parlando della Meta e la Meta sta nel giungere
alla Presenza del Padre, del Figlio e questa è la Pentecoste, parla di questo
come venuta.
Ma tutte le parole vanno sempre intese nello spirito.
Venuta è uguale a futuro, verrà, quel futuro che in Dio
(Dio è fuori dal tempo) è annuncio di una Realtà che è già presente.
Siamo noi che dobbiamo giungere a prendere
coscienza di una Presenza che è già presente.
Perché nessuno può far vedere a un essere la presenza di
uno che non sia presente.
La presenza non si comunica parole: la presenza si
constata.
Il maestro ha questa funzione: condurre l'allievo a costatare
ciò che è già è presente nell'allievo, ciò che già l'allievo ha davanti a sé ma
che non vede.
Quindi la Presenza non è opera di segni, tutti segni,
tutte le parole ci convocano, ci sollecitano a cercare questa Presenza, però
questa Presenza c'è già: Dio non si sposta da un luogo all'altro.
Dio non si rende presente, Dio è presente.
Dio è Colui che è.
Noi l'abbiamo già presente ma non lo vediamo.
Il Maestro è Colui che convoglia noi, distratti, tutti
presi soltanto dai segni delle cose, in quel luogo in cui anche noi diciamo:
"Ah è vero, è presente, Dio è veramente presente!".
Ecco l'opera del Maestro, del Cristo: tutta la missione
del Cristo è condurre noi a costatare la Presenza del Padre, quella presenza
che essendo, è già in noi, soltanto che noi siamo distratti dal pensiero del
nostro io, dal pensiero dei segni di Dio.
Sono gli stessi segni di Dio che ci distraggono quando
noi non cerchiamo Dio, quando non mettiamo Dio prima di tutto.
Gesù dice: "Quanti vennero prima di Me sono tutti
ladri assassini".
Quel "prima", noi lo intendiamo nel senso di
tempo ma, prima non è un fatto di tempo.
"Quanti vennero prima di Me", vuol dire:
"Quanti avete messo prima di Me, sono tutti ladri e assassini".
Perché hanno ucciso in voi la possibilità, la capacità di
vedere la Presenza di Dio.
Quindi attenti a quello che si mette prima, perché quello
che noi mettiamo prima di Dio ci uccide e uccidere vuol dire impedire di
vedere Colui che è presente.
Per questo Gesù dice: "Non date a nessuno il nome di
maestro", perché dare il nome di maestro, vuol dire metterlo al di sopra
di tutto, farsi discepolo, vuol dire guardare a lui mentre Lui solo, il Cristo
è la porta che ci introduce nel cielo di Dio.
Cielo di Dio e là dove Dio è presente.
Se il cielo di Dio non è lontano da noi, il cielo di Dio
è dentro di noi e Dio è presente in questo cielo.
Cielo è il luogo in cui Dio è presente.
La porta per entrare in questo cielo è una sola: "Io
sono la porta".
La porta è Cristo.
È attraverso Cristo che noi siamo condotti, se lo
ascoltiamo, se lo seguiamo, siamo portati dal mondo esterno all'interno e poi
in questo interno al Pensiero di Dio e in questo Pensiero di Dio alla Presenza
di Dio.
Perché la Presenza di Dio si rivela solo nel Pensiero di
Dio: solo, solo nel Pensiero di Dio, quindi esclusa qualunque altra cosa,
qualunque altro luogo.
La Presenza di Dio si rivela soltanto nel suo Pensiero,
abita soltanto nel suo Pensiero.
Tutta l'opera del Maestro è quella di condurre noi, da
tutta la nostra dispersione dietro le cose, i fatti, gli avvenimenti, dal
pensiero stesso del nostro io, condurre tutto di noi in quel luogo, Pensiero di
Dio che è già dentro di noi, in cui noi possiamo vedere la Presenza del Padre.
"Vado a prepararvi un posto affinché dove Io sono
siate anche voi e possiate vedere la mia gloria" cioè possiate vedere la
Presenza del Padre.
Allora lo
insultarono e gli dissero: "Sei tu discepolo di costui? Noi siamo
discepoli di Mosè!"
Gv 9 Vs 28 Terzo tema.
Titolo: Lo Spirito recupera
il futuro in presenza.
Argomenti: Solo chi ha presente la Realtà può condurci a vederla. Presente,
passato e futuro. Il futuro di Dio è una sollecitazione a prendere coscienza
di quello che già è. Passaggio dal futuro al
presente. Le due parti dei segni. Possiamo recuperare il presente solo con la Presenza.
Il vero Maestro è la Presenza di
Dio in noi.
22/Maggio/1988 Casa di preghiera
Fossano.
Restiamo ancora nel versetto 28 dove si dice: "Essi allora
lo ingiuriarono e gli dissero: "Sei tu discepolo di costui? Noi siamo
discepoli di Mosè".
Domenica scorsa siamo passati dall'argomento dell'essere
discepolo, all'argomento del Maestro.
Ora passiamo dall'argomento del Maestro, all'argomento
del recupero del futuro in presenza, poiché l'opera principale del Maestro è
proprio questa: condurre noi a vedere la Realtà, quindi condurre coloro che
ascoltano a vedere la Presenza.
Abbiamo detto che Maestro è Colui che insegna la Verità,
insegna e quindi conduce a vedere, a costatare la Realtà, la Verità.
Abbiamo detto che in realtà, nessun uomo può essere
maestro dell'uomo, perché gli uomini, anche quando spiegano, non spiegano altro
che segni con altri segni, parole con altre parole e tutto per gli uomini fa
sempre riferimento a quella realtà che essi vedono con gli occhi, che toccano
con le mani, che esperimento.
Ma abbiamo visto che tutto quello che noi chiamiamo
realtà (realtà che si costata con i sensi), non è realtà ma segno di una
Realtà.
Tant'è vero che tutto ciò che gli uomini esperimentano, è
soggetto a mutamento.
E proprio perché è soggetto a mutamento, rivela una
Realtà diversa, una Realtà che opera cambiamenti, che rende soggetti al tempo,
che fa nascere e passare tutte le creature.
Ora tutte le creature con il loro mutamento, con il loro
essere soggette al tempo, per cui nascono, vivono e muoiono (tutto passa, tutto
viene da Dio e tutto fa ritorno a Dio) denunciano di essere segno di qualche
cosa di diverso da sé.
Un "Diverso" che noi non vediamo.
Per questo diciamo che l'uomo non può essere maestro
dell'uomo, perché l'uomo non può far vedere ciò che egli stesso non vede. Non
si può passare dai segni alla Realtà se non sia presente la Realtà.
Non si può passare dal frammento al Tutto se, non si ha
presente il Tutto.
Soltanto Colui che ha presente il Tutto, soltanto Colui
che ha presente la Realtà può essere vero Maestro e può condurre noi a vedere
quella Realtà che Lui vede e che ancora noi non vediamo.
Abbiamo detto che il vero Maestro è un Insegnante, è uno
che insegna e conduce quindi a vedere una cosa che noi non abbiamo presente ma
che, quando Lui ci conduce a vedere ci fa dire: "È vero!".
L'opera essenziale del Maestro è proprio questa: condurre
l'allievo (ogni uomo è un allievo) a costatare e a dire: "È proprio così,
è proprio vero".
Soltanto Colui che ha presente la Realtà la può
comunicare.
Quindi soltanto Colui che discende dall'alto, può
portarci in alto.
Chi è in basso da solo non può salire in alto.
Gesù stesso dice: "Dove Io sono voi, non potete
venire", dichiara apertamente l'impossibilità da parte della creatura di
giungere là, dove Lui è.
Cioè di giungere alla grande Realtà, la Realtà maiuscola,
cioè quella Realtà che è immutabile, eterna, assoluta, principio di tutto, fine
di tutto, che ha in Sé quindi la ragione di tutto.
Se tutto quello che noi vediamo e tocchiamo è in
mutamento, ogni moto ha bisogno di un principio, di una giustificazione: questa
è la Realtà.
L'uomo stesso è soggetto il tempo, al mutamento, nolente
lui stesso è soggetto alla morte (e quanto l'uomo
non vorrebbe morire!), per cui denuncia di essere effetto di una Realtà che
subisce.
Ma questa Realtà non la vede, può crederla ma in quanto la
crede la spera, la può anche sognare, la spera come il futuro, come un
avvenimento che forse un giorno vedrà.
Però come?
"Senza di Me non potete fare nulla", dice Gesù.
D'altronde quella Realtà maiuscola, che è immutabile,
eterna e assoluta, è già presente: nessuno di noi la può smentire.
Siccome opera in tutto, è presente in tutto.
E come mai non la vediamo?
Perché noi vediamo i segni e non vediamo questa Realtà
che fa i segni?
Perché sentiamo il bisogno di passare al significato?
Sentiamo il bisogno di capire che cosa tutta la creazione
significa però ci troviamo impotenti a capirlo.
L'opera del Maestro è quella di far vedere ciò che Egli
vede presente e che per noi è futuro.
Il Maestro è Colui che è in questa Realtà, perché
soltanto Colui che è in questa Realtà, quindi che ha presente questa Realtà,
può condurre noi a vedere, a costatare questa Realtà.
Ma, noi diciamo, perché allora "futuro" se è
già presente?
E se è già presente che cosa manca a noi per giungere a
vederla, costatarla per quello che essa è?
Come mai in noi si forma il futuro,
si forma il passato, mentre il presente ci sfugge sempre?
C'è un presente che arriva noi, ma come arriva
immediatamente (immediatamente!) passa, non lo possiamo trattenere.
Non possiamo trattenere nulla, tant'è vero che qualcuno
ha detto che Dio ci toglie la vita nello stesso istante in cui ce la dà.
È un segno che arriva noi, ma come viene, già non lo
possiamo trattenere, già lo abbiamo perso.
Abbiamo detto molte volte che la presenza stessa che noi
costatiamo, quando la constatiamo e già passata: noi arriviamo sempre in
ritardo.
Come mai in noi si forma questo futuro, questo passato,
mentre la Realtà è presente?
Dio è l'unico Essere che è presente, mentre tutti i suoi segni
o si proiettano nel futuro o scadono nel passato: nulla si può trattenere.
Come fa il Maestro a recuperarci nella Presenza?
A renderci presente ciò che noi non vediamo?
La Parola di Dio dichiara: "Saranno tutti
ammaestrati da Dio": è un futuro: "Saranno"
e noi nella nostra dimensione, aspettiamo questo futuro, aspettiamo quel giorno
in cui saranno tutti ammaestrati da Dio.
In realtà presso Dio non c'è il futuro: Dio non è
soggetto al tempo.
Allora quel futuro è un annuncio di un fatto presente: tutto
quello che Dio annuncia per noi come futuro, lo annuncia per invitare noi, per
sollecitarci a prendere coscienza di una Realtà che è già.
Cioè, tradotto in linguaggio spirituale, non diciamo più:
"Saranno tutti ammaestrati da Dio", ma: "Sono tutti ammaestrati
da Dio".
Come si passa da questo futuro
a questo presente?
E chi ci fa passare da questo futuro a questo presente?
Si passa dal futuro al presente solo attraverso Dio.
Cosa vuol dire?
Solo attraverso lo Spirito di Dio.
Cosa vuole dire?
Solo conoscendo Dio.
Come facciamo noi a dire che non è vero: "Saranno
tutti ammaestrati da Dio", è vero invece: "Sono tutti ammaestrati da
Dio"?
Perché passiamo dal futuro al presente?
In nome di Dio, perché presso Dio tutto è presente,
perché Dio non è soggetto al tempo, quindi noi non dobbiamo aspettare,
proiettare nella nostra dimensione questo futuro, aspettarlo come un domani.
Dobbiamo intenderlo in modo diverso se guardiamo da Dio.
Conoscendo Dio e dicendo che Dio è un Assoluto ed essendo
Assoluto non è nel tempo, per cui non c'è un domani, non c'è un futuro in Dio
ma tutto è presente.
Capiamo che quello che Lui dice, lo dice per fare
prendere coscienza a noi di un fatto già presente e il fatto presente è questo:
sono tutti ammaestrati da Dio.
Come siamo passati a questa convinzione?
Attraverso la conoscenza di quello che Dio è.
Qui possiamo anche capire perché in noi si forma il
tempo, come mai da questo Dio che è fuori del tempo, che è eterno, deriva per
noi e in noi il tempo?
E tempo vuol dire passato, presente, futuro.
Non tutto presente, anzi niente presente perché il
presente non lo possiamo fermare.
Tutto in noi o è passato o è futuro.
Come mai si forma nella creatura questo tempo mentre in
Dio non c'è tempo?
Tutta la creazione è opera di Dio, tutto viene da Dio e
tutto fa ritorno a Dio, però se tutto viene da Dio a noi indipendentemente da
noi, tutto non fa ritorno a Dio senza di noi.
È qui che nasce il tempo.
Perché se tutto venendo da Dio non fa più ritorno a Dio, è
segno che in noi ci può essere qualche cosa d’incompiuto.
Il tempo nasce per l'incompiuto che si forma in noi
quando non riportiamo tutto a Dio.
Le cose di Dio che arrivano a noi sono segni di Dio:
segni di Dio perché sono fatte nel pensiero del nostro io, quindi è Dio che
entra nella nostra vita, è Dio che significa qualche cosa di Sé nel pensiero
del nostro io, per dare a noi la possibilità di alzare gli occhi presso di Lui,
di riportare le cose a Lui, per intendere ciò che Lui è.
Tutte le cose che arrivano a noi, essendo segni di Dio,
se non vengono subito riportate in Dio si sdoppiano.
Abbiamo detto che i segni sono ambigui, in quanto per essere segni devono significare qualche cosa di quello
che siamo noi e qualche cosa di quello che è Dio.
C'è una parte del segno che si trasforma in esperienza
nostra.
Noi la creazione di Dio non possiamo ignorarla: la cosa
s’imprime in noi, ci fa fare esperienza.
Facciamo esperienza della creazione di Dio, facciamo
esperienza delle creature, nonostante noi.
Noi tocchiamo, vediamo, facciamo esperienza.
È una parte del segno.
C'è una parte del segno che s’imprime su di noi e ci fa
fare certe esperienze, siamo nel campo del sentimento.
Ma immediatamente come noi facciamo esperienza di
qualcosa, questo passa nel passato e fa parte del nostro passato: "Io ho
visto, io ho toccato, io ho costatato", fa parte del passato in relazione
al nostro io.
Il passato si forma in relazione al nostro io, in quanto
il nostro io è stato interessato, per cui diciamo: "Io ho visto, io ho
toccato, io ho esperimentato".
C'è un'altra parte del segno di Dio che arriva a noi come
proposta e questa proposta, è ciò che il segno ci significa di Dio.
Abbiamo detto che i segni di Dio portano con sé due
elementi: l'elemento che riguarda noi ed è quello di cui noi facciamo
esperienza e c'è la parte invece che Dio col suo segno ci propone.
Questa proposta per noi diventa futuro.
Se noi non capiamo in Dio quello che il segno arrivando a
noi ci significa di Dio, questo assume l'aspetto della speranza: un giorno
capirò.
Di fronte a un segno io lo esperimento, quindi è qualcosa
che arriva me è indipendentemente da me, si fa sentire, si fa provare e questo
scade nel passato, diventa ricordo.
C'è invece la parte del segno che arriva come proposta:
"Che cosa mi dici? Chissà cosa vuole significare?".
Questa diventa futuro cioè diventa speranza un giorno di
capire: futuro, una promessa.
Così ogni segno che arriva noi, quando non è raccolto
immediatamente in Dio è perduto.
Ecco perché Dio ci toglie la vita immediatamente come ce
la dà.
Quando un segno non è raccolto in Dio, si doppia in due
elementi: uno che sfugge verso il passato e si allontana sempre di più da noi e
uno che sfugge verso il futuro e altrettanto si allontana sempre di più da noi.
E questi due elementi: passato e futuro diventano in noi
esperienza d’impossibilità, cioè il passato diventa per noi impossibilità di
riavere quello che abbiamo vissuto.
Tutte le cose che arrivano a noi non possono più essere
rivissute, sono passate e più noi cerchiamo di riviverle, più le perdiamo
lontano.
Resta il ricordo in noi, ma non le possiamo più rivivere,
non possiamo più ritornare nello stesso punto dell'universo che si è incontrato
con noi, che noi abbiamo esperimentato: si va a senso unico.
L'esperienza del tempo la facciamo tutti: va a senso
unico, il che vuol dire che non possiamo ritornare due volte sullo stesso
punto, non possiamo rivivere la stessa giornata due volte.
C'è una fuga verso il passato: impossibilità di rivivere,
impossibilità di ritrovare il segno che non abbiamo raccolto in Dio e il segno
va perduto.
Ma c'è anche un'altra impossibilità che il segno ti fa
esperimentare: quella del futuro, l'altra linea di fuga in cui noi siamo
immersi, ed è l'impossibilità di capire quello che non abbiamo capito.
Il futuro che per noi diventa speranza ma, a un certo
momento ci fa toccare con mano che quello che non abbiamo capito diventa sempre
più impossibile da capire: noi da soli non possiamo giungere là, dove Dio è:
"Dove Io sono voi non potete venire".
Quindi tutti i segni e tutte le parole che Dio ci fa
arrivare e che noi non raccogliamo in Lui, diventano per noi un'esperienza
crescente di impossibilità: impossibilità di rivivere il segno, impossibilità
di capire il significato del segno.
Questo ci fa capire una grande cosa: che la Presenza può
essere toccata soltanto dalla Presenza.
Non si può giungere alla Presenza partendo dai segni:
soltanto chi ha questa Presenza può comunicare la Presenza.
I segni in noi si trasformano, quando non sono raccolti
in Dio in tempo: passato e futuro ma non più presenza.
Che cosa significa la Presenza?
La Presenza significa noi l'iniziativa di Dio.
L'iniziativa è sempre di Dio anche
se non capiamo niente: tutte le cose noi le percepiamo presenti perché c'è
qualcuno che ce le rende presenti.
Ma chi rende presenti i segni, non ci rende presente Lui!
Lui è presente.
Lui solo è il presente.
Noi possiamo recuperare tutti i segni in presenza
soltanto con la sua Presenza.
E chi ci porterà a questa Presenza se questa Presenza non
fosse già in noi?
Noi non possiamo arrivare questa Presenza.
Questa Presenza ce la può dare soltanto Colui che viene
dall'alto, presente in Dio cioè soltanto Dio: questa Presenza è in noi.
Questo è il vero Maestro nostro!
Vero Maestro è Colui che ci conduce a vedere, a
costatare, cioè ci conduce a una Presenza.
Se questa non c'è data, non c'è nessuno che ci possa
condurre a una Presenza.
Questa Presenza è data: Dio abita in noi!
Qui è il vero Maestro!
Il vero Maestro è dentro di noi.
Il vero Maestro è la Presenza di Dio
in noi.
Soltanto se noi raccogliamo in Lui, in questa Presenza,
non subiamo la perdita delle cose, sia sulla linea del passato che sulla linea
del futuro.
Anzi, proprio questo Spirito di Presenza è lo Spirito
Santo, lo Spirito di Presenza che recupera in noi tutto il futuro: "Vi
farà vedere le cose future" annuncia Gesù.
Ci farà vedere le cose future!
Non che si faccia vedere le cose che arriveranno, ma ci
fa vedere che le cose che per noi sono future sono già presenti, cioè ci fa
vedere la presenza delle cose che per noi sono future.
Quindi recupera il futuro.
Come in Dio tutto il passato viene recuperato in
presenza, così anche in Dio tutto il futuro viene recuperato in presenza.
Il futuro non è una dimensione del tempo.
Il futuro rappresenta tutto quello che noi non abbiamo
capito, quello che in noi è rimasto incompiuto della Parola di Dio, quindi è
una categoria dell'intelligenza.
Quindi diciamo: il futuro rappresenta quel campo
d’incompiutezza che è in noi e per noi, rappresenta il campo di tutto ciò che
per noi è rimasto incompiuto.
Il tempo è essenzialmente relativo all'uomo, alla
creatura.
Anche il passato rappresenta un incompiuto, però
rappresenta il campo di tutte le cose che noi abbiamo esperimentato e che non
abbiano raccolto in Dio.
Il futuro rappresenta il campo di tutti quei significati
di Dio che Dio ha fatto arrivare a noi attraverso i suoi segni come proposta:
la parte spirituale della parola, la parte spirituale della creazione che Dio
ha annunciato noi e che noi non abbiamo capito in Dio.
Soltanto con la Presenza si arriva alla Presenza, cioè
soltanto con la Presenza, partendo dalla Presenza di Dio, si possono raccogliere
i segni di Dio in Presenza di Dio.
Ma non c'è alcuna possibilità, se non partiamo dalla
Presenza, di risalire dai segni alla Presenza di Dio, perché la città di Dio
discende dal cielo di Dio.
E la città di Dio è il luogo in cui c'è la Presenza di
Dio.
Quindi soltanto partendo da Dio, dallo Spirito di Dio,
dallo Spirito della Presenza di Dio, cioè partendo dalla Presenza si recupera
tutto in presenza: il futuro e il passato.
Ma se non partiamo dalla Presenza di Dio, cioè dalla
Presenza dello Spirito di Dio, da ciò che Dio è, non possiamo giungere a
nessuna presenza.
Se noi partiamo da ciò che Dio è, noi recuperiamo il
futuro: "Saranno tutti ammaestrati da Dio" in un presente: "Sono
tutti ammaestrati da Dio".
Così è lo stesso: tutto il campo che per noi è futuro non
ancora capito in Dio, partendo da Dio viene recuperato tutto in Presenza di
Dio.
Tema di oggi è lo Spirito di Dio recupera il futuro in
Presenza.
A questo punto possiamo anche capire che cos'è che ci
divide dalla Presenza: cos'è questo muro che separa noi dalla Presenza di Dio,
cioè che divide il presente dal futuro.
Questo muro è costituito dal nostro io.
Se la possibilità di recuperare il futuro in presenza è
data a noi dallo Spirito della Presenza di Dio, cioè dallo Spirito Santo,
l'impossibilità di recuperare in Presenza è data dal pensiero del nostro io.
È nel pensiero del nostro io che tutte le opere di Dio,
tutti segni di Dio, tutto l'universo diventano, da una parte tutto passato,
dall'altra tutto futuro.
Costatiamo in noi l'impossibilità del presente.
Per cui abbiamo il passato, cioè ciò che non possiamo più
rivivere, e il futuro cioè ciò che non possiamo capire ma che speriamo di
arrivare capire.
Ma un certo momento la speranza cade, per cui il presente
diventa impossibilità, impossibilità di rivivere, impossibilità di intendere.
Questo si realizza nel pensiero del nostro io.
A un certo momento tutto diventa impossibilità.
Soltanto superando il pensiero del nostro io e quindi
partendo da Dio, dallo Spirito di Dio, possiamo ritrovare la presenza
possibile.
La missione del Cristo è quella di condurci a questo
Spirito di Dio.
Questo è il vero Maestro.
Abbiamo Cristo che è Maestro, ma è Maestro in quanto ci
conduce alla Presenza di Dio, a questa Presenza in cui abbiamo la possibilità
di recuperare tutto in presenza.
Allora: "Lo Spirito che vi manderò dal Padre",
che Cristo manda dal Padre perché discende dal Padre, questo Spirito che Lui
manda dal Padre (il Maestro che ci porta alla sorgente) "resterà sempre
con voi".
Questo "resterà sempre con voi" vuol dire: è il
Maestro, lo Spirito Santo che restando sempre, dà a noi la possibilità di
recuperare tutta l'opera di Dio in questa Presenza: "Vi annuncerà le cose
future, vi farà ricordare le cose passate, ve le farà intendere".
Con lo Spirito Santo noi troviamo il futuro che viene
riportato in presenza, il passato che viene ricordato, quindi riportato in
presenza, presenza cioè l'intelletto ("ve lo farà intendere").
Nel pensiero del nostro io invece abbiamo: passato cioè impossibilità
di rivivere, futuro cioè impossibilità di capire, presente cioè impotenza,
costatazione d’impotenza.
Sono i due grandi mondi che sono solo in noi perché in
Dio c'è un solo grande mondo: la sua Realtà e il suo Regno.
Allora lo
insultarono e gli dissero: "Sei tu discepolo di costui? Noi siamo
discepoli di Mosè!"
Gv 9 Vs 28
RIASSUNTI Domenica
– Lunedì.
Argomenti: I discepoli di Gesù, i discepoli di Mosé e i discepoli del demonio
– Interesse per Dio e attrazione del Padre – Riconoscere
il Messia – Segni e significati – Il vero Maestro
– La presenza è opera del Creatore -
29/Maggio/1988 Casa di preghiera Fossano.